“Tutti devono affrontare le conseguenze delle proprie azioni (karma).
Chi ha fatto sì che i pipistrelli stiano appesi agli alberi a testa in giù?
Forse qualcuno ce li ha legati, spinto dall’odio?
No, è il loro destino.
Allo stesso modo, nessuno può sfuggire
alle conseguenze del karma.”
Incarnazioni dell’Amore!
Ieri vi ho parlato dell’incoronazione di Parîkshit. A quei tempi, molti lo avevano consigliato e assistito, molti gli erano stati di sostegno per il suo avanzamento. Parîkshit era molto giovane, quasi un ragazzo; non era semplice allevare un ragazzino in modo tale da farne un valido imperatore. Nella stirpe dei Pândava non erano rimasti anziani: Bhîma, Arjuna, Dharmaja, Nakula e Sahadeva si erano tutti messi in cammino per le pendici himalayane. L’unico rappresentante del clan dei Pândava era questo ragazzino, Parîkshit, che era stato educato in modo tradizionale; eccetto lui, non c’era nessuno che potesse salire al trono.
Parîkshit intrappolato
Il ragazzo era comunque intrappolato in una complessa situazione. Egli, tuttavia, seguì il sentiero indicatogli dai tre precettori disponibili. Il giovane Parîkshit scoppiò in lacrime e si lamentò col fratello del nonno e con la nonna (Dharmaja e Draupadî), chiedendo loro se trovassero giusto abbandonarlo con una responsabilità pesante come quella sulle spalle. Dharmaja, gli rispose che non era possibile sfuggire alle conseguenze di quel fatto. Persino Krishna, che rappresentava il loro continuo sostegno, li aveva abbandonati a se stessi. Anch’essi non avevano avuto altra scelta che seguire le Sue orme; dopo tutto, si erano attenuti strettamente ai Suoi consigli e alla Sua guida. Krishna trattava i Pândava come amici intimi, li aveva seguiti come fossero Suoi figli, era stato il loro parente più stretto; in effetti, li aveva sostenuti in ogni modo. Solo Lui era il loro rifugio. Pertanto, essi consigliarono a Parîkshit di affrontare le proprie responsabilità con coraggio e fiducia, dopodiché si ritirarono per qualche tempo per vedere come questi avrebbe elaborato la situazione.
Parîkshit tira fuori il coraggio
Il giovanissimo sovrano rispose coraggiosamente che non avrebbe eluso le proprie responsabilità né avrebbe lasciato tramontare la grandezza della propria stirpe. “Governerò questo regno”, dichiarò. Egli si mostrò pieno di coraggio e fiducia, per cui Dharmaja e Draupadî si sentirono felici e sollevati, rimanendo esterrefatti dal comportamento coraggioso del ragazzino.
Si deve prendere nota di alcuni eventi che si verificavano a quei tempi. Dharmaja era nella sua forma umana e stava preparandosi a procedere verso i regni spirituali e divini. Per andare dal regno terreno a quello divino è necessario molto coraggio. Egli attraversò il piano spirituale e quello mondano e fece una sintesi idonea ad acquisire la capacità di procedere nei reami divini. In effetti, ottenne questa capacità constatando la fiducia in sé del giovane Parîkshit. A quest’ultimo vennero allora in mente gli avvenimenti precedenti: egli era andato da ciascuno dei Pândava e aveva chiesto loro di volersi assumere la responsabilità di governare il regno, ma tutti avevano rifiutato sostenendo che solo Dharmaja era qualificato a farlo e che questo era anche il volere del popolo. Infine avevano designato il giovane Parîkshit come l’unica persona adatta. A queste parole il giovane si era spaventato ed era caduto in lacrime ai piedi del nonno chiedendogli se fosse possibile che una persona così giovane potesse governare un regno tanto vasto. Fu Draupadî a dargli le dovute rassicurazioni. Così ebbe luogo l’incoronazione di Parîkshit come imperatore.
Parîkshit diventa un grande re
Il secondo giorno dopo l’incoronazione egli convocò una riunione dei suoi re vassalli. La gente pensò che il ragazzo fosse spaventato e che questo fosse il motivo di quell’assemblea. Tutti i re vennero chiamati a raccolta e fatti accomodare nella sala di corte e Parîkshit disse loro: “Voi vedete davanti a voi un ragazzo come vostro signore, ma state pur certi che non eluderò i miei doveri, come voi non dovete sottrarvi ai vostri. Noi siamo deputati a vigilare insieme sul benessere di questo impero; pertanto ora voglio conoscere le vostre intenzioni. Conosco alcuni di voi, altri non li riconosco. Fate sì che le vostre decisioni coincidano con le mie per il bene dell’impero, oppure seguite le vostre ambizioni.”
Dopo che ebbe parlato in questo modo, l’assemblea si divise in due fazioni: una che sosteneva Parîkshit e l’altra che intendeva perseguire le proprie ambizioni ritenendo che il giovane re mancasse di determinazione e potesse facilmente non esser considerato. Fra le due fazioni scoppiò allora una guerra. Parîkshit combatté con il nome del nonno Arjuna sulle labbra (Arjuna aveva dodici nomi): Arjuna, il puro; Phalguna, colui che è nato sotto la stella Phalgunî; Pârtha, l’erede della stirpe dei Prithu; Kirîtin, colui che è nato con una corona; Shvetavâhana, colui che cavalca un bianco destriero; Bhîbatsu, colui che è al di sopra dell’emozione del cambiamento; Vijaya, sempre vittorioso; Krishna, lo scuro; Savyasâcin, l’ambidestro; Dhananjaya, il conquistatore di ogni ricchezza. Mentre combatteva, tutti i Pândava erano presenti in forma spirituale; persino Draupadî si trovava là. Pochi sanno che Draupadî fosse una grande guida per diritto di nascita. Sarebbe un errore pensare che Parîkshit, appena incoronato, abbia voluto provocare una guerra. Draupadî fu la sua consigliera, fisicamente finché era bambino e spiritualmente nella seconda parte della sua vita, e lo aveva avvertito che non sarebbe stato saggio da parte sua farsi coinvolgere in situazioni conflittuali subito dopo essere diventato re: prima doveva infondere fiducia nella sua gente. Grazie all’addestramento impartitogli da Draupadî egli ci riuscì piuttosto bene. Tutti i sudditi, vecchi e giovani, si dedicarono a lui e lo venerarono con affetto e deferenza come mahârâja , il re dei re, e diventarono fiduciosi e impavidi. Con un simile re che si occupava dei loro interessi, come potevano avere paura? Parîkshit li assicurò che, nonostante la sua così giovane età, era pienamente favorito dalla grazia di Dio e quindi non esisteva potere in terra che potesse contrastarlo. Dio solo era il suo rifugio. Egli assunse l’amministrazione dell’impero in piena fede sotto la guida di Dio.
Benedetto dalla grazia di Dio
Non abbiate l’impressione che tutto il suo addestramento fosse avvenuto solo dopo la decisione dei Pândava di andare verso l’Himâlaya. Sin dalla fine della grande guerra, era noto che l’unico erede dell’impero era il bambino di Abhimanyu. Draupadî aveva deciso di assumersi il compito di addestrarne il figlio per il suo futuro ruolo e aveva detto a Dharmaja che, sebbene egli fosse depositario di ogni virtù, talvolta mancava di capacità decisionale. Perciò, sin dall’inizio, Parîkshit fu affidato alle cure di Draupadî. Persino prima della sua incoronazione, Draupadî e Dharmaja solevano rivolgersi alla gente di Hastinâpura dicendo loro che Parîkshit sarebbe stato il loro futuro re. “Non lasciatevi ingannare dal suo aspetto giovanile; egli è benedetto dalla grazia di Dio ed è dotato di tutte le virtù regali. Il dovere di chi governa un grande popolo è quello di provvedere ai suoi bisogni come farebbe una madre. Al momento, è un bambino piccolo e ha bisogno del vostro aiuto e della vostra protezione; prendete questo compito come un dovere conferitovi da Dio. A tempo debito, egli sarà re e si occuperà del vostro benessere come un figlio premuroso. I divertimenti e i piaceri non ci riguardano. Considerate tutto come vostro dovere e, quando i tempi saranno maturi, sarete protetti ed egli provvederà alle vostre necessità perché è realmente un dono che Dio ha fatto a tutti noi. Tutto accade in accordo con la Volontà di Dio. La Sua Volontà non può essere ostacolata da nessun’altra forza.”
Il coraggio, vera pratica spirituale e vera forza
Perciò, Draupadî e Dharmaja avevano già preparato la strada all’incoronazione di Parîkshit. A quei tempi, quelle erano le procedure dell’amministrazione politica. Tutte le persone del regno dovevano essere seguite come i bambini di una famiglia unita. Come può esserci spazio per la paura o la preoccupazione quando una tale famiglia, composta da anziani e bambini, è sotto controllo? Parîkshit divenne un grande imperatore. Esistono genitori capaci di tirar su un figlio in questo modo? Anche se siete pronti ad allevare i bambini in modo giusto, essi non vorranno ascoltarvi, ma Parîkshit fu facile all’apprendimento, così come fu un capo coraggioso. Il coraggio è il mezzo che conduce a tutti i risultati di successo. È anche una vera pratica spirituale. È la vera forza. Armato di una tale forza spirituale e divina, Parîkshit divenne un grande e, di conseguenza, tutto l’impero prosperò. Un precettore così materno è cosa molto rara. Egli riunì tutti i suoi ministri e rappresentanti del subcontinente e parlò loro dell’importanza dell’unità. La purezza, infatti, dipende dall’unità e la purezza è la strada verso la Divinità. Con la Divinità tutte le imprese diventano fruttuose. Basta sostenere e mantenere questa purezza sia nell’individuo sia nella comunità. Questo concetto del comportamento individuale e collettivo fu trasmesso ai suoi sudditi e pertanto, nel suo impero, si creò una comunità ideale. Il giovane re avvicinava la gente col sorriso e si scusava persino per gli errori che poteva aver commesso involontariamente. Egli esemplificò in modo eccellente il genere di comunicazione che dovrebbe esistere fra chi governa e chi è governato. Il giovane Parîkshit aveva piena fede in Dio, la cui Benevolenza e Amore assicurarono il benessere suo e dei suoi sudditi. Abbiate, tutti voi, la stessa salda fede in Dio e mantenete la purezza, e certamente avrete successo nella vostra sâdhanâ.
Prashânti Nilayam, 8 Ottobre 2005
Sai Kulwant Hall
Festività di Dasara
(Tratto dal testo inglese pubblicato sul sito internet dello Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam)