09 Aprile 2005 – Amore e Unità, le proprietà vere ed eterne

09 Aprile 2005

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Amore e Unità, le proprietà vere ed eterne

Celebrazioni di Ugâdi

Negli stati dell’Andhra Pradesh, del Karnâtaka e del Mahârâshtra, il giorno di Chaitra Shuddha Padyami è celebrato, secondo il calendario lunare indù, come capodanno. Chiamato Ugâdi o Yugâdi nell’Andhra Pradesh e nel Karnâtaka, viene invece denominato Gudi Padva nel Mahârâshtra. La parola Ugâdi deriva dal termine sanscrito Yugâdi , che significa “inizio di un nuovo Yuga o era”. La leggenda narra che questo sia stato il giorno in cui il Signore Krishna lasciò il Corpo, segnando la fine del Dvâpara Yuga e l’inizio del Kali Yuga . Si crede anche che, in questo giorno, Brahmâ abbia creato l’universo. Il nuovo anno porta il nome di Pârthiva e, secondo il sistema del calendario indù, è il diciannovesimo nel ciclo di sessanta anni. Nelle famiglie dell’Andhra Pradesh e del Karnâtaka, il nuovo anno viene accolto con allegro fervore: festoni di foglie di mango adornano gli ingressi quale simbolo di buon auspicio e rangoli ( decorazioni del pavimento e del terreno fatte con fiori e/o polveri colorate e tinte a guisa di mosaici – N.d.T. ) multicolori costellano gli altari e i portici delle case. In questo giorno è tradizione condividere l’ Ugâdi pacchadi , una miscela di sei ingredienti, cioè zucchero di canna, mango acerbo, peperoncino, sale, succo di tamarindo e nîm , che rappresentano i sei sapori, cioè dolce, agro, piccante, salato, aromatico e amaro; è un modo simbolico per ricordare che dobbiamo accettare con equanimità e forza d’animo ciò che la vita ci offre, piacevole, o spiacevole che sia. Un’altra tradizione associata a Ugâdi è il pañchanga shravanam , l’ascolto della lettura dell’almanacco che ci dice che cosa hanno in serbo per noi nell’anno a venire le posizioni degli astri. Dopo che Baba ha concesso il Suo darshan nel Sai Kulwant hall, le celebrazioni di Ugâdi a Prashânti Nilayam sono cominciate con un discorso di S.V.Giri, precedente vicerettore dello Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning, il quale ha esordito esprimendo la speranza che l’anno Pârthiva appena iniziato, che è l’ottantesimo del Suo Avvento, sia anche l’anno di Parthivâsa (l’Abitante di Parthi), il nostro amato Bhagavân. Egli ha descritto Baba come il Sadguru e, citando i versi del mantra Shikshâvalli della Taittirîya Upanishad , ha descritto le qualità ideali che i seguaci di Bhagavân devono possedere. Il mantra Shikshâvalli è infatti l’istruzione finale del guru al discepolo che si prepara ad andare nel mondo dopo aver completato i suoi studi. Il guru raccomanda al discepolo di aderire sempre alla Verità e seguire la via della Rettitudine; quest’ultimo è anche esortato ad acquisire la più alta conoscenza attraverso lo sforzo personale e a propagarla. I versi descrivono inoltre il modo in cui fare gli atti di carità. Dopo il discorso di shrî Giri, alcuni membri della Shrî Sathya Sai Organization di Hyderabad, la capitale dell’Andhra Pradesh, hanno presentato un programma comprendente il tradizionale pañchanga shravanam e una miscellanea di canti melodiosi ed esaltanti in lode di Sai Baba. Il programma mattutino si è concluso con l’offerta dell’ ârati. Il programma pomeridiano è cominciato con un discorso illuminante di shrî Sanjay Sahani, preside della città universitaria dello Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning di Brindavan, sul carattere sacro del tempo. Egli ha cominciato osservando che Dio è adorato come il Signore del tempo e come Colui che lo trascende. Quindi il tempo che ci è assegnato, in questo campo d’azione chiamato terra, deve essere usato al meglio e il modo per far questo è seguire il comandamento vedico Paropakârârtam idam sharîram , cioè “il corpo ci è stato dato per servire gli altri”. Egli ha raccontato una breve parabola per illustrare l’atteggiamento con cui tale servizio deve essere fatto. Una volta un maestro spirituale trovò un vitello intrappolato in un fossato pieno di acqua fangosa. I monelli del villaggio si divertivano allo spettacolo del vitello che tentava di uscire dalla melma. Impietosito dall’animale sofferente, il maestro entrò nel fossato per salvarlo, al che i monelli si arrabbiarono con lui per aver rovinato il loro divertimento e lo affrontarono irati. Egli spiegò loro che non aveva salvato il vitello per attenuarne la sofferenza, ma per alleviare il dolore che egli stesso provava per la situazione dell’animale. Similmente, noi dobbiamo comprendere che, quando serviamo gli altri, stiamo in effetti servendo noi stessi, perché siamo veramente una cosa sola con tutta la creazione. Egli ha concluso il suo intervento affermando che, quando il servizio viene svolto con un simile atteggiamento, possiamo ritenere di aver veramente santificato il nostro tempo.
Baba ha quindi pronunciato il Suo Discorso.
A seguire, alcuni membri della Shrî Sathya Sai Sevâ Organization di Visakhapatanam, uomini e donne, hanno presentato un programma musicale al termine del quale è stato distribuito il prasâdam ai devoti e Baba, dopo aver accettato l’ ârati , si è ritirato nella Sua residenza nel Pûrnachandra.
Jai Sai Ram!

“La creazione scaturisce dalla Verità e si fonde nella Verità.
C’è un luogo nel cosmo in cui la Verità non esista?
Riflettete, su questa Verità pura e incontaminata, con stupore e gioia.”

“Il corpo è costituito dai cinque elementi ed è destinato a perire prima o poi,
ma l’Abitante non ha né nascita né morte.
L’Abitante non ha attaccamento alcuno ed è il Testimone Eterno.
L’Abitante, nella forma dell’Âtma, è in verità Dio Stesso.”

I canti melodiosi e i bhajan dei devoti venuti da Hyderabad sono stati stamane una gioia per le orecchie e una festa per il cuore. L’Amore divino è la cosa più preziosa del mondo; per quanto le sue virtù vengano esaltate, non è possibile descrivere la sua grandezza in quanto nessun essere vivente di questo mondo può essere privato dell’influenza dell’amore. Il Santo Tyâgarâja cantò:

“Dalla formica a Brahman, in Shiva o in Keshava,
Tu dimori nella pura e incontaminata forma dell’Amore, o Râma.
Ti prego, sii anche il mio protettore.”

Qual è la forma di una formica e qual è la forma di Brahman? Brahman è infinito, mentre la formica è una piccola creatura. Dal punto di vista fisico non può esservi paragone tra la forma di una formica e la forma di Brahman, ma, dal punto di vista spirituale, la Divinità è immanente in entrambi.

La costanza della formica

Una volta un orso affamato si avvicinò a un formicaio e implorò una formica dicendo: “Non riesco a sopportare i morsi della fame: per favore, dammi del cibo.” La formica non poté controllare una risata e disse: “Come può una creatura piccola come me fornire da sola del cibo a te? Io non ho cibo sufficiente per soddisfare la tua fame; aspetta, vediamo che cosa si può fare.” Seguendo la loro natura, le formiche immagazzinano cibo per sei mesi nel loro formicaio. Essa andò dentro e, con l’aiuto delle sue compagne, portò fuori parte del cibo che era stato riposto. L’orso pensò: “Come può una creatura piccola come una formica mettere da parte tutto questo cibo?”
Se si ha il desiderio e si compie lo sforzo necessario, si può accumulare qualsiasi cosa indipendentemente dal fatto di essere grandi o piccoli. È detto:

Jantunâm nara janma durlabham
“Tra tutti gli esseri viventi, la nascita umana è la più rara.”

Le formiche, pur di forma minuscola, sono capaci di procurarsi il cibo, dividerlo con gli amici e anche immagazzinarne per il futuro, ma l’uomo moderno, nonostante sia dotato di intelligenza, è spesso incapace di procurarsi il cibo anche per un solo giorno. Non è, questo, motivo di vergogna? In questo mondo, non c’è essere di intelligenza superiore a quella umana, ma gli uomini sono incapaci di fare giusto uso della loro intelligenza; essi si comportano in modo indegno a causa del loro egoismo e del loro interesse personale. Gli esseri umani non mancano di niente nella vita; tutto è a loro disposizione. Non hanno la discriminazione necessaria a usare convenientemente le risorse disponibili. Non sono capaci di abbandonare le loro qualità meschine e salire a un livello più elevato. C’è una lezione da imparare persino dalle formiche: quando una formica morde la gamba di qualcuno, questi sente il bruciore e immediatamente cerca di ucciderla, ma non fa nessuno sforzo per uccidere le qualità malvagie che ha dentro di sé, che rendono miserevole la sua vita.

A nulla serve la cultura se non c’è l’Amore

Incarnazioni dell’Amore!
In questo vasto mondo, dovunque cerchiate, non potete trovare una forza motrice più potente e più preziosa dell’amore. L’egoismo e l’interesse personale, profondamente radicati, stanno pervertendo l’intelligenza dell’uomo e lo stanno facendo deviare. Quando abbandonate l’egoismo, in voi sboccia l’umanità e i vostri poteri latenti si manifestano; la vostra potenza intellettiva si amplifica.

Incarnazioni dell’Amore!
Al giorno d’oggi, gli studenti leggono una grande varietà di libri, ma studiare pustaka (un testo) serve a poco se mastaka (la testa) è piena di sciocchezze. Gli studenti si riempiono la testa di informazioni inutili sprecando, nel processo, le loro energie. Non serve a niente leggere e rileggere molti libri di testo: essi non possono salvarvi dal ciclo di nascita e morte. Dovreste acquisire quella conoscenza che vi farà immortali. Al giorno d’oggi, gli studenti sono divenuti competenti nella conoscenza teorica; essi hanno l’intelligenza per rispondere a ogni domanda sul testo, ma non fanno lo sforzo di tradurre la loro conoscenza libresca in conoscenza pratica.

Si può acquisire una qualificazione accademica elevata come un M.A. o B.A.
e occupare una posizione prestigiosa,
si può accumulare ricchezza, compiere atti di carità e conquistarsi nome e fama,
si può avere forza fisica e godere di una vita lunga e sana,
si può essere grandi studiosi meditando e predicando i Veda,
ma nessuno può eguagliare un vero devoto di Dio.

La conoscenza che si acquisisce dovrebbe esser utilizzata a beneficio della società. Dovremmo adoperare la nostra ricchezza e conoscenza non per scopi egoistici, ma per il benessere degli altri. Dio non vi ha dato il corpo umano solo per mangiare, dormire e godere dei piaceri mondani.

Paropakârântam idam sharîram
Il corpo umano è dato per fare del bene agli altri.

Il corpo vi è dato affinché facciate buon uso della vostra intelligenza e del potere di discriminazione manifestando i vostri innati valori umani. A che servono la vostra educazione e intelligenza se la società non ne beneficia?

Mânava, ovvero “chi si comporta senza ignoranza”

L’uomo sta facendo nuove scoperte e invenzioni, ma sino a oggi non ha compreso veramente lo scopo della nascita umana. Qual è il significato della parola mânava (essere umano)? “Ma” significa ajñâna (ignoranza), “na” significa “senza”, “va” significa vartincuta vrittih yasya sah , o comportarsi), per cui mânava è uno che si comporta senza ignoranza. Al giorno d’oggi, però, è difficile trovare qualcuno che conduca una vita di saggezza in accordo con il nome mânava. Nonostante sia dotato di un alto grado di intelligenza, l’uomo sta sprecando la sua vita nel perseguire cose inutili. Prima di intraprendere qualunque compito, egli dovrebbe indagare se esso sia consono all’appellativo di “essere umano”. Egli dovrebbe accettare ogni cosa come Volere di Dio. Dio ha benedetto l’uomo con l’intelligenza, la conoscenza e l’abbondanza in modo che lavori per il benessere degli altri, ma egli sta agendo in modo opposto al Volere divino, rovinando così se stesso. Gli animali come i tori e i bufali rendono dei servizi all’uomo in molti modi, ma l’uomo manca dello spirito di servizio che perfino gli animali possiedono. Senza comprendere lo scopo della nascita umana, l’uomo sta sviluppando qualità demoniache e conducendo una vita miserevole. Vyashti (l’individuo) significa umanità e samashti (la società) rappresenta la Divinità, per cui si può raggiungere la Divinità solo servendo la società.

Essere “umani” anche nella pratica

Incarnazioni dell’Amore!
Potete essere altamente educati e intelligenti, eppure c’è moltissimo che potete imparare dalle formiche, dagli uccelli e dagli animali; queste lezioni di vita non possono essere insegnate in aula. Neanche gli insegnanti stanno facendo lo sforzo di comprendere il principio della Divinità interiore. L’educazione non è fatta solo per guadagnarsi da vivere. Dovete dividere la vostra conoscenza con gli altri, dare gioia a tutti elevandovi in tal modo al livello del Divino. Samatva (l’Equanimità) è il marchio del vero essere umano . Mânavatva (l’Umanità) senza Samatva non può raggiungere Divyatva (la Divinità). Perciò, innanzitutto, sviluppate Samatva . Il Potere divino è latente in ogni essere umano, ma l’uomo sta diventando debole in quanto è incapace di comprendere tale Potere latente in lui. Al fine di manifestare il Potere divino si dovrebbero coltivare sentimenti sacri. Mânavatva (l’Umanità, la Natura divina) non è apparsa nel recente passato: esiste da ere. L’essere umano nasce dal grembo della madre, ma l’umanità origina dalla Divinità ed è presente in tutti i tempi. C’è Divinità in ogni essere umano. Essendo incapace di riconoscere la sua innata Divinità, l’uomo sta dimenticando la sua stessa autentica Natura umana. A che cosa serve essere umani solo nella forma ma non nella pratica? La nascita umana troverà compimento solo quando praticheremo le qualità umane. Tutti i testi sacri, come le Upanishad e le Shâstra , esistono per indicare all’umanità la via della redenzione; l’uomo dovrebbe manifestare la sua Divinità latente seguendo i loro insegnamenti. I testi sacri porteranno alla luce dall’interno i tesori nascosti della Divinità. Questo è il motivo per cui Bhagavân ha introdotto il programma “Educare” nelle Istituzioni educative. L’istruzione è relativa alla conoscenza profana; la si può acquisire studiando i libri, mentre “Educare” vuol rendere palese la Divinità latente nell’uomo. L’istruzione porta benefìci temporanei, mentre “Educare” conferisce felicità eterna. Non si può diventare grandi attraverso la mera acquisizione di un’istruzione; bisogna praticare “Educare” e manifestare i valori latenti.

La necessità del momento

Incarnazioni dell’Amore!
“Educare” è la necessità del momento; solo per suo tramite voi potete realizzare la Divinità che è presente in ogni atomo e in ogni cellula del vostro corpo. Infatti, voi vedete la Divinità in ogni momento, ma siete incapaci di riconoscere questa verità. Potete definirvi educati solo quando riconoscete la Divinità che è onnipervadente. La cultura profana è relativa all’istruzione che può essere acquisita dall’esterno; essa è semplice conoscenza libresca, mentre “Educare” non può essere ottenuto dai libri. Non deriva alcun beneficio dall’acquisire informazioni sui libri; ciò che serve è la trasformazione ed essa è possibile solo attraverso “Educare”. L’acquisizione di informazione che non può portare alla trasformazione è una mera perdita di tempo, ma l’uomo ha sviluppato il gusto per questa informazione che non è altro che uno spreco. L’intelligenza, la conoscenza e il potere dell’uomo sono tutti doni di Dio; essi debbono essere alimentati e usati adeguatamente attraverso “Educare”.

Un significato da approfondire

In verità, Dio ha dotato l’uomo di un potenziale immenso: l’Amore. Esso è al di là di ogni descrizione e misura. Non c’è potere più grande di questo, ma l’uomo abbandona tale potere senza comprenderne il valore; egli è vittima dell’errata nozione che amore significhi relazione fisica e mondana. Il vero Amore consiste nell’unificazione di due cuori. La gente pronuncia questa parola di continuo senza conoscerne effettivamente il significato. L’Amore non ferisce nessuno e aiuta sempre. Consideratelo pertanto come la vostra vera ricchezza. In questo mondo non c’è proprietà più grande dell’Amore. Voi state facendo cattivo uso del dono dell’Amore che Dio vi ha dato, indirizzandolo verso faccende mondane e piaceri sensuali. Vostro dovere primario è fare un uso appropriato dell’Amore seguendo il detto “aiuta sempre, non ferire mai”. Non c’è Dharma più grande di questo.

Incarnazioni dell’Amore!

L’Amore è la vostra sola ed eterna proprietà, ma voi lo state indirizzando verso attività meschine e mondane. Esso dovrebbe esser custodito come un tesoro nel vostro cuore e utilizzato per scopi sacri. Lo potete dividere con quanta gente volete: esso non diminuirà mai. Voi siete incapaci di comprendere e sperimentare l’Amore nel suo vero spirito; esso è il soffio vitale di ogni essere. Al fine di comprenderlo, dovete tuffarvi in profondità nell’oceano dell’Amore. Non lo si può comprendere a un livello superficiale: dovete immergervi completamente in esso. L’amore mondano è tale che voi potete appena assaporarlo e abbandonarlo, ma, una volta che sperimentate l’Amore divino, non lo lascerete mai più. L’Amore è Dio, Dio è Amore. Quindi non potete separare l’Amore da Dio. Vivete nell’Amore: questa è la sola via per comprendere l’Amore e sperimentare Dio.

Incarnazioni dell’Amore!
Tenere conferenze sull’Amore può essere facile, ma comprenderlo è difficile. Fate ogni sforzo per sperimentarlo. Se comprendete la natura del vostro Amore comprenderete quello degli altri. Esso è in voi, con voi e intorno a voi. Una volta che lo avrete compreso, diventerete l’incarnazione vera e propria dell’Amore.

Studenti!
Più comprendete il principio dell’Amore più divenite nobili. Una volta che lo avrete compreso e messo in pratica, anche gli altri cercheranno di emularvi.

La “buona amica” … trascurata

Nel poema epico Râmâyana , non solo i quattro fratelli Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna, ma anche le loro mogli giocano ruoli importanti. Esse mostrano al mondo grandi ideali. La gente esalta solo Râma e ignora la condotta esemplare degli altri. In effetti, ognuno di essi era grande come Râma Stesso. Avrete forse sentito parlare di Sumitrâ, la madre di Lakshmana e Shatrughna. La gente non attribuisce molta importanza al suo ruolo nel Râmâyana e, in effetti, il suo nome non assume risalto nell’epica. Ella era un modello di virtù; il suo nome stesso, Su-mitrâ, significa che era una “buona amica” di tutti. Divise la sua felicità con tutti. Kaushalyâ e Kaikeyî ebbero un figlio ognuna, mentre Sumitrâ ne ebbe due. Se cerchiamo il perché, possiamo comprendere il mistero che si cela dietro a ciò. Quando Dasharatha officiò il Putrakâmeshti Yâga, lo Yajña Purusha apparve e porse il vassoio del dolce sacro a Vashishta, il quale lo dette a Dasharatha; questi, a sua volta, lo distribuì equamente tra le sue tre mogli. Kaushalyâ e Kaikeyî portarono il dolce nelle loro rispettive stanze della pûjâ . Ognuna di esse era felice al pensiero che il proprio figlio sarebbe stato il legittimo erede al trono di Ayodhyâ, ma Sumitrâ non aveva pensieri simili: ella portò la sua tazza di dolce sulla terrazza e la posò sul parapetto mentre si asciugava i capelli al sole. Improvvisamente un’aquila piombò giù e portò via la tazza. Ella, allora, scese immediatamente e informò dell’accaduto Kaushalyâ e Kaikeyî, le quali le andarono in aiuto dividendo con lei il sacro dolce. Ambedue dettero metà della loro parte a Sumitrâ. A tempo debito, Kaushalyâ dette alla luce Râma, Kaikeyî ebbe Bharata e Sumitrâ partorì Lakshmana e Shatrughna. I figli delle prime due giocavano felicemente nelle loro culle, mentre i figli di Sumitrâ piangevano continuamente, giorno e notte, senza neanche prendere cibo. La madre andò dal Saggio Vashishta e gli sottopose questa difficile situazione; il saggio chiuse gli occhi e la sua visione yogica gli permise di conoscere la verità. Egli disse a Sumitrâ: “Avendo tu preso un po’ del dolce sacro di Kaushalyâ, hai dato vita a Lakshmana che è amsha (parte) di Râma e, similmente, Shatrughna è nato dalla parte di dolce che Kaikeyî ti ha dato, per cui egli è una parte di Bharata. Poni Lakshmana a lato di Râma e Shatrughna a fianco di Bharata ed essi riposeranno pacificamente.” Sumitrâ fece come Vashishta aveva detto e i bambini si calmarono e smisero di piangere. Ella ne fu molto felice e disse alle altre due: “Lakshmana e Shatrughna sono vostri doni; i miei figli serviranno i vostri figli. Lakshmana servirà Râma e Shatrughna servirà Bharata. Per mia grande fortuna i miei figli serviranno i loro fratelli.” Questa fu la base dell’intima relazione tra Râma e Lakshmana, tra Bharata e Shatrughna. Sumitrâ provava una gioia ineffabile perché i suoi due figli, Lakshmana e Shatrughna, erano sempre in compagnia di Râma e Bharata. Non si avvilì mai per la separazione dai suoi figli. Nessuno sa perché certe cose accadono e per quale scopo.

Parte della stessa sostanza

Mentre i quattro figli del re Dasharatha crescevano, Lakshmana accompagnava sempre Râma, e Shatrughna era solito accompagnare Bharata. Lakshmana e Shatrughna erano dei poderosi guerrieri; senza di essi non ci sarebbe alcun Râmâyana! Lakshmana nacque per servire Râma e Shatrughna per servire Bharata. Lakshmana era l’incarnazione dell’Amore; in modo simile, Shatrughna serviva Bharata con tutto il potere al suo comando. Quindi, i quattro fratelli erano inseparabili. Non è dunque corretto dire che Râma era di Kaushalyâ, Bharata di Kaikeyî e Lakshmana e Shatrughna di Sumitrâ. Nonostante le loro madri fossero differenti, essi si muovevano sempre insieme. I quattro fratelli erano parte della stessa sostanza e aspetti della stessa Divinità. Similmente, le loro madri si muovevano sempre insieme. Tra di esse non c’era discordia. L’unità tra i quattro fratelli è, in effetti, il compendio e la sostanza della storia del Râmâyana , di cui nessuno può descrivere appieno la magnificenza. Ognuno ha tentato di descrivere la grandezza del Râmâyana nel suo stile personale, con il risultato che oggi sono disponibili molti lavori letterari su di esso. La natura umana non si limita alla mera forma: essa consiste di corpo, mente, intelletto, sensi e soprattutto di cuore, la sede dell’Amore. Il Râmâyana è una grande storia di intensa interazione tra questi cinque aspetti della natura umana; per quanto uno possa sforzarsi, a nessuno è possibile descrivere pienamente il gioco reciproco, nel poema, di questi fattori. Una volta, mentre Kaushalyâ era impegnata in un lavoro, Bharata le corse in grembo e cominciò a piangere. Ella non riusciva a comprendere la ragione del dolore del bimbo, cercò di consolarlo e gli chiese che cosa lo avesse fatto piangere. Bharata rispose che (lui e i fratelli) stavano giocando a palla e ogni volta Râma perdeva intenzionalmente per assicurare la vittoria agli altri fratelli. Dunque, l’unità, l’amore e l’affetto tra loro erano tali che ognuno cercava sempre di soddisfare gli altri. Essi provavano gioia suprema in compagnia l’uno dell’altro. Fu solo Lakshmana a poter comprendere pienamente la natura di Râma e solo Shatrughna fu capace di comprendere appieno la natura di Bharata.

Un grande legame d’amore

Anche la natura delle donne del Râmâyana fu esemplare. Quando Râma stava andando nella foresta per soddisfare i desideri e i comandi di Suo padre, il re Dasharatha, Sumitrâ chiese a Lakshmana di accompagnarLo. Immediatamente, Lakshmana Lo seguì, sperimentando grande gioia nell’accompagnare Râma, il fratello maggiore, nella foresta. Similmente, anche Shatrughna provò gioia immensa in compagnia di Bharata e lo scortò ovunque andasse. Che cosa implica il nome di Shatrughna? Significa “colui che distrugge i nemici”. Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna erano fratelli ideali. Non è sufficiente glorificare semplicemente i loro ideali: dobbiamo cercare anche di sperimentare quel grande legame d’amore nella nostra vita di tutti i giorni e dividerlo con gli altri. La grande epica Râmâyana non è una semplice storia: essa spiega ed espone anche l’ Âtma Tattva (il Principio dell’ Âtma ; la vera Natura del Sé). Si deve sperimentare quell’ Âtma Tattva con reazione, riflesso e risonanza. Il Râmâyana Tattva (il Principio del Râmâyana ) va giustamente compreso e tradotto nella nostra vita quotidiana.

Incarnazioni dell’Amore!
Il Râmâyana non può esser paragonato ad altri testi puranici. Esso non è semplicemente un grande lavoro poetico, ma un grande saggio sulle relazioni umane tra genitori e figli, tra fratelli, tra marito e moglie e tra re e sudditi. È solo quando saremo capaci di comprendere il significato del Râmâyana in questo più ampio contesto che il Paese prospererà con amore e affetto tra i cittadini. Tra pochi anni, anzi molto presto, tutto il mondo comprenderà la grandezza del Râmâyana e cercherà di emulare gli ideali da esso proposti. Oggi troviamo nel mondo una grande varietà di nazioni, religioni e caste. No, no; la situazione cambierà certamente. Tra breve il mondo comprenderà la verità:

C’è una sola religione: la Religione dell’Amore.
C’è una sola casta: la Casta dell’Umanità.
C’è un solo Dio: Egli è Onnipresente.

Una grande epica che invita all’Unità

La più grande verità propugnata dal Râmâyana è l’unità dell’umanità. Quando c’è una simile unità c’è amore reciproco tra la gente e, quando un tale reciproco amore si sviluppa tra genti diverse, tutto il mondo può sperimentare grande gioia e felicità. Quindi, è solo il Râmâyana che può procurare grande gioia all’intera umanità. Fate dunque che ogni individuo canti il divino Nome “Râma! Râma! Râma!”
Ûrmilâ, la moglie di Lakshmana, era una buona pittrice. Essa (un giorno) stava dipingendo un quadro da presentare a Shrî Râma in occasione della Sua incoronazione. Proprio in quel momento, Lakshmana entrò nella stanza ed ella volle alzarsi per guardare chi fosse il visitatore, ma, nella confusione, i colori si sparsero sopra al quadro da ultimare. Ella ne fu molto rattristata. “Perché questo quadro si è rovinato quando in effetti io volevo ritrarre la bellezza e la maestà di Shrî Râma in occasione della Sua incoronazione per mostrarle a tutto il mondo?” pensò. Ûrmilâ aveva un cuore molto compassionevole e nutriva sempre nobili pensieri. Ella non si rattristò neppure per un momento quando suo marito Lakshmana andò nella foresta con Râma; durante il Suo esilio, ella era sempre in contemplazione su di Lui. Non solo lei, ma anche le mogli di Bharata e Shatrughna, Mândavi e Shrutakîrti, erano impegnate nella costante contemplazione di Shrî Râma e pregavano per il Suo ritorno ad Ayodhyâ. Quindi, essendo in costante contemplazione di Râma, la loro forza aumentava giorno per giorno. Se analizzate il significato recondito di ogni avvenimento del Râmâyana , (troverete che) tutti puntano a un solo principio, il principio di unità: unità tra i fratelli, unità tra le loro mogli ecc. Persino in tempo di calamità, come quando Lakshmana cadde svenuto durante la guerra con i râkshasa (i demoni) a Lankâ, Râma non si scoraggiò e neppure Sumitrâ, madre di Lakshmana. Ella fu sempre sicura che nessun pericolo avrebbe mai minacciato il figlio dato che egli era al servizio del Signore Râma. Quindi, durante tutto il periodo dei 14 anni dell’esilio di Râma nella foresta, tutti i fratelli e le loro mogli ebbero sempre in mente e desiderarono soltanto il benessere di Râma; così le loro madri. Tale era la nobiltà dei loro cuori.

Incarnazioni dell’Amore!
Qualunque ampiezza del racconto sulla grandezza e nobiltà dei personaggi del Râmâyana non sarà sufficiente né gli farà giustizia. La storia del Râmâyana non può esser descritta completamente dato che è “la Sua Storia”.

Le storie del Signore Vishnu sono meravigliose;
esse purificano la vita delle genti di tutti e tre i mondi.
Sono come falci che tagliano i viluppi dei legami mondani;
sono come buoni amici che vi aiutano nel momento del bisogno;
sono come rifugi per i saggi e i veggenti che fanno penitenza nella foresta.

È quindi veramente essenziale per ogni essere umano emulare, nella vita di tutti i giorni, gli ideali posti dal Signore Râma.

(Baba ha concluso il Discorso con il bhajan: “Râma Râma Râma Sîtâ…”).
Prashânti Nilayam, 9 Aprile 2005
Sai Kulwant Hall,
festività di Ugâdi
(Tradotto dal testo inglese pubblicato sul sito internet dello Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam)