4 Aprile 1975
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Intelletto spirituale
[1] Cittadini dell’Himāchal Pradesh! Come proclamano i purāṇa1, il
Signore Śiva risiede sull’Himālaya. Il significato profondo di tale
asserzione è che il Signore Śiva vive nei cuori puri, candidi, calmi e
freschi come la neve (himā) nonché stabili e imperturbati (ācal) come
queste montagne. Perciò il paesaggio che vi circonda v’insegna una
lezione tutte le volte che lo guardate e vi esorta alla purezza, a essere
senza macchia, a confortare chi soffre e a rimanere imperturbabili
sia nella buona sia nella cattiva sorte. Vi siete conquistati la nascita
in questa regione grazie ai meriti conseguiti in numerose vite passate.
L’uomo deve essere consapevole della sua vera natura ed essere determinato
a seguirla, altrimenti non ha più il diritto di definirsi tale.
Se il fuoco non bruciasse e l’acqua non scorresse, avrebbero il diritto
di conservare i loro nomi? La sincerità consiste nell’essere fedeli alla
propria essenza più profonda. La natura dell’uomo è la verità; ciò
significa che si può fare affidamento sulla sua condotta che sarà
sempre sincera e leale; egli dirà solo quello che ritiene vero e agirà
in conformità alle sue parole; i suoi pensieri, parole e azioni saranno
coerenti e senza contraddizioni. Se in un caso qualsiasi, la conformità
e la coerenza venissero a mancare, quell’uomo sarà tale solo nella
forma esteriore e sarà peggio di una bestia; infatti le bestie sono
esenti dall’onere del pensiero e della parola. Tutte le cose del creato
sono soggette alla legge del mutamento e anche l’essere umano ne è
subordinato. L’uomo deve però utilizzare tale legge per progredire
e non per scivolare a un livello più basso.
[2] Il dharma è la regola alla quale attenersi per cambiare da bene in
meglio. Dharma significa ciò che va ‘indossato’: l’uomo deve indossare
la veste del dharma per essere salvato dai venti gelidi dell’ego.
Egli è dotato di buddhi, l’intelletto, in modo che possa sempre decidere
ciò che è bene e ciò che è dannoso. Quando visitava le regioni
dove imperversava l’odio, Gandhi era solito pregare: “Oh Signore,
dona a tutti una buona mente!” L’intelletto va mantenuto acuto,
chiaro e retto.
Ci sono quattro direzioni in cui l’uomo viene guidato dall’intelletto:
1. svārtha-sukha-buddhi: indica una natura egoistica, quella di chi ha
un intelletto orientato esclusivamente al proprio benessere; in tal
caso l’individuo non si cura neppure di sua moglie e dei suoi figli,
ma desidera soprattutto soddisfare i suoi bisogni.
2. svārtha-parārtha-sukha-buddhi: l’intelligenza e la capacità discriminante
sono utilizzate sia a vantaggio personale sia a vantaggio
degli altri; in tal caso l’individuo mostra qualche considerazione
anche per la felicità altrui.
3. parārtha-buddhi: le capacità intellettuali e discriminanti sono messe
esclusivamente al servizio del prossimo. In tal caso l’individuo
intende promuovere il bene altrui e vuole donare agli altri la stessa
felicità che cerca per sé; è pronto a sottoporsi a qualsiasi difficoltà
pur di offrire agli altri quello che li possa rendere felici.
4. ādhyātmika-buddhi o intelletto spirituale porta sempre l’individuo
sul sentiero della rinuncia e del servizio perché solo queste qualità
promuovono il progresso spirituale.
[3] Per molti secoli l’India è stata il guru e la guida dell’umanità
perché la sua popolazione coltivava un’intelligenza spirituale che
oggi, invece, ha lasciato il posto alla menzogna, all’ipocrisia, all’ingiustizia
e alla cupidigia.
Chi ha un intelletto spirituale riconosce l’unità di tutta la creazione
e prova con la stessa intensità quello che è sentito anche dagli altri.
A chi ha un intelletto spirituale, questa grande assemblea appare
come una ghirlanda di fiori multicolori, legati insieme da un solo
filo che è Dio. Sviluppate quindi tale visione, sforzatevi di vedere
l’Uno che si cela dietro i molti, individuate e riconoscete il brahmasūtra2,
ovvero il filo che passa attraverso ogni fiore.
Se conquistate l’Amore di Dio, la Sua compassione fluirà verso di
voi. L’amore dona e perdona, l’ego prende e scorda. Se vostro figlio
ruba dei soldi in casa vostra, voi non lo denuncerete alla polizia; se
invece un vostro servitore vi ruba un cucchiaio, non vi farete un simile
scrupolo perché non lo amate. Vivete quindi senza odiare gli
altri, senza condannarli e senza cercare i loro difetti.
[4] Vyāsa3 scrisse diciotto voluminosi purāṇa e concentrò il loro significato
in un singolo verso: “Fare del bene agli altri è l’unico atto
meritorio, fare del male agli altri è il peccato più orrendo.”
Se vi rendete conto di non riuscire a fare del bene, almeno astenetevi
dal fare del male; già quello è un servizio encomiabile! Non cercate
di scoprire le differenze, sforzatevi di vedere l’unità. Le religioni,
le caste e i paesi d’origine possono essere differenti, ma la sete
interiore è la medesima per tutti. Comprendete che lo scopo della
vita è conoscere attraverso l’amore l’Incarnazione dell’Amore: Dio;
perciò dimostrate attraverso il vostro amore che lo avete conosciuto!
Gli organi del corpo devono funzionare all’unisono per sostenerlo e
mantenerlo in forma e per permettergli di realizzare la sua missione
primaria. Se un organo è in contrasto con un altro o rifiuta di collaborare,
l’intero corpo ne soffrirà, compreso l’organo ribelle.
Se vedete una spina sul vostro sentiero, i piedi si sposteranno per
evitarla; gli occhi hanno visto quella spina e immediatamente un
‘impulso di solidarietà’ ha avvertito i piedi. L’amore e la collaborazione
tra gli occhi e i piedi provengono dal Sé interiore e dall’amore
che è la sua vera natura. Come il corpo è custodito e protetto dall’amore,
mi auguro che possa esserlo anche questo Paese che ha una
grande missione da adempiere come guida dell’umanità.
Simla, 04.04.1975