7 Luglio 1985 – Disciplina spirituale e servizio

7 Luglio 1985 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Disciplina spirituale e servizio

[1] Nella vostra vita avete lavorato duramente per far fronte ai doveri
terreni, sino ad arrivare a Praśānti Nilayam alla ricerca di riposo
per il corpo e pace per la mente. Stando così le cose, sarebbe alquanto
strano se vi venisse chiesto di svolgere qualche lavoro anche
qui.
Anticamente il guru radunava i suoi discepoli nella foresta e assegnava
loro vari compiti, talvolta per 10 o 12 anni, e ciò veniva fatto
con uno scopo. Un obiettivo importante del lavoro è la purificazione
di citta (cuore spirituale). Una volta purificato il cuore, il discepolo
è pronto a ricevere gli insegnamenti del guru.
Nei tempi antichi, all’inizio si dava ai discepoli un lavoro da svolgere
e, dopo la loro purificazione per mezzo del lavoro, se l’insegnante
era soddisfatto della maturità raggiunta dagli studenti, cominciava
a impartire loro l’insegnamento spirituale, ovvero brahma
vidyā, la conoscenza del Brahman; ma vi sono anche altre ragioni
per cui sarebbe utile svolgere un lavoro.
Ogni capofamiglia è impegnato a compiere numerose attività, nel
corso delle quali molte piccole creature e insetti possono essere uccisi,
perciò si possono commettere dei peccati in molti modi, deliberatamente
o inconsapevolmente. Per eliminare tali peccati i testi sa-
cri hanno prescritto cinque riti propiziatori: brahma yajña, deva
yajña, pitṛ yajña, manuṣya yajña e bhūta yajña.
[2] Brahma yajña comprende lo studio dei testi sacri e delle Scritture;
deva yajña significa offrire alla Divinità canti devozionali (bhajan),
atti di adorazione, contemplazione e meditazione; pitṛ yajña si riferisce
ai riti funebri svolti in onore dei genitori defunti o degli avi;
manuṣya yajña significa estendere la propria ospitalità ad eventuali
ospiti, invitati e non invitati; bhūta yajña vuol dire offrire cibo ad
animali, uccelli, insetti, ecc., nonché prendersi cura degli animali
selvatici.
Se vi impegnate in simili atti di servizio, facendo quanto richiesto
da tali yajña, vi sarà possibile espiare i vari peccati che potete avere
commesso.
Le attività di servizio svolte in altri luoghi possono essere diverse,
come la costruzione di strade nei villaggi, la costruzione di templi,
l’offerta di cibo ai bisognosi, nonché collaborare per servire un particolare
villaggio o una città. Tuttavia, se svolgete attività di servizio
a Praśānti Nilayam avrete l’opportunità di servire direttamente Dio.
Ogni lavoro svolto qui è un’offerta fatta a Svāmī stesso, perciò deve
essere eseguito con un sentimento d’amore; quello che conta è che
non rimaniate in ozio.
Potete scegliere il tipo di lavoro a voi più congeniale, secondo le vostre
attitudini e capacità; mentre svolgono queste attività sacre, i residenti
dell’āśram possono proseguire la loro disciplina spirituale
praticando una delle nove forme di devozione sotto indicate:
śrāvaṇaṃ – ascolto delle Scritture e delle storie sacre;
kīrtanaṃ – canto del nome del Signore e della Sua gloria;
viṣṇusmaraṇaṃ – costante e continuo ricordo di Dio;
pādasevānaṃ – servizio offerto ai piedi del Signore;
vandanaṃ – inchino o prostrazione;
arcanaṃ – adorazione;
dāsyaṃ – atteggiamento di servo dedito e fedele verso Dio;
snehaṃ – amicizia per il Signore, considerato l’unico e vero amico;
ātmanivedanaṃ – completa resa di sé stessi al Sé supremo e alla volontà
del Signore.
[3] Molti affermano che a volte si presentano parecchi ostacoli nel
corso della pratica spirituale. Le difficoltà che s’incontrano dovrebbero
essere considerate prove, e non punizioni; queste prove vengono
date per accertare se l’aspirante è idoneo a ottenere una promozione:
test frequenti rappresentano opportunità frequenti per ricevere
un avanzamento.
Se c’è un lungo intervallo tra una prova e l’altra, vuol dire che la
promozione non è raggiungibile ancora per molto tempo. Dovreste
affrontare gli ostacoli che incontrate nel corso della vostra pratica
con questo spirito, sforzandovi di superarli.
Mentre praticate la disciplina spirituale, seguite le regole stabilite
dalle Scritture o l’ingiunzione del guru o le direttive di Dio, senza
però preoccuparvi, indipendentemente dagli ostacoli che si presenteranno.
Proseguite invece la pratica prescritta sino a ottenere il
successo, persino a costo della vostra vita.
Alcuni affermano di seguire le direttive di Svāmī e di incontrare
molti ostacoli nella loro disciplina: questa non è l’attitudine giusta.
In realtà, se seguite le istruzioni di Svāmī in modo attento e corretto,
non dovreste incontrare alcun ostacolo. Se si presentano delle difficoltà
significa che non avete seguito le istruzioni nel modo giusto.
Prima di intraprendere qualsiasi disciplina ci sono alcune regole che
dovreste conoscere.
Sādhana è la pratica spirituale per realizzare il proprio obiettivo o il
proposito della vita, perciò l’individuo deve prima decidere cosa
vuole ottenere e qual è il suo scopo; poi la disciplina dovrà essere
portata avanti sino al raggiungimento della meta. Se invece l’aspirante
segue una pratica spirituale senza conoscere questi aspetti,
vacillerà, procederà con esitazione e andrà incontro a vari problemi.
A quel punto potrebbe perdere anche la fede nel guru, e ciò potrebbe
provocare un fallimento totale e la sua rovina. Pertanto bisogna
essere molto vigili nel praticare una disciplina spirituale.
[4] Nella sādhana ci sono sei passaggi: śama, completa cessazione dei
capricci e delle bizzarrie mentali, quindi perfetto controllo della
mente, equanimità e totale assenza di passioni; dama, controllo dei
sensi, rinuncia, sottomissione; titikṣā, tolleranza, pazienza sopportazione;
uparati, rinuncia ai piaceri sensuali, imperturbabilità; śraddhā,
fede sincera, anelito, determinazione ferma; samādhāna, profondo
assorbimento, intensa meditazione, contemplazione.
Śama, dama e uparati hanno a che fare con i vari aspetti della mente e
del controllo dei sensi. Titikṣā significa avere una mente equanime
sia nella perdita sia nel guadagno, nel dolore e nel piacere, nella lode
e nel biasimo. Śraddhā è veramente essenziale nella vita spirituale,
perché solo chi ha fede salda e grande determinazione potrà conseguire
la saggezza e ottenere l’illuminazione. Pertanto, qualunque
sia il lavoro da svolgere, andrà eseguito con grande interesse e fede.
Infine samādhāna rappresenta uno stato di soddisfazione e di appagamento,
infatti chi non ha desideri è l’uomo più ricco del mondo,
chi è colmo di desideri è l’uomo più povero del mondo; perciò l’individuo
deve sentire un senso di completezza e soddisfazione di sé.
La soddisfazione di sé deriva dalla fiducia in sé; la soddisfazione di
sé può portare al sacrificio di sé e, grazie a quest’ultimo, si può conseguire
la realizzazione del Sé.
Per l’essere umano sono essenziali tre fattori: conoscenza, abilità ed
equilibrio. Se l’uomo si accosta alla conoscenza con abilità, acquisirà
l’equilibrio, il quale è molto importante e implica un’oculata equanimità
sia nella lode sia nel biasimo. Per conseguire l’equilibrio è
necessaria l’abilità, per ottenere l’abilità è fondamentale la conoscenza.
Se perdete l’equilibrio, ne deriva subito la sofferenza.
[5] Se vi viene affidato un lavoro, dovrete dedicargli il cuore e
l’anima ed eseguirlo con tutta sincerità e dedizione, al limite delle
vostre capacità. Prendete ad esempio un individuo al quale viene
assegnato il compito di piantare degli alberi e progettare un giardino.
Se farà quel lavoro con tutto il cuore, le piante cresceranno bene
e il giardino diverrà una vera bellezza. Così quando Svāmī andrà a
visitare quel giardino sarà soddisfatto di vedere tutte le piante in
ottime condizioni; allora la gioia di Svāmī si trasformerà nella grazia
che riverserà su quel devoto, e la grazia divina gli conferirà
grande gioia e felicità.
Ecco un esempio al riguardo. Śrī Śaṅkarācārya aveva un certo numero
di discepoli, tra i quali tredici erano considerati importanti; di
questi, quattro erano i più vicini al Maestro: Hastāmalaka1, Toṭaka,
Sureśa, e Padmapāda.
I primi tre scelsero di studiare le Scritture sotto la guida del loro guru,
mentre l’ultimo disse che sarebbe stato molto felice di servirlo.
Śaṅkara gli chiese quale tipo di servizio volesse eseguire, e il discepolo
disse di voler lavare le vesti del guru in modo che ogni giorno
fossero pronte.
Gli altri tre lo derisero per aver scelto di servire il guru, mentre essi
erano impegnati ad apprendere le grandi Scritture, ma il quarto discepolo
non si lasciò turbare dalle loro parole.
Ogni giorno portava le vesti del suo guru in mezzo al fiume, in
modo che venissero lavate con l’acqua più pura. Tuttavia, un giorno
ci fu un’inondazione proprio mentre si trovava in mezzo al fiume; il
ragazzo non era preoccupato di perdere la vita, era invece ansioso
di recuperare gli indumenti del guru e cominciò ad attraversare il
fiume che era ormai in piena. Così avvenne che ovunque posasse il
piede spuntasse un fiore di loto in pietra, perciò gli fu dato il nome
di Padmapāda (piede di loto).
Quando riportò gli indumenti al Maestro, il guru fu così compiaciuto
della devozione del discepolo che riversò la sua grazia su di lui, e
Padmapāda divenne immediatamente un grande dotto. Tale è l’importanza
e la grandezza di rendere servizio al guru e la grazia che il
servizio può evocare.
Se riuscite a meritarvi la grazia di Svāmī, allora tutto vi verrà dato
in più e voi sarete felici in questo mondo e nell’aldilà. Qualunque
lavoro svolgiate, fatelo con totale sincerità, usate sempre un linguaggio
gentile ed educato e parlate con dolcezza.
[6] Durante la celebrazione del sessantesimo compleanno di Svāmī
giungeranno qui centinaia di migliaia di devoti che dovranno essere
trattati come ospiti, perciò mostrate loro grande cortesia e ogni
riguardo, e non ferite i loro sentimenti.
I devoti non sono venuti qui per voi, bensì per amore di Svāmī,
proprio come avete fatto voi all’inizio. Se vi viene affidato l’incarico
di assegnare gli alloggi e qualcuno vi chiede una camera ma non c’è
disponibilità, dovrete dirglielo in modo gentile. Nel caso dovesse
ripetere la richiesta non rispondete gridando, ma comunicategli con
gentilezza che nessun alloggio è disponibile.
Ci sono quattro stadi nel viaggio che conduce a Dio: sālokya,
sāmīpya, sārūpya, sāyujya2. Ora siete al primo stadio (sālokya), cioè
siete arrivati alla presenza del Divino. Quindi dovrete procedere
verso sāmīpya che significa andare ancora più vicino; poi dovrete
proseguire verso sārūpya, lo stato in cui brillerete e assorbirete lo
splendore della forma divina e della dignità del Divino. Alla fine
avrete accesso allo stadio finale di sāyujya, l’unione totale, in cui la
piccola ‘bolla’ si dissolverà e scoprirà di essere il mare. Il servizio vi
offre l’opportunità di progredire e di avanzare in questi stadi per
andare sempre più vicino a Svāmī!

Discorso tenuto ai residenti dell’āśram, Praśānti Nilayam, 7.07.1985