25 Maggio 1982
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Amore per la Madrepatria
Per conseguire la salvezza, l’uomo s’inginocchia davanti a milioni di Divinità con grande angoscia. Se solo eliminasse il suo ego interiore, raggiungerebbe subito la meta e sarebbe libero!
[1] È molto difficile comprendere l’ego, sondarne la profondità e i modi subdoli. L’ego è un’entità inerte, vale a dire che non è in grado di riconoscere sé stesso né gli altri; non ha alcun timore e non si piega di fronte a nessuno. L’ego degrada l’uomo e dalla gloria aurea di cui è degno lo porta a livello della polvere. I serpenti sibilano, i maiali grugniscono, i tori muggiscono e con ciò affermano il loro ego nell’intento di tenere lontano gli altri. L’orgoglio è il tratto più velenoso dell’ego, e l’orgoglio dei dotti e dei sapienti è talmente concentrato che è per loro impossibile liberarsene. Il cane è orgoglioso della casa del suo padrone, perciò abbaia quan-do un estraneo si avvicina per entrare. Anche l’uomo ha sviluppato un forte attaccamento alla ‘sua casa’, alla ‘sua gente’ e alle ‘sue pro
prietà’, tanto che anche lui cerca di tenere gli altri alla larga da quando si sveglia finché va a dormire. Tuttavia, l’egoismo è un at-tributo opposto alla vera natura umana, è solo una caratteristica animale. Il fiore pienamente sbocciato appassisce nel giro di poche ore. Ana-logamente, anche se l’uomo è orgoglioso del suo vigore fisico, della sua prontezza mentale e della lucidità intellettuale, la vecchiaia si insinua gradualmente in lui con i suoi effetti debilitanti. Che cosa dire poi della ricchezza e del potere sulle cose e sugli uomini? En-trambi sono come i bagliori di un fulmine che illuminano solo per la frazione di un istante! Oggi ci sono, domani non ci sono più. Tali disposizioni caratteriali e possedimenti, fattori entrambi tem-poranei, causano delle impressioni permanenti. I più grandi nemici dell’uomo non sono all’esterno di lui, i peccati che commette sono i suoi più acerrimi nemici e lo spingono ad agire in modo opposto a tutti i codici di condotta. Rāvaṇa fu spinto ad agire in modo peccaminoso dal suo malvagio ego, tanto che il suo crimine ridusse il suo splendido impero a un cumulo di polvere. Quando Hitler divenne dittatore della Germania, le sue vittorie sui vari stati confinanti gonfiarono il suo ego a tal punto da farlo diven-tare pazzo per il potere. Egli scatenò la seconda guerra mondiale e morì in mezzo alle rovine della sua stessa capitale. L’egoismo è come un’infezione che non permette alla coscienza di espandersi ed elevarsi e può compromettere tutte le caratteristiche umane. Pertanto, gli educatori devono fare molta attenzione affin-ché i teneri cuori dei bambini non vengano contaminati da questo virus.
[2] Il progresso di ogni nazione dipende da tre categorie di persone: i lavoratori di produzione, gli addetti alla sicurezza e gli insegnanti. Questi tre gruppi sono ugualmente importanti e interdipendenti, e costituiscono il tripode su cui si regge la prosperità di un Paese. L’amore è come un sedile che poggia su tre gambe; uno stato può essere felice e in pace solo se queste tre categorie lavorano all’uni-sono animate da un sincero amore per il Paese. Oggi, molti ostentano una devozione priva di solidarietà umana e un patriottismo privo di moralità, tanto che entrambi sono aridi e sterili. L’egoismo non tollera l’amore per gli altri né riesce a essere felice con sé stesso. Se il raccolto di grano non viene consumato né spartito, è destinato solo a marcire. L’egoismo riduce l’uomo a un demone; infatti alla minima provocazione s’adira contro i genitori, la moglie e i figli o contro gli insegnanti e respinge tutti quelli che lo ostacolano. Dio è più vasto dell’immensità, più minuscolo di un atomo, e tutta-via non ha ego. Come può l’uomo, che non ha il diritto di rivendi-care neppure la benché minima frazione di gloria, proclamarsi grande? È davvero un atteggiamento assurdo. L’egoista ignora la fonte che può conferirgli il rispetto e si fa sfuggire l’opportunità di sviluppare i suoi talenti in modo corretto. [3] L’educazione deve rendere umili. L’umiltà è la credenziale più importante che un individuo possa conquistare. L’umiltà dà come risultato la ricchezza, e attraverso la ricchezza è possibile sostenere la rettitudine e favorire gli atti caritatevoli. Tutto ciò garantisce la felicità qui è nell’aldilà. L’umiltà non può crescere studiando e me-ditando sui libri. L’attuale sistema educativo non promuove l’umil-tà, anzi conferisce lauree che gonfiano la testa degli studenti; per di più non li rende saggi e non favorisce il progresso della nazione.
L’educazione deve incoraggiare l’indagine sui bisogni effettivi del Paese e su come soddisfarli, e i giovani devono dedicarsi a questo compito. Ma cosa si vede invece? Persino gli anziani che cammina-no con il bastone tentano ansiosamente di spremere ancora una goccia di piacere dalla vita. Dopo essersi ritirati dagli incarichi sta-tali, vanno a cercare altri impieghi, ma l’idea di trascorrere gli ulti-mi anni della loro vita servendo il prossimo neanche li sfiora. Le persone non istruite non sono forse molto patriottiche, ma vi ga-rantisco che la nazione è minacciata più da quelle colte. Costoro, non appena conseguono una laurea in medicina o ingegneria, cor-rono in un’agenzia viaggi per ottenere un passaporto, e sono dispo-sti a corrompere pur di andare a lavorare in Iraq, in Iran o a Dubai. Naturalmente i soldi sono auspicabili, ma solo per quanto è neces-sario. Non può forse un uomo guadagnare abbastanza nel suo Pae-se e contemporaneamente aiutare i suoi fratelli e sorelle meno for-tunati che vivono nei villaggi? Non sentire amore per la patria che vi ha dato i natali e che vi ha cresciuto non è certo un segno d’educazione. Considerate per un attimo cosa significa ripudiare il proprio Paese ed essere affascinati da un altro. Dovete servire prima la vostra gente e poi gli abitanti di altri paesi. Ma cosa dire di coloro che odiano o disprezzano la loro madre terra e ne amano un’altra? Come può un individuo che non rispetta il suo Paese credere di essere rispettato altrove? Un modo di pensare così distorto è il risultato dell’attuale sistema educativo. [4] Un mendicante che bussa alla porta vi dice lamentandosi: “Si-gnora, io sono straniero (paradeśī) qui, mi dia un aiuto!” Egli vuole dire che non è di quel villaggio e quindi non c’è nessuno che lo pos-sa aiutare. Il termine paradeśī significa appunto una persona che dal suo Paese si è spostata in un’altra località. Quelli istruiti che vanno
all’estero sperano di guadagnare alcune migliaia di Rupie in più, ma anch’essi appartengono alla professione dei mendicanti. Gli studenti devono evitare di cedere a tali degradanti tentazioni e non devono abbandonare la loro madrepatria per recarsi all’estero; tanto meno devono pensare che un uomo diventi più importante se va all’estero. Le hostess lo fanno tutti i giorni! Abbiate fede e amore per la vostra casa, il vostro villaggio, la vostra città, la vostra terra. Ciò non implica, però, che dobbiate odiare le altre nazioni. In nessuna circostanza, l’odio, l’inimicizia o l’intolle-ranza devono inquinare la vostra mente. [5] Considerate ora un esempio tratto dal Rāmāyaṇa. Dopo la morte di Rāvaṇa avvenuta sul campo di battaglia, Lakṣmaṇa domandò a Rāma: “Nostro fratello Bharata ha regnato su Ayodhyā per quattor-dici anni in modo esemplare e quel regno, sotto il suo governo, è felice nonostante sia povero e umile. Ora che Laṅkā è nelle Tue ma-ni ti prego di assumerne il regno e riformare i rākṣasa” (i demoni che la abitavano). Udendo quel consiglio Rāma sorrise e replicò: “Può forse un figlio abbandonare sua madre solo perché è brutta? La Mia madrepatria è povera, ma resta sempre Mia madre. Posso forse adottare un’altra madre solo perché è più bella della Mia? Per quanto florida e ricca possa essere Laṅkā, non desidero restare qui.” Rāma era l’esempio ideale di un fervente patriota che desiderava servire il Suo Paese nativo. [6] Vi narro ora un episodio che mi è accaduto. Quaranta anni fa una ricca signora di nome Sukamma, famosa per le sue coltivazioni e torrefazioni di caffè, era solita venire da Bangalore a Puttaparti. A quei tempi il viaggio verso lo sperduto villaggio di Puttaparti era un’impresa difficile. Quelli che venivano in auto dovevano percor-
rere sentieri fangosi, parcheggiare sulla sponda destra del fiume e procedere faticosamente. Un giorno, Sukamma arrivò accompagna-ta da due zii materni del Mahārāja di Mysore e mi pregò: “Svāmī, questo posto è inaccessibile e i devoti devono affrontare molte diffi-coltà per raggiungerlo. Sei d’accordo se compriamo alcuni acri di terra a Bangalore e facciamo costruire un tempio spazioso per Te in città?” Io risposi: “Sukamma! Cosa c’è di tanto grande nel promet-tere acqua a coloro che vanno al fiume Gange? La grandezza sta nel promettere acqua a coloro che stanno nel deserto! Ascolta, qui è il luogo dove questo corpo è nato; tu puoi erigere un tempio ovunque desideri. Io verrò e vi rimarrò per qualche giorno, ma non abban-donerò questo luogo.” Questo sperduto villaggio, che era così difficile da raggiungere, è diventato persino la sede di un’università. Avrebbe potuto un sem-plice uomo trasformarlo in modo simile? Grazie a chi il villaggio ha ottenuto tutte le comodità moderne necessarie a condurre una vita felice? Oggi, gli studenti abbandonano i loro villaggi e migrano nelle grandi città, vendono le terre e le case che hanno ereditato per vive-re esistenze miserabili in città superaffollate. Molti preferiscono le scuole cittadine anche se tali istituti non offrono un’atmosfera idea-le per studiare. Così facendo, cadono preda di cattive compagnie e acquisiscono abitudini nocive che rovinano il corpo e la mente. Mantenersi retti e forti è molto difficile nelle grandi città, e raggiun-gere la vera Meta della vita è quasi impossibile. [7] La bontà, la solidarietà e il rispetto sopravvivono ancora nei vil-laggi, ma sono del tutto scomparsi nelle città; la responsabilità di questa triste situazione è da attribuire all’attuale sistema educativo. Poiché l’istruzione scolastica è unicamente materialista e secolare, i bambini vengono allontanati dal loro retaggio di coraggio e di for-
za, e crescono senza sviluppare la conoscenza pratica né il buon senso. In tali circostanze, è difficile capire come questi ragazzi pos-sano superare gli esami e in futuro amministrare il Paese, dopo ave-re trovato un impiego; infatti essi si concentrano solo su obiettivi egoistici dall’alba al tramonto e non si preoccupano affatto del be-nessere degli altri. La preparazione tecnologica è diventata oggi molto importante, ma anche in tal caso ciò che conta è mettere in risalto i valori umani. La tecnologia deve promuovere i nobili ideali custoditi dalla cultura bhāratīya perché, senza una preparazione specifica in tal senso, le persone istruite possono diventare schiave di culture straniere. Co-loro che appartengono a una nazione devono procedere seguendo le condizioni particolari e le risorse del loro Paese. In ogni caso, bi-sogna amare l’intera umanità poiché tutti sono figli di Dio, senza evidenziare le diversità che esistono fra i vari Paesi, fra le diverse classi sociali e le religioni. Coltivate piuttosto un sincero amore uni-versale. [8] In passato, gli studenti universitari si specializzavano in una so-la materia e insegnavano solo quella. In quest’università, però, dobbiamo insegnare anche l’importanza e il significato dei valori umani. Non attribuiamo alcun valore a un’educazione che non elevi l’uomo e che non lo renda consapevole della sua Realtà divina. I mezzi per guadagnarsi da vivere e la meta della vita sono le due ‘ali’, per gli obiettivi materiale e spirituale occorrono competenza e disciplina spirituale. La mente, la ragione, l’erudizione e l’ego schiamazzano e si azzuf-fano; ma quando si piegheranno e si sottometteranno? Solo allora Śiva si rivelerà come ātma e Verità. Ogni essere è l’ātma che è vastità ed espansione. Noi immaginiamo che l’ātma sia in noi, in ognuno di noi. No! In verità, noi siamo nel-
l’ātma, noi tutti siamo nel Sé! L’ātma non è in noi! Tutti gli esseri so-no vivi e attivi, si muovono e stanno nell’ātma che tutto pervade. Tutti noi ci troviamo in questa sala, ma la sala non è noi. Affermare ‘l’ātma è in me, l’ātma è in te’ significa dimostrare la propria igno-ranza della Verità. Una volta che vi sarete radicati saldamente in questa unità, che è Verità, non sarete più tormentati da maldicenza, gelosia e da altri tratti meschini. Sin dalla vostra tenera età, dovete essere liberi da simili catene e legami. Gli studenti devono essere aiutati a condurre un’esistenza felice, sana e utile, e a promuovere con le loro opere la prosperità e il benessere del mondo intero.
Corso di Orientamento, Praśānti Nilayam, 25.05.1982