[1] Dio è Premaswarûpa, Incarnazione dell’Amore, ed è presente in ogni essere; il frutto della vita è perciò colmo della dolcezza di quell’Amore. Come la buccia amara di un delizioso frutto stende un velo d’ignoranza sul prezioso succo in esso contenuto, così l’amara scorza dell’invidia, dell’egoismo, dell’odio, della malizia, dell’avidità, della lussuria e della vanità non permette alla dolcezza di manifestarsi. Ogni essere ha diritto a condividere quell’Amore, indipendentemente dalla nazionalità, dal colore, dal credo o stato sociale. Quando Dio ed il suo Amore attivano ogni atomo, chi può osare escludere un altro? – Tutto ciò è Dio, è Amore.
[2] La luce accesa da Vyâsa, per rivelare tale grande Realtà, è divenuta fioca; nessuno alimenta l’olio della lampada, c’è solo interesse a ricercare falsi ideali e piaceri fuggevoli. Vyâsa insegnò il Dharma (rettitudine) nel Mahâbhârata, Bhakti (devozione) nel Bhâgavata e Shânti e Prema (Pace ed Amore) nei 18 Purâna; nel Brahmasûtra insegnò la saggezza relativa a “conoscenza, conoscitore e conosciuto”. Egli diede gran rilievo al principio che far male al prossimo è il seme del peccato, mentre servire è il seme del merito: è una lezione d’Amore puro e semplice. Colui che s’immerge nel profondo e scopre la sua Realtà interiore è l’incarnazione della Pace.
[3] Amore è l’essenza del nettare, di cui sono colme le Upanishad. Quando l’uomo realizza l’inefficacia dei sensi, della mente e dell’intelletto nell’afferrare la Realtà e nel riconoscere il nucleo centrale della sua Verità, scopre allora di essere l’Âtma (il Sé), che è Verità, Rettitudine, Pace e Amore. Egli comprende che Dio è la base dell’intera sovrastruttura – da Lui disegnata e concepita – ed arrende il suo ego. “Lascia che la Tua volontà prevalga” – proclama, ed abbandona completamente se stesso al Suo piano. È un momento di gioia suprema, di beatitudine. Difficoltà, sofferenze, ostacoli e dolori, considerati sino a quel momento causa d’angoscia, assumono improvvisamente un nuovo e magnifico ruolo diventando “il Suo lavoro, i Suoi doni, la Sua Grazia”. Non sono più sgraditi, bensì benvenuti come i successi, i piaceri e la felicità, poiché tutti rappresentano la Sua Volontà.
[4] Se vi recate in un luogo nuovo, cercate un amico e gli consegnate tutto il vostro denaro, affinché lo tenga al sicuro; se poi, però, cominciate a sospettare di lui, non avrete più pace. Abbiate fede in Lui e sarete liberi, non avrete più preoccupazioni. Abbandonate a Dio tutte le vostre azioni spinte dal desiderio; abbiate fede in Lui e liberatevi per sempre d’ogni ansietà. “Rinuncia a tutte le opere mosse dal desiderio per mezzo della disciplina, e prendi rifugio solo in Me”.
[5] Quando sfregate un fiammifero come può accendersi, se è immerso in acqua? Se la mente è impregnata di desideri materiali, come può infiammarsi allo sforzo spirituale? L’Amore, di cui siete dotati, deve essere diretto verso Dio; solo allora potrà espandersi, crescere, approfondirsi, rendere fertili le vostre azioni ed essere di beneficio a coloro che vi circondano. Se il vostro Amore è invece confinato al mondo, verrà molto presto risucchiato dalle sabbie dell’invidia, dell’avidità e della malizia. Senza quell’espansione d’Amore l’uomo è peggio di un animale, è un demone. La mucca da latte quando il suo vitello morto, impagliato, le viene avvicinato alla mammella: tale è la misura del suo amore materno.
6] Nel cuore non c’è luce d’Amore, e così pipistrelli ed uccelli notturni lo infestano e lo insudiciano. I pipistrelli sono le cattive qualità, quali odio, malizia ed avidità. Il Mahâbhârata, che Vyâsa compose ed ordinò, insegna assai chiaramente quanto sia effimera la ricchezza, l’autorità, il potere, la forza fisica e tutto ciò che l’uomo ritiene desiderabile sulla terra. Che cosa mancava a Duryodhana o a Karna? Essi, tuttavia, caddero e furono sbranati da cani e sciacalli sul campo di battaglia, su cui avevano puntato tutto.
[7] Per sviluppare l’Amore Divino ed utilizzarlo per la Liberazione, furono proposti all’uomo quattro ideali, che egli deve sforzarsi di raggiungere con perseveranza, essendo l’uno subordinato all’altro: Dharma, Artha, Kâma, Moksha. Il secondo obiettivo, Artha, felicità materiale, deve essere conquistato per mezzo del Dharma (condotta virtuosa); Moksha, Liberazione, deve essere considerata l’unico oggetto di Kâma, desiderio, essendo essa l’obiettivo finale. Tali ideali sono stati ripetuti sino alla noia, ma nessuno sforzo è fatto per metterli in pratica. Ecco perché la vita umana, ovunque, si è degradata in una farsa, in una tragedia: è come una ruota senza mozzo, latte senza burro, essa è sterile e sprecata.
[8] Prema, Amore Divino, è di tre tipi, in conformità alla qualità predominante nell’individuo. L’amore “tamasico” (ottuso, inerte ed oscuro) confina se stesso a ‘mÈ e ‘mio’ e non scorre oltre quel piccolo ambito. L’amore “ragiasico” (disposizione alla passione, inquietudine ed attaccamento) si dirige verso coloro che hanno potere, ricchezza o verso chi può conferire effetti spettacolari. L’amore “satvico” (qualità della purezza, pace ed armonia) scorre invece verso i buoni, i puri, i distaccati, mostra timore reverenziale, meraviglia ed amore per Dio. Pundalêka stava assistendo i suoi genitori, nei quali venerava Dio stesso, quando il Signore gli apparve come Nârâyana. Pundalêka gli chiese di aspettare un momento e gettò verso di Lui un mattone, che servisse da sgabello su cui sostare, finché fosse pronto per adorarlo. Se non venerate i genitori, come potete trarre dal vostro cuore sufficiente riverenza per adorare il Padre, che sta nei cieli?
[9] Prema è la sorgente che alimenta le radici di tutte le virtù. Avrete senz’altro visto le risaie, dove le colture si seccano, nonostante il terreno sia bagnato e ci sia ancora un velo d’acqua. Avrete visto anche grandi alberi, che sorgono su un terreno completamente asciutto, ma che sono ornati da una chioma verdeggiante e rigogliosa. Vi siete mai chiesti la ragione di tale contrasto? Le radici delle piantine di riso non vanno in profondità, mentre quelle degli alberi scendono sino alla sorgente sotterranea perenne. Analogamente, se ogni vostra azione, ogni parola pronunciata, ogni pensiero, che forma desideri ed emozioni, trae nutrimento dalle radici, che scendono profonde sino alla sorgente interiore dell’Amore, allora voi sarete freschi e felici e potrete donare ombra e protezione a molti stanchi mortali.
[10] La pia recitazione del Nome del Signore, le penitenze, le cerimonie rituali ed i voti d’austerità inducono a sottomettere i sensi e purificano la mente, in modo che Dio possa esservi riflesso. Come lo zucchero, che vedete con i vostri occhi e con la mano mettete in acqua, si dissolve e non è più percepibile né all’occhio né alla mano, così i sensi e l’intelligenza non possono percepire il Dio immanente. Solo la mente purificata può coglierlo, proprio come solo la lingua può riconoscere lo zucchero sciolto nell’acqua.
[11] Le pastorelle possedevano quella purezza di pensiero, nonostante menti inferiori, pregne di desideri grossolani, abbiano inquinato la limpida sorgente del loro Amore con commenti ignoranti. Anche il saggio Nârada pensava che delle pastorelle analfabete non potessero possedere la più alta forma di devozione; quando offrì loro il suo insegnamento, si rese invece conto che erano così immerse nella coscienza di Dio, da non avere altro pensiero se non quello di Krishna, né parola se non quella della Sua Gloria, né azione se non il servizio a Lui. Esse avevano abbandonato completamente se stesse al Signore, che le dirigeva dall’interno.
[12] È oggi diventata una moda per i colti chiedere “Dov’è Dio, qual è il Suo compito?”, senza neppure attendere una risposta. Essi credono tranquillamente che qualcuno controlli e lanci complessi razzi intorno alla Terra ed oggetti nello spazio, ma non credono che ci sia un’intelligenza dietro le innumerevoli galassie di stelle e pianeti, che da ere e da milioni d’anni luce girano nello spazio. Abbiate fede nel Supremo Paramâtma ed impegnatevi nella pratica del vivere. Scoprirete che potete distaccarvi dal mondo pur restando in esso. Sarete come il fiore di loto che cresce nell’acqua, ma galleggia senza permetterle di bagnarlo; come la lingua che non si unge, anche se mangia burro o cibi grassi. La mente non deve essere contaminata dal contatto con gli oggetti dei sensi; questa è la funzione della disciplina spirituale.
(Prashânti Nilayam, Luglio 1967.Guru Pûrnimâ)