23 Novembre 1974 (Compleanno) – Quattro passi verso la libertà

23 Novembre 1974 (Compleanno)  

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Quattro passi verso la libertà

[1] La cultura di quest’antica terra è tanto profonda quanto vasta,
ed è fondata su principi solidi ed essenziali allo sviluppo umano.
Attualmente, però, gli indiani trascurano i suoi insegnamenti e
sono interessati soltanto a ricercare piaceri e gioie materiali; ignorano
i veri valori eterni, sono sordi all’appello del Divino e rispondono
solo alla voce seducente della mondanità.
Questo è il ventesimo secolo, l’era della scienza e della tecnologia,
e una gran varietà di comodità e di piaceri materiali è facilmente
disponibile. L’uomo, spinto da un folle impulso per le cose frivole
e transitorie, va incontro alla sua rovina perché sta perdendo il
prezioso tesoro spirituale che la cultura indiana tiene in serbo per
lui.
Se solo conoscesse il proposito e il disegno della vita, non sprecherebbe
i suoi anni e le sue capacità inseguendo piaceri che sono solo
temporanei; il fatto che s’impegni soltanto in iniziative del genere
è una vicenda deprecabile che può essere attribuita alla sua
cattiva sorte o all’ignoranza; inoltre ha perso la fiducia in sé stesso,
quindi non c’è da stupirsi che abbia perso anche la fede in Dio. Solo
chi conosce sé stesso e ha fiducia in sé può conseguire la conoscenza
di Dio e la fiducia in Lui. In primo luogo, conosci te stesso,
poi il tentativo di conoscere il mondo sarà semplice.
[2] La cultura indiana ha dato molta importanza ai quattro stadi
della vita (āśrama) per ottenere il progresso individuale e per assicurare
a tutti l’educazione necessaria a conoscere sé stessi.
Per approfondire l’indagine sul Sé (ātma vicāraṇa) è essenziale mettere
in pratica i codici di condotta morale prescritti per i quattro
stadi della vita. Attenendosi alle regole e alle prescrizioni di condotta
e studio, assegnate a ogni stadio, diventa facile e automatico
acquisire la conoscenza e la saggezza, le quali sono raggiungibili
solo se il lavoro viene compiuto come atto di adorazione; infatti i
quattro āśrama inducono l’uomo a sublimare tutte le attività in atti
di venerazione.
Come abbiamo le quattro fasi dell’infanzia, giovinezza, età adulta
e vecchiaia, così abbiamo i quattro stadi corrispondenti:
brahmacarya (lo stato del discepolo dedito alla via spirituale),
gṛhastha (lo stadio del capofamiglia dedito alla vita familiare),
vānaprastha (lo stadio dell’abbandono della vita familiare per ritirarsi
in meditazione),
saṃnyāsa (lo stadio della rinuncia a tutti i legami terreni).
Durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, l’individuo deve
acquisire le nozioni necessarie per prendere parte al lavoro sociale
e per ricavarne salute e soddisfazione, e familiarizzarsi con i metodi
che conducono alla conoscenza e alla saggezza.
Come capofamiglia deve educare una famiglia e sostenere la società
tenendo alti gli ideali di giustizia e verità, e promuovere queste
virtù con le proprie azioni; deve essere ben conscio della nobil-
tà intrinseca all’essere umano e vivere coerentemente con tale alta
condizione.
Come eremita e monaco rinunciante, nella vecchiaia, egli deve essere
la guida e l’insegnante delle persone che gli stanno attorno, e
trasmettere loro il patrimonio di saggezza che ha acquisito attraverso
la sua esperienza.
I testi sacri hanno prescritto le linee lungo le quali l’uomo deve dirigere
i suoi pensieri e le attività. Solo la sincera osservanza di
queste leggi e limitazioni può garantire jñāna; altrimenti l’uomo
vaga senza meta tra le correnti e i vortici della vita e finisce per
diventare ignorante sia del mondo sia del suo Signore.
[3] Il sentiero più elevato deve essere percorso fin dall’infanzia,
non può essere preso quando si è anziani. Il bambino deve imparare
a essere veritiero nella parola e nell’azione e deve evitare la
vile abitudine della falsità. In seguito, le ragazze e i ragazzi devono
diventare consapevoli padroni dei loro sensi, invece di diventarne
schiavi.
I capifamiglia devono seguire i programmi fissati per i rituali e gli
atti di venerazione prescritti per loro e devono controllare il comportamento
e la condotta dei membri della famiglia; devono offrire
la loro ospitalità e fare la carità ai poveri. Devono anche educare
i figli e le figlie con metodi tali da conseguire la pace mentale e
l’equanimità, in ogni circostanza. Le forze dell’ateismo sono diventate
più forti poiché questi obblighi sono stati trascurati da alcune
generazioni.
Se i semi hanno dei difetti, come può l’albero produrre frutti in
abbondanza? Se i genitori e gli adulti non danno il buon esempio
ai figli affidati alle loro cure, come può il Paese prosperare ed essere
libero dall’ansia e dalla paura? Non potrete separare la buccia,
la polpa e il seme del tamarindo se è ancora verde, ma una volta
maturo, la separazione è molto semplice.
Analogamente, finché una persona non matura con l’esperienza e
non diventa saggia, non riuscirà ad abbandonare l’identificazione
con il corpo, con i sensi e con la mente, perché non sarà in grado
di discernere fra l’ātma e il non-ātma (il Sé e il non-sé), fra kṣetra e
kṣetrajña (il corpo e il Principio divino che vi risiede), fra prakṛti e il
paramātma (la manifestazione e il Sé Supremo).
[4] Vi faccio un esempio: Kṛṣṇa uccise il serpente kāliya che, con le
sue mortali esalazioni, avvelenava il fiume Yamunā e distruggeva
ogni forma di vita per varie miglia tutt’intorno. Non appena il
serpente fu ucciso, le ‘mogli’ di kāliya pregarono Kṛṣṇa affinché le
soccorresse e si abbandonarono a Lui. Questa è la storia secondo il
Bhāgavata Purāṇa, ma che cosa significa?
Nel lago della mente dell’uomo si nasconde un serpente molto velenoso:
il desiderio. Quando lo si distrugge, le varie frivolezze e
fragilità, i trionfi, le prove e i fallimenti, la sofferenza e il piacere
che il desiderio si porta al suo seguito si arrendono a Dio.
Il desiderio può essere eliminato solo quando in noi è ben radicata
la fede nell’ātma, quale vera essenza dell’essere. Poiché oggi tutti
gli sforzi umani sono diretti ad accumulare beni materiali e a soddisfare
i desideri sensoriali, l’uomo è sballottato e tormentato dalle
controversie e dalle faziosità, dalla falsità e dalla cupidigia.
L’individuo è intrinsecamente legato alla comunità, perciò la sua
inquietudine si riversa anche sulla società. In definitiva, la volontà
dell’individuo è responsabile del benessere e della prosperità del
mondo.
[5] In realtà, il mondo è solo la sua immagine mentale; come ciò
accada è un mistero, si può solo dire che, come il sonno è la causa
dei sogni, così māyā1 è la causa della creazione. I medici attribuiscono
i sogni a vari motivi come l’indigestione, l’impulso del pensiero,
la confusione delle immagini mentali, eccetera, ma di una
sola causa possiamo essere certi: il sonno. Tuttavia, i sogni si
estinguono quando l’uomo diventa uno jñāni, un saggio consapevole
della Verità. Raggiunto quello stadio, è libero sia dai sogni
notturni sia da quelli diurni.
I quattro stadi dell’esistenza sono stati concepiti al fine di risvegliare
l’uomo e condurlo allo stato di jñāni. L’educazione moderna,
a tutti i livelli, ha l’obiettivo d’immagazzinare informazioni
nella testa e varie abilità nelle mani. È utile solamente per mettere
in mostra l’erudizione, le dispute dialettiche e le recriminazioni
reciproche; non infonde l’umiltà, un senso di equilibrio ed equanimità,
e per di più l’educazione spirituale è completamente assente;
forse molti pensano che la spiritualità sia una ricerca solitaria
che si possa intraprendere solo nel silenzio della foresta. Non è
così! La vera spiritualità è la consapevolezza dell’unità fondamentale
dell’uomo con Dio.
[6] La gente festeggia la nascita di un bambino ed è felice se cresce
bene e diventa forte e alto; ma la motivazione migliore per festeggiare
tale evento è quando il bambino, per giustificare la sua stessa
nascita, consegue un buon nome come benefattore o servitore dell’umanità.
L’imperatore Dhṛtarāṣṭra ebbe cento figli, e anch’egli festeggiò le
loro nascite, ma nessun figlio fece qualcosa di buono, anzi, erano
tutti arroganti, avidi e pieni di rancore, così causarono l’estinzione
della loro dinastia e di chiunque fosse in relazione con loro.
I figli e le figlie di oggi sono impazienti di dividere le proprietà dei
genitori e di spendere la loro parte il più velocemente possibile. A
loro non interessa la ben più preziosa ricchezza fatta di esperienze
che gli antenati hanno custodito per il loro bene. Oggi i giovani
sprecano i loro anni in iniziative sterili e infruttuose, tanto da
danneggiare anche la loro salute; i bambini portano gli occhiali
quando hanno appena dieci anni, si tingono i capelli quando ne
hanno solo quattordici, invecchiano in fretta e mostrano già segni
di senilità a sedici anni. Apprezzare le abitudini che la gente adotta
oggi perché sono ‘moderne’ e contribuiscono al progresso è, a
dire poco, ridicolo.
Come sottolineato dagli antichi, le abitudini alimentari e ricreative
devono diventare sattviche, cioè non devono far sorgere le passioni,
né rendere l’uomo ottuso e stupido, pigro e svogliato.
Tutti devono realizzare, e comportarsi di conseguenza, che la missione
primaria dell’uomo sulla terra è di procedere verso l’ideale
dell’unità e della pace.

Praśānti Nilayam, 23.11.1974