22 Novembre 1981 – I due Regni Sai

22 Novembre 1981 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

I due Regni Sai

Le buone motivazioni danno buoni frutti, quelle cattive producono frutti amari. Per inseguire follemente una laureae coronare il vostro destino, non relegatevi al ruolo di servitori. Abbiate come obiettivo il benessere del vostro Paese,ed esercitate l’arte del duro lavoro.

[1] Il progresso dell’uomo dipende dalla sua forza mentale e dalla purezza dei sentimenti. La sua condizione mentale e le azioni che scaturiscono dai sentimenti decidono se sarà vincolato o libero, feli-ce o infelice, se avrà successo o sfortuna. La mente è l’artefice di tut-ti gli intenti e le decisioni, i desideri e le repulsioni che attivano i sensi e danno l’avvio a varie attività che ne rivelano la vera natura. Se un sassolino è gettato in un pozzo causa un’increspatura sulla superficie dell’acqua, la quale a sua volta creerà altre increspature, in modo che l’intera superficie formerà piccole onde. Analogamen-te, quando un intento entra nella mente, le onde che causa avvolgo-no il corpo e stimolano molte attività.

Quando la volontà è pura lo saranno anche le azioni; se invece è in-quinata, anche le attività che ne derivano saranno a loro volta im-pure: pertanto dovete essere sempre attenti e vigili. Non appena un’intenzione prende forma nella mente, esaminatela e decidete se è degna di essere messa in pratica o no; dovete quindi appellarvi al vostro intelletto per fare un’accurata autoanalisi. Le intenzioni che sorgono nella mente possiedono grande potenza ed energia tanto che, anche dopo la morte fisica di una persona, possono ancora plasmare gli eventi, produrre il bene o causare il male. Perché? Gli intenti sono il movente che spinge l’individuo a reincarnarsi nuovamente per portarlo attraverso varie ulteriori esi-stenze. Dovete dunque consolidare e potenziare gli intenti buoni e benefici, poiché essi sono come spade in grado di fare a pezzi i rovi spinosi dei pensieri cattivi, dei sentimenti negativi e delle abitudini perver-se; in tal modo, i pensieri nobili, i progetti positivi, le azioni merite-voli e la retta condotta avranno la possibilità di svilupparsi ed espandersi liberamente, senza impedimenti. [2] Gli studenti devono comprendere bene una cosa: se le vostre in-tenzioni prendono una svolta negativa e frequentate una cattiva compagnia, la vostra condizione peggiorerà ancora di più e ne con-seguirà il disastro. Se invece i vostri intenti e decisioni sono buoni e frequentate una compagnia buona, potrete progredire più celer-mente. La buona compagnia è come l’ombra di mezzogiorno che è breve all’inizio, ma s’allunga man mano che il pomeriggio avanza. La compagnia dei malvagi è invece come l’ombra del mattino che ap-pare lunga all’alba, ma si accorcia progressivamente con l’avvici-narsi del mezzogiorno. La compagnia e le parole delle persone negative sembrano dolci e interessanti all’inizio, ma causano poi l’in-quinamento della mente e del cuore. Adi Śaṅkara sottolineò l’ine-stimabile valore della buona compagnia per chi è sulla via della spi-ritualità, perché porta l’uomo all’immortalità:

satsaṅgatve nissaṅgatvaṁnissaṅgatve nirmohatvam | nirmohatve niścalatattvaṁniścalatattve jīvanmuktiḥ || 9 ||

Grazie alla compagnia di persone buone e sante [si sviluppa] lo stato di non-attaccamento, a cui segue l’assenza di illusioni. Alla condizione di non-illusione segue uno stato di stabilità e tranquil-lità. Dallo stato di calma e stabilità deriva la liberazione mentre si è ancora in vita. (Bhaja Govindaṁ1)

Le cattive compagnie si acquisiscono facilmente mentre quelle buo-ne sono rare e si devono conquistare. Cadere è abbastanza facile ma sollevarsi, invece, richiede grande forza di volontà, perciò l’uomo è tentato di scegliere il sentiero più semplice.

Il mondo oggettivo è un’immagine, un riflesso. Quando voi ragazzi vi fate la barba di fronte allo specchio, non radete l’immagine rifles-sa, bensì radete la vostra faccia. Dio si riflette nello specchio del mondo oggettivo e voi potete scorgere la Sua immagine negli esseri umani, negli animali, nella flora, nell’erba e in ogni cellula e atomo. L’uomo, però, è innamorato dello specchio e delle immagini e igno-ra la Causa Originale che crea i vari riflessi. Come può Dio rifulgere in un cuore oscurato da pensieri cattivi e intenzioni malevoli? [3] La conoscenza (vidyā) deve insegnare all’uomo a volgersi verso Dio e a scoprire che anche la natura è Dio. Vidyā deve risvegliare la coscienza latente nell’individuo e renderlo consapevole dell’ātma (il Sé) che sta alla base di tutti i livelli di coscienza. La scienza si pren-de il merito d’accrescere la conoscenza, ma che valore ha quella co-noscenza? Se manca il carattere, è meglio che sia gettata nel fuoco. Oggi gli ‘istruiti’ sono più malvagi, più avidi e scaltri di chi è igno-rante! La loro erudizione li induce a sfruttare e a sterminare gli altri, inquinando e avvelenando la terra, distruggendo la pace e il benes-sere del mondo intero. Parole, parole, parole! Solo un eccesso di pa-role! Ma niente viene messo in pratica, nessuno agisce. Il mondo studentesco è immerso nella confusione e in uno stato di assoluta fol-lia. Gli studenti si vestono di bianco ma i loro cuori sono oscuri.

Le teste sono piene di pensieri malvagi; le orecchie sono protese allo scandalo; gli occhi godono a spiare il proibito; le menti bramano perfidi complotti; l’intelligenza progetta truffe. Quando la Conoscenza avverte tali tendenze nell’uomo, non vi si ferma neppure per un istante.

Come può un uomo con simili caratteristiche sperare di acquisire vidyā, la Conoscenza? La condizione e lo stato attuale di un indivi-duo sono determinati dalle sue azioni e dai pensieri formulati nel passato. Un cane può bere solo leccando l’acqua con la lingua, ma anche se cerca di placare la sete bevendo da un fiume in piena, non può bere a sorsi. Analogamente, l’uomo deve elaborare i suoi progetti nel rispetto dei limiti che egli stesso si è imposto. Sia che una persona si trovi in un posto sacro o in un luogo orrendo, in città o in campagna, le sue attitudini e il suo comportamento saranno conformi all’inclinazione mentale che ha acquisito in passato. [4] Le rane saltellano sul fiore di loto, ma non ne inalano il profumo né assaporano il nettare, mentre le api che vengono da lontano sono inebriate da entrambi. Così la questione di raggiungere Dio dipen-de da come la nostra mente sia stata modellata in passato. L’individuo, però, può modificare il suo abito mentale grazie alla pratica costante della retta azione. Se siamo buoni, anche l’ambiente in cui viviamo tende a essere positivo; se teniamo in mano una rosa, anche quelli che ci circondano ne sentiranno il profumo. Studenti, dovete essere sempre impegnati, vigili e seguire la via del-la bontà e della felicità sforzandovi di rendervi sempre utili. Non permettete alla minima macchia o difetto di penetrare nella vostra mente tenera e luminosa; non consentite al male di privarvi della sacra opportunità di consacrare la vostra vita, opportunità che vi siete guadagnati. I vostri genitori sperano ardentemente che possiate laurearvi e oc-cupare posizioni di prestigio, acquisire una buona reputazione e condurre vite ideali e nobili: non deludeteli!

Nel passato, quando gli studenti avevano terminato i loro studi e s’accingevano a tornare a casa, il precettore li istruiva a onorare la madre, il padre, l’insegnante e l’ospite come fossero Dio. Oggi invece, la convocazione in cui vengono consegnate le lauree agli studenti è diventata un’adunata di rivoltosi. Gli studenti non rendono felici i loro genitori e questa è una grande calamità! Gli studenti del nostro istituto devono coltivare le virtù, trasformarsi in persone ideali, rendere felici i genitori e diventare un esempio per gli altri grazie ai loro pensieri e atti puri e sacri. [5] Gli studenti già diplomati devono ritornare ai loro luoghi nativi per intraprendere le professioni che meglio si addicono alle loro ca-pacità e attitudini. In ogni modo, ovunque vi troviate, è vostro do-vere attenervi strettamente alla disciplina che vi è stata insegnata nell’istituto. Se vi definite membri del ‘Regno di Sathya Sai’ e vecchi studenti del college, ma poi vi comportate in modo contrario ai suoi ideali e rego-le, significa apportare una cattiva reputazione alla vostra ‘Alma Ma-ter.’ Non cedete alle tentazioni che il mondo esterno vi presenterà: mantenete il carattere puro e la retta condotta. Alcuni ex studenti, che ora fanno parte dello staff di Praśānti e di Bṛndāvan, hanno organizzato il mese scorso qui a Puttaparti un campo di riabilitazione per malati di poliomielite nonché un campo per interventi oftalmici. Essi si sono accollati il peso maggiore di ta-le iniziativa organizzando tutto in modo perfetto. Questo è un im-portante aspetto del servizio che gli ex studenti possono rendere al-la popolazione che vive nelle aree rurali. [6] Gli abitanti dei villaggi non possono permettersi d’andare nelle città per l’assistenza medica, in quanto non hanno abbastanza soldi per affrontare le relative spese. Vedendo la loro difficile condizione,

i membri del Regno di Sathya Sai hanno invitato diversi medici, or-ganizzato quanto necessario per gli interventi e provveduto a ospi-tare nei loro campus i pazienti e i parenti che li accompagnavano, offrendo loro del buon cibo e l’assistenza necessaria. Tutto ciò ha indotto il personale medico a ringraziare per l’opportunità di servi-zio che era stata loro offerta. Anche le ex studentesse di Anantapur hanno fondato un’organizza-zione simile che opera in modo analogo. L’hanno chiamata “Il Re-gno di Madre Sai” e si occupa principalmente dei villaggi, dove le ragazze si recano per offrire servizio sanitario ed educativo; inoltre costruiscono muri, tetti e capanne per dare un riparo ai senzatetto e cercano di fornire luce elettrica ai villaggi che al calar del sole piombano nell’oscurità. Gli abitanti del luogo sono impressionati e pieni d’ammirazione nel vedere le capacità e l’entusiasmo che queste studentesse dimostra-no. Non solo, le ragazze visitano anche i bassifondi e con la collabo-razione degli abitanti delle baracche ripuliscono tutta la zona adia-cente. Ciò avviene anche nei bazar e nei mercati, dove le studentes-se esortano la gente a condividere con loro la gioia di ripulire i viot-toli e i canali di scarico. Praticando questo servizio, le ragazze danno molta gioia a Svāmī. Le benedico affinché possano offrire il loro servizio su scala ancor più vasta, in modo che Svāmī possa conferire loro sempre più gioia. [7] Per svolgere attività del genere non basta avere solo lo spirito di servizio, ma servono anche i fondi che questi ex studenti attingono dai loro stipendi di insegnanti. In segno di apprezzamento per tutto il lavoro finora svolto, oggi stesso il Central Trust devolverà cento-mila Rupie sia al Regno di Sathya Sai sia al Regno di Mother Sai. Sono certo che gli ex studenti renderanno un servizio eccellente agli

abitanti delle zone rurali vicine ai loro istituti: il sevā è la disciplina spirituale più necessaria ed efficace. In realtà, ciò che accade oggi nel nostro Paese è ben diverso; non appena gli studenti si laureano, lottano per andare in nazioni stra-niere quali Iran o Iraq chiedendo a gran voce ‘soldi, soldi!’ Il culto del denaro s’impadronisce di loro e rovina le loro esistenze. I nostri studenti non cedono a una simile schiavitù e sanno bene che finché saranno impegnati a svolgere benefiche opere di servizio, non saranno abbandonati. Il dharma protegge chi rispetta il dharma.

Praśānti Nilayam , 22.11.1981