Chi raccoglie le messi dell’amore nel campo del proprio cuore
è un vero cristiano, un vero sikh, un vero hindu e un vero mussulmano.
In realtà, vero essere umano è chi coltiva amore nel proprio cuore.
Incarnazioni dell’amore!
L’amore è il respiro vitale dell’uomo, la coscienza di tutti gli esseri, il fine ultimo della vita umana, la quale ne è pervasa. Incapaci di comprendere l’eterno principio dell’amore, gli uomini sono oppressi dalle preoccupazioni del mondo e dalle bramosie materiali. In ogni individuo esiste il principio dell’Hiranya-garbha. Hiranya significa “oro”. L’oro, quando si fonde insieme ad altri metalli come il rame, l’argento, l’ottone e altre leghe, perde la sua lucentezza, il suo valore, la sua stessa qualificazione; a quel punto non è più possibile sapere con certezza se sia oro, argento, ottone o rame. Allo stesso modo, quando il cuore di un uomo, che ha le sembianze dell’oro, si lega ai desideri materiali, perde la sua brillantezza, il suo valore e le qualità precipue del metallo prezioso e, di conseguenza, risulta impossibile accertarsi se si tratti del cuore di un essere umano o di quello di un animale o di un essere diabolico, di un demone.
Il diavolo, creazione umana
Oggi, nel cuore degli uomini non c’è assolutamente amore; una vita senz’amore è un’esistenza satanica. Potrà mai chiamarsi essere umano uno che abbia caratteristiche demoniache, uno che si comporti come una belva o un diavolo? E l’uomo sta conducendo una vita da demone, ignaro del cammino verso la verità, la rettitudine, la pace e l’amore. Dio non ha creato spiriti malvagi come diavoli o divinità infernali; questi sono creazioni dell’uomo. Vi porto un esempio. Durante l’esilio dei Pandava, Krishna andò a trovarli per vedere come stessero, e trascorse una notte presso di loro. Nel periodo del loro esilio, i Pandava ebbero a patire indicibili sofferenze. Poiché con loro c’era anche Draupadi, organizzarono dei turni di vigilanza ogni ora della notte. Anche Krishna si offrì come volontario per fare la guardia un’ora. Dharmaja, stupito, esclamò: “Che senso ha che tu offra protezione nel servizio di sicurezza di un’ora, se sei il protettore dell’Universo intero? Tuttavia – continuò quasi a volerLo trattenere – Krishna, fa’ attenzione al diavolo che si aggira nei dintorni. I miei fratelli ed io lo incontriamo ogni notte; in diverse occasioni ha tentato di assalirci. Perciò, ti preghiamo di lasciare l’impresa. Sei venuto qui per sapere come stavamo, no? Non ci sembra giusto che per causa nostra ti esponga a pericoli. Per gentilezza, riposati”. Ma Krishna rispose: “Dharmaja, è questo ciò che hai capito della Mia divinità? Da una parte Mi esalti come il protettore di tutto l’Universo, dall’altra sei in apprensione come se io non fossi in grado nemmeno di proteggere Me stesso e sei preoccupato che il demonio possa farmi del male. Sta’ pur sicuro che nessun demone Mi toccherà. Perciò, lascia che anch’Io mi unisca a tutti voi nello svolgere il servizio di sicurezza”. Dopo aver completato il servizio di guardia di un’ora, Krishna andò a sedersi su una pietra, ridendo sornione tra sé. Adesso era il turno di Arjuna, il quale si precipitò da Krishna pensando con una certa preoccupazione che il diavolo potesse averLo assalito. VedendoLo però sorridente, si chinò ai Suoi piedi e Gli chiese se avesse sconfitto il demonio. Gli rispose Krishna: “Arjuna, Io non ho mai creato demoni e spiriti maligni; quindi, come possono degli esseri inesistenti fare la loro apparizione nella foresta? Il demonio a cui tu ti riferisci non è per niente un diavolo; è solo un riflesso delle qualità cattive che ci sono in te, come l’odio, l’ira, la gelosia, e tutto il resto. La rabbia che c’è in te si manifesta sotto forma di un demone, il cui potere si accresce in proporzione all’intensità della tua stessa rabbia”. La qualità malvagie dell’uomo sono in effetti gli autentici demoni che oggi l’affliggono. È un’erronea concezione quella che fa credere all’uomo che esistano dei diavoli, responsabili del dolore; essi non sono altro che frutto di pura immaginazione, sono tutti dei derivati da paure psicologiche. In realtà, c’è solo l’uomo che possa mettere un altro uomo nella condizione di soffrire; non esiste un diavolo incaricato a un simile scopo. Nel Creato non ci sono diavoli né spiriti satanici. Arjuna, compresa la verità delle parole di Krishna, non si imbatté più in alcun demonio; riconoscente verso di Lui, che gli aveva aperto gli occhi, si prostrò ai Suoi piedi e Gli espresse tutta la sua gratitudine. Bene e male sono creazioni proprie dell’uomo.
Il Buddha e la prostituta
Dopo aver emesso i voti della rinuncia, Buddha incominciò a viaggiare in lungo e in largo. La gente rimaneva colpita al vedere la sua persona così luminosa e di bell’aspetto. Una donna di nome Ambashali, innamoratasi del suo splendore, gli si avvicinò e gli disse: “O nobile, ti presenti come principe vestito da rinunciante. Potrei sapere per quale ragione, in età ancor così giovane, indossi una veste ocra?”. Buddha rispose che aveva scelto la via della rinuncia per poter trovare soluzione a tre problemi: “Questo bel giovane in carne un bel giorno diverrà vecchio; il suo corpo andrà soggetto a malattie e alla fine morirà. Voglio scoprire la causa della vecchiaia, della malattia e della morte”. Impressionata dalla sua sete di verità, la donna lo invitò a pranzo. In men che non si dica la cosa si venne a sapere al villaggio. Gli abitanti, uno ad uno, incominciarono a recarsi dal Buddha per avvertirlo di non accettare l’invito della donna, ritenuta persona di facili costumi. Buddha ascoltava pazientemente tutte le loro lamentele e, sorridendo, chiese al capo del villaggio: “Anche tu sostieni che sia una donna di dubbia morale?”. “Non una sola volta, bensì migliaia di volte potrei testimoniare che Ambashali è immorale. Ti prego, non andare a casa sua”, rispose il capo villaggio. Buddha gli prese la mano destra e gli chiese di applaudire; ma il capo villaggio non poté compiere quel gesto e fece notare a Buddha che non avrebbe potuto applaudire con una mano sola, visto che l’altra gliela teneva lui. E Buddha: “Così è pure di Ambashali, la quale non può essere immorale da sé sola, fintantoché ci sono in questo villaggio uomini dalle abitudini cattive. Se tutti gli uomini del villaggio fossero conformi al buon costume, questa donna non si sarebbe adeguata al loro riprovevole comportamento. Per cui, sono gli uomini e i loro soldi la causa della scostumatezza di Ambashali.”. Ciò detto, volle sapere se fra quel gruppo di persone che accusava la donna ci fosse qualcuno scevro da qualsiasi traccia di malizia, tale che egli potesse andare a pranzo a casa sua, ma nessuno si fece avanti. Allora Buddha disse: “Se tanti sono i cattivi di questo paese, non è il caso di puntare il dito contro una sola donna, che si è guastata perché trascinata da una compagnia così malvagia”. È per questo che si dice “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. La gente, che aveva capito la propria stoltezza, cadde ai piedi del Buddha e invocò il perdono. Da quel momento incominciarono a trattare Ambashali come una di loro, senza discriminazioni. Ed anche Ambashali, ispirata dagli insegnamenti del Buddha, intraprese il sentiero della rinuncia e condusse una vita di pietà e devozione. Nessun altro, all’infuori di ciascuno di noi, è responsabile del bene e del male; ciascuno ne risponde in proprio. Chi è il buono e chi è il cattivo? Eliminate innanzitutto il male che è in voi. State in compagnia di chi è buono. Commettete un peccato se puntate il dito contro gli altri, quando dentro di voi c’è una montagna di malvagità. Tali insegnamenti trovarono eco anche negli insegnamenti di Gesù. Oggi è diffusa nell’uomo la tendenza a voler esagerare anche il più piccolo difetto negli altri, anziché fare uno sforzo per individuare gli innumerevoli errori che ci sono in lui. È triste che, per spulciare gli sbagli altrui, ci siano pronti mille occhi attenti; le qualità malvagie dell’uomo odierno gli hanno degenerato il cuore facendogli perdere la sua vera identità e la gente d’oggi è maggiormente interessata nello scoprire i difetti degli altri invece di vedere in essi il buono, come farebbe ogni essere umano autentico.
Il vero uomo religioso
Vero cristiano, vero sikh, vero hindu, vero mussulmano è chi coltiva l’amore nel campo del proprio cuore. Purtroppo, se oggi non c’è anima che pianti i semi dell’amore nel giardino del cuore, che cosa ci si potrà aspettare che vi cresca? Come si potrà ritenere vero hindu una persona che non abbia amore in sé? Quando vennero da me i membri del Vishva Hindu Parishad, domandai loro il significato della parola “hindu”. Ci furono molte risposte. Uno di loro disse che il termine “hindu” si riferisce alla persona compassionevole e leale.
Chiesi loro di compitare la parola inglese per ogni lettera, e mi risposero: H, I, N, D, U. Poi dissi loro:
H sta per Humanity (Umanità)
I sta per Individuality (Individualità)
N sta per Nationality (Nazionalità)
D sta per Divinity (Divinità)
U sta per Unity (Unità).
(Applausi)
Colui che incarna in sé questi aspetti è un vero hindu, e l’amore è il principio che li anima tutti e cinque. Così, un vero hindu o un mussulmano o un cristiano dovrebbe essere un’autentica incarnazione dell’amore. I Mussulmani pregano dicendo “Allah ho akbar”, che vuol dire: “Dio è il più grande”. Islam significa “pace”; perciò, un vero mussulmano si distingue dal fatto che conduce una vita pacifica, e la pace nasce da un cuore pieno d’amore. Infatti, non si può avere pace senz’amore. Quindi, in qualsiasi casta, credo o religione, l’amore è la legge fondamentale. L’amore porta bene e prosperità; l’amore non ferisce alcuno: è shivam e mangalam, bontà e buon auspicio. Chi non fa del male a nessuno viene definito shivam; un uomo privo d’amore è shavam, un cadavere; chi ama è shivasvarupa, la personificazione di ogni buon auspicio.
Significato di “liberazione”
Celebriamo oggi la festa di Shivaratri. Che vuol dire? Con la notte (ratri) c’è il buio. Nel Rig Veda (X, 90) si afferma che “la mente è derivata dalla Luna, il Sole nacque dall’occhio”. La Luna è la deità che presiede la mente; perciò, la mente sarà pura e incontaminata. In ogni verso del Vedanta ci sono immensi significati, che, se male interpretati, generano confusione. È invalso l’uso di sacrificare oggi animali innocenti e docili, come capre, pecore, ecc. nel nome degli yajña e degli yaga. Un giorno, un’anima nobile notò alcuni animali che venivano condotti all’altare sacrificale in una grande processione. Chiese al proprietario di quegli animali quale fosse il beneficio che riteneva di ottenere dalla loro uccisione e gli fu risposto che, come risultato dell’offerta a Dio, gli animali si sarebbero liberati. Allora, quell’anima nobile disse: “O uomo, tua madre, tuo padre, tua moglie e tuo figlio, tutti bramano la loro liberazione. Perché dunque non li sacrifichi per soddisfare pienamente il loro desiderio? Perché non offri la liberazione a chi vi aspira invece di imporla a degli animali innocenti che non sanno nemmeno che cosa significhi liberazione. Se sei fermamente convinto che il sacrificio liberi la vittima sacrificata, perché non sacrifichi i tuoi genitori, tua moglie, i tuoi figli?”.
Alcuni oggi sostengono la necessità di cantare bhajan, fare della carità e del servizio come mezzi che conferiscono la liberazione, ma, se ne sono davvero così convinti, perché non mettono in pratica ciò che predicano. È facile predicare, ma è difficile praticare! La liberazione è nel più completo distacco. Gli attaccamenti procurano sofferenze; perciò, per prima e principale cosa rinunciate agli attaccamenti. Prima di sposarsi, un giovane non si lascia troppo impressionare se la sua ragazza è ammalata anche seriamente; ma, dopo averla sposata, si preoccupa estremamente anche per la piccola febbre di lei. Dove va ricercata la ragione di ciò? Nell’attaccamento. Prima del matrimonio fra i due non c’era ancora una vita comune, mentre dopo il giovane sente di poter dire “Ora è mia moglie”. Questo attaccamento è la sola causa di ogni sofferenza. Più ci teniamo stretti agli attaccamenti, più ci allontaniamo dalla liberazione. L’attaccamento va tenuto entro certi limiti.
Chi è immerso nell’acqua fino al collo può anche riuscire a parlare, ma non lo può chi è totalmente sommerso. Così, una persona immersa completamente nella divinità non avrà parole per descrivere la gloria di Dio; sono solamente coloro che ne hanno avuto una comprensione parziale che cercheranno di descriverLo in varie maniere. Dovreste immergervi completamente in pensieri divini e nel puro amore. A causa della mancanza d’amore, oggi ci sono conflitti fra individui, villaggi, regioni e stati.
La via esteriore e interiore
Il Vedanta proclama: “Conosci te stesso”. Chi segue la via dell’attaccamento alle attività esteriori ha interesse a raccogliere tutto quanto può sapere sugli altri e su ciò che gli sta intorno; ci tiene a chiedere “Chi sei? Da dove vieni? Cosa fai?” e così via. Chi invece percorre la via della vita interiore guarda dentro di sé e si chiede “Chi sono io? Da dove provengo? Dove vado?”. Il sentiero della vita interiore è naturalmente positivo, come quello esteriore è per natura negativo. Che cosa vi aspettate di buono se nel cuore coltivate sentimenti negativi? L’esterno è un riflesso dell’interno e si raccoglie ciò che si è seminato. Se avete mangiato un cocomero, non vi aspetterete che il vostro rutto sappia di mango. Perciò, per avere risultati positivi occorre riempire il cuore di sentimenti positivi, come l’amore, la pace, la compassione, che hanno origine da un cuore per natura positivo. Tutti i pensieri negativi sono un prodotto della testa, a cui la scienza e la tecnologia sono intimamente connesse, tanto che la tecnologia, per l’utilizzo di vie negative, si può dire sia diventata “truccologia”. A che serve possedere un’intelligenza acutissima se mancano qualità positive?
L’uomo moderno ha acquisito tutte le forme di conoscenza, e tuttavia non conosce sé stesso!
Malgrado la sua formazione enciclopedica, una mente ignobile non sa estirpare le sue cattive tendenze.
Tutta la conoscenza del mondo si sostiene con argomentazioni a non finire,
senza mai arrivare a una completa consapevolezza.
E, dopo tutto quel patrimonio di sapere, sopraggiunge la morte (che lo estingue);
volgete dunque il vostro studio a ciò che vi rende immortali.
Meglio il cuore della testa
Oggigiorno, mentre la scienza del mondo incrementa le proprie acquisizioni, le qualità nobili del cuore sono in declino. A che servono dieci acri di terreno infecondo? Sarà meglio un fazzoletto di terra fertile che tanti ettari di terra sterile. Fate in modo che in voi si sviluppi almeno una nobile virtù del cuore invece di coltivare le dieci del cervello, poiché tutti i pensieri formulati dal vostro cervello non vi saranno di alcun aiuto (per la liberazione). La maggior parte delle attività compiute dagli scienziati sono fondate sull’uso del cervello piuttosto che su quello del cuore. Agli studenti è ben noto il fatto che fu Newton a scoprire l’esistenza della forza gravitazionale. A causa di un eccesso di lavorio cerebrale Newton, prima di morire, dovette essere ricoverato per ben cinque anni in un ospedale psichiatrico. Quindi, non affaticate troppo il vostro cervello.
Gli studenti d’oggi trascorrono la maggior parte del loro tempo dediti allo studio. Viaggiando in auto, molte volte ho notato dei piccoli bambini che portano sul dorso grosse cartelle o zainetti pieni di libri; provate voi stessi ad immaginare in che condizioni si possono trovare dei ragazzetti che devono imbottirsi la testa di tutto quel po’ di nozioni contenute nei libri e alle conseguenze subite dai loro teneri cuori inquinati da un mucchio di informazioni superflue. Perciò, il vostro studio si mantenga entro certi limiti; solo in quel caso potrete conservare le vostre capacità razionali e mnemoniche. Ciò che nasce dal cuore è immortale e dolce come l’ambrosia degli dei. Ma voi seguite almeno uno di quei sentimenti? Basterebbe che nutriste il sentimento della pace. Ogni giorno, a conclusione dei bhajan, voi cantate per tre volte “Shanti” (Pace), ma in voi non c’è alcuna traccia di pace. Al minimo disturbo provocato, ad esempio, da uno che vi sta a fianco, vi sentite irritati e già modificate il tono della parola “Shanti”, che ripetete cantandola in modo aspro e rabbioso. Ecco, dunque: non c’è pace in voi, nemmeno quando la cantate! Come potete aspettarvi di provar pace dentro di voi se non la coltivate nel campo del vostro cuore? Invece di coltivare amore, coltivate qualità malvagie come gelosia e odio. Se qualcuno vi critica, non abbiatene a male; considerate quella critica come fatta per il vostro stesso bene. Cercare i peccati degli altri è il peggior peccato. Incominciate a correggere i vostri errori, e rilevate il bene che c’è negli altri. Chi non raccoglie la messe dell’amore nel proprio cuore non è un vero cristiano, né un vero sikh, né un vero hindu, né un vero mussulmano; non è altro che un demonio in forma umana. Se però sviluppate amore nel cuore, in verità siete Dio. Si diventa Dio o il diavolo in base ai propri sentimenti.
Il peccato del silenzio
Non cercate i difetti negli altri. Buddha fu criticato da molti quando accettò l’invito di Ambashali, ma quella donna non era la sola ad essere responsabile del suo cattivo comportamento; molti contribuirono ad incoraggiarne l’indole.
Per ciascuna azione peccaminosa, ci sono almeno cinque persone responsabili: chi commette il peccato, chi ne è la causa, chi lo incoraggia, chi mostra modi e mezzi per commetterlo e chi vi assiste passivamente. Tutti e cinque costoro andranno incontro alle conseguenze del loro comportamento. Quando Draupadi fu umiliata davanti a tutta la corte da Duryodhana e da Dussasana, vi furono degli anziani come Bhishma e Drona che rimasero passivi spettatori, senza contestare o contrastare la nefandezza di Duryodhana. In questo senso Vidura fece notare che non solo chi aveva commesso il peccato, ma anche le altre quattro persone appena citate sarebbero andate all’inferno. Bhishma, che, pur essendo uomo di saggezza, rimase silenzioso spettatore davanti all’umiliazione di Draupadi, dovette giacere su un letto di frecce per cinquantasei giorni. Se avesse impedito l’umiliazione di Draupadi, non avrebbe sofferto in quel modo.
Carità ambiziosa
È alquanto difficile stabilire chi abbia dei meriti o chi sia nel peccato; ed è per sfuggire al peccato che si deve intraprendere il sentiero della spiritualità. Consciamente o inconsciamente voi fate dei peccati e, di conseguenza, soffrite senza riuscire a rintracciare la causa fondamentale della vostra sofferenza. Dunque, dedicatevi ad azioni meritorie, coltivate sentimenti sacri, servite il prossimo: ciò equivale a percorrere la via della devozione. Essere devoti non significa celebrare dei riti di culto od offrire dei fiori a Dio. L’adorazione consiste solo nel compiere buone azioni e nel nutrire dentro di sé dei buoni pensieri. Non c’è redenzione se si compiono buone azioni sostenute da cattive intenzioni. Ci può essere, per esempio, un tizio che fa un’offerta di dieci milioni per una beneficenza, mentre un altro potrebbe farsi avanti con un’offerta di quindici milioni solo per farsi notare. Quest’ultimo, in realtà, può anche esimersi dal dare dieci rupie, perché persone simili sono eroi (ingl. hero) a parole e zero in pratica. Bisogna che ci sia coerenza fra il pensare, il dire e il fare. “L’oggetto di studio più appropriato all’uomo è l’uomo stesso”: in ciò sta la vera umanità.
Far solo del bene
Incarnazioni dell’amore, se volete redimervi, dovete mietere amore dal campo del cuore; irrigatelo con sentimenti d’amore. L’acqua è vita. Come santificherete la vostra vita se non date nemmeno dell’acqua potabile alla gente che ne ha bisogno? L’acqua è divina. In sanscrito si dice nâram. Col termine nayanam si indica l’occhio. Perciò, nâram, che vien fuori da nayanam dovrebbe essere solo per amore di Narayana, Dio. Cioè, si dovrebbero versare solo lacrime di gioia e non di dolore. E quando versate lacrime di gioia? Solamente quando avete successo nei vostri sforzi.
Sapete tutti che in quest’assemblea c’è molta gente che viene dai distretti del Mahabub Nagar e del Medak, per i quali Swami ha contribuito a provvedere acqua potabile. Molti di coloro che provengono da questi due distretti non avevano mai visto Swami prima d’ora e la loro gioia fu irrefrenabile allorché vennero a sapere dell’amore e della grazia dimostrata da Swami nei loro confronti. Uomini e donne, giovani e vecchi erano in estasi e da questi distretti ogni settimana ci sono persone che vengono da Swami per esprimere la loro gratitudine. Tutti voi dovreste tuffarvi in simili sante attività, che mirano al beneficio dell’umanità senza confini. È del saggio Vyasa la massima: Help Ever, Hurt Never, “Sempre aiutare, mai far del male”. Cercate in ogni modo che vi sia possibile di aiutare gli altri. Non ferite mai alcuno. Amate i vostri nemici; non usate parole aspre né urtate i sentimenti degli altri. Se ferite qualcuno oggi, dovrete un giorno riportarne le conseguenze decuplicate.
Sarete nell’autentico spirito di ciò che è significato da Shivaratri solo quando avrete rinunciato alle cattive qualità e coltiverete l’amore divino. Non basta star svegli nella notte di Shivaratri; dovete mantenere costantemente la vostra contemplazione su Dio. La maggior parte della gente crede di aver osservato lo spirito della veglia di Shivaratri giocando a carte. Un pescatore non cessa un solo istante di osservare attentamente se dei pesci si sono impigliati nelle reti, ma si può definire meditazione questa? E si può dire che abbia osservato il digiuno della veglia un uomo che si astiene dal cibo perché ha litigato con la moglie? No di certo. Così pure, non si può dire di aver rispettato la vigilia della notte di Shivaratri occupando tutto il tempo nel gioco delle carte. Dovete invece passare il tempo cantando il nome di Dio e compiendo azioni meritevoli. Non dovreste sprecare tempo prezioso in chiacchiere inutili. Cercate piuttosto di intraprendere delle attività di servizio nei villaggi e nei quartieri poveri e malfamati. Procurate ai miseri e ai bisognosi tutto quanto riguarda le necessità primarie della vita, come cibo e vestiti. Questo è il servizio più grande che possiate fare.
Ricordi d’infanzia
Io lo sto facendo in modo conveniente fin dalla mia fanciullezza. Quando qualcuno si presentava ai gradini dell’ingresso di casa per chiedere l’elemosina, qualcuno da dentro diceva “Non ora, non ora!”; ma io furtivamente distribuivo vestiti ed elemosine a chiunque ne avesse bisogno. La madre di questo Mio corpo fisico era solita riesumare e narrare nostalgicamente tutti questi episodi. Che lo crediate o no, io avevo solo un paio di abiti che facevo durare per tutto l’anno. Ogni giorno, quando tornavo da scuola, mi mettevo addosso un asciugamano e lavavo il Mio unico vestito, lo stendevo per asciugarlo e poi lo stiravo con una scatola di ferro improvvisata per contenere della brace. Quando mi prendevano un abito nuovo, regalavo quello vecchio a un povero o a un bisognoso. Il padre di questo Mio corpo fisico non mi ha mai picchiato né rimproverato; anzi, era fiero di Me: “Tu sai essere uno che fa grandi sacrifici – mi diceva –. Nessuno di noi sa essere come Te”. E mi si rivolgeva chiamandomi affettuosamente “Vedanti”, filosofo. Lo stesso faceva la mamma di questo Mio corpo fisico, la quale Mi accudì con grande amore e affetto. La gente si chinava ai suoi piedi, le raccontava per filo e per segno i suoi guai e implorava da lei una raccomandazione del loro caso da rivolgere a Me. Io però cercavo dolcemente di metterle un freno, dicendole che non doveva preoccuparsi dei problemi degli altri. Ma, nonostante ciò, lei proseguiva imperterrita: “Swami, a che scopo sono nata se non sono d’aiuto alla gente che soffre. Io sento sinceramente che quelle persone saranno alleviate dalle loro sofferenze se Ti trasmetterò tutti i loro problemi e tutto quanto essi provano. Perciò, non mi lascerò fermare quand’anche fossi Tu stesso a oppormi obbiezioni o rimproveri”. I genitori di questo Mio corpo fisico condussero in questo modo una vita veramente pia e sacra e tutto il parentado ne ebbe beneficio.
Fiducia in sé e in Dio
Sviluppate qualità buone; non date spazio al male frequentando cattive compagnie. Nel treno della vita, i giovani sono i passeggeri dei lunghi percorsi; gli anziani potrebbero scendere alla prossima stazione, ma voi avete un bel po’ di strada da fare prima di raggiungere la vostra destinazione. Per prima cosa è necessario che abbiate fiducia in voi stessi. Oggi la gente patisce per la mancanza di fiducia in sé. Se avrete completa fede in Dio, riuscirete a superare tutte le difficoltà. Sul vostro cammino potrebbero esserci alcune difficoltà, ma voi non siatene eccessivamente turbati; affrontate tutte le asperità con ogni coraggio e convinzione, e solo allora otterrete la vera felicità. Non prendetevela mai con Dio per le vostre difficoltà; bene o male sarete costretti ad imbattervi nelle conseguenze del vostro operato. Ma, con la Grazia di Dio, perfino il male si volgerà in bene. Perciò, aumentate sempre più la vostra fede in Dio. Credete in un amico che avete incontrato pochi anni or sono, e non avete fiducia in Dio che è con voi, in voi, intorno a voi, durante tutto il periodo della vostra esistenza. Avete fiducia nel dhobi che vi lava la biancheria al punto che gli lasciate i vostri abiti di valore, siete disposti a piegare il capo sotto il rasoio del barbiere, siete pronti ad affidare la vostra vita nelle mani di un tassista, e non avete fiducia nell’onnipresente, onnipotente e onnisciente divinità! Perché non chinate la testa davanti a Dio? Vi sono alcuni di mente perfida che criticano chi china il capo davanti a Dio; sono persone che non avranno mai la buona fortuna di piegare la loro testa davanti al Signore.
Un giorno, il re Bhoja era diretto insieme col suo ministro col suo cocchio verso un villaggio. Per strada s’imbatté in un monaco buddista che andava per la direzione opposta. Allora scese immediatamente dal carro e gli offrì rispettosamente i suoi omaggi chinandosi col capo ai suoi piedi. Il ministro non apprezzò il gesto del sovrano, e gli fece osservare: “Sire, come potete porre il vostro prezioso capo sui piedi di un monaco qualunque?”. Il re attese il momento opportuno per rispondergli. Un giorno, infatti, il re, dopo aver consegnato al ministro le teste di una pecora, di una capra, di una mucca e di un essere umano, gli chiese di andarle a vendere al mercato. Il ministro così fece e, al suo ritorno, disse al re: “Sire, nessuno ha voluto comprare questa testa umana”. Allora il re disse: “Ministro, ricordi quel giorno in cui tu facesti delle obbiezioni al fatto che mi ero chinato ai piedi del monaco buddista, sostenendo che la mia testa valeva più di tutto? Adesso almeno puoi renderti conto di quanto valga la testa di un uomo senza vita?”. Bisogna prostrarsi ai piedi delle anime nobili finché si è in vita, giacché nemmeno gli avvoltoi e i cani apprezzano la testa di un uomo morto.
La fiducia in sé non è cosa che si acquisisca od ottenga con l’istruzione, bensì è qualcosa che si merita. Abbiate pensieri divini, affinché possiate meritar fiducia. In effetti, voi siete tra i più fortunati, se pensate che, tra i miliardi di persone che ci sono al mondo, siete tra i pochi che sono venuti qui. Sfruttate al meglio questa occasione d’oro: seguite il sentiero di Dio. Se avrete fede in Dio, Egli vi proteggerà in barba a tutte le difficoltà. Egli è sempre con voi, in voi, sopra di voi, accanto a voi, intorno a voi. Non date mai adito a sentimenti negativi e a cattivi pensieri. Non criticate nessuno. Ogni giorno sui giornali – e voi ne siete ben consapevoli – trovate titoli a caratteri cubitali che annunciano conflitti tra fazioni varie: l’una critica l’altra e ognuna attribuisce delle colpe all’altra. In questo modo non fanno che accumulare peccati. Questa è la ragione per cui io non leggo i giornali; perché mai dovrei passarli in rassegna? Molta gente spreca un sacco di soldi per comprare i giornali. È una forma di follia. Leggete libri buoni. La maldicenza è uno dei peccati peggiori.
Solo chi vede si redime
Incarnazioni dell’amore, com’è stato spiegato prima dal vice cancelliere nel suo discorso, alcuni anni fa ero solito produrre dal Mio corpo degli Atmalingam in occasione della festa di Shivaratri. La creazione del Lingam avveniva ad ogni Shivaratri e, per assistere a questo sacro evento, milioni di persone accorrevano qui e solo pochi potevano essere ospitati in una sala insufficiente. C’era di conseguenza un parapiglia generale e il panico andava a danno dei devoti. Per questa ragione cessai di manifestare in pubblico l’emissione del Lingam. C’è un’ora particolare per questo fenomeno, che può aver luogo in qualsiasi istante compreso fra le 20 e le 22, e si verifica al momento giusto a seconda del luogo ove Io mi trovo. Non può far a meno di accadere, ed è un evento naturale in questa notte di Shivaratri. I fortunati che possono essere presenti e vedere coi propri occhi la sacra nascita del Lingam sono liberi da qualsiasi peccato. (Per godere questa grazia) è però necessario vedere come esso emerge. Qualcuno potrebbe non vederlo nonostante si trovi seduto nelle immediate vicinanze. È di estrema importanza vedere coi propri occhi la nascita del Lingam. Chiunque riesca a guardarlo mentre vien fuori, ne godrà i suoi propri benefici. Molti sono gli aspetti importanti connessi a questo evento di grande auspicio.
Una notte speciale
Avrete immensi benefici se starete svegli almeno questa notte per cantare la gloria del Signore. La Luna è la divinità che governa la mente; in essa ci sono sedici fasi. In questo Shivaratri quindici fasi si sono già immerse nel Divino; ne rimane solo una, la quale, mediante il costante ricordo di Dio, s’immergerà anch’essa nel Divino. Potete passare una sola notte su un anno intero per cantare la gloria di Dio? Allora, santificate questa notte partecipando ai bhajan. La beatitudine che ne ricaverete, la dolcezza del nome divino, la gioia che deriva dalla visualizzazione della forma divina non si possono ottenere da nessun’altra parte. Solo l’amore rende tutto possibile. Quindi, coltivate amore e santificate la vita.
(Baba conclude il discorso col canto “Bhajana bina shukha shanti nahi”)
(Prashanti Nilayam, Vigilia di Shivaratri, 14 febbraio 1999)