[1] Ieri e l’altro ieri ho parlato della vita disciplinata che dovete condurre e sono stato un maestro severo. Oggi invece sarò indulgente e le Mie parole saranno come una brezza himalayana, fresca e rinvigorente. Quella severità aveva una ragione, poiché non ci può essere un effetto senza una causa. Questa benevolenza e quel rigore fanno entrambi parte della stessa Persona e non potete accettare l’uno e rifiutare l’altro. Bene e male, giusto e sbagliato sono i due lati di una stessa moneta. Per quel che mi riguarda, la Mia natura è particolare; Io non m’identifico con nulla. Quelli che non possiedono autorità né perizia devono ascoltare, studiare, analizzare e valutare. L’autorità è un diritto che appartiene soltanto al Sé; è solo il Sé che può comandare. Per Me è importante la purezza del vostro sentimento e non la profondità della vostra erudizione. Nei due giorni passati sono stato severo per costringervi ad esaminare i vostri sentimenti ed eliminarne i difetti. Vi garantisco che oggi non sarò così inflessibile, infatti, come avrete notato, ho aperto il discorso chiamandovi Premasvarūpulāra, Incarnazioni dell’Amore divino.
[2] Di solito gli uomini attribuiscono valore all’acume dell’intelletto, ma questo giudizio è incompleto poiché anche la chiarezza delle emozioni è importante. Quando comprate un oggetto in un negozio, non lo fate solo perché vi serve, ma anche perché è gradevole ed attraente, quindi richiama sia il vostro intelletto sia le vostre emozioni. È il vostro sentimento che gli attribuisce la bellezza, che in Telugu si dice Andam. Ecco perché dico sovente che Andam è Ānandam – la bellezza è beatitudine, e non potete avere l’una senza l’altra.
Andam e Ānandam, bellezza e verità, armonia ed estasi si trovano nell’Unità, ossia nella scoperta e sperimentazione dell’essere Uno. Tale unitarietà deve essere come quella rappresentata dall’unità dell’oro e del fango [nel quale sono disperse le particelle auree] o quella del vedere, di ciò che è visto e di chi vede, o ancora come l’inseparabilità della ricerca e del suo successo. Rāmakrishna Paramahamsa1 suscitò questo desiderio ardente, scatenò questo tormento in Vivekānanda2 e negli altri che si recarono da lui. Provate con tutte le vostre forze, confrontatevi con tutti i vostri dubbi, guadagnatevi duramente il frutto della vostra fatica e gioitene: questo era il suo insegnamento. La musica dei radiotrasmettitori di tutto il mondo arriva ovunque; se desiderate ascoltarla, cercate di procurarvi un radioricevitore, trovate la lunghezza d’onda della stazione che volete ascoltare, accendete e sintonizzatevi. La chiave d’accesso alla liberazione deve essere forgiata, limata ed adattata da ciascun aspirante ricercatore. Essa non può essergli donata in un attimo, con una parola. Rāmakrishna stesso la cercò trascorrendo anni d’angoscia indicibile; come possiamo noi, dunque, trovare scorciatoie al percorso di un altro? Nessuno può passarvi questa chiave dicendo semplicemente: “Prendi!” Il fiore deve dare il frutto, che a sua volta deve crescere, maturare e cadere.
[3] La gelosia e l’ira sono i gemelli nati da Ahamkāra3. Distruggete i gemelli, rimuovete il Kāram [in Telugu significa ‘gusto piccante’] da Ahamkāra e tenete semplicemente Aham (Io), in modo che possiate provare, grazie a tale strumento, l’emozione di «Aham Brahmāsmi» – «Io sono Brahman, Dio». Quello è lo stadio da raggiungere, la vetta da scalare. La presunzione presente nell’io [nel senso di individualità] è come un seme che, messo nelle condizioni di germogliare, si moltiplica migliaia di volte producendo un’infinità di semi. Esso deve essere schiacciato al primo insorgere.
A questo punto inizia l’analisi di Aham che sfocia nella conclusione di «Ayam Ātma Brahma» – «Questo Ātma, il Sé, è Dio». I due – ‘Quello’ e ‘Questo’ (Tat e Tvam) sono identici, e si scopre che Questo è proprio e solo Quello; ciò accade quando si realizza l’assioma vedico «Tat tvam asi» – «Quello Tu sei». Cos’è ‘Quello’? In altre parole, cos’è il Brahman? Il Mahāvākya proclama «Prajñānam Brahma» – «La Consapevolezza Divina è la Realtà Suprema o Parabrahman».
[4] Tutti gli assiomi vedici indicano la Gloria dell’Uno che è un vero oceano di Grazia: il vapore che si leva da questo oceano è «Prajñānam Brahma», le nuvole sono «Ayam Ātma Brahma», le piogge sono «Tat tvam asi», ed il fiume è «Aham Brahmāsmi», cioè «Io sono Brahman». «Prajñānam Brahma» è simboleggiato dall’Andapinda Lingam, ovvero la visione dell’unica Entità in tutte le molteplici entità, l’espansione dell’individuale nell’universale, la dilatazione dell’Io nella vastità di ‘Lui e Noi’. Quando bussate ad una porta ed una voce dall’interno chiede: “Chi è?” automaticamente rispondete: “Sono io.” Questo però non soddisfa chi ha posto la domanda, quindi ne farà una seconda per avere più informazioni; solo a quel punto la porta si aprirà. Anche la porta della Liberazione si apre soltanto a chi è in grado di spiegare chi sia veramente l’Io. Ciò rivela all’anima individuale: “Io sono nella Luce.” L’altro assioma «Ayam Ātma Brahma» – «Questo Ātma, il Sé, è Dio» le svela: “La Luce è in Me.” Poi, gradualmente, la verità comincerà ad albeggiare nella mente: “Quella luce che immaginavo mi avvolgesse, la somma Conoscenza che ho identificato come base di tutta quest’apparenza, quell’illuminazione è anche presente in me. La mia verità più intima è proprio quella Conoscenza, quella Luce.” Tale verità è rappresentata dallo Sadā Shiva Lingam, il simbolo, la vera forma dell’eterno Shiva.
[5] Durante la sua pratica spirituale, l’aspirante vede quella Luce che disperde l’oscurità di secoli. Gli viene detto che egli stesso è quella Luce e null’altro: «Tat tvam asi» – «Quello Tu sei». Il ricercatore diventa, così, immune agli attacchi dell’ignoranza che gli fanno dimenticare la sua natura. Come uno studente di violino alle prime armi scivola sovente fuori tono producendo dei suoni stridenti, così anche il ricercatore stona con note dissonanti di malcontento ed angoscia. Quando una persona è sottoposta ad una sofferenza insopportabile, sviene e perde coscienza ed è un sollievo perché non sente dolore oltre un certo limite. Analogamente, quando nell’individuo si è radicato il sentimento d’identità con il Sé, non gli sarà più possibile alcuna attività in quanto diverrà ‘inconsapevole’ del mondo, o meglio, trascenderà i regni della coscienza: quello conscio, inconscio, subconscio e persino superconscio. Il fiume avrà raggiunto il mare. L’asserzione vedica ‘Quello Tu sei’ (Tat tvam asi) è rappresentata dallo Jñāna Lingam, il Lingam della Conoscenza Suprema. L’ultimo assioma Aham Brahmāsmi (Io sono Brahman, Dio) è associato all’Ātma Lingam. I quattordici mondi superiori ed i quattordici mondi inferiori non possono essere dimostrati con dei modelli; essi simboleggiano i livelli della consapevolezza nella geografia dello spirito e nel viaggio della mente verso la Meta. Non esistono libri che vi possano insegnare la topografia; il viaggio è il miglior maestro, ed ogni passo compiuto rende quello successivo più semplice. Rādha, Mīra, Surdas, Sakku, Rāmakrishna: questi santi seguirono la guida del loro richiamo interiore. L’Andapinda Lingam rappresenta l’universo a forma di uovo, che corrisponde alla realtà anche secondo gli scienziati. L’involucro esterno è anda, e la sostanza interna o essenza è pinda. Essi sono interdipendenti. Voi siete fondamentalmente Anda-pinda, ossia avete il guscio esterno di materialità ed il nucleo interno di Divinità. Il corpo è un recipiente atto a contenere Chaitanya, la Consapevolezza Divina.
[6] Il sentimento ‘Io sono Dio’, come espresso nell’assioma «Aham Brahmāsmi», conferisce un senso di affinità e di appartenenza che possiede un enorme valore psicologico: quando sentite il pianto di un bambino e scoprite che si tratta di vostro figlio, diventate molto più ansiosi di quando piange il bimbo di un altro. Un sentimento del genere indurrà a fondersi ad assorbire, ad incorporare nella nostra coscienza. L’Andapinda Lingam è questo corpo, questa natura che vediamo. Persino Dio, quando viene in Forma umana o in una Forma materializzata, èAndapinda, sia che si tratti di Mahā Vishnu, Rāma, Shiva, Krishna o Sathya Sai Baba. Lo Jñānalingam simboleggia Jñāna, la Conoscenza Suprema che voi siete la totalità di tutti gli esseri e che la totalità di tutti gli esseri è in voi. Tale Divina Saggezza è Dio; Jñāna non è una Sua qualità: è Dio stesso, poiché Dio non ha qualità. Lo Jñāni5, l’uomo realizzato, sebbene viva in questo mondo, possiede la visione interiore che lo fa staccare dal ramo come la foglia secca che non ha più bisogno dell’attaccamento alla pianta. L’Ātmalingam (la visione della forma del Sé) è la fase finale, è lo stadio dell’oro, quando i nomi e le forme dei gioielli si sono fusi insieme. Come l’acqua congela e diventa ghiaccio, così l’Ātma, il Sé, si congela nell’individuo. L’Ātmalingam non è altro che il vaso che contiene l’acqua marina, immerso nel mare stesso. Entrambi sono identici: solo il nome e la forma sono diversi.
[7] Potrete realizzare la vostra verità seguendo il cammino che conduce a quella Conoscenza; dovete solo essere preparati ad affrontare la disciplina e lo sforzo. Quando vi prescrivo un medicinale, dovete assumerne la dose indicata ed attenervi meticolosamente alla dieta, al riposo ed all’esercizio fisico che vi raccomando. Certo, l’ansia di guarire velocemente è encomiabile, ma per tutto questo c’è una tabella di marcia. La moderazione produce migliori risultati dell’eccesso. Le donne sanno che quando aggiungono acqua ad una pietanza per ridurne l’eccesso di sale, allo stesso tempo devono aggiungere anche altri ingredienti per renderla più saporita. Analogamente, Io devo ridurre l’attaccamento eccessivo che avete verso le cose del mondo, e quando lo faccio devo effettuare la correzione anche attraverso altri metodi. Io vi curerò lentamente e con pazienza; più lentamente lo faccio, più durevole sarà il risultato. Vi rivelerò di certo l’Ātmalingam. Sì, grandi giorni si stanno approssimando; non lasciate che la vostra pigrizia vi ostacoli e vi privi di questa opportunità. Quando ascoltate la Mia storia, dimenticate della storia del mondo e così vivete solo nella Mia, al punto di non avere una storia diversa da raccontare o da vivere. Bene, rendervi ‘senza storia’ è lo schema della Mia storia.
Il Sadā Shiva Lingam indica chi è sempre della natura di Shiva; qui ed ovunque, di notte e di giorno, nella sofferenza e nella gioia, egli è Shiva: felice, fausto, pieno di Grazia. La Beatitudine è il suo respiro, la sua forza motrice, il suo modo d’essere, la sua espressione interiore ed esteriore. Il termine Sadā significa ‘sempre e per sempre’, mentre Shivam vuol dire ‘di buon auspicio’. Non c’è spazio per controversie, rivalità e competizioni intellettuali come quelle su cui insistono gli eruditi facendo un cattivo uso della preziosa carta prodotta dalle cartiere di questo Paese. Insediate il Sadā Shiva Lingam nella coscienza e vedrete che la Grazia del Residente Interiore, passo dopo passo, vi rivelerà ogni cosa.
Prashānti Nilayam, 20.10.1961