Tutti i nomi e le forme altro non sono che manifestazioni dell’Essere Supremo
che è Essenza, Coscienza e Beatitudine assolute, non duali.
Egli è l’Incarnazione di Satyam, Shivam, Sundaram (Verità, Bontà, Bellezza).
Nascita di Krishna
Incarnazioni dell’Amore!
Per commemorare la nascita del Signore Krishna si celebra ‘Krishnajanmâshtamî’. Il cuore dell’uomo è il Suo luogo di nascita. È stolto preoccuparsi chiedendosi perché Krishna e Râma siano nati in periodi di cattivo auspicio. Krishna nasce veramente soltanto quando il cuore diviene terso, puro e sereno come l’Himâchala (le elevate catene montuose himalaiane – N.d.T.). Dio elegge il cuore puro, sacro e calmo a Sua dimora.
Dal punto di vista temporale, Krishna nacque nel cuore della notte del giorno ‘ashtamî’ (ottavo). È un giorno considerato sfortunato dalla mentalità popolare. Ma come può la nascita di un’Incarnazione divina essere ritenuta ‘sfortunata’? In realtà, tutti i giorni sono (potenzialmente) fausti e atti a conferire benessere e prosperità. Dio si incarna per il bene di tutti. Quindi, dovreste considerare la Sua nascita estremamente sacra.
Krishna nacque in una prigione. Tutte le guardie che, secondo gli ordini di Kamsa avrebbero dovuto svolgere la massima vigilanza, furono sopraffatte dal sonno. Soltanto Devakî e Vasudeva erano svegli nel momento dell’avvento di Krishna. Temendo per la sorte del Neonato, in balìa del perfido Kamsa, Vasudeva decise di portare il Bambino in un luogo sicuro. Lo avvolse delicatamente in un panno, lo depose in una cesta, che si mise sul capo e uscì dalla prigione. Le porte si aprirono da sole, al suo passaggio. Poiché fuori imperversava un forte temporale, Vasudeva pregò che il Piccino fosse protetto. Per il volere divino di Krishna, apparve un enorme serpente che seguì Vasudeva dilatando il collo e allungando la testa sopra il divino Bambino, proteggendoLo così dagli scrosci di pioggia. Quando Vasudeva raggiunse la casa di Yashodâ, situata sulla riva opposta dello Yamunâ, era notte fonda. Là, ella aveva da poco partorito una femmina. Tutti, incluso il marito, dormivano profondamente. Vasudeva depose gentilmente il Pargolo divino al fianco di Yashodâ, prese con sé la bambina e tornò velocemente alla prigione.
Le storie del Signore sono meravigliose
e sommamente sacre in tutti e tre i mondi.
Sono come falci che recidono i rampicanti della schiavitù terrena.
Esse sono estremamente nobilitanti ed elevanti.
Conferiscono beatitudine ai saggi e ai veggenti
che compiono penitenze nelle foreste.
Le insondabili vie del Signore
Nessuno può comprendere le vie del Signore. Neppure Vasudeva era pienamente conscio di ciò che stava facendo. Quando portò il divino Infante nella casa di Yashodâ e prese con sé la piccola, era come in uno stato di trance. Râdhâ, che allora era una bambina, fu testimone dell’intero episodio che le rimase scolpito nel cuore. Comunemente si pensa che Râdhâ fosse più giovane di Krishna e si parla in termini sprezzanti del rapporto che ebbe con Lui. Invece, ella era molto più grande di Lui, di ventisei mesi per l’esattezza. I suoi sentimenti verso Krishna erano estremamente puri e, giorno dopo giorno, divennero sempre più intensi.
Vasudeva tornò alla normalità non appena rientrò nella prigione. Allorché vi mise piede, le porte si richiusero alle sue spalle e si serrarono automaticamente. Fece giusto in tempo a posare la neonata accanto a Devakî che la campana suonò! La guardia si svegliò di colpo e andò subito a riferire a Kamsa della nuova nascita. Kamsa arrivò prontamente nella cella con tutti i suoi arnesi. Come aveva desiderato, sollevò la piccola con la mano sinistra e la scagliò in alto, pronto a mozzarle la testa, con la mano destra, servendosi di una spada, non appena fosse ricaduta giù. Invece, essa svanì quando arrivò in alto e al suo posto apparve una Dea che annunciò a Kamsa che Krishna, la sua nemesi, era nato e l’avrebbe ucciso. La Dea era potentissima e nessuno avrebbe potuto farle del male. Dopo avergli predetto il destino che incombeva su di lui, Essa svanì. Devakî era oltremodo stupefatta dagli avvenimenti e comprese che tutto ciò era accaduto per volere di Krishna. Kamsa divenne allora irrequieto e agitato quando seppe che Krishna cresceva al sicuro in qualche luogo nascosto. Giorno e notte, pensava a come poterLo catturare e annientare.
Krishna, Kamsa e Balarâma
Krishna cresceva sotto le amorevoli cure di Yashodâ e la storia è ben nota a tutti. Egli diede prova dei Suoi poteri divini in innumerevoli modi. Kamsa, invece, non riusciva a trovare il modo per poterLo uccidere. Emanò l’ordine di sterminare tutti i neonati di Repalle. Inizialmente, l’ordine riguardava esclusivamente i maschi, poi fu esteso anche alle femmine. Egli ricorse ad atti tanto spregevoli solo per paura. Più i giorni passavano, più la fama dei prodigi divini del piccolo Krishna si diffondeva in lungo e in largo. Gli atti di Dio sono portentosi e misteriosi. Intanto, gli emissari di Kamsa cercavano affannosamente il Fanciullo e Lo trovarono a Repalle. Kamsa ne venne informato.
Si dice: “Quando il tuo destino è segnato, la capacità di discriminazione viene a mancare.”. Kamsa cominciò a inviare molti e potenti demoni a Repalle per uccidere Krishna, ma Egli li distrusse tutti con il Suo potere divino. La fine di Kamsa si avvicinava rapidamente. Egli architettò un subdolo piano per attirare Krishna e Balarâma nella città di Mathurâ con il pretesto di farli partecipare a un rito che egli stava eseguendo e ucciderli. Per fare ciò, chiese ad Akrûra, che adorava i due fratelli divini, di convincerli a recarsi a Mathurâ.
Quando i fratelli entrarono nella città, gli abitanti furono letteralmente stregati dal loro aspetto magnetico. Essi soffrivano profondamente per le frustrazioni e le angosce causate loro dalle atrocità commesse dal re e pregarono Krishna di aiutarli. Lungo il tragitto verso la reggia di Kamsa, Krishna e Balarâma incontrarono una donna che, ogni giorno, forniva al re delle ghirlande di fiori. Krishna ne prese due, e i due fratelli se le misero al collo reciprocamente. Poi, incontrarono il lavandaio di corte, presero le vesti di seta di Kamsa e si abbigliarono in modo regale. Quindi, ci fu l’incontro con Kubjâ, una donna gobba, che portava unguenti e profumi al re. Il suo aspetto era orribile, a causa del corpo deforme; ella, però, sapeva che Krishna era Dio. Vedendoli, provò immensa gioia, li asperse con i profumi e disse: “Krishna, oggi la mia vita ha trovato compimento. Devo aver compiuto grandi penitenze nel passato, per aver meritato l’opportunità di servirTi!” Poi pregò Krishna di raddrizzare il suo corpo. Krishna mise il Proprio piede su quelli della donna, la afferrò per il mento e la sollevò. Meraviglia delle meraviglie: la sua gobba deforme era sparita! La donna assunse le sembianze di una bella signora. Krishna manifestò la Propria divinità compiendo molti atti veramente miracolosi e liberando in tal modo molte persone dalle loro sventure.
Appena venne a conoscenza del fatto che Krishna e Balarâma indossavano i suoi abiti regali, Kamsa andò su tutte le furie. Nel frattempo, Kubjâ era giunta da lui e gli disse: “Sire, nessuno può comprendere il gioco divino di Krishna né i Suoi misteriosi poteri! Non tentare neppure di comprenderli! Meglio che lasci perdere!” Kamsa, allora, si domandò: “Come ha osato questa donna rivolgersi a me con una simile impudenza? Sicuramente è stata istigata da Krishna.” In quel momento, Kamsa venne distratto da un’altra persona e Kubjâ colse l’opportunità per uscire di scena silenziosamente.
Krishna e Balarâma irruppero nella corte del re come due giovani leoni. Sconfissero i lottatori di corte, poi Krishna, in un battibaleno, saltò sulla piattaforma dove sedeva Kamsa, lo immobilizzò e lo tempestò di possenti colpi. Balarâma, che era altrettanto forte, si unì a Lui, e, insieme, ridussero Kamsa in briciole! Assistendo alla raccapricciante uccisione di Kamsa, la corte rimase atterrita. Tutti erano meravigliati che un giovinetto come Krishna avesse potuto sconfiggere il potente Kamsa. C’era perfino una truppa di soldati che Kamsa aveva fatto appostare per uccidere Balarâma e Krishna, ma neppure essa poté nulla contro l’assalto furioso del ragazzo e alla fine cadde ai Suoi piedi invocando pietà.
Krishna e Balarâma partirono per Repalle senza essere visti. Gli abitanti del villaggio attendevano con trepidazione il loro ritorno ed erano molto abbattuti non intravedendo alcun segno del loro arrivo. Madre Yashodâ era molto in ansia per la sorte dei due figli. Anche le gopî erano angosciate e presero a maledire Kamsa pensando che avesse fatto del male ai due giovani. Tutti gli abitanti di Repalle, uomini e donne, pregavano Krishna cantando il Suo Nome, quando, all’improvviso, i due giovani divini apparvero in mezzo a loro con grande stupore e gioia dei presenti! Krishna rivolse loro parole tranquillizzanti e così li calmò.
Kamsa aveva due mogli che, alla sua morte, andarono a vivere con il loro padre, Jarâsandha. Questi era infuriato con Krishna e intenzionato a vendicare la morte del genero. Anche molti suoi parenti avevano sviluppato un forte rancore verso Krishna. La notizia raggiunse Yashodâ e Nanda, come pure Devakî e Vasudeva, preoccupati per l’incolumità del Figlio. Devakî, tuttavia, era una donna di grande coraggio e una fervida devota. Solo grazie a ciò poté sopportare con serenità tutte le crudeltà perpetrate da suo fratello Kamsa. Era sicura che nessuno potesse nuocere a Krishna, e aveva piena fede nella Sua divinità. Non potendo far del male a Lui direttamente, le persone che Krishna si era inimicato cominciarono a vessare gli abitanti di Repalle. Krishna allora accorse a soccorrerli e debellò gli avversari.
Krishna, il Liberatore
Il tempo passò e arrivò il momento del matrimonio di Krishna. Rukminî, principessa di Vidarbha, Lo amava e voleva sposarLo. Tuttavia, suo fratello Rukmin voleva darla in isposa all’amico Shishupâla e allestì i preparativi. Krishna era al corrente di tutto ciò ed elaborò un Suo piano. Devakî e Vasudeva, liberati dalla prigionia, abitavano nella casa di Nanda e Yashodâ. Nel frattempo, Rukminî, tramite un bramino, aveva mandato un messaggio a Krishna in cui era scritto: “Krishna, non posso più tollerare il dolore della separazione da Te. Mio padre ha deciso di celebrare il mio matrimonio con Shishupâla contro il mio volere. La cerimonia è fissata per domani. Se non verrai in tempo a portarmi via da qui, porrò fine alla mia vita.”
Per assecondare il desiderio di Rukminî, Krishna escogitò uno stratagemma per portarla nella loro casa. A quei tempi, era usanza che la futura sposa, prima del matrimonio, offrisse un culto particolare alla Dea del villaggio. Quindi, come voleva la tradizione, Rukminî si avviò verso il tempio per pregare, ma Rukmin, il suo perfido fratello, temendo un attacco di Krishna, aveva predisposto un elaborato sistema di difesa. Si era alleato con Shishupâla e Dantavakra, che erano acerrimi nemici di Krishna.
Mentre Rukminî procedeva lentamente verso il tempio, si sentiva profondamente angosciata perché Krishna non era corso in suo aiuto. Naturalmente non poteva sapere che Krishna era pronto a salvarla e che attendeva sull’uscio del tempio, all’insaputa di tutti. Appena ella entrò nel tempio, Krishna prontamente la caricò sul Suo carro e la condusse via. Seguì un’aspra battaglia fra Krishna, Rukmin e i suoi alleati, dalla quale Krishna uscì vincitore. Quindi, Egli portò con Sé Rukminî e la sposò. Krishna si era incarnato per punire i malvagi e proteggere i buoni. Shishupâla odiava Krishna dal profondo del cuore, perché gli aveva sottratto la sposa.
Krishna dovette affrontare molte avversità nella Sua vita. Questo è il motivo per cui la gente attribuisce a questo giorno (ashtamî) un significato infausto. Fin dalla nascita, Krishna aveva dovuto fronteggiare le difficoltà causate da Kamsa e durante la Sua fanciullezza anche gli abitanti dei villaggi vicini avevano subìto le angherie del malvagio re. Inoltre, Krishna si trovò ad affrontare le sfide di malvagi come Shishupâla e Dantavakra. Anche per sposarsi, dovette combattere. Ad ogni modo, Egli risultò sempre vittorioso, sconfiggendo tutti gli avversari.
Krishna risparmiò la vita di Shishupâla per molto tempo, nonostante la sua ostilità. Quando Dharmarâja eseguì il rito del Râjasûy, porse l’agratâmbûlam (la prima offerta) a Krishna. Questo atto fece infuriare Shishupâla, che cominciò a scagliare invettive contro Krishna, definendolo un misero guardiano di mucche e pertanto indegno di tale onore in quell’assemblea. “Quando sono presenti nobili anziani come Bhîshma – chiese a Dharmarâja – come hai potuto scegliere, per un onore tanto grande, un giovane mandriano?” Era pronto a combattere con Krishna e Gli disse:
“Credi di meritare questo onore solo perché hai rubato le vesti
alle gopî al bagno o perché passi tutto il Tuo tempo in loro compagnia?
Finisci di esaltare Te stesso e chiudi il becco!”
Fu in questo frangente che Krishna lo uccise. Molti pensano erroneamente che Krishna abbia usato la Sua arma divina, il sudarshana chakra, per decapitarlo, ma in realtà Egli lanciò contro Shishupâla il piatto in cui aveva ricevuto la prima offerta del rito sacrificale. In quest’era di Kali la gente parla del Vishnu chakra e del sudarshana chakra quale ‘disco’ di Krishna, ma, qualunque cosa Egli abbia usato, grazie alla Sua volontà divina, Gli servì come arma.
Durante la Sua vita, Krishna dovette, dunque, ingaggiare una serie di guerre e da ciò deriva la credenza che il giorno della Sua nascita porti sfortuna. Il giorno in cui nacque, era ashtamî e la stella era Rohinî. È opinione diffusa che chiunque nasca con questa congiunzione dovrà affrontare numerose difficoltà per tutta la vita, ma si crede anche che, una persona di questo tipo, sarà un liberatore della nazione. Krishna distrusse i malvagi e protesse i buoni. Egli ripristinò il Dharma. Quindi non considerate infausto il giorno del Suo avvento. È invece un giorno nobile e sacro.
Krishna abbandona il Corpo
Anni dopo, fu Arjuna a portare la sconvolgente notizia che Krishna aveva lasciato le Sue spoglie mortali. Madre Kuntî era molto anziana. Aveva perso la vista e le sue membra erano diventate debolissime. Era un’ardente devota e Krishna era per lei la vita stessa. Stava aspettando con trepidazione il ritorno di Arjuna per avere informazioni sulle condizioni di Krishna. Arjuna giunse e le disse concitatamente: “Madre! Madre!” Ella subito gli chiese: “Figlio, dov’è Krishna? Come sta?” Arjuna era molto avvilito e rispose: “Madre, che cosa posso dire? Krishna, nostro amico, parente, guida, protettore e Dio, ci ha lasciati!” Nell’udire tali parole, Kuntî lasciò il corpo istantaneamente. Così grande era la sua devozione! Dopo la morte di Krishna, tutto il clan degli Yâdava perì a causa di una feroce lotta interna, quale conseguenza di una maledizione pronunciata contro di loro da un saggio.
I Pândava decisero allora di rinunciare al mondo e di ritirarsi nella foresta. Venne a crearsi una strana situazione: da un lato, doveva aver luogo l’incoronazione di Parîkshit e, dall’altro, i riti funebri di Kuntî. Mentre teneva la testa di sua madre sulle ginocchia, Dharmarâja dette ordine a Bhîma di fare i preparativi per l’incoronazione e ad Arjuna di allestire i riti funebri. Contemporaneamente, chiese a Nakula e Sahadeva di procedere ai preparativi perché tutti loro potessero ritirarsi nella foresta.
Questi tre eventi avvennero nello stesso giorno. Solo coloro che hanno un’incrollabile fede in Dio possono eseguire simultaneamente compiti del genere con equanimità. Tutto avviene secondo la Sua volontà. Dall’inizio alla fine, le azioni compiute da Krishna furono prodigiose, sacre, misteriose e al di là dell’umana comprensione. Quindi è inappropriato considerare la nascita di Krishna come giorno infausto. È un giorno assolutamente sacro, da celebrarsi con immensa gioia.
Tentativi di eliminare il giovane Sathya
Ora passo a un altro punto degno di nota. Quando nacque questo Corpo, c’era molta confusione e panico fra gli abitanti del villaggio e nei villaggi confinanti, perché ovunque imperversavano epidemie di colera e di peste. La gente aveva il terrore di visitare le case altrui e perfino di bere un semplice bicchier d’acqua fuori casa. Queste erano le condizioni in quei giorni.
Griham Ammâyi (Îshvarâmmâ, la madre di Sai Baba – N.d.T.) non andava mai nelle case altrui, e Kondama Râju, il nonno di questo Corpo, seguiva una rigida disciplina e rigorosi princìpi. Non accettava mai nulla da nessuno. Nel periodo in cui vissi con lui, non permetteva ad altri bambini, neppure a Parvatâmmâ e Venkâmmâ (le sorelle di Sai Baba – N.d.T.) di avvicinarsi a Me, per timore che mi infettassero. Io, però, sgusciavo fuori casa a sua insaputa. Quando lo seppe, Mi rimproverò dolcemente dicendo: “Sathya, perché non mi presti ascolto? Non dovresti andare qua e là!” Quindi dette istruzioni agli abitanti del villaggio di riportarMi subito a casa se Mi avessero trovato fuori. Egli cercava, in questo modo, di limitare i Miei movimenti. Ma c’è forse qualcuno che possa impedirMi qualcosa? Perciò, Mi aggiravo nel villaggio senza essere visto. Accadeva talvolta che dieci famiglie Mi invitassero a pranzo contemporaneamente nelle rispettive case! Io facevo visita a tutti, pranzavo con loro e li accontentavo. A volte, Karnam Subbâmmâ Mi chiamava per passarMi dalla finestra pacchetti contenenti cibo. Era un’ardente devota.
Kondama Râju non voleva che visitassi le case dei vicini; era molto preoccupato per la Mia incolumità e la Mia salute. All’epoca, i capi del villaggio erano Reddy e Karnam. Subbâmmâ era il nome della moglie di Karnam e Subbulâmmâ era la moglie di Reddy. Quest’ultima era gelosa che visitassi spesso Karnam Subbâmmâ. Quindi decise di avvelenarMi! Un giorno venne da Me e Mi invitò a casa sua, dicendo: “Babu, oggi devi venire a casa nostra a mangiare un boccone. Ti preparerò dei deliziosi vada! Vieni da solo e non dirlo a nessuno.” Quando arrivai a casa sua, Mi servì i vada avvelenati. Conoscevo bene le sue intenzioni malvagie, ma mangiai senza esitazione. Il Mio corpo divenne immediatamente cianotico. Coloro che Mi videro, corsero subito da Karnam Subbâmmâ e Îshvarâmmâ per informarli dell’accaduto. C’era un’accesa rivalità fra Karnam Subbâmmâ e Reddy Subbulâmmâ. Non solo qui, ma anche in gran parte dei villaggi c’era un’aspra rivalità fra i Reddy e i Karnam. La gente inveì aspramente contro Reddy Subbulâmmâ per la sua malvagia azione.
Kondama Râju viveva in un villaggio tribale. Quando seppe del fatto, diventò furioso. Chiamò a raccolta la gente e la incitò a dare una lezione a Reddy Subbulâmmâ. Io gli dissi: “Nonno, essendo gli anziani del villaggio, non dovreste ricorrere a questi metodi violenti. Se non impedisci a quelle persone di attaccare quella donna, andrò a vivere con lei per sempre!” Allora sia Kondama Râju che Karnam Subbâmmâ seguirono il Mio consiglio e impedirono ad esse di andare a casa di Reddy Subbulâmmâ. In tal modo, toglievo l’odio dalla mente delle persone e cercavo di creare unità nel villaggio.
Non ebbi mai paura di nulla. Mangiavo tutto ciò che Mi si offriva senza esitazione. Una volta la capanna dal tetto di paglia in cui stavo fu data alle fiamme da alcuni mascalzoni. Forse già sapete che c’era una capanna dove ora sorge il Kalyâna Mandapam. Mentre la capanna bruciava, ci fu un pesante rovescio di pioggia solo sopra la capanna e in nessun altro luogo! La gente allora comprese la Mia divinità. Da quel giorno, gli abitanti di Puttaparthi, Kammavaripalli, Jankampalli ecc., cominciarono a venire da Me con venerazione e a cantare bhajan nei villaggi circostanti.
L’anca fratturata
Voglio dirvi una cosa che riguarda gli ultimi eventi della Mia vita. Quand’ero a Bangalore, si è sparsa la voce che ero caduto e avevo subìto una frattura. Gente di ogni villaggio, compreso Puttaparthi, ha cominciato a cantare regolarmente bhajan per la Mia guarigione. In molti villaggi è stato eseguito il ‘Satyanârâyana Vrata’. In questo modo, le persone che si sono dedicate a tutto ciò sono diventate ricettacolo del Mio amore! Non c’era una sola persona che non pensasse a Me. La Mia gloria si è sparsa in ogni luogo. Tutte le volte che vengo da Bangalore in auto, ad ogni villaggio la gente Mi ferma e Mi offre l’ârati. Una volta, la strada di Chikballapur è stata bloccata da ardenti devoti che cantavano bhajan e offrivano l’ ârati, salutandoMi a piena voce con: “Sathya Sai Babajiki Jai!” La gente di Kappalabanda e Mamillakunta ha espresso il suo amore e la sua devozione per Swami nello stesso modo.
Il medico aveva detto che era necessario un periodo di riposo di un anno per recuperare completamente l’anca. Gli ho risposto che non ci sarebbe voluto un anno! “Le amorevoli preghiere dei devoti Mi guariranno in breve tempo” – ho detto. Ho rassicurato i medici che non avevo bisogno di farmaci o di altre terapie, perché le preghiere dei devoti sarebbero state il toccasana per questo Corpo! Le loro preghiere Mi hanno dato una beatitudine indescrivibile. Nonostante la frattura, ho sempre sorriso. Quando Mi hanno portato all’ospedale, erano tutti in lacrime, mentre Io ho continuato sempre a sorridere. I dottori che Mi hanno operato erano attoniti nel vederMi sorridere. Solitamente, il dolore causato da questo tipo di frattura assomiglia a una scossa elettrica, ma Io non ne sono stato minimamente toccato. Anche ora non sento alcun dolore. I devoti appartengono a Me come Io appartengo a loro. Non ho paure né ansie. Anche in queste condizioni, riesco tranquillamente a girare per il paese. D’ora in poi, viaggerò in lungo e in largo più di frequente. Non preoccupatevi della Mia salute! Io sono sempre felice e colmo di beatitudine. Possiate tutti essere sempre felici e prosperi!
(Bhaja Govindam, Bhaja Govindam, Govindam Bhaja Mûdhamate…).
Prashânti Nilayam, 19 Agosto 2003
Sai Kulwant Hall
Celebrazione di Krishnâshtamî , la nascita del Signore Krishna
(Traduzione tratta dal testo inglese pubblicato sul sito internet dello Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam)