[1] L’uomo è soggetto alla sofferenza dalla nascita alla morte; la gioia, o quella che chiama felicità, è un intervallo fra due dolori. Le pene che lo affliggono sorgono per tre ragioni: ādhibautika (materiale), ādhidaivika (dovuta ad una Deità) e ādhyātmika (spirituale). Gli oggetti che l’uomo brama, che si sforza di acquisire, che rimpiange se vanno perduti, sono materiali e quindi il dolore che ne deriva è definito ādhibautika, materiale o fisico. I sensi sono strumenti cognitivi di percezione. L’uomo vede un oggetto attraverso gli occhi, ma non è l’occhio fisico che vede, bensì l’occhio attivato dalla Deità che vi presiede, ovvero il Sole. Voi non vedete al buio, perciò il Sole vi permette di vedere e senza di lui sareste impotenti ed indifesi. Gli organi di senso, gli arti, i nervi, le cellule, le articolazioni, le ghiandole, tutti gli organi del corpo umano hanno una Deità che vi presiede e che li rende operativi. Se queste Deità sono ostili o dispiaciute, il corpo soffre e ne scaturisce il dolore. Questo è il secondo tipo di sofferenza, detta ādhidaivika. Poi abbiamo il Sé, il Testimone dell’attività e dell’inattività, della gioia e del dolore, dell’esultanza e dell’introspezione. Se ignorate l’esistenza dell’Eterno Testimone, se vi rifiutate di prendere coscienza di questa dimora di pace, invitate il dolore a tormentarvi; si tratta del dolore spirituale (ādhyātmika), la croce che ogni uomo porta con sé lungo il sentiero della vita. Queste sono le tre ragioni principali della ripetuta comparsa dell’uomo sulla terra; pertanto il suo obiettivo deve essere di liberarsi dell’illusione e di apprendere la lezione della saggezza.
[2] Avrete notato che alla fine di ogni mantra ripetiamo ‘Om Shānti, Shānti, Shānti. Perché si ripete ‘Pace’ per tre volte, perché l’OM? Il suono primordiale, origine della Creazione, la sacra sillaba OM indica il Brahman. La continua ripetizione dell’OM e la profonda meditazione sul suo significato sono consigliate agli aspiranti spirituali che anelano a sentire il Divino che risiede interiormente. Shānti significa ‘Pace’ e viene invocata tre volte per mitigare le tre fonti di dolore, sopra menzionate, che operano attraverso il corpo fisico, le Deità e l’Intelligenza Cosmica.
[3] Ci sono tre vie stabilite per prendere coscienza dell’immanenza del Divino: la via dell’azione (Karma), della devozione (Bhakti) e della conoscenza suprema o saggezza (Jñāna). Questi tre sentieri non sono distinti o separati, sono complementari. Voi siete consapevoli che Sai è ovunque, che vede ogni cosa e conosce ogni vostra azione; gli siete devoti, desiderate essere guidati da Lui e volete seguire i Suoi insegnamenti al meglio delle vostre capacità. Inoltre desiderate utilizzare le capacità acquisite per servire i vostri simili, perché pensate che tutti siano congiunti alla famiglia SAI, sia che ne siano consapevoli o no. È veramente encomiabile che rendiate servizio a molta gente in diverse zone della città, e che l’incoraggiate a seguire le nove forme di devozione per approfondire la fede in Dio. Cantare i bhajan, organizzare circoli di studio, mettere in scena delle recite, cantare i canti devozionali in gruppo lungo le strade della città nelle prime ore del mattino, le iniziative di servizio compiute dal Sevā Dal: tutte queste sono attività lodevoli. Noto anche che dedicate molto tempo, con metodi molto proficui, a coltivare le doti dei bambini Balvika; ciò significa accendere la fiamma dell’anelito spirituale nei loro teneri cuori, così la loro vita sarà arricchita dalla gioia.
[4] Oggi l’uomo spreca una gran quantità di tempo prezioso in attività inutili o nocive; tutta la sua fatica non lo porta da nessuna parte, incrementa solo la disperazione ed intensifica lo sconforto che già gli colmano il cuore. Molte persone trovano il tempo per mettersi in fila per ore davanti alla biglietteria di un cinema o per prendere l’autobus che le porterà là, però non hanno tempo per partecipare ai canti devozionali o per cantarli all’alba, in gruppo, lungo le strade della città; inoltre trovano il tempo per giocare a carte e per ritrovarsi al circolo a chiacchierare per ore su futili banalità. Questo accade perché la gente vive solo sulla superficie o sul fondo delle cose, come fa la schiuma o il sedimento; inoltre si sottrae alle proprie responsabilità, non vuole fare un’introspezione o pensare con calma per quale motivo lotta così freneticamente. Analizzate il seguente interrogativo: l’uomo è schiavo degli oggetti esterni e dell’attrazione che essi esercitano su di lui, oppure c’è un impulso interiore che lo spinge ad incatenarsi al dolore? Farò un esempio: nei villaggi, i cacciatori di scimmie usano un sistema rudimentale; nelle aree infestate dalle scimmie collocano una gran quantità di vasi di terracotta dal collo stretto e depositano una manciata di arachidi sul fondo. La scimmia s’accosta al vaso, sa che all’interno ci sono le deliziose noccioline, così introduce la sua lunga mano e poi stringe le arachidi nel pugno. In tal modo non riesce più a tirar fuori il braccio poiché il collo del vaso è troppo stretto per lasciar passare il pugno pieno di noccioline. Allora rimane lì seduta, impotente e sconsolata, e può essere facilmente catturata e portata via. La scimmia pensa che ci sia qualcuno all’interno del vaso che le tenga stretto il braccio quando cerca di tirarlo fuori. Se solo lasciasse andare la presa e si sbarazzasse del suo attaccamento alle noccioline, potrebbe liberarsi! Analogamente, voi siete vittime del desiderio e degli attaccamenti che il desiderio comporta, siete imprigionati dalle catene che voi stessi vi siete strette attorno! Anche la liberazione è nelle vostre mani. Contemplate l’immutabile gloria di Dio, ed il desiderio per i transitori gingilli terreni svanirà e sarete liberi.
[5] Provate a chiedere a qualcuno: “In che modo provvederai a te stesso durante la vecchiaia?” La risposta sarà: “Mio figlio è sistemato bene; prendo gli interessi sul mio deposito bancario; ho una buona pensione; possiedo dei terreni da cui ricavo quello che mi serve, ecc.” Nessuno risponderà: “Faccio affidamento su Dio!” Senza fede in Dio, senza l’aiuto divino, come potranno questi strumenti aiutarvi nel travagliato viaggio dei tristi anni del declino? La fede in Dio è il fondamento sicuro sul quale costruire la speranza; tale fede deve essere stabile e forte, il sentimento che Dio verrà in vostro soccorso dovrà essere vivido, vitale, deve essere l’impulso e l’energia per tutto quello che fate, dite o pensate. Il servizio reso al prossimo con tale spirito diverrà fonte di grande gioia sia per voi sia per chi ne beneficerà. Innanzi tutto dovete impegnarvi a scegliere con discriminazione il giusto tipo di Karma, di attività; poi dovete addentrarvi nel ricercare le eterne Leggi del Dharma dello spirito che plasmano le onde della coscienza. Per ultimo, approfondite l’argomento della liberazione per mezzo di Brahma-Jijñāsa, la via che conduce a Dio, ovvero la disciplina che vi convincerà della Realtà dell’Uno e dell’irrealtà della molteplicità del mondo apparente, la cui vera Realtà è il Brahman, l’Assoluto Universale.
[6] Senza alcun dubbio, tutti i volontari delle Associazioni di servizio Sevā Dal, i cantori di bhajan e coloro che sono impegnati nelle attività dell’Organizzazione Sathya Sai percorrono questo sentiero, anche se a stadi diversi. La maggior parte di voi si trova al primo stadio, Karma-Jijñāsa, e sa distinguere il giusto dall’ingiusto per quanto riguarda le proprie attività. La Creazione, l’Individuo, Dio: chi si trova al livello di Karma-Jijñāsa dovrà prendere in considerazione tutte e tre queste Entità; chi è allo stadio di Dharma-Jijñāsa, cioè chi è attento ai principi morali, avrà a che fare solo con le ultime due; infine chi è nella fase di Brahma-Jijñāsa terrà conto solo dell’ultima, ovvero di Dio. Tuttavia ricordatevi sempre dell’ultimo stadio, anche se siete al primo, perché quello è il termine del viaggio, è il traguardo. Se il vostro obiettivo è raggiungere la meta, a qualunque livello vi troviate, il proposito stesso vi colmerà di autentica gioia. Non cercate di fare solo le cose che vi diano l’appagamento dei sensi o una soddisfazione temporanea, non agognate a fare solo quello che vi piace; educatevi, sforzatevi di rendervi gradito tutto ciò che fate o che dovete fare. In realtà, intraprendere volontariamente qualcosa che promuova il vostro vero benessere è disciplina spirituale. In tal modo, la creazione ed il sé individuale potranno essere eliminati e Dio soltanto verrà stabilito nella coscienza. Per il momento, coltivate l’inclinazione ad essere servitori del Signore; il lavoro è adorazione! Con tale spirito offrite il vostro servizio al prossimo, che dovete venerare come l’incarnazione stessa di Dio. Questa propensione conferirà grande soddisfazione al cuore sconsolato e afflitto.
[7] Due gopī camminavano lungo le rive del fiume Yamunā parlando di Krishna, perse nella contemplazione dei Suoi giochi divini e della Sua maestà. Improvvisamente una delle due, Nīrāja, nutrì un serio dubbio, un vero e proprio enigma metafisico: “Quando pratico l’identificazione con Krishna e penso di essere Lui, temo di perdere l’emozione elettrizzante di essere con Krishna, di conversare con Lui e di ascoltare la Sua dolce voce; preferirei essere separata da Lui per poter assaporare l’amore e la gloria che Egli stesso è.” Allora la sua compagna, Sarala, la consolò dicendo: “I tuoi timori sono infondati perché anche Krishna contempla te e la tua purezza. Quando conseguirai la trasformazione e diverrai Krishna, grazie alla tua disciplina d’identificazione con Lui, Krishna stesso diverrà ‘te’ a causa del Suo ardente anelito per te; pertanto non deve esserci alcuna apprensione o frustrazione nella tua mente!” La creazione è Dharā, la Terra. Pensatela sempre, agognatela, struggetevi per Dharā, Dharā, Dharā, così vi renderete conto di struggervi per Rādhā, Rādhā. Rādhā è il ‘divenire’, Krishna è l’Essere. Il desiderio di ‘divenire’ da parte dell’Essere , l’anelito del ‘divenire‘ per l’Essere, questa è la relazione Rādhā-Krishna celebrata da poeti e veggenti, calunniata e ridicolizzata da critici ignoranti, apprezzata e compresa da aspiranti, analizzata e realizzata dai sinceri cultori della tradizione spirituale.
[8] Voi siete l’immagine del Sé Supremo, l’immagine che è riflessa nel corpo, il quale è parte della Natura o Creazione. Il vostro corpo è affine a tutti gli oggetti che vi circondano in natura, è un oggetto fra i molti. Lo Spirito divino, l’anima individualizzata (ovvero l’immagine) ed il mondo oggettivo di cui il corpo è una parte: queste sono le tre Entità chiamate Dio-Individuo-Creazione. Otterrete successo nella disciplina spirituale nel momento in cui saprete negare il mondo oggettivo in quanto illusione, oppure riconoscere che esso non è altro che lo stesso Sé Supremo. In un normale calcolo aritmetico, tre meno uno è uguale a due; ma nell’aritmetica ‘Atmica’ del Sé il tre (Dio-Individuo-Creazione) meno uno (Creazione) non è uguale a due ma a Uno, Dio. Quando lo specchio (la Creazione) se ne va, anche l’immagine, vale a dire l’individuo, si dissolve! Se si elimina lo specchio, scompariranno due entità: lo specchio e il riflesso che esso emette, e voi vi fonderete nel Divino! La via del servizio altruistico, da voi ora scelta, vi condurrà gradualmente allo stadio in cui lo specchio (Creazione) può essere tramutato attraverso la rinuncia e la sua esistenza trascesa. Se vedete l’idolo come Dio, tramutate la pietra nella quale l’idolo è scolpito, di cui è composto, e ne trascendete l’esistenza. La pietra è eliminata, o trascesa, se sull’altare vedrete solo Dio! Ripulite e purificate la mente in modo che, ovunque vi volgiate, non soltanto sull’altare o nell’idolo, ma in ogni cosa riconosciate sempre e solo Dio. Allora la mente diverrà il vostro migliore amico, il più efficiente ed efficace strumento di liberazione.
[9] La mente gioca infiniti scherzi, perciò viene definita una scimmia. C’è anche un’altra raffigurazione, ma non così popolare; infatti la mente viene anche definita una serpe perché non va diritta ma striscia sul suolo con un andamento a zig-zag. La mente si diletta nell’escogitare stratagemmi tortuosi ed astuti espedienti, ma evita il sentiero diritto della verità e della sincerità. Il serpente inietta veleno e attacca tutti gli esseri viventi che incontra sul suo sentiero, ma la ‘mente-serpe’ può essere incantata e resa innocente. L’incantatore di serpenti usa uno strumento musicale [simile al flauto] e quando lo suona il serpente ondeggia rapito; allo stesso modo, la mente ondeggerà all’unisono con la melodia che emerge dal Nāmasmarana, la recitazione del Nome di Dio. La mente proietta sugli altri i propri difetti e le proprie manchevolezze: questo è il suo effetto più letale che compromette il vostro progresso; perciò dovete superare questa sua nefasta tendenza.
[10] Il saggio Paramānanda aveva dieci discepoli, tristemente noti per la loro indolenza e stupidità! Un giorno, durante uno spostamento, attraversarono a guado un fiume fino a raggiungere la sponda opposta. In alcuni punti l’acqua era molto profonda, arrivava al collo. Quando, dopo strenui sforzi, toccarono l’altra riva, decisero di verificare se tutti erano arrivati sani e salvi, perché temevano che qualcuno fosse stato trascinato via dalla corrente. Così la paura e la confusione incrementarono la loro innata stupidità. Alla fine si convinsero che uno di loro era stato spazzato via dalla corrente perché ogni volta che un uomo contava i compagni schierati di fronte a lui, lasciava fuori sé stesso e vedeva solo nove uomini davanti a sé. Così tutti e dieci giunsero alla conclusione che uno di loro era scomparso travolto dalle acque, ed erano talmente addolorati che piansero l’amico morto con alti lamenti. Un contadino udì i loro gemiti e ne chiese il motivo, così apprese che dei dieci compagni uno era annegato; tuttavia egli notò che c’erano dieci uomini e non nove, ma solo dopo aver visto come essi eseguivano la conta, si rese conto del perché; allora spiegò al gruppo che ogni uomo aveva omesso di contare sè stesso. Infine il contadino ammonì i dieci compagni con queste parole: “La visione esteriore è sbagliata ed induce all’errore, solo la visione interiore può rivelare la verità!” Noi tentiamo di scoprire Dio cercandolo in tutto l’universo ma tralasciamo di svolgere l’indagine sulla Sua esistenza in noi stessi, quale vero fulcro del nostro Essere. Quando ‘scoprirete’ voi stessi, tutti i lamenti cesseranno e conseguirete la gioia suprema: questa è la vera conoscenza di sé; allora vi renderete conto di essere una scintilla della Fiamma Divina, ed in seguito realizzerete che anche gli altri sono scintille del medesimo fuoco. Come possono quindi l’odio, la collera, l’invidia o l’avidità continuare ad esistere alla luce di questa visione?
[11] Ora avete i piedi sul primo gradino della scala che vi condurrà alle sublimi altezze della beatitudine e della pace. L’ascesa è ardua e comporta il rischio di scivolate rovinose, ma dovete sopportarle con perseveranza tenendo sempre d’occhio lo splendore della Meta. Quante traversie deve subire il masso di pietra prima di essere trasformato in un incantevole idolo divino! Anche questa sedia era un pezzo di legno informe, ma è stato segato, tagliato, sagomato, levigato e ha sopportato tutte queste torture per poterci servire ed ottenere così la gioia del servizio. Molti saggi e santi hanno dovuto affrontare innumerevoli tribolazioni e tragedie prima di vedere Dio e fondersi in Lui, ma essi hanno conquistato un posto permanente nel tempio della memoria umana. Prendete l’esempio di Pundarīka, il quale aveva una fede incrollabile nell’ingiunzione vedica di venerare la madre ed il padre, tanto che rifiutò di servire il Signore Krishna quando apparve davanti a lui per elargirgli la Sua grazia. In quel momento Pundarīka era impegnato a massaggiare i piedi dei suoi genitori e non interruppe il suo servizio neanche per un istante, neppure per toccare i piedi del Signore. Quando il suo Maestro, Tukarām, entrò nella stanza e lo ammonì per essere così irremovibile nell’osservare le prescrizioni vediche, egli rispose: “Il mio Dio è apparso qui davanti a me proprio adesso per chiedermi di massaggiargli i piedi; può aspettare un attimo finché non ho finito di servire questi Dei [i genitori]. Egli si è manifestato solo ora, mentre essi sono con me sin dalla nascita, ed in loro sento la Presenza divina ogni giorno della mia vita e li considero Divini!” Krishna era così compiaciuto del servizio che Pundarīka rendeva ai suoi genitori che restò lì, e tuttora continua a stare a Pandaripur.
[12] Per riuscire a sperimentare il Divino in ogni essere dell’universo ed in ogni cellula, dovete prima farne esperienza in voi stessi, tanto che le azioni, le parole e i pensieri devono essere pregni di tale consapevolezza. Una volta un milionario era infastidito da due malanni, uno allo stomaco e l’altro alla testa. Dopo essere stato visitato da uno stuolo di specialisti, venne fatta la diagnosi e gli fu prescritta la terapia. Così l’uomo fu costretto ad ingoiare un’enorme quantità di farmaci e a fare centinaia d’iniezioni, tuttavia i dolori persistevano, anzi erano diventati ancor più acuti. Alla fine, sulla scena del suo dolore arrivò un monaco, gli parlò molto amabilmente e gli spiegò che la causa della sua sofferenza era da attribuire all’occhio! “Sistema l’occhio, così la testa e lo stomaco si comporteranno in modo armonioso! Per migliorare l’occhio concentrati solo su un colore, sul verde, non permettere ai tuoi occhi di posarsi sul rosso, sul giallo o su altri colori.” Il milionario radunò un gruppo di pittori artigiani, acquistò bancali di pittura verde e ordinò che ogni oggetto, su cui il suo occhio potesse posarsi, fosse dipinto con un denso strato di verde. Proprio come l’infausto allineamento nello spazio degli otto pianeti, che i superstiziosi cercavano di evitare mediante numerosi rituali esorcizzanti, produsse un ricco raccolto per i preti bramini, così la malattia di quel milionario fruttò un cospicuo compenso a quei pittori. Quando il monaco ritornò dopo una decina di giorni, gli artigiani gli corsero incontro con un secchio di pittura verde poiché indossava una tunica rossa! Stupito, ne chiese il motivo e venne a sapere che il loro padrone non poteva posare lo sguardo su nessun colore, fatta eccezione per il verde, altrimenti gli sarebbero ritornati i dolori! Il monaco rimproverò il paziente stolto per avere speso centinaia di migliaia di Rupie a causa della sua colossale stupidità: “Se tu avessi comperato un paio di occhiali verdi, del valore di circa quattro Rupie, avresti risparmiato le pareti, le sedie, il sofà, tutti gli altri oggetti e anche una bella fetta del tuo patrimonio! Non puoi pitturare tutto il mondo di verde!” Cambiate la vostra visione, e il mondo vi apparirà di conseguenza! Fate in modo che i vostri occhi siano colmi della Divinità, così vedranno Dio in tutti. È da stolti cercare di plasmare il mondo, plasmate voi stessi come espressione della pace, dell’amore e della riverenza. Allora vedrete tutto come amore, compassione e umiltà. Il vostro lavoro come membri dell’organizzazione di servizio Sevā Dal e come volontari deve correggere il vostro modo di vedere: rendete puri i vostri occhi e consentite loro di vedere Dio in tutti, allora quella consapevolezza trasformerà ogni vostra parola, pensiero ed azione in una benedizione. Ripulite il vostro cuore ascoltando discorsi spirituali, cercando la compagnia e l’amicizia dei giusti, dei virtuosi, dei semplici, dei ricercatori sinceri, coltivando un carattere buono e una propensione alla dolcezza. Riempite i cuori con le dolci e fragranti acque del puro Amore, così ogni vostra azione e parola sarà amabile ed affettuosa. Se il serbatoio d’acqua è contaminato, come potrà la parola essere confortante, il pensiero benevolo e l’azione lodevole?
[13] Incarnazioni del Divino! In tutti questi giorni avete svolto il vostro lavoro di volontari nel giusto spirito e con grande sincerità: sono molto contento di voi. Potrete avvicinarvi ancora di più al Divino se continuerete a conformare la vostra vita a questo modello anche dopo che l’attuale emergenza sarà passata. Con il vostro lavoro, state dando un buon esempio ai volontari Sai di altre regioni del Paese. Naturalmente anche nel vostro lavoro a volte capita qualcosa che non è del tutto esemplare: una tendenza, una parola o un gesto che sarebbe meglio non ci fosse; ma questo è comprensibile e può essere corretto con una maggiore vigilanza. So che servite con grande entusiasmo e gioia perché quello in cui v’impegnate è il lavoro di Swami, è servizio a Swami. In realtà, il Dharmakshetra è vostro, è la vostra stessa casa, mentre i vostri cuori sono la Mia casa! Swami salvaguarderà la purezza del vostro cuore perché è la Sua casa! Poiché state svolgendo questa parte della Sua missione in modo molto soddisfacente, Swami vi benedirà con la Sua Presenza: attorno a voi, accanto a voi, dietro e davanti a voi. Tornerò di nuovo qui nel corso di quest’anno poiché apprezzo il lavoro che voi tutti state svolgendo. Ricordate sempre tre cose: continuate a rendere servizio al prossimo, ovunque siate; cercate sempre l’opportunità di aiutare gli altri, non lasciatevi mai sfuggire l’occasione di usare le vostre capacità e l’entusiasmo per alleviare il dolore, l’angoscia e la disperazione altrui. Ed infine non tralasciate, non dimenticate e non posticipate la vostra pratica spirituale: lo studio dei testi sacri, la ripetizione di un mantra, la meditazione, il canto devozionale ed il canto di gruppo per le vie del paese al mattino presto. Soprattutto abbiate fede che Swami è con voi, sempre ed ovunque.
Dharmakshetra, Bombay, 21.05.1970