4 Luglio 1974 – La vera Voce Interiore

4 Luglio 1974

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La vera Voce Interiore

[1] Fra i vari miliardi di creature viventi, solo l’uomo gode del privilegio
d’indagare sulla verità dell’universo e di fondersi nella
beatitudine della sua realizzazione. Egli, però, si perde nel rincorrere
obiettivi sbagliati e si dibatte nella nebulosità del dubbio e dei
sentimenti contrastanti; inoltre spreca tempo ed energie in attività
che lo legano ancor di più al labirinto dei desideri materiali. Questo
genere di attività è detto ‘moha karma’, agire seguendo l’infatuazione:
nasce dall’illusione e produce ulteriori illusioni.
L’uomo deve superare tale dannosa tendenza e rivolgersi al
‘dharma karma’, l’attività morale e idealistica, che sublima gli istinti
e gli impulsi inferiori e trasforma ogni azione in un atto di dedizione.
Quando simile attitudine si è consolidata, tutte le azioni diventano
‘brahma karma’, attività dedicata a Dio. Allora l’uomo si
fonde nell’Universale e perde la sua individualità che esercita su
di lui un effetto frenante. Quest’ultimo è il karma che l’ātma desidera
e di cui si compiace.
Anche nei primi stadi del ‘moha karma’, l’azione orientata all’attaccamento
e al desiderio, l’uomo deve sforzarsi di saturarla di prema,
amore divino, in quanto l’amore correggerà impercettibilmente
il karma dirigendolo sul sentiero del dharma, e lo condurrà a ulteriori
stadi di progresso verso il Divino.
[2] Cos’è prema? Prema, puro Amore, non è meritato né acquisito
poiché è una dote naturale dell’uomo; non può essere rifiutato né
eliminato dalla mente, insegnato né appreso. Quando l’amore è
rivolto agli oggetti dei sensi provoca la rovina, se invece ne viene
allontanato, assicura la salvezza.
Prema o Amore è un termine che viene utilizzato molto impropriamente.
Qualsiasi reazione positiva a un’attrazione è detta
‘amore’, qualunque sensazione di attaccamento, per quanto banale
o transitoria, è definita ‘amore’. Dobbiamo quindi coniare parole
nuove o utilizzare parole specifiche per indicare le varie forme di
amore.
L’attaccamento dei genitori per i propri figli e quello dei figli per i
genitori sarà chiamato affetto. La reazione all’attrazione sessuale
sarà meglio descritta come attrattiva, fascino o moha, infatuazione.
Il sentimento di affinità o amicizia evoca la tenerezza. Il piacere
che un individuo deriva dal senso del possesso, specialmente di
cose materiali, si può chiamare soddisfazione. L’anelito a raggiungere
la sublimità che è insita nella Verità, ebbene, solo tale struggimento
potrà essere chiamato con la sacra parola prema; l’amore è
la più dolce, la più incantevole e la più appagante proprietà dell’uomo.
Prema è sufficientemente forte e stabile da superare tutti gli ostacoli,
da affrontare con equanimità tutti i cambiamenti della buona e
della cattiva sorte e ogni tentativo di rallentamento o deviazione.
Prema non giudica un fatto come buono e un altro come cattivo, e
non li attribuisce ad agenti esterni. Proprio come il medesimo sole
causa sia il giorno sia la notte, così la medesima Volontà Divina
provoca la gioia e la sofferenza, quindi il devoto non si abbatte né
esulta se è malato o se sta bene.
L’errore sta nell’infatuazione che l’uomo ha per i ‘molti’ invece che
per l’Uno: egli insegue la diversità dimenticando l’unità dell’universo.
In verità i ‘molti’ non sono che veicoli differenti per esprimere
l’Uno.
Prendete l’esempio della corrente elettrica. Se il ventilatore gira
diciamo che c’è corrente, quando si ferma ci rendiamo conto che
manca. Se una lampadina è accesa notiamo la presenza della corrente,
se è spenta ne avvertiamo l’assenza. La corrente elettrica di
per sé è invisibile, è nirākāra, priva di forma, ma quando attiva vari
dispositivi, la riconosciamo. Analogamente, la Divinità è in tutte
le cose e sta dietro a ogni attività. Per comprenderla e riconoscerla,
abbiamo bisogno di strumenti, veicoli detti upādhi.
[3] Gli occhi vedono, ma può forse l’organo ‘occhio’ vedere da solo?
Non potrebbe funzionare senza essere attivato interiormente
dal divino ātma. Il cervello pensa, ma le cellule possono compiere
quell’operazione da sole? No! Devono essere attivate dalla Divinità
interiore.
L’Uno è la base, la causa della manifestazione dei ‘molti’. Pertanto
l’Uno intrinseco e immanente può essere riconosciuto solo attraverso
prema, poiché la Divinità più di ogni altra cosa è Amore.
Il Signore afferma:
īśāvāsyam idaṁ sarvaṁ
Tutto è pervaso da Me, attivato da Me
(Īśāvāsya Upaniṣad)

Tutto è l’Uno. L’Uno appare come i ‘molti’ a un occhio pieno di
pregiudizi. Liberate gli occhi dalla cataratta dell’ignoranza e riconoscerete
tutti come Uno. In realtà, con i vostri occhi vedete solo
voi stessi, ovunque, e a chiunque siano rivolte le vostre parole,
parlate solo a voi stessi. Voi siete compiaciuti di voi stessi, odiate
voi stessi, ferite voi stessi. Non c’è un «altro»!
Persino quando la Divinità discende come avatār, l’uomo non è in
grado di lacerare il velo e riverire il Divino. Il Signore Kṛṣṇa afferma
che molti non sono in grado di riconoscere la Divinità che
Egli è, poiché lo considerano semplicemente un uomo. Solo chi è
consapevole della corrente interiore, del Sé, sa individuare la sorgente
di Potere che ha davanti.
[4] Per essere consapevoli della Divinità presente in tutti e nell’avatār
vanno osservate tre regole: non bisogna intraprendere alcuna
attività mirando al prestigio personale; l’intelletto e le emozioni
devono rivelare il Residente del cuore, l’ātma; ogni azione
deve essere svolta con sincerità, amore e senza il desiderio di acquisire
profitti personali, fama o benefici. Soprattutto, ascoltate
sempre la Voce interiore di Dio.
Non appena l’individuo pensa a un’azione sbagliata, quella Voce
lo ammonisce, protesta e lo avverte di abbandonare l’idea; descrive
la vergogna che dovrà subire, la punizione che dovrà scontare e
l’infamia che quell’azione sbagliata comporterà. Sembra che ci
siano due personalità in voi, una che sprona e l’altra che trattiene.
Il segnale di ammonimento, il consiglio tempestivo sono conferiti
dallo spirito di rettitudine, chiamato jaṅgam, presente nel corpo,
che vi ricorda l’assurdità e i pericoli insiti nell’identificare il Sé con
il corpo, e vi incoraggia a discernere fra il bene e il male. È Dio insediato
in ogni cuore come prajñāna, consapevolezza piena e inte-
grata, come somma sapienza, è il Testimone eterno con cui potrete
venire in contatto facilmente nella meditazione profonda.
[5] Se esaminate la vostra mente, vi troverete molti consiglieri che
vi influenzano con le loro contraddizioni, causando una gran confusione.
Ad esempio, non appena avete deciso di venire a Puttaparti
per avere il darśan di Svāmī, questi consiglieri cominciano a
fare il loro gioco. Una voce suggerisce di mettervi in viaggio solo
dopo essere certi che Svāmī sia presente là. Un’altra voce vi spinge
a fare una telefonata a qualcuno per scoprire se Svāmī è a Bangalore
o a Puttaparti. Una terza vi presenta le alternative tra differenti
percorsi e mezzi di trasporto, e vi causa un bel mal di testa.
Queste sono le voci che attorniano lo spirito della retta condotta,
cercando di distrarlo.
Un’altra voce potrebbe dirvi, quando le altre hanno terminato:
“Bene mio caro, considera questo tuo desiderio da tutti i punti di
vista. Potresti andare là, spendendo molto denaro e sottoponendoti
a numerosi disagi; pensa anche a questa possibilità: forse potresti
avere un colloquio con Svāmī, ma forse no.” Un’altra voce potrebbe
intervenire: “Oh! Se consideri tutti gli errori commessi, sarà
molto difficile che Svāmī ti conceda un’udienza.” Sulla scia di
questa voce, un’altra comincerà con le sue argomentazioni di rassicurazione
e vi conforterà, dicendo: “No, Svāmī è l’Incarnazione
della compassione. Certamente perdonerà tutti gli errori”.
[6] Il Principio che vi guida e protegge lungo il cammino spirituale
è il liṅgam (simbolo del ‘Senza Forma’) che si trova al centro delle
voci che si affollano attorno allo spirito di rettitudine. Il liṅgam è
proprio nel centro del cuore dell’uomo come unico apportatore di
beatitudine, forza e illuminazione. Coltivate una visione orientata
all’interiorità, in modo che il liṅgam vi possa conferire queste tre
qualità. Allora la mente sarà illuminata dalla fresca e confortante
luce dell’amore e della saggezza.
Per questa ragione, la luna è la Divinità che presiede alla mente,
ed è proprio in un giorno di luna piena che si celebra la giornata
della gratitudine verso tutti i guru e soprattutto verso il primo guru,
Vedavyasa.
Se non ripulite la mente con l’amore, la luna piena della saggezza
spirituale non potrà risplendervi. La ripetizione del Nome divino,
l’osservanza di voti e veglie, di digiuni e festività possono scintillare
nel firmamento interiore della mente come stelle nel cielo ma,
finché non si accende la lampada dell’amore, l’oscurità non scomparirà.
[7] Questa giornata è dedicata alla venerazione del guru, ma chi è
il guru? Come può una persona che non ha raggiunto la meta,
condurvi a destinazione? E se brancola nel buio, come può illuminare
il vostro cammino?
Molti guru che insegnano sono essi stessi poco certi del sentiero da
percorrere e della sua correttezza. Gu significa oscurità, ignoranza,
e ru significa rimuovere; perciò il guru deve conoscere il metodo
con cui eliminare l’ignoranza in un altro individuo. Ma come può
farlo se non l’ha fatto su di sé? Un cieco non potrà guidare un altro
cieco!
Il termine guru ha anche un altro significato: gu significa ‘al di là
dei guṇa’ e ru significa ‘privo di qualsiasi forma particolare’. In
realtà, nessun mortale ha trasceso i guṇa e la forma; si può asserire
quindi che solo Dio non ne sia influenzato. Dio è il guru che risiede
nel vostro cuore, pronto a guidare e a illuminare. Egli conosce
tutto, è onnipotente e onnipresente.
Eliminate le scure nuvole dell’ignoranza e dell’egoismo che ricoprono
il volto del sole che rifulge nel firmamento del vostro cuore.
I vostri genitori vi possono ripudiare, i parenti e gli amici abbandonare,
le vostre proprietà possono andare perdute, ma Dio sarà
sempre vicino, sempre amorevole e sempre pronto a consigliarvi e
a incoraggiarvi. La gente si raduna attorno a voi finché avrete denaro
e potere, ma se li perdete sarete lasciati rigorosamente soli.
Frotte di rane affollano lo stagno gracidando le loro lusinghe, ma
non appena lo stagno va in secca, scompaiono!
[8] Voi accorrete qui per la festività del guru pūrṇimā, ma non c’è
bisogno di attendere questo evento annuale per riverire il guru. La
gente trascorre la giornata venerando il guru e cercando le sue direttive,
ma ciò può essere fatto tutti i giorni dell’anno. Scegliere un
giorno speciale fa pensare a un atto di superficialità e di esibizionismo;
desidero quindi scoraggiare una simile attitudine, anzi voglio
che coltiviate la disciplina spirituale interiore, la visione interiore
e l’anelito spirituale, e non queste cerimonie esteriori.
Io non affermo di essere un guru né vi considero discepoli o allievi.
Se Io sono tutto ciò che è, chi può essere definito guru e chi discepolo
o allievo, l’uno distinto dall’altro? L’ignoranza dell’Uno
conduce a questa dicotomia, mentre la rivelazione e la comprensione
della Verità metteranno fine a tale distinzione! Nessuno ha
bisogno d’insegnare, nessuno di apprendere: fondamentalmente
tutti sono cit, consapevolezza assoluta. Questa è la Realtà!
L’insegnante, questo è il termine più appropriato, non deve sentirsi
superiore e gli allievi non devono sentirsi inferiori; entrambi sono
l’ātma, in termini ultimi. Non c’è superiore né inferiore: tutti
sono onde dell’oceano di beatitudine.
[9] Quando il vostro corpo è sano, attraente e pienamente soddisfatto,
pensate quanto siete felici! Sappiate che i corpi di tutti gli
esseri sono voi stessi, realmente. Se tutti gli altri corpi stanno bene,
sono forti e sani, pensate a quanta beatitudine potrete nutrire nel
cuore! La visione di virāt, la Forma Cosmica del Divino, è concessa
a coloro che abbandonano l’ego e prendono rifugio nel Signore
come fece Arjuna, e che assorbono con attenzione la Gītā cantata
dal Signore, nel silenzio.
Dio è onnipresente, è lo Spirito vitale interiore di ogni particella
dell’universo. Dichiarare che Egli accetti solo il vostro tipo di venerazione,
che risponderà solo al Nome che avete imparato a ripetere,
è insultare la Sua onniscienza e la Sua gloria. Vedete Lui in
tutti, servitelo in tutti. Onoratelo in tutti.
Pregate: “Che tutto il mondo sia prospero, che tutta l’umanità sia
felice!”
Ecco il messaggio speciale che vi trasmetto in questo giorno!

Guru pūrṇimā, 4 luglio 1974