14 Aprile 2002 – Nessun pericolo per il Signore

14 Aprile 2002

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Nessun pericolo per il Signore

“Di nuovo soldi, di nuovo amici, ancora una moglie, ancora proprietà.
Tutto può essere nuovamente riacquistato, ma il corpo non può più essere riottenuto.”

Una volta perso, non ritornerà

Incarnazioni del Divino Amore!
Il tempo è infinito. Voi vivete diverse esperienze in questo tempo infinito, ma esse improvvisamente appaiono e poi scompaiono; sono solo momentanee.

Punar Vittam (di nuovo soldi). A volte può succedervi di perdere del denaro, ma non dovete preoccuparvene: potete sempre riguadagnarlo in un altro momento.
Potete incontrare molti amici, ma nessuno di essi è permanente; gli amici terreni, fisici, appartenenti al mondo, non sono permanenti: ne perdete uno e ne troverete molti altri.

Punar Patnî (ancora una moglie). Tutti gli uomini in questo mondo si rifugiano nella vita familiare per ottenere vari tipi di felicità e pace; tuttavia, né il marito, né la moglie, sono permanenti. Dopo qualche tempo possono cambiare. Se la moglie muore, uno può risposarsi e continuare felicemente la sua vita.

Punar Vasuh (ancora proprietà). Noi acquistiamo del terreno, poi, a causa del momento e delle circostanze, perdiamo il nostro pezzo di terra. Se perdiamo il denaro, quel medesimo denaro non tornerà indietro. Se perdiamo gli amici, quegli stessi amici non faranno ritorno. Se perdiamo la moglie, non riotterremo la stessa moglie. Se perdiamo un pezzo di terra, non potremo riavere lo stesso terreno. L’uomo indossa questo corpo e ha quindi la sua natura, ma se il corpo è perso anche per una sola volta, esso è perso per sempre. Perciò, mentre vivete nel corpo, cercate, per mezzo suo, di acquistare gioia permanente. Il Dharma , la retta condotta, e la beatitudine spirituale derivata dalla Saggezza devono essere sperimentate per mezzo del corpo fisico.

Attaccamento a ricchezza, moglie e figli

Con il corpo l’uomo acquisisce pace e numerose gioie. Ottiene ricchezze, proprietà, oggetti e autoveicoli, ma è sottoposto anche a numerose difficoltà, perdite, dolori e preoccupazioni. Qual è il motivo fondamentale, la causa principale di tutto ciò? È il suo attaccamento alla ricchezza, alla moglie ed ai figli. Tale triplice attaccamento è la causa della felicità e dell’infelicità dell’uomo.
Nel passato molti re conquistarono immense ricchezze, ma poi le persero davanti ai loro occhi. La ricchezza non è duratura; essa non può redimere l’uomo, né conferirgli felicità permanente. Attraverso la ricchezza, l’uomo non può sperimentare uno stato elevato. Vera ricchezza è quella spirituale. L’uomo non sa godere della vera felicità a causa della sua avidità per il denaro; tuttavia, continua a desiderarlo con bramosia. Il denaro è senz’altro necessario, ma entro certi limiti. Quindi, l’attaccamento che l’uomo ha per il denaro non gli porterà certo felicità vera e duratura.
Segue poi l’attaccamento alla moglie. Si può essere felici per qualche tempo con le relazioni della vita familiare, avendo moglie, figli, ricchezze e proprietà; ma tale felicità non è autentica, né eterna. Anche questa è temporanea e non rappresenta la Verità: è falsa. È da folli ritenere che si possa essere felici per sempre, avendo attaccamento verso la moglie.
Il terzo è l’attaccamento ai figli. L’uomo desidera un figlio, sperando che gli dia molte gioie; ma anche questo non è Verità. Il re Dhritarashtra ebbe molti figli, ma quale felicità ne conseguì? Nessuna. Anzi, a causa loro, dovette subire innumerevoli difficoltà, fallimenti, sofferenze, critiche e perse addirittura la sua reputazione. A causa dei suoi figli, perse anche il suo regno.

Il re Dhritarāshtra ebbe numerosi figli, ma quale gioia ne ricavò?
Il Saggio Shuka non ebbe figli, ma fu forse infelice?

È un errore pensare che chi abbia figli sia felice, mentre chi non ne ha debba soffrire. Quando il bufalo cresce, anche le sue corna crescono. L’uomo vive quindi nell’illusione che l’attaccamento ai figli gli conferisca felicità e gioia, ma tutto ciò è pura illusione.
I tre attaccamenti, alla ricchezza, alla moglie e ai figli, incatenano l’uomo e gli causano innumerevoli problemi. A che serve avere molti figli? È sufficiente averne uno che sia buono.

Sumitra non aveva desideri

Prendete l’esempio del Ramayana . Ora è Chaitra (marzo-aprile), il mese che vide l’avvento di Rama. Egli nacque nel giorno di Chaitra Shuddha Navamî (Chaitra = mese; Shuddha = metà chiara del mese; Navamî = il nono giorno – N.d.T.). Questo mese di Chaitra è, dunque, davvero chitra (meraviglioso)!
Grandi meraviglie, numerosi saggi, amici, cittadini e foreste.

Le storie del Signore sono straordinarie e sacre nei tre mondi.

Delle tre mogli dell’imperatore Dasharatha, in nessun episodio del Ramayana si fa grande menzione di Sumitra, la seconda moglie. Kaushalya ottenne una buona fama, grazie a suo figlio Rama; infatti, il suo nome viene al primo posto anche nel canto del Suprabhatam (inno mattutino d’invocazione e lode al Signore – N.d.T.), che inizia con le parole: “ Kaushalya Supraja Rama … O nobile figlio di madre Kaushalya!”
Kaikeyî, la terza moglie dell’imperatore, desiderava ardentemente che suo figlio Bharata venisse incoronato re, e per questo provava per lui eccessivo amore e grandi aspettative.
Sumitra, invece, non nutriva alcun desiderio al riguardo. Era un esempio di virtù e di buona condotta; parlava dolcemente e con parole confortanti, e si comportava in modo conforme al suo nome Su-Mitra, buona amica. Ebbe due figli (Lakshmana e Shatrughna). Ella pensava: “Nessuno dei due avrà la possibilità di diventare l’erede al trono; perché allora avere due figli?” Poi, però, mostrò a tutto il mondo gli elevati ideali del servizio. Il suo desiderio era: “Quando Rama diventerà re, il mio primogenito Lakshmana dovrà dedicarsi completamente al Suo servizio.” Un sevak (colui che offre servizio altruistico – N.d.T.) è sempre al fianco del padrone. “Il servizio che mio figlio renderà, sarà per lui più importante del regno. Se invece Bharata sarà incoronato re, allora il mio secondo figlio, Shatrughna, rimarrà al suo servizio.”
Sumitra comprese la sacralità del servizio, ed esortò i figli a seguire quella strada. Se studiate attentamente la sacra storia del Signore Rama, potrete capire e apprezzare i nobili sentimenti e gli elevati ideali di madre Sumitra.
Quando Rama era in procinto di partire per la foresta, Sua madre Kaushalya era inconsolabile. Solo Sumitra non versò una lacrima; cercò di tranquillizzare Kaushalya e di infonderle coraggio, dicendole: “Sorella cara, perché ti preoccupi? Mio figlio Lakshmana accompagnerà Rama nella foresta e si prenderà cura d’ogni Sua necessità; starà ben attento che Rama non incorra in nessun pericolo, né abbia alcuna difficoltà. Proprio come la palpebra protegge l’occhio, Lakshmana sarà sempre al servizio di Rama; non devi preoccuparti per la sua sicurezza. Non essere triste.” Quale altra madre avrebbe parlato così? Considerando l’impegno che Dasharatha aveva verso Kaikeyî, soltanto Rama avrebbe dovuto andare in esilio; non c’era obbligo per Lakshmana di accompagnarlo. Sumitra avrebbe potuto avvalersi di questi argomenti per impedire a Lakshmana di andare nella foresta, ma ella non sollevò obiezioni d’alcun genere. “Lakshmana è nato solo per servire Rama; è uno strumento nelle Sue mani. Rama porta con Sé il Suo strumento. Chi sono io per mandare Lakshmana o per trattenerlo, e chi è Lakshmana per decidere se andare con Rama? Rama ha ogni diritto e l’autorità di prendere Lakshmana con Sé.” Sumitra benedisse, dunque, il figlio Lakshmana e gli raccomandò: “Figlio mio! Prenditi la massima cura di Sita e di Rama.” Ella lo benedisse in questo modo e infuse coraggio a Sumitra.
Quando Bharata era sul punto di recarsi nel regno di suo zio materno (il re Yudhajit), Shatrughna non ricevette alcuna comunicazione, non ebbe notizie riguardanti il fatto di seguirlo oppure no. Tuttavia, si preparò per accompagnarlo. Per quale motivo? Perché era sempre pronto a servirlo.
Ci sono molte nobili madri come Sumitra che incoraggiarono i figli a seguire la strada del servizio, e a servire i grandi Saggi e Maestri. La storia dell’India insegna questi sacri princìpi.

Urmila non si addolorò

Sita, figlia dell’imperatore Janaka, era la moglie di Rama. Ella Gli disse: “Tu sei per me la vita stessa, sei una cosa sola con me. Senza di Te non potrei rimanere neppure un solo istante in questo mondo.” Sita si sentiva male, era molto triste, e aggiunse: “Vengo con Te!” Come per Sumitra, anche il nome di Urmila, moglie di Lakshmana, non trova gran rilievo nel Ramayana. Sumitra e Urmila erano entrambe sante e pure, e condussero una vita ideale e sacra.
Urmila non si addolorò; non era al corrente che Sita, Rama e Lakshmana erano pronti per andare in esilio nella foresta. Urmila, che era un’esperta e abile pittrice, stava dipingendo un quadro, e aveva vicino a sé i colori. Impiegava tutto il suo tempo a dipingere quel quadro. Lakshmana andò da lei e la chiamò ad alta voce. Urmila si spaventò e si alzò di scatto, facendo schizzare inavvertitamente con il sari del colore sul quadro che stava dipingendo. Vedendo poi che il quadro era danneggiato, si rammaricò e disse: “Mio Dio, l’ho rovinato!”
Lakshmana le chiese che cosa stesse dipingendo. Urmila rispose: “Domani avverrà l’incoronazione di Sita e Rama, e io sto dipingendo quella scena, perché questo quadro deve essere mandato a mio padre, Janaka. Questa sacra scena deve essere divulgata in tutto il mondo; perciò sto dipingendo l’incoronazione di Sita e Rama.”
Lakshmana era abbattuto; le riferì gli avvenimenti e disse: “L’incoronazione di Sita e Rama è stata annullata a causa di Kaikeyî, e il quadro che stavi dipingendo è rovinato per colpa mia. La cerimonia dell’incoronazione è stata sospesa, ma tu non preoccupartene.” Poi aggiunse: “Io accompagnerò Rama nella foresta.” Un’altra moglie sarebbe forse stata tranquilla, apprendendo che il marito sarebbe andato nella foresta in esilio con Rama per quattordici anni? Al contrario, avrebbe sollevato una quantità di domande: “Perché devi seguirlo? Tu non sei obbligato ad andare nella foresta; solo Rama ha l’ordine di andare. Non è necessario che tu Lo segua.”
Qualsiasi donna avrebbe sollevato numerose obiezioni, ma Urmila non ne avanzò neppure una. Ella fu felice che suo marito avesse l’opportunità di servire Sita e Rama: “Tu sei l’unico ad avere conseguito il privilegio di servire Sita e Rama; va’ con loro senza perdere neppure un solo minuto.”
Lakshmana le disse: “Non potrai vedere Sita e Rama per i prossimi quattordici anni; recati subito alla residenza di Sita per avere la Sua benedizione”; ma Urmila non si mosse. Incitò anzi il marito: “Non voglio essere d’impedimento. Non perdere un solo istante; va’ subito con loro e resta al loro servizio.” Prima che Lakshmana partisse, ella volle da lui una promessa: “Tu devi vivere nella foresta per quattordici anni senza di me. Può essere che qualche volta ti accada di pensare al mio nome o alla mia forma; ma prometti di non pensarmi, né di ricordare mai il nome di Urmila. Contempla costantemente i loro Nomi Divini; ripeti ‘Sita Rama, Sita Rama, Sita Rama’ e serviLi con tutta sincerità e devozione. Se ti accompagnassi nella foresta, potrei esserti d’intralcio e tu non ti dedicheresti completamente al Loro servizio. Resterò qui, per non ostacolare il tuo sacro compito.” Alle parole di Urmila, Lakshmana non poté contenere la sua gioia e, felice, pensò: “Dov’è possibile trovare una moglie così in tutto il mondo?” Quindi esclamò: “Partirò immediatamente.” Urmila si accomiatò da lui, dandogli la sua benedizione.
Nel mondo e in questa terra dell’India ci sono molte nobili e sante madri come Sumitra, e mogli virtuose e sante come Urmila. Fin dall’antichità, l’India ha goduto di grande stima e fama per merito di donne come loro.

Gli Indiani aspirano alla luce

A nord dell’India, abbiamo le montagne dell’Himalaya. Che cosa simboleggia l’Himalaya? Queste fresche e sacre montagne fanno da confine all’India. Questa terra è santificata dai fiumi perenni Gange, Yamuna e Sarasvati. Questi tre simboleggiano e insegnano a tutti gli indiani la triade di: Bhakti , Jñana e Vairagya – Devozione, Saggezza e Distacco. Non solo: tre grandi poemi di questa terra, il Ramayana , il Bhagavata e il Mahabharata, brillano come fari a illuminare il cammino dell’uomo. Essi gli insegnano come trasformare la sua vita in una vita ideale. C’è, inoltre, la Bhagavad Gita che porta il suo messaggio d’unità all’umanità. Queste Sacre Scritture videro la luce nel paese di Bharat.
La sillaba ‘Bha’ indica luce, radiosità, splendore: i Bharatîya, gli Indiani, sono perciò coloro che aspirano alla luce ed allo splendore divini. Bharata (il fratello di Rama), fu colui che desiderò questo splendore per la terra di Bharat. Quello che gli Indiani devono oggi desiderare è la radiosità rappresentata dalla sillaba ‘Bha’. Dovete aspirare allo splendore; dovete prediligere la Divinità e fondervi nella santità.
Se approfondiste la sacra storia di Bharat, apprendereste che fin dall’antichità questo paese ha divulgato il sacro messaggio della Divinità e ha donato pace e sicurezza alle altre nazioni. Questa terra ha dato i natali ad anime nobili come il Buddha. Egli realizzò la Verità dell’asserzione:

“Se il Dharma è salvaguardato, il Dharma stesso proteggerà.”

Il Buddha impartì al mondo questi sacri insegnamenti. Sin dai tempi antichi, l’India ha trasmesso a tutti tali nobili ideali.

I miei figli sono nati per servire

Ci sono numerosi episodi che attestano i sentimenti divini di Sumitra e di Urmila, ma che non sono riportati nel poema del Ramayana.
Quando Lakshmana svenne sul campo di battaglia durante la guerra contro Ravana, Hanuman, per farlo rinvenire, avrebbe dovuto procurare certe erbe della montagna Sanjîvani. (Non sapendo, tuttavia, riconoscere le erbe necessarie) egli sollevò l’intera montagna e con essa volò verso il campo di battaglia.
Sul suo percorso, doveva sorvolare il luogo di Nandi (dove Bharata aveva preso dimora in una capanna in attesa del ritorno di Rama dall’esilio – N.d.T.). Vedendolo, Bharata pensò: “Deve essere un demone. Non solo ha ucciso i miei fratelli, ma ora è venuto a portarmi via”, e lanciò contro di lui una freccia. Colpito, Hanuman precipitò giù insieme alla montagna. Giunte poi le mani, presentò i suoi omaggi a Bharata e gli disse: “Bharata, sai perché sono venuto? Lakshmana è svenuto durante questa guerra, e Rama piange addolorato, seduto al fianco di Lakshmana, privo di sensi. Per alleviare il dolore di Rama ho trasportato fin qui la montagna Sanjîvani.”
Bharata fu felice di sapere che Lakshmana sarebbe ritornato in vita, e mandò a chiamare tutti; fece chiamare persino le sue madri. Perciò anche Sumitra e Urmila arrivarono.
Udendo che Lakshmana era svenuto sul campo di battaglia, Kaushalya e tutti i presenti si sentirono male, tranne Sumitra, che non pianse. Anche Urmila non ne fu turbata: abbassò il capo e ascoltò il racconto di Hanuman. Al pensiero che Rama potesse soffrire, Kaushalya si disperò e cominciò a singhiozzare.
Sumitra la chiamò vicino a sé, e la consolò dicendole: “Sorella! Perché ti preoccupi? Mio figlio, Lakshmana, è andato per servire Rama. Nulla di male può accadere a Rama; Lakshmana Lo proteggerà in tutti i modi. Entrambi i miei figli sono nati per rendere servizio. Anche se ora Lakshmana è svenuto e dovesse morire, manderò l’altro mio figlio, Shatrughna, a servire Rama.”
Bharata poi si avvicino a Urmila e le disse: “Madre! Tu sarai preoccupata e addolorata nell’apprendere che tuo marito Lakshmana è svenuto sul campo di battaglia.” A quei tempi la gente si rivolgeva alle donne con l’espressione “madre”. Urmila rispose: “Figlio! Non ne sono per niente preoccupata, perché mio marito si trova con Rama stesso. Ogni cellula del suo corpo e ogni suo atomo sono saturi del Nome Divino di Rama; perciò sono sicura che, con quel Nome nel suo cuore, non incorrerà in alcun pericolo.”
A quel punto Urmila chiese a Hanuman notizie di suo marito, e quest’ultimo replicò: “Madre, tuo marito ha perso i sensi, e sarà molto difficile che possa riaversi e riprendersi. La situazione è assai difficile; per questo Rama è così addolorato.”
Urmila disse allora: “È per Amore che Rama è così affranto. Egli ama molto Lakshmana, e lo considera come il Suo secondo corpo, come la Sua seconda vita. Rama può quindi essere abbattuto, dato che Lakshmana ha perso conoscenza.” Ma poi Urmila rise, e aggiunse: “Hanuman, nessuno al mondo è in grado di comprendere la Divinità e la Realtà di Rama, e l’autentica natura di mio marito Lakshmana. Rama è veramente il Paramatma, il Sé Supremo. Non c’è motivo di preoccupazione, perché tutto questo è il Suo gioco divino.
Anche mio marito non nutre la benché minima preoccupazione; anche se ha perso conoscenza, ciò non significa che sia svenuto. Forse le frecce scagliategli da Ravana e da suo figlio possono avergli causato qualche lieve ferita, ma il Nome Divino di Rama è presente in ogni sua cellula e in ogni suo atomo; perciò Lakshmana non è per niente preoccupato, e non c’è alcun rischio per la sua vita. Infatti non è svenuto: si sta solo godendo un buon sonno in pace.”
Nessuno può comprendere il legame di sacro amore che esisteva tra Rama e Lakshmana. Quando quest’ultimo perse i sensi sul campo di battaglia, Rama, affranto e incapace di sopportare il dolore, disse gemendo: “Se ne andassi in cerca, in qualche parte del mondo potrei trovare un’altra moglie come Sita, ma non riuscirei mai a trovare un altro fratello come Lakshmana. Egli è la Mia stessa vita!”
Nel Ramayana non si parla molto della grandezza di Lakshmana e Shatrughna. Poiché la natura di questo mondo è fisica, la gente dà importanza solo agli aspetti fisici, e parla solo di Rama e di Sita, di Rama e di Sita, ma non mostra interesse per i sacrifici compiuti da Lakshmana, Shatrughna e dalle loro mogli.
A quel punto, Urmila sollecitò Hanuman a riprendere senza indugio la via del ritorno, poiché Rama e altri lo stavano attendendo. Poi affermò: “Io sono figlia del re Janaka, nuora del re Dasharatha, e moglie di Lakshmana. Tutti e tre sono uomini di verità e rettitudine: quindi nessun pericolo può colpire mio marito.” La sua determinazione era tale che non si mosse dal luogo in cui si trovava quando il marito partì per la foresta. Ella disse: “Finché, dopo quattordici anni, non sarai di ritorno, io resterò qui.” Così restò in quel luogo e passò il tempo dipingendo.
Kaushalya e Sumitra avevano qualche ansia, ma Urmila era imperturbabile. La sua natura era pura, immacolata e completamente disinteressata. Purtroppo, fino ad oggi, i Bharatîya, gli Indiani, non hanno compreso la nobiltà di Urmila; fino ad oggi, nessuno al mondo ha riconosciuto la grandezza di una madre come Sumitra. Quella Madre non nutriva l’ambizione che i suoi figli occupassero posizioni di autorità; voleva invece che seguissero soltanto il sentiero del servizio.

Nessun pericolo può presentarsi per Dio

Oggi ci troviamo nel mese di Chaitra, nel quale si celebra il giorno dell’Avvento di Rama, il giorno in cui una storia così sacra vide la luce. In questo mese di Chaitra non dobbiamo ricordare soltanto Rama e Sita, ma anche Lakshmana e Urmila. Anche Bharata deve essere ricordato. I quattro fratelli sono come i quattro Veda.
Una volta qualcuno chiese a Vashishta se le donne fossero autorizzate a recitare i Veda . Il saggio osservò che i quattro Veda – Rig Veda, Yajur Veda, Sama Veda e Atharva Veda – avevano assunto le forme di Rama, Lakshmana, Bharata e Shatrughna, e che questi quattro Veda giocavano nella casa dell’imperatore Dasharatha.
Quello che oggi dovete capire bene, è che il Signore non potrà mai incorrere in alcun pericolo. Gli Avatar inscenano una rappresentazione come questa allo scopo di stabilire un ideale per il mondo. Solo i grandi, il cui cuore è puro e sacro, possono comprendere queste mosse. Urmila soltanto poté capire il cuore sacro di Lakshmana, ma nessun altro ne fu capace; analogamente solo Sumitra riconobbe la natura e le qualità dei suoi figli, ma nessun altro li comprese. Solo una madre può capire i propri figli: nessun altro può farlo.
Numerose madri come questa nacquero nella sacra terra di Bharat; infatti, l’India ha saputo donare al mondo gioielli di madri e di mogli ideali. Molti altri episodi meravigliosi e misteriosi del Ramayana non sono rivelati o non se ne parla. È perciò essenziale che voi li conosciate e li mettiate in pratica.

I cambiamenti ci sono in ogni momento

Pensiamo che oggi sia il Nuovo Anno, ma non è così: ogni secondo è l’anno nuovo. Come sarà la situazione quest’anno? Come sarà la situazione con i capi politici? E quella degli affari? Come saranno le relazioni personali? Intrattenendo pensieri del genere, molta gente vive nella preoccupazione. Di fatto, non ci saranno cambiamenti. Questi non hanno bisogno di aspettare l’Anno Nuovo; infatti molti cambiamenti si verificano a ogni istante.
La gente si chiede quindi quali grandi mutamenti accadranno in questo nuovo anno. Le stesse cose che sono successe nell’anno appena trascorso, accadranno anche nell’anno appena iniziato; ma non sono queste le cose su cui dobbiamo soffermarci.
Gli anni trascorrono uno dopo l’altro, ma i nostri cattivi pensieri non vengono trasformati in sentimenti sacri. Quello di cui vi dovete preoccupare oggi è di eliminare le cattive qualità, i pensieri malvagi e le intenzioni riprovevoli.
Oggi è l’Anno Nuovo; perciò, dobbiamo sviluppare sentimenti sacri, pensieri divini e avere la visione del Divino. Fate esperienza della impercettibile beatitudine del Sé, dimenticandovi del mondo percepibile esteriormente.

La Beatitudine che deriva dal cuore

Incarnazioni del Divino Amore!
La beatitudine che dobbiamo conseguire, non può pervenirci dagli oggetti o dalle automobili. In verità nessun essere umano la può conferire, perché la beatitudine nasce dal cuore. Volgete, quindi, la visione all’interno verso il cuore. Si afferma:
“Il Signore permea ogni cosa che è all’interno e all’esterno di tutto ciò.”
Quando svilupperemo la visione interiore, la beatitudine si manifesterà automaticamente. Noi aspiriamo con fervore a ottenere gioia, ma non è necessario andarne in cerca, perché essa è in noi, con noi, accanto a noi, sopra e sotto di noi, e ci protegge. Non è quindi necessario lottare per la beatitudine. Felicità? Quale Felicità? Quella del corpo?

Questo corpo è un ricettacolo di sporcizia, ed è incline ad ammalarsi;
è un involucro che si muove attraverso la vita;
ma un ramoscello non può attraversare l’oceano del samsāra,
il ciclo delle nascite e delle morti.
O mente, non indugiare nell’inganno che il corpo sia permanente.
Prendi invece rifugio ai Divini Piedi di Loto!

Come può questo corpo darvi felicità permanente? È impossibile. Solo i Piedi di Loto del Signore possono concedervi vera felicità.
Oggi in India non c’è devozione, né senso di abbandono a Dio; la mente si lascia ingannare da effimere cose materiali. Che cosa sono tutte queste illusioni, questi inganni, queste gioie? Tutto ciò non è altro che uno spettacolo di marionette.
Questo gioco del mondo non è forse una commedia di burattini? Uno è re, e uno è povero. Ci si creda o no, è solo così. Non è forse vero? Comprendendo come procede il mondo, si vedrà solo questo.
La presenza dell’oscurità nel mondo è cosa nota.
Ecco la tendenza che prevale nel mondo: l’oscurità dell’ignoranza.
L’ignoranza è la forma del tamo guna. Come potete comprendere il sacro se siete immersi nel t amo guna, nell’ignoranza e nell’ottusità?

Siate un ideale per tutte le nazioni

Incarnazioni del Divino Amore!
Essere nati in questo paese di Bharat è la vostra fortuna, e vivere qui è una fortuna ancor più grande. Dovete essere orgogliosi di affermare: “Io sono un Bharatîya.” (Applausi).
Se qualcuno dovesse chiedervi le credenziali, sarà motivo di grande orgoglio poter affermare: “Sono un Bha ratîya.” (Applausi). Questa è, di per sé, già una gran qualifica. C’è un sacro e profondo significato in questa parola Bharatîya , ma voi non fate il benché minimo sforzo per capirlo.
O figli di Bharat! Conducete vite esemplari, e irradiate pace e felicità al resto del mondo. Migliaia e migliaia di Indiani hanno fatto della loro esistenza un ideale per il mondo intero, vivendo secondo Verità, Rettitudine, Pace, Amore e Non violenza, traendone gioia e condividendola con gli altri. Tuttavia oggi non si vedono né buone qualità, né sacri sentimenti. Non se ne può solo sentir parlare, né si può solo pensare ad essi: devono unicamente esser messi in pratica. Perché voi dimenticate e trascurate tali nobili ideali?

L’importanza del Ramayana

Incarnazioni dell’Amore!
Non dimenticate la sacra storia dell’India, non fatela cadere nell’oblio, affermando che ormai è vecchia. Non è semplice comprendere i sottili princìpi che sono alla base della nostra cultura. Può essere che abbiate letto il Ramayana molte volte; ma avete colto la nobiltà di sentimenti di Sumitra, nonché le virtù e l’esemplare castità di Urmila? No, no, no! Urmila era la figlia del re Janaka, mentre Sita era una bimba ritrovata sui campi arati della Madre Terra. Sita era quindi la figlia adottiva, mentre Urmila era quella naturale. Il re aveva deciso di dare Sita in sposa a Rama, e Urmila in sposa a Lakshmana.
Sita è la personificazione di Shakti (l’Energia). Il re, quindi, unì l’Energia (di Sita) all’Energia (di Rama). Ma com’è questa energia? È potere magnetico al 100%. Essendo ella figlia della Madre Terra, era satura di tale potere. Pertanto Sita sposò Rama, che le era simile in questo.
Chi è Lakshmana? È Adishesha stesso, che porta il peso della Madre Terra. Un tale essere, che sostiene il mondo intero, sposò Urmila, il cui nome significa “di grandi e sacre qualità”. Ella era una pittrice così brava da saper dipingere qualsiasi cosa in pochi istanti, ed era veramente virtuosa; ma nessuno oggi porta il suo nome.
Oggi la gente ricorda il nome di Kaikeyî e Manthara, che non hanno importanza per noi, ma non quello di Urmila che ispirò invece sacri ideali a milioni di persone. Ella era di natura delicatissima; rimase per quattordici lunghi anni nella stessa stanza in cui si trovava quando Lakshmana partì per la foresta, finché quest’ultimo non fece ritorno. Non ebbe mai desideri materiali. Io posso rivelarvi certe cose, ma non tutti possono comprenderle.
Sita indossava un sari giallo al momento dell’incoronazione; ebbene, trascorse tutti i quattordici anni nella foresta, indossando il medesimo sari. Lo stesso fece Urmila: portò lo stesso sari, finché Lakshmana non fece ritorno. Una moglie, un vestito.
Essendo le figlie del re Janaka, esse erano chiamate “Vaideha” (senza attaccamento al corpo); infatti il re, che non aveva attaccamento al corpo, era conosciuto con l’epiteto di Vaideha, tanto da essere chiamato “re Vaideha”. Egli diede lo stesso epiteto anche a Sita. Si può andare molto in profondità, studiando il sacro significato di ogni nome.
Se indagaste a fondo, scoprireste che ci sono molti segreti nascosti nel Ramayana , ma gli Indiani non fanno alcuno sforzo per comprenderli. Lo leggono semplicemente come la storia di Sita e Rama. Se a qualcuno si domanda: “Chi è Sita?”…
Non si dovrebbe raccontare, ma una volta, a un tale che stava commentando la Bhagavad Gita , fu chiesto quale fosse il nome della consorte di Râma; poiché non se lo ricordava, la risposta fu: “Signora Rama.” (Risate). Vedete? Questo è il triste stato delle cose! Gli Indiani di oggi sono immersi dell’ignoranza e sono vittime delle usanze moderne: ignorano la nostra antica cultura, per farsi trascinare dal modernismo.
Abbiamo un unico amico: Dio. C’è un solo testo sacro: la terra dell’India. La terra di Bharat è il nostro libro. Dovete studiare la storia di Bharat, non leggere romanzi stupidi e inquinare il vostro cuore con il loro contenuto. Questi gradualmente contaminano tutto; non possono portare purezza. Sentimenti sacri sorgono solo in chi purifica il proprio cuore.

La terra di Bharat è una terra santa

Incarnazioni dell’Amore!
Da questo primo giorno dell’Anno Nuovo, racchiudete nel vostro cuore la sacra storia di Rama e seguite le orme degli uomini e delle donne che espressero sacri ideali. Ricavatene gioia e condividetela con gli altri. La terra dell’India è sacra e voi dovete tener alto il suo buon nome, oggi purtroppo tanto vilipeso. C’è chi imbratta il nome e la reputazione della patria; non si fa così. Dovete affermare: “Bharat è la mia Madre Patria! Non devo dimenticare questa sacra terra. Io sono un Bharatîya.”
Se qualcuno vi chiede il vostro nome, non rispondete: “Ramayya, Krishnayya o Govindayya.” Dovete affermare: “Io sono un Bharatîya.” Questo è sufficiente.
Gli altri sono solo nomi dati al corpo, mentre Bharatîya è il nome che avete acquisito alla nascita. Chi è un Bharatîya ? Bha significa “splendore”, “luce,” “Divinità”. Pertanto un Bharatîya è chi nutre un intenso Amore per Dio. Bha – rati ( Bha= splendore; rati= devozione, amore).
L’India è centro di pace e sicurezza. Quando si parla della storia di Bharat e della sacralità della sua gente, si dice anche che quello che non è presente in India, non esiste in nessun’altra parte del mondo. Nessun altro paese ha ottenuto una così nobile fama come l’India; il suo buon nome dovrebbe estendersi ovunque e occorrerebbe sostenerne e promuoverne la gloria. Seguite gli insegnamenti del Ramayana e rendete santa la vostra vita. Questo sacro poema epico ha un grande messaggio da trasmettere. Numerosi altri poemi non hanno superato la prova del tempo, ma il Ramayana, sebbene siano trascorsi migliaia d’anni, continua a rimanere sempre fresco nella mente di tutti.
Il significato del nome Rama fu dato dal Saggio Vashishta, il quale disse: “Quando pronunciate la parola ‘Ram’, aprite prima la bocca per emettere il suono ‘Ra’ .” Nel momento in cui la bocca è aperta, tutte le vostre cattive qualità escono fuori: “Ra!” (“Ra” significa “vieni” in telugu – N.d.T.). Escono fuori! (Swami dà una dimostrazione aprendo la bocca e ripetendo:) “Ra!” Escono fuori!
Quando invece pronunciate la “M”, chiudendo la bocca, sbarrate l’ingresso alle cattive qualità che sono appena uscite. (Swami dà una dimostrazione serrando le labbra –N.d.T.). “Mmm!” La bocca è chiusa! Questo è il significato profondo del Nome Rama. “Ra”: le cattive qualità escono. “M”: dà protezione, in modo che esse non possano ritornare. Purtroppo, oggi, queste cose si stanno dimenticando! In questa ricorrenza del Capodanno, avete imparato molte cose nuove: mettetele in pratica, santificando in tal modo la vostra vita. La vita si santifica quando ha un senso.

(Sai Baba canta il bhajan: “ Hari Bhajana Bina …”, poi continua il Discorso – N.d.T.).

Incarnazioni dell’Amore!
Oggi festeggiamo l’Anno Nuovo del Tamil e anche Vishu, il Nuovo Anno del Kerala. Ieri si è celebrato il Capodanno telugu. I nomi sono diversi, ma il significato profondo è il medesimo. Celebrare una festività non significa semplicemente lavarsi i capelli, indossare abiti nuovi, mangiare dolci ecc. Se voi capiste il loro intimo significato, celebrereste queste feste nel vero spirito.

È la città dove scorre il fiume Citrāvatî, snodandosi tra incantevoli rive;
la città del buon auspicio, circondata da maestose piantagioni di mango;
la città dove Shiva e Pārvatī stanno a guardia delle quattro direzioni;
la città dove risiede il Dio dei miracoli, e nei cui pressi c’è una grande e stabile riserva d’acqua;
la città che testimonia la gloria imperitura del re Bukkaraya.
Questa è la città di Puttaparthi, la cui fama non sarà mai abbastanza esaltata.
(Applausi)

Che cosa significa il nome Puttaparthi? Parthi vuol dire “splendore”. Puttaparthi è, quindi, il luogo dove nasce lo splendore. Nei tempi passati era chiamata Puttavardhini. Putta significa “formicaio”, perché prima tutt’intorno c’erano formicai in cui vivevano i serpenti. Puttavardhini, infatti, significa “il luogo ove prosperano i formicai”. In un certo senso, si può affermare che anche il Ramayana sia scaturito da un formicaio, perché il suo compositore, il Saggio Valmiki, emerse da un formicaio. Egli era completamente ricoperto da un formicaio cresciutogli attorno mentre faceva penitenza, con serpenti che gli passavano sopra. Dunque il Ramayana , scritto da Valmiki, nacque da un formicaio.
Nel vostro cuore, che può essere paragonato a un formicaio, ci sono i serpenti delle cattive qualità. Se voi recitate, o cantate il Nome Divino, tutti quei “serpenti” verranno fuori. Ripetere il Nome di Dio è come il suono melodioso che incanta i serpenti e li fa uscire dal formicaio; è la nota della vita. Se lo pronunciate, tutti i serpenti verranno fuori. Dovete ripetere il Nome di Dio per liberarvi delle cattive qualità.

Sacralità della recitazione del Nome di Dio

Oggi, sono molti a non dare importanza alla recitazione del Nome Divino, ma è un grosso errore, un grosso errore, un grosso errore!

Solo il canto del Nome Divino, del Nome Divino,
del Nome Divino può redimere le vostre vite e
concedere la Liberazione in quest’era di Kali.

Il namasmarana (il canto del Nome del Signore) è sommamente sacro. Oggi il Paese deve affrontare innumerevoli difficoltà, perché la gente non ripete il Nome di Dio. Cantatelo più spesso. Fate in modo che esso si diffonda in ogni strada, in ogni cellula, in ogni atomo. Niente può darvi la gioia, il coraggio e la forza che potete ricavare dalla ripetizione del Nome del Signore.
Lasciate pure che gli altri ridano di voi; non badate loro. La gente può dire: “Quello è un funzionario importante; com’è che anche lui recita il Nome?”
Chiunque abbia un cuore ha il diritto di cantare il Nome di Dio. Il cuore è il medesimo in tutti. Che cosa c’è di sbagliato se anche un alto funzionario recita il Nome Divino? Giovane o vecchio, ricco o povero, tutti devono ripetere il sacro Nome. Solo gli stolti, che vivono nell’ignoranza, deridono chi recita il Nome del Signore. Solo gli stolti!
Essi si burleranno di voi. Chi invece ha una mente saggia non considererà la ripetizione del Nome come una facezia. Il namasmarana, quindi, è molto importante. Lasciate che gli altri pensino ciò che vogliono.
Se qualcuno dovesse chiedervi: “Che cosa! Anche tu sei diventato un devoto? Anche tu credi in Dio? Anche tu reciti il Nome?”, rispondetegli: “Sì, sì! Sono forse così “grande” da non dover ripetere il Nome di Dio? Non solo tu, ma anche tuo nonno, il tuo bisnonno… tutti devono ripetere il Nome Divino. Qual è altrimenti lo scopo di essere nati come esseri umani?” L’altro potrebbe replicare che egli non crede in Dio, e voi potreste rispondergli: “Se non hai fede, quello è il tuo destino; ma io ho fede e ripeto il Nome del Signore. Dio può non esistere per te, ma Egli esiste per me. Chi sei tu per negare l’esistenza di Dio? Che diritto hai di mettere in discussione la mia fede?”
Se voi ripetete il Nome di Dio con tale coraggio e convinzione, potete essere certi che tutti i vostri sforzi avranno successo. (Applausi). Non abbiate timore di nessuno. Cantate la Gloria di Dio senza nessuna paura: solo allora potrete sperimentare la Beatitudine Divina. Iniziate la recitazione del sacro Nome proprio da questo momento, la ricorrenza dell’Anno Nuovo. Non è necessario che, per farlo, abbiate strumenti musicali, melodia o ritmo. È sufficiente che esso scaturisca dal centro del vostro cuore. La vostra mente è come una vina (strumento musicale). Siate vigili, affinché essa non sia inquinata da pensieri cattivi. Ogni pensiero negativo produrrà una nota discordante; perciò colmate la vostra mente di nobili pensieri e cantate la Gloria di Dio. Solo così potrete divenire beneficiari dell’Energia Divina.

Come pregare Dio?

Una volta, dopo che Krishna era andato a Mathura, le pastorelle addolorate si trovarono e pregarono Krishna così:

Swami canta in telugu:)
“O Krishna! Canta per noi con tutta la Tua dolcezza, pari a quella del miele.
Parlaci e placa le nostre menti. Prendi l’essenza dei Veda e trasformala in melodia divina;
ponila nel Tuo divino flauto e trasformala in musica.
O Krishna, canta per noi! Solo una canzone, Krishna! Soltanto una! Quale?
Prendi l’essenza dei Veda e trasformala in melodia divina;
ponila nel Tuo divino flauto e trasformala in musica.
O Krishna, canta per noi!”

Esse udirono il dolce canto di Krishna, solo una volta, e poi morirono. Si persero in quell’estasi, e dimenticarono tutte le sofferenze che avevano subìto per tanti anni. Tale è la dolcezza della musica divina! La gente del Kerala chiama questo nuovo anno “Vishu”, che significa “abbiate gioia, possa esserci pace, vivete una vita coraggiosa e felice”. Questo è Vishu.
Anche il Tamil Nadu festeggia oggi il Nuovo Anno, che ha lo stesso significato. Abbiate salute, pace, felicità e prosperità, e siate in ogni modo un esempio per gli altri. Mantenete un comportamento ideale. Mi auguro, in tal modo, che la vostra vita possa essere sacra, ammirevole e piena di beatitudine. Che ognuno sia felice e in pace. Non è necessario che cerchiate la beatitudine all’esterno: essa è dentro di voi.
Quindi, da oggi chi è un devoto non deve farsi condizionare (da ciò che gli altri dicono) e deve sviluppare devozione e abbandono. Cantate la gloria del Signore ovunque siate: solo così potrete condurre una vera vita umana. Essendo nati in questo paese, le vostre vite devono essere esemplari.
Molto presto altri paesi del mondo seguiranno l’India. In campo spirituale, l’India deve accettare la responsabilità di essere guida. Questo è ciò che IO spero: la guida della spiritualità.

Whitefield, Sai Ramesh Krishan Hall, 14 Aprile 2002
Nuovo Anno del Tamil Nadu

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