3 Gennaio 1974 – Guru, e non insegnanti

3 Gennaio 1974

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Guru, e non insegnanti

[1] L’educazione conferisce l’umiltà e dà l’autorità al comando che
concederà la ricchezza. Con il contributo della ricchezza, la carità
e la compassione diventano utili e proficue, e conferiscono la felicità
in questo mondo e la pace nell’altro. L’educazione è pertanto
una grande forza edificante per l’umanità, ma riformatori e innovatori
hanno talmente ‘macchinato’ su questo tema che l’educazione
oggi si è ridotta a una caricatura di sé stessa. L’efficacia del
sistema educativo e i suoi benefici sono stati ignorati e dimenticati,
tanto che il nome ‘educazione’ viene oggi attribuito all’arte di
raccogliere informazioni relative al mondo materiale. Il compito
ben più importante di trasformare la natura umana in divina viene
trascurato e omesso come fosse al di fuori di ogni possibilità.
La differenza tra gli antichi ideali di educazione e il sistema moderno
è spaventosa. Oggi l’ammissione è negata se lo studente
non paga la retta scolastica, e l’insegnante non si ritiene in dovere
di insegnare se non gli viene pagato lo stipendio. Gli studenti pagano
per ricevere l’istruzione e gli insegnanti sono pagati per in-
segnare. Il denaro decide cosa s’insegna e come s’impara: ‘pagare
e ricevere – essere pagato e dare’. Questo è il rapporto tra insegnante
e allievo. Amore, riverenza, affetto non trovano posto in
tale transazione: come può quindi l’educazione dare frutto?
[2] Il prof. Gokak ha appena detto che se gli insegnanti amano gli
allievi, saranno a loro volta ricompensati dall’amore dei bambini
che li circondano. Oggi gli scolari sono amati in virtù del denaro
che versano, per cui la relazione è artificiosa e senza radici nell’animo.
Insegnante e allievo saranno immersi nella gioia solo se saranno
uniti dall’amore che non calcola alcun compenso. Se l’obiettivo è il
guadagno monetario, la gioia si basa sul piano materiale e non fa
vibrare la mente, perciò non potrà essere pura, stabile e sincera.
Poiché voi siete insegnanti delle classi balvika1 di tutta la nazione,
non mirate a ottenere vantaggi monetari o materiali, quindi avete
vaste opportunità di far sbocciare il cuore e l’intelletto dei bambini
mediante i raggi del vostro amore.
[3] Devo dire che oggi la maggior parte degli insegnanti si è specializzata
in un’istruzione di stampo occidentale, ha perso completamente
l’aggancio alla nostra cultura ed è inconsapevole delle
più profonde sorgenti spirituali. Gli insegnanti sono diventati materialisti,
mondani ed egoisti, sono intrappolati nella ricerca del
piacere sensuale e del denaro, e non sanno che la vera educazione
consiste nell’aiutare il bambino a manifestare la sua Divinità latente.
Ricordatevi che tutti i bambini che giungono a voi sono eredi del
più ricco patrimonio culturale che il mondo possa dare: sono i ‘figli
dell’immortalità’, magnificati nei testi antichi con tale appella-
tivo da saggi e studiosi di questa terra. Pertanto non trasformateli
in esperti di matematica incapaci di calcolare la somma della spesa
domestica, o in studiosi di geografia dell’America incapaci di
indicare la strada a un pellegrino che chieda in quale direzione si
trovi Benares; non trasformateli in prodigi di algebra che non sanno
calcolare l’area della loro stessa stanza, in maestri di ginnastica
disorientati se li fate sedere nella posizione del loto, o in esperti di
botanica che ignorano l’uso della comunissima pianta di basilico
che si trova nelle corti di tutte le case indiane. Non rendeteli abili
nel disegno di immagini realistiche di cani e di volpi lasciando che
la loro calligrafia rimanga un illeggibile scarabocchio.
Come potremo pensare che la cultura indiana venga preservata e
custodita da simili studenti, prodotti dal nostro sistema educativo?
Sia gli insegnanti che li hanno portati a tali successi, sia i dirigenti
che hanno concepito un sistema didattico del genere sono da
biasimare in ugual misura.
La correzione di questi errori deve prendere il via dagli insegnanti,
che devono essere consapevoli del nobile obiettivo dell’educazione
e del traguardo a cui essa deve portare i figli della nazione.
So che oggi tra gli insegnanti e gli allievi dei nostri corsi balvika c’è
grande entusiasmo per gli ideali spirituali coltivati in questo Paese
da tempo immemore.
Tuttavia devo osservare che c’è una grande e urgente necessità: gli
insegnanti devono ricevere una preparazione adeguata sui metodi
per educare i bambini. Per esempio, nell’insegnare i bhajan o la recitazione
di poesie e inni, dovete fare attenzione alla pronuncia
corretta di ogni suono e di ogni lettera, perché altrimenti il significato
rischia di essere distorto e incomprensibile.
[4] In passato, gli insegnanti si preoccupavano di illustrare agli
scolari l’origine e la radice di ogni parola nuova, perfino di termi-
ni come ‘sah’ (quello) o ‘tvam’ (tu). Non insegnavano solo il significato
della parola, ma approfondivano le sue radici e davano all’allievo
un’ampia prospettiva di termini correlati e di vocaboli interessanti.
Nelle varie lingue dell’India, i vocaboli vengono modificati
quando sono scritti o pronunciati insieme ad altri; pertanto,
è vostro dovere spiegare come le parole debbano essere identificate
separatamente. I ragazzi possono scrivere rāmunithoka pivarudu
itlaniye (‘la coda di Rāma, disse Pivara’) il che è assurdo, invece di
ramunitho kapivārudu itlaniye (‘il signore delle scimmie parlò così a
Rāma’) che è corretto.
Una volta usai le parole santha pakodīlu per indicare l’errore di chi
abbandona la giusta via e rincorre piaceri materiali degradanti,
piaceri che paragonavo ai pakodīlu (cibi salati) che si vendono nei
santha (bancarelle delle fiere), poiché attraggono col loro colore,
ma hanno ingredienti dannosi e nuocciono alla salute; Kasturi, che
allora non conosceva bene il Telugu, divise le parole in santhapa e
kodilu rendendo assurdo il significato, perché ‘kodilu’ vuol dire
‘polli’ e santhapa non significa nulla, è solo un insieme di suoni!
Se non si fa esercizio di lettura ad alta voce, mantenendo l’attenzione
sul significato delle parole e delle frasi, errori simili sono destinati
a ripetersi. Lettura, scrittura e aritmetica sono le tre cose
oggi più trascurate.
La scrittura dev’essere insegnata con attenzione affinché tutti conoscano
la forma corretta di ogni lettera; diversamente, una piccola
svista può trasformare un’espressione sublime in un gergo ridicolo.
Una parola Telugu, scritta male per l’omissione di una piccola
curva all’insù, resta alterata e l’intero periodo risulta ridicolo.
Solo l’accuratezza scrupolosa e l’attenzione costante permettono
agli alunni di evitare simili errori.
[5] Devo sottolineare che avete l’obbligo di usare la prudenza nell’utilizzare
certi libri a uso scolastico pubblicati dai cosiddetti
esperti. Questi testi gettano dubbi sulla veridicità delle grandi epiche
come il Rāmāyana e affermano che Daśaratha e Rāvana non
siano veri personaggi storici; li considerano solo i simboli delle
culture antagoniste degli ariani e dei non-ariani, piantando così i
semi del settarismo e dell’odio. Con tali letture, i bambini cominciano
a dubitare dei fondamenti di bontà, verità, e bellezza; vengono
confusi e non sanno decidere quale sia la giusta condotta, il
comportamento corretto e i retti ideali.
Dovete esaminare tutte le storie che presentate ai bambini dal
punto di vista della fede individuale e dell’armonia sociale, e porvi
la domanda: ‘Questa lettura stimola il bimbo a condurre una
vita migliore, più armoniosa e più orientata al Divino?’
Nel Bhāgavata, Prahlāda2 ha squisitamente riassunto questo principio
nei versi pronunciati per consigliare le discipline che i suoi
compagni di gioco devono accogliere. “Lo studio dei libri che descrivono
la gloria di Dio è meritorio. Il maestro che ci parla della
gloria di Dio è da cercare e onorare. Il padre che insegna ad avvicinarsi
a Dio merita la riverenza e l’obbedienza dei figli, ma nessun
altro.”
[6] Sulle colline e sulle montagne abbondano rocce e massi; lo
scultore li raccoglie e li trasforma in qualcosa di utile e bello in base
alle caratteristiche della pietra. Da un masso può ricavare un
grosso mortaio e un pestello che trovi posto nella cucina di una
grande famiglia; da un altro può sbozzare una figura decorativa,
da collocare su un edificio, la quale può avere un aspetto grottesco
per allontanare il malocchio. Una terza pietra può diventare una
bella danzatrice che adorni lo scaffale di un museo. Un’altra pietra
che attiri l’occhio e l’attenzione dello scultore può essere nobilitata
e diventare l’idolo di una manifestazione divina, adatto a essere
insediato in un tempio dove sarà adorato da milioni di persone
per generazioni.
Sebbene provengano tutte dalla stessa roccia, ciascuna ha un destino
diverso in base all’attenzione e alla destinazione che lo scultore
le dà. Gli insegnanti sono gli scultori che danno forma alla
roccia trasformandola in oggetti di bellezza e importanza, di utilità
e ispirazione. Essi studiano gli allievi, la loro indole e le peculiarità,
e determinano il loro ruolo nella società, il loro percorso e gli
stadi del loro progresso.
Va però osservato che lo scultore o insegnante non è il solo fattore
con cui fare i conti nel processo educativo; anche la madre e il padre
del bambino hanno dei ruoli importanti. Il polo positivo e il
negativo devono incontrarsi per produrre la corrente elettrica; anche
Dio necessita dell’anelito e dello sforzo del devoto per realizzare
la Sua Volontà di salvarlo dalla perdizione.
[7] Potete avere dei fiori, un filo e un ago, ma senza la persona che
confeziona la ghirlanda, come vengono infilati i fiori? Potete avere
una lampada, l’olio e lo stoppino, ma avrete la luce solo se qualcuno
l’accende. Analogamente, insegnante e allievo devono essere
condotti l’uno all’altro dai genitori, incoraggiati ad apprendere e a
insegnare, a condividere amorevolmente la loro conoscenza ed
esperienza, in modo che l’educazione progredisca e il bambino
possa ricevere in eredità il patrimonio lasciato dai suoi antenati.
L’insegnante deve ottenere il rispetto dell’allievo donandogli il
suo amore, e l’allievo deve ottenere l’amore dell’insegnante con il
rispetto e l’affetto; è uno scambio reciproco, una condivisione delle
emozioni del cuore.
Come può un’atmosfera idonea allo studio e all’insegnamento svilupparsi
sul dubbio o sull’odio? Oggi l’atmosfera è contaminata
dalla paura e dal sospetto dell’insegnante, dall’ostilità e dall’audacia
degli studenti. Non c’è amore per addolcire la relazione tra i
due.
[8] Abbiamo sentito che il guru è stato elogiato e paragonato a Dio
stesso. Il prof. Gokak ha citato i versi nei quali il guru viene definito
con riverenza come Brahmā, Viṣṇu e Maheśvara, le tre Entità
divine cui viene attribuita la creazione, la protezione e conservazione,
la distruzione e dissoluzione della manifestazione. Questa
descrizione è simbolicamente corretta, se consideriamo il lavoro
che il guru dovrebbe svolgere. Il guru deve piantare i semi della
virtù, della saggezza e della fede nell’animo del discepolo, perciò
è Brahmā nel Suo aspetto creatore; egli è come il contadino che
mette a dimora le piantine nel terreno ben arato del suo campo.
Ma il contadino non resta poi seduto con le mani in mano: la sua
cura è costante, controlla che le piante crescano belle e vigorose,
irriga le colture e le nutre con il fertilizzante nei vari stadi della
crescita. Questo è il ruolo di Viṣṇu, per quanto riguarda l’educazione
e l’educatore. Il guru non può mettersi comodo dopo le prime
lezioni e osservare in silenzio il destino dell’allievo; deve guidarlo
a ogni passo, proteggerlo e promuovere in lui le buone abitudini,
il corretto ragionamento e le emozioni positive, comportandosi
così come Viṣṇu.
[9] Il guru deve anche assumersi il dovere di verificare ogni mossa
dello studente e correggerlo se fa dei passi falsi, se adotta un cattivo
comportamento o coltiva dei dubbi dannosi. Come il contadino
deve vigilare che non crescano erbe infestanti o parassiti, così il
guru deve stare attento a eliminare i parassiti del vizio e le malerbe
dell’indolenza e dell’incostanza. La parola ‘insegnante’ non riesce
a esprimere questi ruoli elevati: indica solo chi trasmette delle
informazioni e insegna a raggiungere certe capacità. Desidero
quindi che gli insegnanti balvika siano d’ora in poi chiamati con il
nome assai più appropriato di guru, in modo che siano sempre
consci del ruolo spirituale che si sono assunti, delle responsabilità
e del valore di questo ruolo. Voi siete le lampade da cui i teneri
cuori dei bambini devono ricevere luce e amore. Con la vostra dedizione
alla verità, alla rettitudine, alla pace e all’amore, dovete
ispirare tali qualità nei bambini che vengono da voi e nelle famiglie
da cui provengono.
Molti tremano all’idea, quando pensano al futuro di questa grande
nazione. Voi non dovete mai nutrire simili dubbi e paure perché
siete gli artefici di quel futuro e sapete che sarà glorioso. I
bambini balvika che ora guidate e ispirate saranno i dirigenti di
domani; le virtù che inculcate in loro, i consigli e gli esempi che
date loro resteranno scolpiti nel loro ricordo e trasformeranno il
loro modo di vedere e il comportamento futuro.
[10] Chiedete a chiunque sia qui convenuto se ricorda il libro che
ha letto stamane: il 95% di questa vasta assemblea non supererà
l’esame, ma se chiedete di ripetere a memoria un verso o un inno
che il nonno o la nonna insegnò loro quand’erano bambini e sedevano
sulle loro ginocchia, sono certo che la maggior parte sarà in
grado di recitarlo. Le cose apprese in quei primi anni si fissano
nella memoria e agiscono sottilmente e silenziosamente sulla mente
in crescita modificando, purificando la condotta degli anni successivi.
Alcuni contestatori miopi e poco lungimiranti affermano che gli
argomenti spirituali non devono essere trasmessi ai bambini, per-
guru deve stare attento a eliminare i parassiti del vizio e le malerbe
dell’indolenza e dell’incostanza. La parola ‘insegnante’ non riesce
a esprimere questi ruoli elevati: indica solo chi trasmette delle
informazioni e insegna a raggiungere certe capacità. Desidero
quindi che gli insegnanti balvika siano d’ora in poi chiamati con il
nome assai più appropriato di guru, in modo che siano sempre
consci del ruolo spirituale che si sono assunti, delle responsabilità
e del valore di questo ruolo. Voi siete le lampade da cui i teneri
cuori dei bambini devono ricevere luce e amore. Con la vostra dedizione
alla verità, alla rettitudine, alla pace e all’amore, dovete
ispirare tali qualità nei bambini che vengono da voi e nelle famiglie
da cui provengono.
Molti tremano all’idea, quando pensano al futuro di questa grande
nazione. Voi non dovete mai nutrire simili dubbi e paure perché
siete gli artefici di quel futuro e sapete che sarà glorioso. I
bambini balvika che ora guidate e ispirate saranno i dirigenti di
domani; le virtù che inculcate in loro, i consigli e gli esempi che
date loro resteranno scolpiti nel loro ricordo e trasformeranno il
loro modo di vedere e il comportamento futuro.
[10] Chiedete a chiunque sia qui convenuto se ricorda il libro che
ha letto stamane: il 95% di questa vasta assemblea non supererà
l’esame, ma se chiedete di ripetere a memoria un verso o un inno
che il nonno o la nonna insegnò loro quand’erano bambini e sedevano
sulle loro ginocchia, sono certo che la maggior parte sarà in
grado di recitarlo. Le cose apprese in quei primi anni si fissano
nella memoria e agiscono sottilmente e silenziosamente sulla mente
in crescita modificando, purificando la condotta degli anni successivi.
Alcuni contestatori miopi e poco lungimiranti affermano che gli
argomenti spirituali non devono essere trasmessi ai bambini, per-
saṁsāra, siete eroicamente emersi portando tra le mani la rara perla
della Grazia di Sai; non lasciate che vi sfugga dalle mani per cadere
ancora negli abissi, tenetela ben stretta. Pregate di poterla
avere per sempre e di godere della gioia che essa conferisce. Ecco
il modo in cui rendere fruttuosa la vostra vita!
[12] Insegnate ai bambini balvika a onorare i genitori: è la prima
cosa da fare; è un semplice atto di gratitudine verso chi li ha dotati
degli strumenti materiali per vivere. Il semplice possesso di un
corpo umano, per quanto meraviglioso sia, non è tuttavia sufficiente
per avere pace e gioia. È necessario saper svelare i suoi misteri
e saper regolare i propri impulsi e appetiti. Questo lavoro è
compiuto dal guru, quindi i bambini devono essere educati a onorarlo
con gratitudine per il servizio che svolge.
L’educazione deve mirare a dare al bambino una vita degna d’essere
vissuta, non soltanto i mezzi per guadagnarsi da vivere. Perciò
non basta che gli allievi acquisiscano certe capacità; la fede in
sé e nella propria Divinità sono assolutamente essenziali. Questo è
il prezioso tesoro di saggezza custodito dalle nostre antiche scritture
e dalle esperienze dei santi e dei saggi di tutti i Paesi e di tutte
le religioni.
[13] C’è ancora un punto che voglio sottolineare. Alcuni insegnanti
mi hanno chiesto se le classi balvika possono accettare bambini di
qualsiasi religione o se si debbano ammettere soltanto gli indù.
C’è una sola religione, ricordatevene, ed è la religione dell’Amore;
c’è una sola casta, la casta dell’umanità. Dovete stare attenti a non
incoraggiare o a permettere che, nelle classi balvika, emerga la minima
traccia di distinzione fondata sulla religione, la casta, il credo
o il colore. Non macchiate le menti immacolate dei bambini infettandole
con il senso di discriminazione tra un bambino e l’altro.
Impartite istruzione e ispirazione a tutti in ugual modo. Scegliete
varie storie tratte dalle scritture di tutte le religioni per interessare
i bambini ai valori del buon vivere. Parlate loro degli eroi retti e
probi di tutti i Paesi, dei santi di tutte le tradizioni, poiché tutti
hanno lasciato la stessa impronta; nessuna scrittura invita alla violenza
né prospetta la falsità come modo di vivere. Tutte le religioni
esortano alla Verità, alla Rettitudine, alla Pace e Fratellanza e all’Amore.
Tutti i santi sono incarnazioni di servizio, compassione,
rinuncia.
Non mettete a confronto le varie manifestazioni del Divino, non
pronunciate giudizi dichiarando che Rāma è superiore a Kṛṣṇa, o
Śiva è superiore a Viṣṇu; questo genere di pensieri è velenoso e
dannoso per il devoto aspirante. Non conoscete neppure voi stessi
e, tuttavia, osate pronunciare giudizi sulle Personalità divine e sui
poteri di cui non avete alcuna esperienza né comprensione. Rāma
vi è sconosciuto quanto Cristo; dunque, meglio stare zitti e onorare
entrambi con lo stesso fervore, poiché tutti sono manifestazioni
dello stesso splendore divino.
Vi benedico affinché abbiate successo nel grande compito che vi
siete assunti e possiate illuminare i bambini di questa terra, e indicare
loro la via verso la gloriosa regione della gioia eterna.

Rajahmundry, 03.01.1974