“Le religioni sono molte, la meta è una.
Le vesti sono varie, il tessuto è uno.
I gioielli sono diversi, l’oro è uno.
Le mucche sono molte, il latte è uno.
I fiori sono molteplici, l’adorazione è una.
Gli esseri sono molti, l’Âtma è uno.
L’uomo, incapace di comprendere questa realtà a causa dell’ignoranza, è diventato vittima di molti problemi perché troppo coinvolto nella sua esistenza secolare.
Che altro si può comunicare a questa assemblea di anime nobili?”
Ogni vostro respiro ripete: “Io sono Dio.”
Incarnazioni della Divinità!
La cultura di Bhârat è unica e ha impartito lezioni elevatissime di moralità e spiritualità al genere umano sin da tempi immemorabili. Prima di tutto, essa ha insegnato all’essere umano a riconoscere la divinità che c’è nel padre e nella madre. I testi sacri proclamano: “Riverisci tuo padre e tua madre come Dio.”
Riconoscete la vostra Divinità inerente
In verità, la vita umana è piena di dolcezza; privata della dolcezza, essa è soltanto uno spreco. L’essere umano corre dietro ai piaceri terreni, mondani e sensuali, ma la dolcezza che c’è nell’amore della madre è molto superiore a tutto questo. Questa è la gemma inestimabile della cultura di Bhârat. È la madre che sacrifica tutto per sostenere, nutrire e proteggere il bambino; la dolcezza che c’è nella maternità non si trova in nient’altro nel mondo.
La tolleranza è la vera bellezza di questa sacra terra di Bhârat. Di tutti i rituali, l’aderenza alla verità è l’austerità più grande. Il sentimento dolcissimo di questa nazione è quello dell’amore per la propria madre.
Il carattere è considerato molto più importante della vita stessa. Le persone hanno dimenticato i princìpi fondamentali di questa grande cultura e imitano quella occidentale. Peccato! I bhâratîya non sono consapevoli della grandezza della loro eredità culturale, come il possente elefante non lo è della sua forza.
Riconoscere la Divinità della propria madre è del tutto essenziale per ogni persona. Mentre stava partendo per la foresta, il Signore Râma disse a Sîtâ: “O nata dalla terra! Sulla terra, non c’è Dio più grande della madre e del padre. La madre conosce la nostra mente, conosce ciò che ci piace e si impegna costantemente per il nostro benessere. Se non riconosciamo la Divinità della madre che è davanti a noi, come possiamo conoscere Dio che è oltre la nostra comprensione e al di là delle parole e della mente? Quindi, per noi, riconoscere la madre e il padre come Dio è essenziale. Per questo è Mio dovere sacrosanto obbedire a Mio padre e dare compimento alla promessa che egli ha fatto.”
Per capire la Divinità, che è oltre il livello umano, l’uomo deve elevarsi allo stato che è oltre tale livello. Prima di tutto, l’uomo deve vivere come un vero essere umano applicando le caratteristiche umane e riconoscendo la propria inerente Divinità. Chi è mânava (l’essere umano)? È il corpo o la mente? No, no. Mânava implica il Principio Atmico sacro e divino. Un vero essere umano ha fede incrollabile, ma oggi, sfortunatamente, la sua fede non è salda. La fede è come gli occhi, ma oggi egli è diventato cieco perché ha perso gli occhi della fede. Che bisogno ha, l’uomo, di cercare Dio? Offrite servizio al genere umano e ricevete l’Amore di Dio. Questa è la strada giusta.
“Il modo migliore di amare Dio è quello di amare tutti e servire tutti.”
Come vi ho già detto, sebbene la Divinità sia la stessa in tutti, le capacità e potenzialità degli individui variano dipendendo dal loro livello di evoluzione, dai meriti accumulati nelle vite passate e dal vissuto dei genitori. Il bambino eredita l’apertura della mente e del cuore dei genitori. La condotta giornaliera della persona riflette l’apertura o ristrettezza del suo cuore.
Rifugiatevi in Dio per superare mâyâ
Per l’essere umano, è necessario fare costantemente azioni buone nella vita di tutti i giorni. Dice il proverbio: “Se continui a cantare, canterai bene; se continui a masticare delle foglie di nîm, anch’esse ti sembreranno dolci. Se continui a grattare la pietra, essa diverrà più piccola.”
Il valore di un diamante cresce dopo il taglio e la molatura. Allo stesso modo, la Divinità splende in una persona dopo che questa è passata attraverso prove e tribolazioni e ha fatto pratica costante. Il fuoco si accende quando due pezzi di legno si sfregano l’uno contro l’altro; il tenero burro è prodotto dalla zangolatura del latte inacidito; in modo simile, l’essere umano può raggiungere la Divinità pensando costantemente a Dio. Si dice che più si gratta il legno di sandalo su una pietra, più profumo ne esce; se schiacciate bene la canna da zucchero, ne esce il dolce succo. L’oro posto sul fuoco perde le impurità e brilla intensamente. Allo stesso modo, un aspirante spirituale deve affrontare tutti i problemi e le difficoltà, sviluppare lo spirito di rinuncia e sacrificio, e sperimentare la Divinità. Egli deve imparare dalla madre come sopportare il dolore, la riprovazione, le perdite e le difficoltà, e manifestare la sua Divinità emulando lei. Come potete pensare a Dio che è oltre il livello umano? Che cos’è che Dio ama? Che cosa si aspetta? Come dovete comportarvi per essere accettabili a Dio? Se volete avere il potere che è oltre il vostro livello, se volete avere maggiore forza, dovete rifugiarvi in Dio che è oltre ogni cosa. L’uomo può avere enormi ricchezze, grande potere e posizione, ma mâyâ ha un potere molto più grande; per superarla, bisogna chiedere l’aiuto di Dio che ha più potere di mâyâ.
La storia di Sugrîva nel Râmâyana è un buon esempio a questo riguardo. Il fratello maggiore di Sugrîva era Vâli che era dotato di grande forza, molto superiore alla sua. Tra i due c’era inimicizia e Sugrîva, sapendo che avrebbe potuto essere ucciso da Vâli in un combattimento, cercava qualcuno più forte del fratello come appoggio. Un giorno vide due persone che andavano verso la montagna Rishyamûka in cui egli si era nascosto per paura di Vâli; preoccupato, inviò il suo ministro Hanuman a indagare sulle intenzioni dei due che sembravano grandi guerrieri. Râma e Lakshmana furono molto contenti del comportamento nobile e del parlare erudito di Hanuman sebbene fosse una scimmia. Egli spiegò la difficile situazione di Sugrîva e si offrì di trasportare i due viandanti sulle spalle vedendoli stanchi. Râma pensò che usare Hanuman come veicolo non fosse corretto, ma a volte bisogna agire a seconda delle circostanze usando la discriminazione. Il tenero burro si può tagliare con un dito, ma, per colpire un pezzo di ferro, serve un martello. Râma e Lakshmana salirono sulle spalle di Hanuman e giunsero da Sugrîva il quale, dopo aver constatato le abilità di Râma come guerriero, si prostrò ai Suoi Piedi e Gli affidò il comando della sua armata di scimmie.
In questo episodio, Sugrîva cercò l’amicizia di Râma in quanto Egli era più potente di Vâli. In modo simile, l’uomo deve cercare il potere di Dio al fine di sconfiggere mâyâ che, fino allora, lo fa ballare come vuole. Mâyâ può esser paragonata a una nartakî (danzatrice). Quando voi ottenete il controllo completo di questa nar-ta-kî, la vita diviene un kîr-ta-na (canto in lode del Signore). Nel Kali Yuga, cantare il Nome Divino è il mezzo migliore, per l’uomo, per raggiungere la liberazione.
L’unione di Sat e Cit è Ânanda
Si può cercare l’aiuto di Dio tramite qualunque dei tre sentieri proposti da grandi santi: Advaita (non dualismo), Vishishtâdvaita (non dualismo qualificato) e Dvaita (dualismo). Âdi Shankara diffuse l’Advaita che dice che la Divinità è presente dovunque come il succo nella canna da zucchero. Che cosa si intende per non dualismo?
“La verità è una, ma il saggio le si riferisce con vari nomi.”
La Verità è soltanto una, non due; non c’è alcun secondo, ma noi vediamo DUE. E neppure due! Noi vediamo duecentomila! E neppure duecentomila! Venti milioni! Come facciamo a trovare l’unicità? Ecco un esempio eccellente per questo: ponete l’1 in un posto e il 9 in un altro. Chi dei due è maggiore? Naturalmente, noi diciamo che il nove è maggiore. No! L’uno è più grande: uno, più uno, più uno, più uno, più uno, più uno… fa un grande numero.
“L’Uno volle diventare i molti.”
È soltanto l’unità che si è manifestata nella molteplicità. Soltanto l’Uno esiste, ma si manifesta nei molti; questa unità nella diversità, questa unicità, è non dualismo. Voi raccogliete molte canne da zucchero: quando sono tutte schiacciate, ottenete lo stesso dolce succo. Le canne sono molte, ma la dolcezza è una; gli esseri sono molti, ma il respiro è uno; le nazioni sono molte, ma la terra è una, i gioielli sono molti, ma l’oro è uno.
L’Advaita dice che la Divinità è presente dovunque come il succo nella canna; ma quanto dura il succo? Non può durare a lungo. Il succo della canna da zucchero può essere preparato in forme differenti in modo che la dolcezza possa essere gustata in modi diversi. Questa era la teoria della Vishishtâdvaita di Râmânuja. Egli diceva: il succo della canna può essere trasformato in zucchero. Il succo è il non dualismo, lo zucchero è non dualismo qualificato. Qual è l’uso dello zucchero? Lo si può mischiare con la farina di riso, con quella di grano e con il dâl, dopodiché la farina non ha più il suo gusto. Con la farina e lo zucchero mischiati, si possono preparare molti dolci come il laddu e il jilebi. Quindi, il succo è il non dualismo, lo zucchero è il non dualismo qualificato e lo zucchero mischiato con la farina è il dualismo. Shankara rappresenta il non dualismo, Râmânuja il non dualismo qualificato e Mâdhava il dualismo. Essi erano grandi âcârya (maestri) che diffusero la spiritualità nel mondo intero. Comunque, la dolcezza della Divinità è presente nel dualismo, nel non dualismo qualificato e nel non dualismo. La Divinità è una, ma i corpi sono differenti. Comunque il non dualismo è nel regno dei sentimenti, non nell’azione. C’è Dio nella tigre e c’è Dio nell’essere umano, ma voi non potete abbracciare la tigre, no! Dovete darle una collocazione appropriata e dovete avere la vostra posizione, ma abbiate piena fede nel fatto che la Divinità è la stessa in tutti. La Divinità ha tre aspetti: Sat, Cit e Ânanda. Sat significa Essere, ciò che è immutabile, che non cambia nei tre periodi di tempo; è la Divinità. Cit indica la Consapevolezza che è onnicomprensiva, non frammentata.
(Swami mostra un fazzoletto e ne fa vedere soltanto una cocca – ndt).
Se si mostra una cosa piccola, voi direte che è un pezzo di stoffa; questa non è consapevolezza totale. Bisogna che spieghiate tutto il fazzoletto, dopodiché direte che è appunto un fazzoletto.
(Swami mostra tutto il fazzoletto – ndt).
La Consapevolezza è ciò che prova e dimostra la Conoscenza totale, completa, esauriente. Questa è Cit. La combinazione di Sat e Cit è Ânanda (Beatitudine). Questa Beatitudine è immutabile, è Brahmânandam (gioia suprema); come per lo zucchero, la sua dolcezza non cambia. Sat è zucchero, Cit è acqua: quando li mischiate, non sono più l’uno né l’altra: diventa sciroppo. Questa è Ânanda. Quindi, Essere-Consapevolezza-Beatitudine è la Divinità.
I nomi e le forme sono temporanei: la forma di una tigre è temporanea, la forma di un serpente è temporanea. Dato che i nomi e le forme sono temporanei, riteneteli tali. Comunque il principio del non dualismo non deve essere frainteso: voi avete una penna in tasca e anche un’altra persona ne ha una. Voi non potete prendere la penna dalla sua tasca; sarebbe corretto? No! Al livello del mondo, la vostra penna appartiene a voi e la Mia penna appartiene a Me.
Se scivolate, subite una frattura della gamba, dopodiché vi ingessano. Vostra madre vi ama molto e può essere addolorata per la vostra sofferenza, ma non le è possibile prendersi l’ingessatura al vostro posto. Gli individui sono differenti, ma il dolore può essere lo stesso: voi soffrite per la frattura e vostra madre soffre per la vostra sofferenza, ma non per la gamba fratturata. Ella è addolorata a causa della sofferenza del figlio, non per la frattura. Il non dualismo si può quindi seguire nei sentimenti, non nell’azione.
Shankara propagò il principio del non dualismo, ma raccomandò anche l’adorazione di Dio. Perché lo fece? La ragione è che persone diverse hanno livelli diversi di consapevolezza. Ognuno deve seguire il sentiero che si adatta al suo livello. Finché non raggiungete il livello più alto, l’adorazione è necessaria. Finché non arrivate al livello di Shankarâcârya, dovete assolvere i vostri doveri. Potete essere molto istruiti, potete avere una posizione elevata e un titolo accademico prestigioso ma, quando insegnate l’a b c a vostro figlio, dovete scendere al suo livello; dovete cominciare a insegnare da lì. In modo simile, finché non si raggiunge il livello di Shankara, bisogna seguire tutte le forme di Upâsana, tutte le forme di adorazione. Quindi Shankara diffuse anche la preghiera e l’adorazione. Compose molti versi sull’adorazione di Dio. Egli rappresenta la non dualità, ma noi non dobbiamo seguirlo per questo: dobbiamo conoscere la nostra posizione e cominciare a praticare dal livello corrispondente.
Considerate la fede come il vostro stesso respiro
Un discepolo deve avere piena fede nel proprio guru, un devoto deve avere piena fede in Dio, ma oggi i discepoli seguono i guru sulla base dei propri bisogni e convenienze. Questo è l’effetto del Kali Yuga. Quando non sono soddisfatti, lasciano il guru; quando i loro desideri sono esauditi, lo esaltano, quando non lo sono, lo accusano. Questo non va bene: che i desideri siano soddisfatti o meno, si deve mantenere fede nel guru e in Dio. Un discepolo deve pensare sempre così: “Io desidero quella fusione con tutto il cuore, non lascerò mai vacillare quest’amore.” L’Amore non cambierà mai; l’Amore dà sempre, non riceve. Quindi riceviamo ciò che Dio dà. Qualunque cosa Egli dia è per il nostro bene: dobbiamo avere questa forte fede. Krishna volle saggiare la fede di Arjuna prima della guerra del Mahâbhârata: un giorno, mentre passeggiavano nella foresta, Egli indicò un uccello appollaiato su un albero e chiese ad Arjuna che uccello fosse, se si trattasse di un pavone, al che Arjuna rispose affermativamente, ma Krishna disse: “No, no! È un corvo”, e Arjuna aggiunse: “Sì, Swami, è un corvo.” Krishna allora replicò: “O testa matta, tu dici ‘sì sì’ a qualunque cosa Io dica: non hai discriminazione?” “Swami” – rispose Arjuna – “a che serve la mia discriminazione di fronte a Te? Se dico che non è un pavone, Tu puoi trasformarlo in un pavone; qualunque cosa Tu dica è la Verità.” Al che Krishna rispose: “Ora sei meritevole!”
Soltanto allora Krishna impartì la conoscenza della Bhagavad Gîtâ ad Arjuna. L’insegnamento di Dio comincia quindi con la fede. Che cosa disse Arjuna infine? Egli disse: “Io obbedisco al Tuo comando.”
Voi dovete avere una vishvâsa forte. Non è soltanto vishvâsa (fede): è il vostro shvasa (respiro). A ogni respiro, voi ripetete Soham, Soham (Quello io sono). Abbiate la ferma certezza di essere Dio. So significa “Dio”, ham significa “io”. Quindi ogni respiro ripete: “Io sono Dio, io sono Dio, io sono Dio. Io non sono differente da Dio.” Quando sentite di essere Dio, diventate Dio. Tat tvam asi (Quello tu sei): questa è la saggezza di Brahman. “Io sono saggezza, Io sono Brahman” è la visione della non dualità. Eppure l’uomo non comprende il segreto del non dualismo. Egli pratica la dualità, per cui va lontano dalla Verità. Non solo: egli va lontano anche dalla società. Che cosa fate voi con ciò che non ha sapore, che non è gradito al palato? Lo gettate via. Similmente, la società vi rigetta quando non agite in modo appropriato. Quindi dovete essere uno con la società; questo è il primo passo verso l’unità. Se c’è unità, siete puri dentro e soltanto quando la purezza è instaurata avete la Divinità. Quindi, l’Insegnamento Divino nella vita umana è la combinazione dei tre: Unità, Purezza, Divinità. Solamente l’Amore porta l’unità in tutti; se c’è l’Amore, non ci sono differenze sulla base della razza, della nazionalità ecc. Dove non c’è Amore c’è odio e, se c’è odio, non può esserci relazione neppure tra madre e figlio. Quando c’è Amore, non c’è differenza tra mio e tuo; quindi, per mezzo dell’Amore si può compiere qualunque cosa.
Come ha detto Sinclair, essi hanno potuto fare tutte quelle esperienze grazie all’amore, alla fede e ai forti sentimenti divini. Senza Amore, senza una salda fede, non si può fare alcuna esperienza. Bhakti, prapatti, vishvâsa (devozione, abbandono e fede) sono i tre passi e sono tutti necessari; solamente così potete avere le esperienze. Le esperienze trascendentali sono basate sulla devozione, sull’abbandono e sulla fede.
Kodaikanal, 26 aprile 1993,
Sai Shruti
(Da “Sanâtana Sârathi”, dicembre 2017)