“Tutte le forme contengono la pace.
Tutti i nomi possiedono il buon auspicio.
La forma non duale è Essenza, Consapevolezza e Beatitudine,
Verità, Prosperità e Bellezza.”
Incarnazioni dell’Amore!
Nessuno può riconoscere il potere e le capacità di Dio. A causa di questa mancanza di conoscenza, la critica nei Suoi confronti aumenta. Si può elogiare o criticare, tuttavia il potere di Dio è il potere di Dio, che non diminuirà con la critica né aumenterà con la lode. Aumentare o diminuire è solo una caratteristica del mondo fisico. Aumento e diminuzione non appartengono a Dio. Colui che lotta per il nome e la gloria, non può affatto prender parte alla Divinità.
Sono molte le migliaia di studenti che vengono educati (nei nostri Istituti) e che ritornano a casa senza aver mai speso nemmeno un centesimo. Tuttavia da noi non viene fatta la benché minima pubblicità. Io sono felice pensando che la loro beatitudine è la Mia beatitudine. Ieri abbiamo visto quante esperienze siano state mostrate al mondo dal Râmâyana.
Bharata prese i pâduka (sandali) di Râma e non ritornò ad Ayodhyâ. Egli costruì una struttura simile a un piccolo âshram e vi trascorse la vita (mentre Râma era in esilio nella foresta, ove sarebbe rimasto per 14 anni – N.d.T.). Bharata trascorse il tempo servendo i Piedi di Râma, mentre sua moglie Mândavi contemplava e cantava il Nome di Râma, rendendo così servizio al marito e rimanendo con lui. Intanto Râma e Sîtâ vagavano per la foresta, mentre Lakshmana li serviva, trascorrendo così i suoi giorni in beatitudine.
Shatrughna. Che dire riguardo a Shatrughna? Nessuno ne parla. Tuttavia c’è molto da indagare per chi ha l’intelligenza e per chi ha la capacità di farlo. Gli intellettuali stanno crescendo a migliaia; coloro che hanno il potere d’indagine stanno aumentando a migliaia. Tuttavia non stanno assolutamente sforzandosi di investigare riguardo all’influenza della spiritualità.
Sumantra era il ministro di Dasharatha e lo serviva da lungo tempo. Riguardo alle questioni del regno, Sumantra amministrava solo come diceva Dasharatha. Ma Râma, che, dopo la morte di Dasharatha, sarebbe stato l’erede al trono, era nella foresta, mentre Bharata, che era il Suo rappresentante, aveva costruito un âshram e viveva lontano da Ayodhyâ. Chi stava dunque regnando? Chi regnava? A questo punto la nostra capacità di indagine risulta essenziale.
Notte e giorno, vivendo in Ayodhyâ e comprendendone la situazione e il destino, Shatrughna prese su di sé il fardello del governo. Di notte si recava da Bharata per fargli il resoconto. Tutta l’indagine riguardo al benessere del regno, era solo di Shatrughna. Tuttavia, per quanto faticoso fosse il lavoro che compiva, nessuno mai lo nomina e lo ricorda.
Entrambi i figli di Sumitrâ erano immersi nel servizio e in attività sacre, ma non lo divulgavano o pubblicizzavano affatto. Fra di loro c’era una grande unità. Shatrughna rinunciò a tutto e offrì se stesso a Bharata, seguendo i suoi comandi e servendolo. Shatrughna era assai abile, potente e intelligente; tuttavia nessuno cerca di riconoscerne i poteri e le capacità.
Per 14 anni fu proprio Shatrughna a regnare su Ayodhyâ. Quando sorgeva qualche dubbio, egli non faceva domande a Bharata. Perché? Perché aveva questo timore: “Potrei interrompere la sua concentrazione e il suo servizio a Râma.” (Il meditare su Dio, in India, è chiamato “Servizio a Dio” – N.d.T.). All’inizio Sumitrâ fece una promessa: “Sorella Kaushalyâ! Tuo figlio potrebbe diventare re. Quando ciò accadrà, mio figlio Lakshmana Lo servirà. Sorellina Kaikâ! Tuo figlio potrebbe diventare re. Quando lo sarà, Shatrughna lo aiuterà e lo servirà. I mie due figli dovrebbero essere gli esperti del servizio. Li ho avuti affinché servissero e non perché diventassero re, e neppure perché ottenessero fama e reputazione.”
I figli di Sumitrâ, Lakshmana e Shatrughna, erano così virtuosi! Se non fossero stati al fianco di Râma e di Bharata, questi ultimi non sarebbero stati in grado di conseguire alcun successo. Essi rimasero presenti come potere interiore e diedero ogni aiuto, uno (Lakshmana) al fratello maggiore (Râma), e l’altro (Shatrughna) al fratello minore (Bharata).
L’arrivo di Hanuman
Mentre la guerra (contro Râvana) era in atto, Lakshmana cadde e Râma si sentì malissimo: “Se cerco, posso trovare una moglie come Sîtâ, posso ottenere un’altra madre come Kaushalyâ, ma, per quanto possa cercare, non potrò trovare un fratello come Lakshmana.” Egli fu pronto a dire: “Farò qualunque sacrificio per Lakshmana.”
Arrivò Hanuman e Râma gli disse: “Fratello, ci devi aiutare a risolvere questo problema. La tua devozione e il tuo abbandono sono senza limiti; è quindi necessario che tu ora Mi aiuti in modo fisico, esteriore. Va’ e porta qui la pianta chiamata sanjîvi.” Hanuman obbediva sempre agli ordini di Râma. Era infatti anch’egli una parte dei 4 fratelli. Arrivò alla montagna, ma, non sapendo di quale pianta si trattasse, sollevò tutta la montagna e la portò a Râma.
Quando Hanuman passò sopra la città di Ayodhyâ con la montagna, si sparse la notizia che molti demoni stessero molestando Râma: “Sembra essere un demone. Sta portando una montagna. Potrebbe far del male al nostro Râma; forse Lo ferirà.” Con questo pensiero, Bharata gli scoccò una freccia contro.
Hanuman scese con tutta la montagna. Atterrò e rese omaggio a Bharata: “O re! Poiché Lakshmana è steso senza conoscenza, sto portando questa montagna per curarlo e far sì che si riprenda. Mi è stato detto che la pianta sanjîvi cresce su questa montagna, ma io non so quale sia. Allora, per seguire gli ordini di Râma, sto portando tutta la montagna.”
A queste parole, Bharata riuscì a stento a contenere la gioia. Chiamò Kaushalyâ: “Madre, questo servitore di Râma ha Sue notizie.” Così Hanuman raccontò nei dettagli tutto ciò che era successo: “Si sta combattendo una guerra fra Râma e Râvana, ma, fra un giorno o due, sarà terminata. Sto portando questa montagna per Lakshmana, che è svenuto.” Bharata chiamò anche Sumitrâ, la quale disse: “Non provo né sofferenza né preoccupazione per ciò che accadrà a mio figlio. Ho solo paura che qualcosa di spiacevole possa accadere a Râma. Se mio figlio Lakshmana muore, manderò Shatrughna a servire Râma. Non provo dunque alcun dolore per i miei figli. L’unica cosa che conta è che Râma stia bene. Si dovrebbe fare in modo che nessun ostacolo si frapponga sulla via del servizio resoGli. È con questa volontà che ho mandato Lakshmana con Râma.” Sumitrâ pronunciava queste parole con grande felicità. A questo punto Bharata l’accompagnò in casa.
L’aiuto di Mândavi e Shrutakîrti
La moglie di Lakshmana stava dipingendo. Ella trascorreva tutto il suo tempo a dipingere ritratti di Râma. In quel momento era immersa nello stesso dipinto che aveva iniziato al momento della partenza di Lakshmana. Bharata le disse: “Ûrmilâ, mi hanno detto che mio fratello Lakshmana è caduto. Che situazione penosa! Non so proprio come fare!” Ella, tuttavia, non smise di dipingere. Non provava la minima sofferenza. “La contemplazione del Nome di Râma è costantemente nel cuore di Lakshmana. Ora sta dormendo beatamente, senza preoccupazioni. È Râma a soffrire così tanto. Mio marito, dunque, non corre alcun pericolo. Egli è sempre completamente al sicuro.”
Il significato sottile che dovremmo afferrare è che Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna erano persone estremamente virtuose, così come lo erano le loro mogli, e che erano perciò proprio tali virtù a essere all’origine della loro incolumità. La loro condotta corretta, le loro buone abitudini, le loro virtù e il loro buon carattere ne erano la causa. Dopo il loro dialogo, Bharata mandò Hanuman per la sua strada. Se dunque si osserva bene, vediamo come Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna, reciprocamente, opportunamente e idealmente, abbiano offerto un ideale al mondo. E lo stesso fecero le loro mogli. Mentre Shatrughna regnava ad Ayodhyâ, sua moglie lo serviva. Era forse Shrutakîrti da meno di Mândavi? Entrambe, Mândavi e Shrutakîrti, aiutarono Bharata e Shatrughna, senza prendere parte a nessun altro lavoro. La mattina presto e la sera, erano solite andare da Kaushalyâ, prostrarsi ai suoi piedi, per poi tornare alle rispettive case e compiere i loro doveri. Avere nuore tanto virtuose era, in quei giorni, una grande fortuna.
Mândavi e Shrutakîrti non erano dunque persone ordinarie. Poiché erano le figlie del fratello minore di Janaka, Kushadhvaja, anch’esse possedevano sentimenti sacri. Come Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna diedero un ideale ai propri genitori, Dasharatha e Kaushalyâ, così Sîtâ e le altre tre nuore, diedero un ideale ai propri suoceri. Più avanti racconteremo molte altre storie riguardanti la maestà di persone tanto virtuose.
Per 14 anni il regno di Ayodhyâ fu governato nel Dharma, senza che nessuno sollevasse obiezioni o lamentele. Ovunque si andasse (veniva messo in pratica il detto):
Di’ la Verità, segui il Dharma.
“Di’ la Verità; pratica il Dharma”: diffondendo questi insegnamenti, l’intero regno venne governato da Shatrughna in modo totalmente dharmico.
Egli non andava mai a dormire, nemmeno per un attimo. “Che lamentele potrebbero sorgere? Potrebbe esserci qualche errore nel mio regno? Avrà Bharata una cattiva nomea? Nessuna cattiva reputazione dovrebbe colpire Bharata. Dovrebbe avere solo una buona fama. Questo è il dono di Râma. Perciò dovrei obbedire ai Suoi ordini.” Con questi pensieri Shatrughna regnò, facendo il suo dovere con devozione suprema.
L’intero regno di Ayodhyâ, quindi, fu governato grazie a Shatrughna. Bharata non s’intrometteva minimamente. “Va bene, va bene”: egli acconsentiva a tutto ciò che Shatrughna diceva. Qual era la ragione del suo comportamento? Shatrughna era colui che proteggeva dai nemici (Shatrughna significa “sterminatore di nemici” – N.d.T.); egli li distruggeva. Non era dunque certo lui a creare inimicizie; anzi, egli schiacciava l’inimicizia. Infatti, ovunque si guardasse, c’era solo pace, pace, pace.
In quei giorni, nella sacra cultura indiana (si seguiva il motto):
Di’ la Verità, segui il Dharma.
Pace, pace, pace.
Tutti dovrebbero essere felici. I fratelli maggiori e minori dovrebbero vivere in unità. Nessuno dovrebbe guadagnarsi una cattiva reputazione. Bisognerebbe vivere con una buona nomea. Shatrughna trascorse la sua vita aderendo e votandosi alla Verità.
I saggi consigli di Sumitrâ
Un giorno arrivò la notizia che qualcosa di veramente grave fosse successo a Râma. Trattandosi di un membro della famiglia reale, i messaggeri erano soliti portare ai famigliari le notizie. Quella notizia, infatti, arrivò proprio tramite i messaggeri.
Khara e Dûsha erano personaggi davvero malvagi. Erano il braccio destro di Râvana. Tipi del genere erano soliti compiere azioni orribili. Infatti, senza che nessuno lo sapesse, un giorno Khara tentò di uccidere Râma, Lakshmana e Sîtâ. Questa fu la notizia che raggiunse Bharata. Dûshana era capo dell’armata. Shûrpanakhâ raccontò ai suoi fratelli delle bugie su Râma, istigando la loro ira.
Per due o tre giorni Bharata stette male, pensando: “Che notizie avremo di Râma? Che notizie avremo?” Poiché Bharata era maggiore d’età, per alcune ore Shatrughna non osò fargli coraggio. Lo disse però a Sumitrâ e la mandò da Bharata.
Come madre, Sumitrâ aveva un grande carattere. Parlava sempre dolcemente e gentilmente, ed era solita dare buoni consigli. Quando arrivò disse a Bharata: “Figliolo, perché stai male?” Bharata non aveva cercato Kaikâ, bensì Sumitrâ.
“Non devi dubitare di Râma neanche per un attimo, (ella proseguì). I corpi di Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna sono diversi, ma il loro alito vitale è uno. Non alimentare in te neanche il più piccolo sentimento di diversità. Tutti dovrebbero vivere in unità. Niente capiterà a Râma, poiché Egli è Dio stesso. Non preoccuparti, dunque.” Con queste parole d’incoraggiamento se ne andò.
Se c’erano parole d’incoraggiamento da dire a Bharata, Shatrughna non aveva il coraggio di farlo. O meglio, il coraggio l’aveva, ma sentiva di non avere l’autorità di consigliare un fratello maggiore. Non bisognerebbe consigliare i maggiori o i superiori. Al momento di farlo, bisognerebbe prima pensarci e solo dopo consigliare. Parlare come se si sapesse, senza pensare, è un grosso sbaglio. Tale comportamento mette in serio pericolo.
Bisognerebbe dire solo la Verità; bisognerebbe procedere praticando il dharma. Che si sia fratelli maggiori o minori, che si sia sorelle maggiori o minori, ci si dovrebbe reciprocamente assicurare che l’altro non sia in pericolo.
Bharata e Shatrughna trascorsero in questo modo il loro tempo ad Ayodhyâ, mentre Ûrmilâ, altamente virtuosa, sedeva a dipingere quadri raffiguranti Sîtâ e Râma.
Anche Shrutakîrti era così. Essendo estremamente virtuosa, quella notte ebbe il desiderio di fare namaskâr al marito (Shatrughna) e consigliarlo, poiché aveva sentito quale sofferenza stesse patendo. Non diceva mai nemmeno un parola che potesse ferire, a nessuna persona, in nessuna situazione. Inoltre aveva una buona reputazione riguardo al saper ascoltare (Shruta= ascolto; Kîrti= buona reputazione – N.d.T.). Ascoltava sempre cose buone e lo stesso faceva fare agli altri. Insegnava buone cose e faceva compiere il bene.
In questo modo, fra tutte le nuore disponibili all’epoca, Dasharatha ottenne nuore uguali a gemme preziose. Purtroppo, nel Râmâyana vengono considerati importanti solo Râma e Sîtâ. Nessuno presta attenzione agli altri protagonisti. Senza Lakshmana, Shrutakîrti e Mândavi, come avrebbe potuto sorgere la fama di Sîtâ e Râma?
Râma non poteva vivere nemmeno un attimo senza Lakshmana. Se non c’era Lakshmana, Râma nemmeno provava a mangiare. Inoltre Râma riposava solo se lo faceva anche Lakshmana. In questo modo mostrarono alla nazione la loro comunione, divulgando l’unità. Nei Veda ciò viene espresso con uno shloka:
Che l’età media possa essere di cento anni.
Possano anche le membra delle persone
avere una salda longevità di cento anni.
In questo modo:
Cresciamo insieme, muoviamoci insieme,
espandiamo insieme la conoscenza acquisita;
viviamo insieme in amicizia, senza conflitto.
Fra i 4 fratelli esisteva proprio questa unità. Oggi, al contrario, se ci sono 4 fratelli, essi prendono 4 direzioni differenti. Anzi, 40!! Khara si fece avanti per lottare contro Râma, il quale non possedeva alcuna arma. Proprio nessuna. Quando era partito per l’esilio, Dasharatha gli aveva detto: “Figlio, porta con te tutto il necessario”, ma Râma gli aveva risposto: “Mi basta solo un grimaldello.” Lakshmana aveva aggiunto: “È sufficiente che io abbia una bacinella e che Râma abbia un grimaldello. Perché se sarà necessario fare dei lavori, Egli scaverà e io rimuoverò la terra. Ci servono solo questi due attrezzi. Non abbiamo bisogno d’altro.”
Indossarono abiti di corteccia e, per 14 anni, vagarono nella foresta. Khara portò 14.000 soldati. Che cosa si poteva fare? Râma disse a Lakshmana: “So che (per rispetto) non guardi tua cognata in volto, ma fa’ che ella ascolti le tue parole; portala in una grotta in quella fitta foresta. Io intanto combatterò e vincerò tutti loro (Khara e Dûshana compresi).”
Râma era partito (da casa) senza neanche un’arma. Tuttavia, quando si erano recati nella foresta, Vishvâmitra aveva offerto a Râma tutte le armi che possedeva.
Râma punì Khara e Dûshana,
riempì di grazia Jatâyu durante i suoi ultimi attimi di vita,
ascoltò le preghiere del saggio Sharabhanga
e amorevolmente mangiò la frutta offertagli da Sabarî.
Râma, Râma, Râma!
Egli benedisse i saggi e Hanuman,
protesse il figlio del Dio Sole (Sugrîva), uccise Vâli
e ascoltò le preghiere di tutte quelle scimmie valorose.
Râma, Râma, Râma!
Hanuman contemplava il Nome di Râma in questo modo.
A proposito delle armi: avendo riconosciuto la grandezza di Râma, Vishvâmitra gli diede tutte le armi che possedeva, grazie alle quali Râma poté colpire 14.000 demoni con una sola freccia. Non appena scoccò una freccia, infatti, da essa ne apparvero altre 100. Le 100 frecce diventarono 1.000 e poi 10.000. Fu in questo modo che, in un attimo, Râma colpì 14.000 soldati.
Gli Dei fecero cadere una pioggia di fiori: “Khara e Dûshana erano così malvagi! Poiché sono stati entrambi uccisi, (per il momento) il suo lavoro è finito. Vittoria, vittoria, vittoria a Râmachandra!” Tutti loro proclamarono la vittoria.
La notizia arrivò ad Ayodhyâ e Bharata, Shatrughna, Sumitrâ, Kaikâ e Kaushalyâ sperimentarono una gioia immensa. Râma ottenne tutto grazie ai diversi aiuti ricevuti, tipo questo, e in virtù del suo potere divino.
L’arrivo di Shûrpanakhâ
Precedentemente, infatti, c’era stato anche l’aiuto di Agastya. Anch’egli possedeva molte armi potenti che diede a Râma dicendo: “Figlio, Râmachandra! Tu sei sposato, non è quindi possibile che Tu rimanga nel mio âshram. Ascolta: costruisciTi un âshram (residenza) nel Pañchavatî, dove c’è la confluenza di 5 fiumi e rimani a vivere lì. Trascorri 10 anni nel Pañchavatî che si trova nella Dandakâranya.” (Aranya = foresta, chiamata Dandaka – N.d.T.).
Dopo che Egli ebbe vissuto lì per 10 anni, un giorno arrivò Shûrpanakhâ a prestare il suo aiuto (come strumento affinché si attuasse il Piano divino – N.d.T.). Arrivarono cattive compagnie.
Rifuggi dalle cattive compagnie;
unisciti alle buone compagnie;
intraprendi buone azioni giorno e notte.
Dovreste allontanarvi dalle cattive compagnie. Tuttavia Shûrpanakhâ arrivò come buona compagnia per Râma e Lakshmana, i quali le fecero molti scherzi e la presero in giro. Nella foresta, infatti, non avevano altre opportunità di divertirsi.
Shûrpanakhâ andò da loro: “Sono bellissima. Râma, amami!” Con questo invito si avvicinò a Râma, il quale rispose: “Madre, sei davvero una donna molto bella, mentre Sîtâ non lo è affatto. Tuttavia ella è con Me; perciò non è possibile che anche tu lo sia. Se diventassi Mia moglie, saresti costretta a servire Sîtâ. No, no! Lakshmana invece è solo. Ama lui.”
Quando ella andò da Lakshmana, egli disse: “Oh, Shûrpanakhâ, sei così virtuosa e audace. Sei davvero bellissima. Tuttavia, se dovessi diventare mia moglie, non potresti affatto servire me, ma dovresti servire Sîtâ. No, no, no, no! Non ti voglio con me.” Con queste parole, Lakshmana la rimandò a Râma, il quale la rimandò a Lakshmana dicendo: “Non la voglio.” Entrambi risero e si divertirono così. Nella foresta non c’era infatti nessuna opportunità per scherzare.
Questo loro comportamento, però, non fece altro che aumentare la sua ira, ira, ira! Shûrpanakhâ, allora, pensò: “Non è forse per colpa di Sîtâ se loro due mi tengono a distanza? Se dunque la divoro, non avranno nessun legame e saranno entrambi facilmente miei.”
Con questo pensiero, volò verso Sîtâ per divorarla. A quel punto Râma fece un segnale a Lakshmana, il quale si precipitò a tagliare il naso e le orecchie di Shûrpanakhâ e a cacciarla via. Ella non poteva essere uccisa, poiché non si dovrebbero uccidere le donne. Andò da Râvana col sangue che sgorgava: “Fratello! Pare siano i figli del re Dasharatha. Guarda in che condizioni penose mi hanno ridotta!”
A queste parole, anche Râvana si prese gioco di lei: “Sorellina, il tuo naso è da una parte, mentre le orecchie sono da un’altra. Le orecchie sono state tagliate dopo il naso. Non è infatti possibile tagliare tutto contemporaneamente. Perché, allora, dopo che ti hanno tagliato il naso, non sei scappata prima che ti fossero tagliate anche le orecchie? Perché non sei scappata appena ti hanno tagliato il naso?”
Ella rispose: “Fratello, non lo so. Quando hanno toccato il mio corpo, non ho più capito niente. La loro bellezza mi ha fatto dimenticare me stessa. Sono così affascinanti! Il loro tocco mi ha fatto perdere coscienza. Sono così belli e virtuosi!” Questo fu il modo in cui li descrisse. Nel Râmâyana ci sono così tante descrizioni simili a questa!
Dunque, il potere che utilizzò Shatrughna per governare Ayodhyâ è l’argomento di oggi. Egli regnò per 14 anni interi. Ufficialmente, era Bharata a regnare, ma il potere di amministrazione e di protezione (del regno) fu solo di Shatrughna. Durante quei 14 anni nessun nemico entrò ad Ayodhyâ e il regno non sperimentò nessun tipo di ashânti (tribolazione).
(All’inizio) i sudditi erano molto spaventati al pensiero: “Come sarà un regno senza re?”
Mentre era nella foresta, Râma mandò un messaggio a Bharata: “Bharata, d’ora in avanti il re sarai tu. Nostro padre era un grande re, ma è morto; perciò, d’ora in poi, sarai tu a dover affrontare questa responsabilità. Non rispondere male a nessuno, non dire parole dure contro nessuno. Pronuncia parole dolci. Nel nostro regno non dovrebbe esserci la minima traccia di ashânti. ” Questi furono i consigli che Egli diede a Bharata, e, quando lo fece, anche Shatrughna ascoltò ogni parola e regnò di conseguenza.
Il nostro Mariwala (un medico dell’ospedale di Swami – N.d.T.), poco fa, ha tenuto un discorso davvero interessante riguardo all’ospedale. Mi raccomando sempre con i nostri bambini (studenti e staff) di non raccontare fuori ciò che accade nell’ospedale. Succedono cose veramente stupefacenti! Un signore del Nepal aveva il cuore a destra e i medici dell’ospedale di Swami glielo hanno spostato a sinistra; ma, per farlo, hanno dovuto cambiare tutto il sistema all’interno. “Non ditelo. Se lo fate penseranno che ci stiamo vantando. Il vostro lavoro è di rendere tutti felici.” (Applausi).
Questo è ciò che ho detto loro. Neanch’Io ne parlo. Ma, con Me di fronte, oggi Mariwala ne ha parlato a tutti voi, senza però prima dirMi che lo avrebbe fatto.
Quando loro quattro (Baba si sta riferendo alle quattro persone che vivono con Lui e che lavorano all’ospedale), che dormono al piano di sotto, mentre Io sono al piano di sopra, tornano dall’ospedale, parlano sempre di questi argomenti (miracoli). “Miei cari”, dico loro, “non parlatene altrove. Svolgete solo il vostro lavoro con shraddhâ (fede, devozione, impegno – N.d.T.), e organizzate tutto per le persone che arrivano.”
L’altro giorno Mariwala è venuto da Me. Era necessario fare una speciale iniezione affinché il paziente potesse continuare a vivere. Non era però possibile farla, poiché l’iniezione più il trattamento ormonale (di cui il paziente aveva bisogno), costava 80.000 rupie (circa 2.000 euro – N.d.T.). Perciò Mariwala Mi disse: “Swami, come possiamo sottoporre il paziente a una terapia così costosa?” “Per salvare la sua vita – risposi – essa è necessaria, per quanto costi. Dobbiamo procedere. Ti darò i soldi. Prendila.” Egli mandò immediatamente qualcuno e il farmaco venne portato da Bangalore. Fecero l’iniezione e il paziente si salvò. Alcune iniezioni costano 80.000 o addirittura 90.000 rupie. Al di fuori dell’ambiente medico nessuno lo sa. Io dico ai medici: “Non badate ai costi. Ci penso Io. Voi fate il vostro lavoro e vedete di salvare i pazienti.” (Applausi).
Dico sempre che i pazienti non dovrebbero avere il minimo problema. (Swami chiama un medico al microfono – N.d.T.) “Abbiamo dovuto spendere 80.000 rupie per un’iniezione da fare a un paziente che doveva sottoporsi a un’operazione di neurochirurgia, ma che aveva problemi ormonali. Gli ormoni sono costati così tanto!
In realtà Bhagavân è così delicato da menzionare solo questa cosa, mentre abbiamo avuto moltissimi pazienti ai quali abbiamo dovuto fare 5 o 6 iniezioni per salvare loro la vita, e ogni iniezione è costata più di 10.000 rupie. Là in Puttaparthi, in quel piccolo villaggio, persino procurarsi questi farmaci è stato difficile; ma noi, in virtù della grazia di Swami, non abbiano mai abbandonato o deluso neanche un solo paziente. Tanto bene è stato fatto grazie a Lui!” (Applausi).
(Bhagavân conclude cantando: “Prema Muditâ Mana Se Kaho…”)
Whitefield, Sai Ramesh Krishan Hall , 20 Maggio 2002,
Corso Estivo 2002
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