[1] I nove passi del pellegrinaggio verso Dio, seguendo il sentiero della dedizione e della resa totale, sono i seguenti: (1) Sentire il desiderio di ascoltare la gloria e la maestosità delle opere del Signore e delle Sue varie manifestazioni, che suscitano sempre grande meraviglia. Questo è il punto di partenza. Se ascoltiamo più volte le sacre storie del Signore, noi stessi potremo diventare divini. (2) Recitare tra sé il Nome di Dio rendendo lode alla Sua magnificenza e alle Sue molteplici gesta. (3) Fissare la mente sul Signore soffermandosi a contemplare la Sua bellezza, maestà e compassione. (4) Dedicarsi all’adorazione del Signore concentrandosi ad onorare i Suoi Piedi o le Sue orme. (5) Da tale propiziazione del Signore e dalla costante venerazione, l’aspirante trarrà soddisfazione interiore ed ispirazione. (6) Il devoto comincerà a vedere la Forma Divina che predilige in tutti gli esseri ed in tutti gli oggetti del creato, ovunque; in tal modo svilupperà un’attitudine di riverenza verso la natura e verso ogni forma di vita. (7) Quando tale disposizione mentale si sarà consolidata, l’aspirante diverrà un devoto servitore di tutti senza alcun senso di superiorità o inferiorità; è un gradino essenziale che preannuncia un grande successo spirituale. (8) Tale conseguimento porterà il ricercatore così vicino a Dio che sentirà di esserne il confidente, il compagno e l’amico, di condividere il potere e la misericordia, i trionfi e le realizzazioni del Signore, di essere proprio il Suo amico così come lo era Arjuna. (9) Come si può dedurre, questo è il preludio al passo finale della resa incondizionata o Ātmanivedanam, l’abbandono totale alla Volontà del Signore, che il ricercatore riconoscerà grazie alla sua intuizione purificata.
[2] Avrete notato che il settimo passo è dāsyam, l’atteggiamento di servo dedito e fedele verso Dio. È lo stadio del servizio che coloro che si definiscono operatori sociali o volontari devono raggiungere. Il servizio è più fruttuoso della recitazione del Nome divino, dello sgranare il rosario o del trascorrere ore in meditazione; tuttavia, il servizio sarà più proficuo e più soddisfacente se svolto sulla base di una disciplina spirituale. Dovete considerare tutti come parti del vostro stesso corpo e, come cercate di curare con prontezza ed efficacia qualsiasi contusione o ferita del vostro corpo, così dovrete risanare le disgrazie e le pene altrui al meglio delle vostre capacità, per quanto i vostri mezzi ve lo consentono. Ora voi venerate il Signore offrendogli tutte le cose che voi ambite, e lo riverite con tutti gli onori che vorreste fossero tributati a voi stessi. La statua del Signore viene aspersa d’acqua, adornata con gioielli, ‘nutrita’ con offerte di cibo, ventilata ed attorniata da fragranti essenze, poiché queste sono cose che voi desiderate; ma il Signore è contento solo quando v’impegnate a fare le cose che Lui desidera! Come potrete altrimenti guadagnarvi la Sua Grazia? In che modo, se non assistendo, nutrendo, soccorrendo e salvando i Suoi figli? In che modo, se non aiutandoli a realizzare Dio che è il loro custode e Signore, a coltivare la fede in Lui, attraverso il vostro modo di vivere retto e sincero?
[3] Uno dei primi principi del retto vivere è la pratica del silenzio, poiché la Voce di Dio può essere udita nella regione del cuore solo se la lingua è silente, se la tempesta si è placata, se le onde mentali si sono pacificate. Se parlate sottovoce, sussurrando, nessuno sarà tentato di urlare. Regolate il vostro tono di voce: basso quanto possibile, alto quanto basta per raggiungere il punto più lontano della cerchia di persone con cui state parlando. Tutelate il suono poiché è il tesoro dell’elemento Ākāsha, è un’emanazione che proviene da Dio stesso. La ragione può prevalere solo se gli argomenti vengono esposti senza far impennare il suono. Il silenzio è il linguaggio del ricercatore spirituale; conversare dolcemente è l’espressione del vero amore. L’odio urla aspramente, la paura grida stridula, la presunzione e l’orgoglio danno fiato alle trombe. L’amore invece canta la ninnananna, calma, lenisce. Utilizzate il vocabolario dell’amore, scordate il linguaggio dell’odio e del disprezzo.
[4] Il secondo principio del retto vivere è la pulizia, non solo quella esteriore, ma ancor di più quella interiore. Non potrete sentirvi bene e freschi se indossate una canottiera pulita sotto una camicia sporca, oppure una canottiera sporca sotto una camicia pulita. Entrambe devono essere lavate e pulite per darvi una sensazione di benessere. Analogamente, bisogna cercare e conquistare sia la pulizia esteriore sia quella interiore. In verità, la pulizia esteriore non è che un riflesso della realizzazione interiore. Il volto di una persona sincera e leale risplende di una particolare luminosità. La pulizia interiore ha l’acqua e il sapone propri: l’acqua della pratica costante e il sapone di una fede forte e salda.
[5] Il terzo principio è che l’aspirante vero avrà un atteggiamento reverenziale verso il dovere che gli compete. Eseguirà ogni incarico assegnatogli come un atto di venerazione che compiacerà il Signore e che lo avvicinerà a Lui. ‘Il dovere è Dio, il lavoro è adorazione’ – è il motto! L’adorazione di Dio non è un’uniforme che potete indossare e smettere ad orari stabiliti del giorno.
[6] Rendete ogni vostro pensiero un fiore, degno di stare tra le dita del Signore; fate sì che ogni azione sia un frutto colmo del dolce nettare dell’amore, degno di essere posto nella Sua mano; rendete ogni lacrima santa e pura, degna di lavare i Suoi piedi di loto. Il simbolo rappresentato sulla bandiera di Prashānti Nilayam vuole rammentarci questo ideale, e voi dovete metterlo in pratica. È il simbolo della vittoria ottenuta grazie ad uno sforzo costante contro i nemici diabolici della lussuria e della cupidigia, dell’invidia e dell’odio, della cattiveria e della presunzione. È il simbolo dello stato silente della suprema beatitudine, conquistata attraverso l’autocontrollo e la realizzazione di Sé. Non giudicate gli altri per decidere se sono degni di meritare il vostro servizio; cercate di capire solo se sono afflitti o angosciati: questa motivazione sarà sufficiente. Non scrutate come si comportano con gli altri; potranno essere certamente trasformati dall’amore. Per voi il servizio deve essere sacro come un voto, una disciplina spirituale, un cammino spirituale. È il vostro stesso respiro e terminerà solo quando il respiro si separerà da voi.
Prashānti Nilayam, 19.02.1970