03 Ottobre 1989 (Dasara) – Il messaggio dei Veda

03 Ottobre 1989 (Dasara) 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

IL MESSAGGIO DEI VEDA

Baba canta:

Potete chiedere ai dotti che vi leggano e vi spieghino i Veda, le scritture ed altri testi sacri, come potete farlo anche per conto vostro. Potete lucrare benefici dai riti sacrificali compiutiti da chi è investito di quell’ufficio, o potete celebrarli da soli. Potete anche visitare tutte le mete di pellegrinaggio della nazione e del mondo e indurre altri a fare lo stesso. Potete praticare e realizzare le otto discipline che portano alla Conoscenza e convincere altri a fare lo stesso.

Ma riuscite a controllare corpo, sensi e mente rivolgendo ogni pensiero al Sé interiore?

Riuscite ad avere una mente completamente e costantemente sotto controllo? E possibile avere in ogni istante una mente imperturbabile? No, non è assolutamente possibile!

Incarnazioni del Divino Amore!

I Veda sono il complesso delle rivelazioni che i veggenti cui fu svelato il significato dei mantra, ci hanno tramandato. Sono l’alito del Signore Supremo che inspira ed espira proclamando la Verità che trascende tempo e spazio ed indicando agli abitanti dei tre mondi i mezzi per avere prosperità e pace. Studio sui Veda

“Veda”, deriva la sua radice da “Vid”, che significa “conoscere”. I Veda sono incarnazione di ogni saggezza ed insegnano il modo di ottenere la purezza del cuore e di abbandonare le impurità. Sono piuttosto difficili Io studio e la padronanza dei Veda, perché la loro rivelazione è ininterrotta ed infinita.

Studiare i Veda ha sempre richiesto un’infinità di tempo. E, se è già difficile studiarli, figuratevi metterli in pratica e trarne beneficio. All’inizio esisteva un solo blocco di Veda che li comprendeva tutti. Poi Vyasa, costatando le difficoltà che abbiamo considerato, ne fece quattro sezioni: Rigveda, Yajurveda, Samaveda e Atharvaveda. Altro nome per definire i Mantra è “Samhita”, sicché abbiamo il Rigveda Samhita, Io Yajurveda Samhita ed il Samaveda Samhita.

Il Rigveda è sostanzialmente composto di inni di lode dedicati alle varie deità. Gli antichi se ne servivano per pregare Dio e per propiziarlo in molti modi.

Lo Yajurveda si compone di mantra per l’adorazione delle deità, e serviva alle celebrazioni di sacrifici e al compimento delle opere di carità.

Ogni Veda è a sua volta suddiviso ulteriormente in tre sezioni: Mantra, Brahmana, Aranyaka e Upanishad (che sono un’appendice dell’Aranyaka).

È nel Rigveda che viene esposto anche il Karmakanda, ossia il sentiero dell’azione connesso ai vari modi per rivolgere il proprio culto al Signore.

I Brahmana subirono una successiva suddivisione in tre parti: Taittiriya Brahmana, Aitareya Brahmana e Satapatha Brahmana, fondamentalmente costituiti di mantra.

Il tentativo di suddividere i Veda in tante parti aveva lo scopo di promuovere il benessere e la felicità del paese e dell’umanità. La celebrazione di sacrifici mirava a richiamare le piogge al tempo opportuno, in modo che i raccolti fossero abbondanti e gli uomini vivessero felicemente in prosperità.

Gli Aranyaka erano destinati a coloro che, dopo una vita vissuta nella famiglia, avessero voluto ritirarsi nella foresta per godere la gioia e la pace prodotta dalla recita dei mantra raccolti in questa sezione dei Veda. Fu attribuito il nome Aranyaka, perché questi scritti raccoglievano le esperienze ed i sentimenti che trovarono elevazione nella foresta e che furono espressi in mantra. Una notevole porzione di Aranyaka viene aggregata ai Karmakanda, la sezione che spiega il sentiero dell’azione, utile nel compimento di cerimonie sacrificali.

Il termine “Yajurveda” proviene dalla radice “Yaj”, associata alla completa e totale contemplazione del Signore in tutta la Sua Gloria e in tutti i Suoi aspetti. Si suddivide ancora in due sezioni: il Krishna Yajurveda ed il Sukla Yajurveda. Ci sono due fondamenti, detti Siddhanta, su cui poggiano due tradizioni, Brahma e Aditya. Il Krishna Yajurveda si è sviluppato soprattutto nell’India del Nord, mentre il Sukla Yajurveda ha avuto maggiore impulso al Sud.

I Veda si sono sviluppati in nove branche:

1)Sruti; 2) Anusvara, 3) Trayi, 4) Amnayam, 5)Samamnayam, 6) Chandas, 7) Svadhyayam, 8) Gama e 9) Agama.

Ognuno di questi nomi sono ricchi di significati.

1) “Sruti” si riferisce al processo di apprendimento dei Veda da parte del discepolo che presta la massima attenzione e cura nell’ascolto di ciò che il maestro gli insegna, memorizzando tutto e mettendo in pratica quanto ha appreso. Riguarda l’esatta maniera di cantare i mantra e, quindi, il modo di trarre il massimo profitto dalla recita dei Veda. Il suono dei mantra deve essere eseguito nello stesso modo in cui viene insegnato dagli istruttori, che vanno seguiti con estrema serietà. Perciò, l’apprendimento dei mantra vedici è tramandato solo oralmente.

2) “Anusvara” è la fase della riflessione su quanto si è ascoltato, contemplando il significato dei mantra trasmessi dal maestro e conservandoli nella loro purezza e integrità mediante la costante recita.

3) “Trayi”. All’inizio i tre Veda – Rig, Yajur e Sama Veda – venivano riuniti sotto lo stesso nome “Apurusheya”, cioè senza origine umana, di provenienza divina. A causa di questa origine divina, tutti e tre i Veda furono definiti “Trayi”, cioè Triade.

4) “Amnayam” e

5) “Samamnayam” hanno in comune la radice “na” e significa acquisire la conoscenza dei Veda attraverso la loro meditazione e pratica.

6) “Chandas” ha diversi significati e uno di loro riguarda la conoscenza che si dovrebbe custodire segretamente e diffondere con cautela. Il Samaveda è completamente costituito di Chandas.

7) “Svadhyayam” è la tradizione dei Veda trasmessi di padre in figlio, di generazione in generazione, secondo una successione genealogica. L’acquisizione dei Veda non si attua sui libri, ma viene trasmessa nei secoli da maestro a discepolo.

8) “Gama” e

9) “Agama” sono i nomi attribuiti all’atto dell’inspirare e dell’espirare di Dio, il cui alito ha dato origine ai Veda.

In una parola, i Veda sono la quintessenza del respiro di Dio. I grandi profeti, che udirono nel loro cuore quella rivelazione divina, scoprirono il cardine dei mantra in otto lettere chiave, che a loro volta sono dei mantra: A, Ka, Cha, Ta, Tha, Pa, Ya, Sapi. I Maharishi, ossia i grandi veggenti infusero i Veda mediante l’uso di queste otto lettere, essendo in grado di avere la visione dell’Indistruttibile ed Eterno Immobile. I danni della negligenza

Ognuno dei Veda si suddivide in branche e sottobranche. Il Rigveda, per esempio era costituito da 20 branche e da 21 sottobranche ma, col passare del tempo, gran parte del materiale andò perso e oggi ne sopravvivono soltanto tre. Analogamente, delle 96 branche che componevano lo Yajurveda, solo due hanno resistito alla devastazione del tempo. Ed il Samaveda che ne aveva mille, oggi ne ha soltanto tre. Se un tesoro spirituale di tale portata è potuto sopravvivere nei pochi rami dei Veda rimasti, quanto maggiore sarebbe stata l’eredità spirituale per l’India con un patrimonio integro!

I Veda, anche se ripetuti, furono ignorati e ciò condusse alla distruzione la conoscenza e la saggezza degli Indiani, mentre si è accentuata enormemente la chiusura mentale. Sono sempre più coloro che non nutrono amore e rispetto per i Veda e, persino fra i Brahmini, che dovrebbero esserne i depositari, è in declino l’interesse.

Chi sono i Brahmini? Brahma significa incarnazione del mantra. Si dà il nome di Brahmino a chi contempla i mantra vedici e vi riflette sopra costantemente; ma i Brahmini d’oggi si sono allontanati da Dio, vera incarnazione del mantra. Contaminati da un’educazione di stampo moderno, da un’invasione di desideri, dalla cupidigia, dall’attaccamento al denaro, dalla mancanza di nobili ideali e da interessi meschini, hanno dimenticato la divinità che sta in loro. Di conseguenza, il mondo ha perduto la pace e Io stato di benessere.

Che cosa si intende per “Veda”? Uno dei significati è “consapevolezza”, un altro è “ intelligenza”, un terzo è “discriminazione”. Tutti coloro che volessero sviluppare la propria intelligenza e il proprio discernimento dovrebbero mettersi ad imparare i Veda. Oggi si usa l’intelligenza solo per porsi domande del genere: come posso avere più prestigio? Come fare per essere più ricco? Che fare per avere più comodità, più tranquillità e più possedimenti?

E cosi la gente non fa che incrementare desideri, mentre non nutre pensieri come: voglio diventare una persona virtuosa, voglio essere retto, voglio seguire la strada che porta alla Divinità, voglio arrivare a Dio.

Per inseguire progetti meschini gli uomini si votano all’ignoranza e all’egoismo, perdendo di vista la propria natura umana. Sono degli esseri umani solo quanto a forma esteriore, ma non quanto a contenuti. Che contributo possono dare al mondo persone del genere? I Veda hanno sempre cercato di costruire l’uomo capace di emanare umanità e non degli esseri che sono umani solo nell’aspetto.

Oggi un gran numero di persone recitano i Veda senza comprenderne il significato. Si può gustare la pienezza della beatitudine solo quando si comprende appieno il significato dei mantra che si cantano. Se ci si limitasse a ripetere il nome di un cibo delizioso, senza mai assaporarlo, non se ne ricaverebbe alcuna forza né soddisfazione. Si potrà sentire il dolce sapore dei Veda solo quando si è messo in pratica ciò che si legge e si canta. Non basta recitarli per avere una piena comprensione della Divinità. La completa visione di Dio sarà accordata solo quando il significato dei mantra vedici verrà vissuto nella pratica. Universalità dei Veda

La visione dei Veda è ampia, ricca di nobili pensieri e di sentimenti fondati sulla saggezza. I Veda ci insegnano ad avere una mente equanime in ogni circostanza della vita ed hanno il senso dell’unità del tutto, inducendo ad essere imperturbabili nella gioia come nel dolore, purtroppo la gente d’oggi recita meccanicamente i Veda senza capirne il senso. Se almeno si capisse un inno o anche solo un singolo mantra, come per esempio questo mantra di pace che si canta ogni giorno:

“Om Saha nav avatu saha nau bhunaktu saha vlryam karavavahai
tejasvi nav adhltam astu ma vidvishavahai”.

Qual è il suo vero significato?

“Muoviamoci tutti insieme;
siamo felici insieme;
agiamo insieme all’unisono;
Viviamo in armonia ed in comunione reciproca…”

Che grande mantra! e quale nobiltà di sentimenti in esso! Ma anche un mantra di idee così ampie è stato interpretato successivamente in senso limitato. Così non si riesce a raggiungere nemmeno un millesimo del senso di uguaglianza e di amicizia condiviso nei tempi antichi. Il significato della parola “Veda” è connesso con quello di “pienezza”, che, come insegnano i Veda, raggiunge ogni cosa. Se ci sono equivoci è perché l’umanità non ha capito e non ha sentimenti umani nel senso proprio del termine.

Significato dei riti sacrificali

Sarebbe meglio non parlare di ciò che non si è capito nel suo giusto significato, che va perso quando si seguono interpretazioni fuorvianti, come va perso anche il senso del sacrificio che si compie. Ad esempio, nel Rigveda si fa la descrizione di 33 Divinità, fra le quali il Sole è la più importante. Ognuna di queste forme erano viste dotate di arti e membra, come fossero esseri umani. L’aspetto di Dio che si esprime nel Sole è assai popolare e gli sono stati attribuiti altri nomi come Ritwik, Hota e Brahma. A questa manifestazione divina sono stati offerti dei sacrifici. “Agni”, il Dio del Fuoco, non è altro che un’immagine del Sole ed ha dei genitori.

Stamani, prima di dare inizio al rito sacrificale, due sacerdoti hanno sfregato due bastoncini per produrre il fuoco sacrificale. Si dice che il Dio del Fuoco abbia consumato i suoi genitori subito dopo la sua nascita. Avete visto questo piccolo anello, detto “arani” rappresenta la madre ed il bastoncino che vi è adagiato è il padre. Quando il fuoco divampa, distrugge gli strumenti che gli hanno dato origine.

In questo senso diciamo che l’aspetto del Dio – Fuoco è nato da due genitori. Lo stesso Dio del Fuoco ha una forma: le fiamme sono la sua lingua e i raggi di luce che sprigiona sono le sue teste. Per questo gli hanno attribuito mille teste, mille piedi, mille mani e così via. Il Principio del Fuoco è latente in ogni essere umano e ciò significa che intimamente ogni uomo è divino. Quando si cantano i mantra mentre si fanno offerte nel fuoco al Signore, sugli uomini si riversa la Sua Grazia sotto forma di pace e prosperità.

C’è un detto:

come il fuoco, così il fumo;
come il fumo, così le nubi;
dalle nubi la pioggia;
dalla pioggia dipende il raccolto;
dal raccolto il cibo e
dal cibo l’intelletto.

Poiché ai nostri giorni le nubi del cielo non sono formate dal fumo dei sacrifici, il cibo consumato dalla gente non fa crescere l’intelligenza, Quando si compiono dei riti sacrificali il fumo che viene prodotto è sacro, produce nubi sacre, pioggia sacra, messi sacre, cibo sacro e, quindi, pensieri sacri. Così, tutta la gente ne riceve santificazione.

Se oggi nella mente umana prevalgono pensieri e sentimenti cattivi è a causa del fatto che non si compiono più queste cerimonie sacrificali. Anzi, alcuni muovono delle critiche dicendo:

“A che scopo sprecare tanto ghi ed altro materiale per compiere Yajna e Yaga (Sacrifici e Offerte)?” Solo coloro che hanno davvero capito, ne comprendono il valore; gli altri no.

Dal sacrificio la beatitudine

Quando il contadino va al campo di fango per cospargervi una borsa di riso, l’erudito stolto, che ignora come si fa a coltivare, critica l’agricoltore commentando: “Con tutta la gente che patisce la fame, quello getta nel fango tutto quel riso sprecandolo!” Ma questi non sa che il contadino che ha seminato un sacco di riso oggi, fra tre mesi ne raccoglierà cento. Se non seminate oggi, come farete a raccogliere domani?

Allo stesso modo mentre offrite del ghi o altro al fuoco sacrificale, voi notate lo spreco dell’offerta e non i vantaggi futuri. Siate disposti a sacrificare oggi per avere frutti maturi domani. Purtroppo oggi le persone non sono disposte nemmeno per sogno a compiere dei sacrifici e, quando si tratta di compierne alcuni, è solo per seguire la consuetudine. Pochissimi hanno un’idea su ciò che sia un vero sacrificio e, a causa di questa incoscienza, nonostante i loro beni, i ricchi non hanno pace né sicurezza. Il ricco pensa ad accumulare sempre di più e non fa nemmeno lo sforzo di dare una ciotola di riso al mendicante che bussa alla sua porta, e poi va stupidamente a fare delle offerte ad una statua senza vita, dimenticando che il divino è presente in ogni essere umano. È una grande stupidità credere di poter offrire qualcosa a Dio, dopo aver offeso il prossimo.

Potrà mai aver bisogno delle vostre meschine offerte Colui che è la sorgente di ogni ricchezza? Usate ciò che avete per il benessere della nazione. Date ai bisognosi, agli indigenti, ai poveri. Quando andate al tempio di Tirupati a fare offerte al Signore Venkatesvara, è solo per interesse egoistico. Offrite un niente per aspettarvi un grosso compenso.

Un tale pregava così: “O Signore, se vincerò dieci milioni di rupie alla lotteria te ne offrirò 10 mila.” Ma che razza di barato è questo? Queste non sono che meschinerie. Perché si è giunti a tanto? Perché l’uomo ha smarrito il segreto dei Veda. Offre a Dio una zolla di terra per avere in cambio una montagna; questa è la caricatura della devozione. Purtroppo oggi sono sempre più i devoti di questo tipo. “O Dio, ti offro tre noci di cocco se appaghi i miei desideri”, e dopo aver offerto le noci, se ne porta via i pezzi“. Così tutte le preghiere, tutte le pratiche religiose sono cariche di egoismo e di interessi personali. Tutti cercano vantaggi, ma senza essere disposti al sacrificio.

I Veda dicono: “Figlio, non avrai l’immortalità né con l’azione né con la ricchezza, ma solo col sacrificio”. Non avrete nulla se non date nulla. Come quando andate da un negoziante e gli date 5 rupie per un fazzoletto, potete esigere la merce quando avete dato il denaro. Oggi, però, gli uomini aspirano ai posti d’onore, senza meritarli col sacrificio.

Qual è la prima cosa da sacrificare a Dio? Innanzitutto le cattive qualità. Imparate ad essere virtuosi. Rinunciate alle vostre visioni ristrette per essere di larghe vedute. Offrite la vostra mente agitata, per avere in cambio la quiete mentale. Non sarà facile averla senza sacrifici. Questo imparate: sacrifici, sacrifici, sacrifici! Ciò non significa sacrificare il proprio denaro, la propria casa, ecc., ma quando vi imbattete in una persona che ha bisogno di aiuto, il vostro cuore deve sciogliersi e non indurirsi, come accade oggi.

La stessa mente dell’uomo si sta riempiendo di durezza a causa di qualità e idee malvagie. Dove credete di andare con tutta la ricchezza che avete accumulato? Che cosa guadagnerete con questo? Nessuno se la porterà dietro quando lascerà il mondo. Mentre siete in vita, aiutate i bisognosi secondo le vostre possibilità. La quintessenza dei Veda è la glorificazione del sacrificio come suprema virtù. Sacrificio, sacrificio, sacrificio!

Abbiate in voi sentimenti di abnegazione. A che vi giova tutto quanto leggete, studiale o ascoltate se non avviene alcun miglioramento nella vostra vita? A che vi serve tutta l’istruzione se non c’è nessuno che possa cancellare con un colpo di spugna tutta la confusione stampata nella vostra testa? Se nella vostra mente entrano pensieri malvagi e disonesti, tutto il vostro modo di pensare diventa arido, segue direzioni sbagliate e voi assumete un atteggiamento duro e crudele, perdendo ogni vantaggio dell’istruzione ricevuta.

Chi è di mente ottusa non conoscerà mai se stesso, anche se ha studiato molto, Il mediocre non migliorerà certo con l’istruzione. La più alta conoscenza sta nel comprendere il valore del sacrificio, fonte di gioia infinita, di immortalità, di Divinità, dove si può nuotare in un oceano di Beatitudine. Quanta gioia e quanta sicurezza nel sacrificio!

La lezione da imparare attraverso il compimento dei riti sacrificali è il sacrificio come mezzo supremo per realizzare il Divino. Tutti gli inni ed i mantra vedici sono forme di Dio e oggi si stanno semplicemente recitando i Veda, ma che posto occupano nella vita pratica di ogni giorno? Sono inutili i Veda, se non vengono messi in pratica. Ci si può sfamare semplicemente parlando di cibo? Può forse un povero arricchirsi parlando di ricchezze? E un ammalato può guarire citando semplicemente delle medicine? Chi vuole sfamarsi deve mangiare. Nient’altro all’infuori della pratica può dare Beatitudine e, per ottenerla, occorre imparare la lezione del sacrificio, comprendere il significato di yaga, ossia delle offerte propiziatorie, e condurre una vita divina.

Veda e Vedanta

In questo è il vero significato dei Veda e occorre comprendere il loro insegnamento circa ciò che va fatto e ciò che non si deve fare, la via del benessere e quella dell’inedia. Da oggi in poi ci occuperemo soltanto di ciò che è importante per la vita di ogni giorno. Gli studenti dovrebbero familiarizzarsi con il significato intrinseco del gergo vedico, perché la maggior parte delle persone oggi non fanno che ripetere meccanicamente delle parole senza capirne l’intimo significato. È più facile trovare chi ve lo spiega che non chi lo mette in pratica. Il corretto significato delle parole usate nei Veda si comprende con la devozione e con l’interesse. Qualunque cosa facciate, capitela e mettetela in pratica.

Thyagaraja esortava: “O mente, comprendi il significato di Rama e poi cantalo”. Che vuol dire cantare Rama? “Ra” si riferisce alI’Atma, cioè allo Spirito e “Ma” al Jivatma, ossia all’Anima di ciascun individuo. Il significato intrinseco della parola Rama affiora nella congiunzione del Signore con l’Anima individuale; è la combinazione della forma del Signore col devoto.

I Veda hanno insegnato il Sentiero dell’Azione. Tutte le branche del sapere – la fisica, la chimica, la botanica, l’economia, la musica, ecc. – sono trattate dai Veda e quegli insegnamenti hanno a che fare col mondo esteriore. Per questo i Veda sono considerati “Dvaita”, cioè dualistici. Le Upanishad hanno invece insegnato il Sentiero della Conoscenza, attraverso l’introspezione.

Delle quattro principali mete dell’uomo: Giustizia, Ricchezza, Desiderio e Liberazione – i Veda si sono dedicati solo alle prime tre. Le Upanishad hanno dichiarato che la natura del Supremo può essere afferrata solo mediante il Sentiero della Conoscenza.

La Conoscenza è di due tipi: c’è la Conoscenza Superiore (spirituale) e la Conoscenza Inferiore (terrena). Fa parte di questa seconda categoria di conoscenza tutto il sapere umano, come pure tutto ciò che ha relazione con la Giustizia, la Ricchezza e il Desiderio. Soltanto la Liberazione è della Conoscenza Superiore ed è a questo tipo di istruzione che si deve tendere.

Questa Conoscenza si trova nel Vedanta. Le Upanishad sono un completamento dei Veda, poiché in esse c’è tutta l’essenza vedica. Per questo sono state chiamate Vedanta, l’unica strada che porta alla luce e alla beatitudine. Mentre i Veda sono nel dualismo, il Vedanta è non dualista (Advaita) ed è il nondualismo che fa sperimentare la Beatitudine.

Nei Veda predomina il principio dell”’Ego“, mentre il Vedanta ha dichiarato che solo con l’eliminazione del senso di “Io” e di “Mio” si accede alla Realizzazione. È l”io” che va sradicato; finché sussiste non sarà possibile entrare nel mondo della Conoscenza Suprema, ma si rimarrà legati a quello della Conoscenza Inferiore. Perciò, cercate di capire la differenza tra i Veda e le Upanishad. Il Vedanta è la quintessenza dei Veda. Occorre innanzitutto mettere in pratica, poi predicare. Solo a queste condizioni si potrà comprendere il Principio dell’Advaita, cioè del Nondualismo.

Incarnazioni del Divino Amore!

Attualmente lo studio dei Veda è molto generico e a grandi linee, mentre si trascura come applicarli nella vita quotidiana. E così, dalla nascita alla morte, si passa una vita sui Veda, senza nemmeno conoscerli a fondo, Questo sarà l’argomento che tratteremo domani. Tutto quanto è stato prescritto dai Veda è per la vita; ogni cosa è un inno al Nome del Signore: accompagnatelo nella contemplazione, nel ricordo e nella recita del Nome. In questa gioiosa salmodia, pensando al Signore ed inneggiando al Suo Nome, avrete la Sua visione,

Swami concluse il Discorso con il canto: “Bhajana Bina Sukha Santhi Nahi”

Prashanti Nilayam, 3 ottobre 1989

Festa di Dasara

da: Mother Sai n. 2/90