20 Maggio 1974 – Le limitazioni che liberano

20 Maggio 1974

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Le limitazioni che liberano

[1] Questo è uno yajña, un sacro rito sacrificale. I partecipanti al
rito possono considerarsi ricompensati se ne trarranno due vantaggi:
comprendere l’essenza di prakṛti e riconoscere il vero percorso
dell’impegno spirituale. Gli studenti e gli insegnanti, venuti
dagli angoli più remoti di questo Paese e da oltremare, sono come
i preti officianti; essi devono essere vigili e molto attenti per evitare
che il rito venga contaminato dall’indolenza e da una condotta
imprevedibile e capricciosa.
È usanza gettare nel fuoco sacrificale come oblazione del ghī (burro
chiarificato) e vari oggetti preziosi ma qui, nel fuoco di questo
yajña, vi esorto a offrire il vostro egoismo e il falso orgoglio. Il rito
richiede due cerimoniali: fissare la vostra mente sulla suprema Verità
ed espandere la solidarietà e l’amore, in modo da includere
tutti gli esseri viventi e da rendervi attivi nel servizio sociale.
[2] La vita è un viaggio dalla posizione di «io» a quella di «noi»,
dal singolare al plurale, dall’uno imprigionato all’Uno liberato che
è visto nei ‘molti’. Vedere l’Uno immanente nei molti è il corona-
mento degli anni di tutta una vita, ed è l’insegnamento contenuto
negli antichi testi. Tuttavia, le sacre scritture sono state dimenticate
da quando la mente degli abitanti di questo Paese è stata conquistata
dalla civiltà occidentale; così lo scopo della vita è diventato
accumulare denaro invece che la consapevolezza del Sé.
Ciò che bisogna guadagnare non è il denaro, ma le virtù. I mezzi
di sostentamento vengono cercati e raccolti anche dagli uccelli e
dagli animali, non c’è nulla di particolarmente umano in tale attività.
Se l’intelligenza viene impiegata per procurarsi cibo e comodità
materiali, l’uomo si perde in occupazioni animali; la vita
umana ha un valore ben più grande di quella degli animali e degli
uccelli.
L’uomo reca in sé una scintilla del Divino e il suo corpo è il tempio
di Dio, pertanto deve vivere in modo che l’innata Divinità si
esprima attraverso l’amore, il servizio al prossimo e il riconoscimento
della presenza costante di Dio in sé e attorno a sé. Se l’uomo
dedica le sue capacità a procurarsi il cibo, si allontana dalla luce
che splende in lui: l’ātma, il Sé.
[3] L’uomo consuma come cibo una quantità di esseri viventi:
piante, uova, pesce, bovini, ovini, eccetera, i quali nascono come
esseri umani a causa di quell’atto di consumo; poiché essi non
hanno ricevuto l’educazione che possa rivelare il Dio interiore,
vegetano o restano rozzi e brutali senza avere il passaporto necessario
per elevarsi dalla condizione umana, nella quale sono stati
affrettatamente catapultati.
Come la maggior parte degli uomini, essi passano dal grembo alla
tomba, schiavi dei sensi e dei mali che quel giogo porta inevitabilmente
al suo seguito. Non accontentatevi di quella schiavitù,
anelate a raggiungere lo splendore del Sole, la fonte della perfetta
conoscenza e saggezza.
[4] L’uomo non discrimina e non riconosce i pregi speciali della
sua fede rispetto a quella di altri, oppure la differenza tra le sue
credenze e la religione amata da altri; non valuta il proprio punto
di vista alla luce delle opinioni e delle attitudini di altri; non soppesa
i suoi atti e non giudica se siano meritevoli o spregevoli. I
saggi e i veggenti dell’India hanno attribuito grande importanza a
questa disciplina e hanno prescritto le misure per ottenere validi
risultati; ma oggi gli Indiani ignorano questi insegnamenti e il loro
valore.
Di conseguenza, i figli e le figlie dell’India restano pietosamente in
silenzio quando cinici e critici ottusi screditano la loro antica cultura
e ridicolizzano quelle che ritengono essere delle assurdità e
delle incoerenze. Non unitevi a gente del genere nelle loro campagne
di diffamazione. Cercate piuttosto di assimilare la cultura e
anelate a provare la beatitudine che essa promette.
È davvero una vergogna che persone che si definiscono indiane
non siano sufficientemente preparate per zittire gli oppositori e i
calunniatori della cultura indiana. La colpa è del sistema educativo
che non dà loro neppure una minima idea di quell’antica
gloria.
Oggi la nazione sprofonda nella paura: la cura consiste nel comprendere
i rimedi prescritti dagli antichi testi, praticarli e diffonderli.
Voi siete però sviati da chi non conosce le vere caratteristiche
di questa cultura, e l’idea che avete dei poemi epici, dei Purāṇa
(storie mitologiche), delle scritture e dei Veda è alterata dai pregiudizi
che quella gente ha inculcato in voi.
Per esempio, la storia della Vergine Maria che fu madre di Gesù è
accolta come una dimostrazione della Volontà divina; voi accettate
questa interpretazione, ma non siete in grado di affermare che la
nascita di Karṇa1 dalla vergine Kuntīdevi2 sia un’analoga evidenza
della stessa Volontà divina. Tuttavia siete dispiaciuti e imbarazzati
quando l’episodio della nascita di Karṇa, per effetto della Volontà
divina, viene distorto dai cosiddetti studiosi d’oggi.
[5] La gente completamente ignorante non ha dubbi né sospetti;
anche chi è veramente saggio non ha dubbi né sospetti. Solo gli
studiosi e gli studenti ‘a metà cottura’ cadono nelle trappole preparate
dai perversi e da chi è pieno di pregiudizi.
Speriamo che il vostro contatto con la mente matura, l’intelligente
cultura e il cuore ricco di esperienza degli oratori che interverranno
a questo Corso Estivo, rinforzi la vostra determinazione a promuovere
e a sostenere i principi che sono la base della cultura indiana.
L’educazione non deve puntare semplicemente a far conoscere
agli studenti pile di libri; deve indurli ad assimilare l’essenza degli
insegnamenti che ricevono. Oggi gli studenti tendono a specializzarsi
sempre più in un solo ramo della scienza, quindi hanno una
deplorevole carenza di cultura generale; inoltre sono incapaci di
adattarsi e di sostenere il mutare della fortuna.
[6] Il ministro Ghorpade ha parlato della relazione tra scienza e
religione. Certamente, la scienza deve svilupparsi sempre più poiché
serve a rendere la vita più confortevole; ha dato all’uomo nu-
merosi dispositivi che rendono la vita più facile, veloce e divertente;
ma il problema è che la scienza e la tecnologia sono andate
avanti a grandi balzi, mentre l’uomo non ha imparato l’arte di utilizzarle
correttamente; ha concesso loro di soddisfare completamente
i suoi desideri sensoriali, umiliando così la sua dignità e la
sua posizione.
Voi dovete evitare un simile errore! Alla vostra età, in cui l’intelligenza,
la vigilanza e la consapevolezza sono nelle migliori condizioni,
dovete imparare a tenere sotto controllo gli impulsi e i sensi
che tendono a trascinarvi verso sentieri sbagliati e viziosi. Quando
il desiderio per il piacere sovrasta la ragione e la vostra innata
bontà, non vi resta altro che la sola forma di un essere umano,
perché perdete il diritto di definirvi uomini.
[7] Umanità e Divinità coesistono e sono inseparabili; sono i due
poli, positivo e negativo, che devono essere collegati per produrre
il calore dell’amore e la luce della saggezza.
Quando vi sarete stabiliti nel Sé superiore, non vi succederà più di
smarrirvi: potrete muovervi liberamente nel regno dell’irreale
[cioè in questo mondo]. Se invece non farete esperienza del vostro
Sé, quale scintilla del Sé Supremo, le vostre peregrinazioni saranno
sterili e infruttuose come quelle degli animali che vagano per
istinto. Pertanto sforzatevi di trasformare la vostra umanità nella
Divinità di cui è la sua vera essenza.
L’universo è il corpo di Dio! Ogni particella dell’universo è colma
di Dio, della Sua gloria, della Sua potenza, del Suo mistero. Credeteci:
Dio è la Verità interiore in ogni cosa, in ogni essere. Egli è Verità,
Saggezza, Eternità. Siate umili davanti all’evidenza della Sua
potenza e della Sua maestà.
Abbiamo l’esempio di Hiraṇyakaśipu, il padre di Prahlāda, che
possedeva immense conoscenze, enormi poteri ottenuti con il rigore
e l’ascetismo; era così orgoglioso delle sue conquiste che negava
Dio e dichiarava di non averne bisogno, ma venne il giorno
in cui anch’egli dovette invocarlo.
Allo stesso modo, voi potete negare o rifiutare Dio per ignoranza
o caparbietà, ma giorno verrà in cui dovrete pregare per ricevere
la Sua compassione.
È il Dio in voi che vi guida e vi protegge! In verità, voi siete Dio.
Negare Dio è come dire: ‘sono nato da una donna sterile’, oppure
equivale ad affermare a gran voce di essere ‘incurabilmente muto’.
È assurdo quanto negare sé stessi! Questa grande verità è ben illustrata
dalle scritture di questo Paese e ognuno di voi ha il diritto di
esserne a conoscenza.
[8] I saggi veggenti hanno stabilito i limiti e le linee-guida che gli
aspiranti devono rispettare. I Veda danno queste ingiunzioni:
Onora la madre come Dio.
Onora il padre come Dio.
Onora il maestro come Dio.
Onora l’ospite come Dio.
Parla secondo verità, agisci con rettitudine.
Questi cinque precetti sono come le cinque correnti vitali che sostengono
il corpo umano: credeteci con fiducia! Abbiate fede incrollabile
che siano stabiliti per promuovere il vostro progresso
materiale e spirituale. Praticateli con sincerità senza negligenza o
indolenza; questo vi assicurerà il successo nel vostro pellegrinaggio
dall’umanità alla Divinità.
Se onorate i genitori oggi, in futuro i vostri figli onoreranno voi
poiché il presente scolpisce il volto del futuro, come a sua volta il
presente è stato modellato dal passato. Ecco perché insisto sempre
nell’esortarvi: ‘Siate buoni, vedete il bene, fate il bene: questa è la
via per giungere a Dio!’
Quando tornerete ai vostri paesi, al termine del Corso Estivo, ciascuno
di voi dovrà avere appreso bene queste cinque regole ed essere
entusiasta di praticarle nella vita quotidiana. Per tutto il periodo,
concentrate la vostra attenzione solo su tale compito e non
badate ai disagi, all’alimentazione diversa o alle varie regole che
disciplinano il gioco e la ricreazione; sopportate pazientemente e
allegramente sia i regolamenti sia le difficoltà.
[9] La vita è più dolce proprio grazie a questi limiti e restrizioni.
Incontrerete molti ostacoli nella vita, ma non lasciatevi scoraggiare.
Piacere e dolore si alternano; il piacere è solo l’intervallo tra
due dolori, e ciò lo rende gradito e apprezzato.
Non perdete di vista il futuro e sopportate il dolore ora, in modo
che potrete affrontarlo coraggiosamente quando vi capiterà in seguito.
La rinuncia, il sacrificio è il vero yoga; rinunciate, e diverrete
i padroni di voi stessi. Abbandonarsi ai piaceri è la causa di diverse
malattie.
Considerate tutti coloro che frequentano con voi questo Corso
come fratelli e sorelle. Rammentate sempre la fraternità tra gli
uomini e la paternità di Dio.
La gente parla disinvoltamente quando si trova su un palco, davanti
a una vasta assemblea, e annuncia: “Fratelli e sorelle!” Ma
sono poi pronti a condividere le loro proprietà con i fratelli e le sorelle?
Naturalmente non è necessario che arriviate fino a quel punto,
ma dovete riconoscere l’unico Principio Divino che anima tutti.
Se siete ispirati da quella fede, gli occhi e le orecchie rifiuteranno
certamente di notare differenze e distorsioni, le vostre mani si ri-
fiuteranno d’impegnarsi in attività ignobili, la lingua non si macchierà
con parole indegne, la mente non cullerà idee e pensieri vili.
Proponetevi di raggiungere e mantenere tale purezza nei pensieri,
nelle parole e nelle azioni.
Questa è l’essenza del messaggio della cultura indiana che vi verrà
illustrato in tutti i suoi interessanti aspetti dagli oratori che
hanno risposto all’invito degli organizzatori.

Bṛndavan, 20.05.1974