Discorsi Divini
27 Febbraio 1961 – Credete in voi stessi
27 Febbraio 1961
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Credete in voi stessi
[1] Ho visto la vostra devozione ed il vostro entusiasmo da quando sono entrato stamani in questa città, e durante la processione ho constatato l’ardore del vostro amore. Anche ora sento che vi potrei rendere felici semplicemente rimanendo seduto qui a darvi il Mio darshan1, poiché posso udire le vostre preghiere silenziose e voi potete percepire il Mio Amore. Questo è sufficiente per donare beatitudine. Voi tutti nascete, crescete, vivete e vi fonderete nella beatitudine. Questa è la verità, anche se la conoscono solo in pochi. Ecco perché ve l’ho rammentato rivolgendomi a voi come ‘Incarnazioni della Beatitudine’. Per quanto abbiate potuto ignorarlo, la beatitudine è il vostro stato naturale. Da tempo immemore Bhārat, l’India, proclama questa verità, i Veda la dichiarano, le Scritture l’analizzano e la Gītā ed altri testi sacri spiegano come poterla sperimentare. Sviluppate fede nell’Ātma e nelle Scritture; sono i due occhi che vi aiuteranno a conseguire la Visione. Non sprecate quest’opportunità protestando per lo spazio a sedere e causando confusione e disturbo a quelli che sono impegnati nell’ascolto. La tragedia è che quando vengono dette delle cose buone, faticate a prestare attenzione, ma quando sono menzionate cose degradanti e che vi sviano, le orecchie stanno all’erta. Bene, ora ascoltate quietamente e mantenete questa calma.
[2] L’uomo deve essere padrone del suo comportamento, non farsi trascinare dall’impulso del momento; deve essere sempre consapevole di cosa è bene per lui. Deve espletare le sue mansioni quotidiane in modo da non arrecare sofferenza agli altri né a sé stesso. Questo è il segno di un modo di vivere intelligente. Non dovete cedere ad attacchi di rabbia, di dolore, di euforia o di disperazione. La confusione che avete esibito ora è il risultato di qualità tamasiche e rajasiche2. Siate invece calmi, sattvici, cioè tranquilli e padroni di voi stessi. Più svilupperete carità verso tutti gli esseri, pentimento per i vostri errori, timore del peccato e timore di Dio, più saldamente vi radicherete nella Pace. Il nome ‘Bhārat’ deriva da due parole: Bhagavān (Dio) e Rati (attaccamento), ossia ‘attaccamento a Dio’. Ecco perché l’India ha il ruolo di guida dell’umanità. Essa è altresì conosciuta come ‘cuore’ dell’umanità ed è riverita come tale dai ricercatori spirituali. Ma come può nutrire gli altri chi soffre la fame? È vostro dovere seminare, coltivare, raccogliere ed alimentare il prossimo con l’immenso nutrimento spirituale contenuto nei Veda e nelle Scritture.
[3] In campo spirituale, per quanto riguarda la pace mentale e la gioia interiore, la responsabilità del successo o del fallimento dipende interamente da voi, quindi non avete nessun diritto di imputarla ad altri. Un fuoco si estingue se viene a mancare il combustibile, dunque, smettetela di alimentarlo. Non gettate benzina sul fuoco dei sensi; distaccate la mente dalle cose temporanee ed attaccatela a ciò che è eterno. L’energia negativa e quella positiva insieme generano la luce. Piantate nella mente il germoglio della devozione, in particolare l’esercizio preliminare del ricordo del Nome di Dio. Questo germoglio diventerà un albero i cui rami saranno le virtù, il servizio, il sacrificio, l’amore, l’equanimità, la forza d’animo ed il coraggio. Quando mangiate, non siete consapevoli di come quel cibo si trasformi in energia, intelligenza, emozioni e salute. In modo analogo, ingerite questo cibo per lo spirito, la ripetizione costante del Nome di Dio, ed osservate come si trasformerà in virtù ed in altre attitudini positive senza che ve ne rendiate nemmeno conto.
[4] Rāvana scoprì che Rāma (Dio) e Kāma (desiderio) non possono coesistere nella mente. Sviluppate la stabilità nella ripetizione del Nome di Dio e fede nel suo valore; a quel punto, anche se il mondo intero vi dicesse: “Fai del male!” voi vi rifiutereste di ubbidire, anzi, tutto di voi si rivolterebbe. Se poi il mondo intero vi domandasse di desistere dal fare il bene, voi insistereste nel farlo. Dovete coltivare quattro tipi di forza: quella del corpo, quella dell’intelletto, quella della saggezza e quella del comportamento; allora diverrete incrollabili e sarete sul sentiero della vittoria spirituale. Una volta venne da Me un uomo polemizzando che Dio non esiste e che egli non era disposto a credere che ce ne fosse uno. Io gli domandai: “Credi almeno in te stesso? Chi è il tuo sé? Il tuo sé è Dio, e tu hai fiducia nelle tue valutazioni, nella tua intelligenza, nelle tue capacità perché il Dio interiore ti dice che non devi esitare o temere. Quell’assicurazione emerge dal profondo, dalla tua verità di base che è altresì chiamata Dio. Non importa se tu non la chiami Dio; è sufficiente che tu creda in te stesso. Questo è l’autentico esame del teismo” – gli dissi. Anche a voi dico la stessa cosa. Il corpo è il tempio di Dio, ed in ogni corpo Egli risiede, sia che il proprietario del corpo lo riconosca o no. È Dio che v’ispira a compiere buone azioni e vi mette in guardia contro il male. Ascoltate quella Voce, seguitela e vedrete che non incorrerete in alcun pericolo. Una signora si lamentava perché aveva perso la collana o forse le era stata rubata; la cercò ovunque e divenne molto triste. Poi, passando per caso davanti ad uno specchio, si accorse di portare la collana perduta al collo. Era sempre stata lì. Parimenti, Dio è in ogni uomo come Residente Interiore, ci crediate o no.
[5] L’amore è di tre tipi: egocentrico, che come una lampadina può illuminare solo una piccola stanza; reciproco, che è paragonabile alla luce lunare che s’irradia ovunque ma non è abbastanza forte; altruistico, che come il sole penetra ovunque ed è pienamente luminoso. Coltivate il terzo tipo d’amore; quello vi salverà, poiché tutto il servizio che rendete agli altri è, in realtà, un servizio che fate a voi stessi. Non sono gli altri ad essere aiutati: siete voi stessi a ricevere l’aiuto, ricordatelo.
Mi avrete sentito parlare del Nāmasmarana3 e dei suoi frutti, di come lentamente muta il carattere, modifica il comportamento, vi fa maturare e vi conduce in prossimità dell’obiettivo. Bene, per praticarlo ci sono due modi: il primo è con un rosario, sgranandolo con la stessa precisione, cura ed attenzione che dedicate ad ogni altra azione della routine giornaliera; il secondo, ed è come dovrebbe essere praticato in realtà, consta nel ripetere il Nome non curandosi del numero di volte prefissato, soffermandosi profondamente sulla Forma che rappresenta e sugli attributi divini che lo connotano, assaporandolo, traendone piacere, godendo delle associazioni e dei contesti ad Esso connessi, gustando la Sua dolcezza, perdendosi nella Sua musica. Di sicuro, il desiderio ardente di gustare il Nome sorgerà in voi solo quando sarete tormentati dai morsi della fame. Se soffrite di costipazione a causa di un’eccessiva indulgenza verso le cose del mondo, non potrete certo gustare il Nome e la Forma. La mente è quella che combina i guai: salta da un dubbio all’altro e crea ostacoli lungo il cammino; intesse una ragnatela per poi restarne intrappolata. È sempre scontenta, rincorre cento cose e fugge da altrettante. La mente è come un autista che, nonostante guidi un’automobile col proprietario a bordo, la dirige ovunque i suoi capricci lo trascinino. Intraprendete, dunque, il compito di addestrarla e renderla un servitore ubbidiente; si può educarla, basta sapere come fare. Presentatele cose più gustose e vedrete che desidererà solo queste ultime. Una volta che avrà realizzato il valore del Nāmasmarana, s’atterrà a quel metodo per conseguire pace e gioia. Incominciate quindi adesso. Questo è il Mio ordine per voi oggi.
Udumalpet, 27.02.1961
da DISCORSI 1961 1962 (Sathya Sai Speaks-Vol.II) ed.Mother Sai Publications