L’11 aprile 2003 si è celebrata a Whitefield la festività di ‘Shrî Râma Navamî’, ricorrenza della nascita del Signore Râma.
Il Sai Ramesh Hall era splendidamente decorato con bandierine e festoni. Dipinti di Hanuman e Garuda adornavano la sala e un messaggio elettronico scorreva sullo schermo posto in alto, inviando a tutti i devoti messaggi di auguri per questo sacro giorno di festa.
Il prato antistante la residenza di Sai Baba, il Trayî Brindavan, era anch’esso decorato con molta cura. Vi era un piccolo dipinto rappresentante il Signore Râma, Madre Sîtâ e Lakshmana (fratellastro di Râma) davanti alla loro capanna nella foresta.
“Uccelli e bestie, che non possiedono alcun tipo d’istruzione,
hanno imparato a condurre una vita ordinata.
L’uomo, invece, pur essendo dotato di grande intelligenza,
non segue una vita disciplinata.
Che altro si può trasmettere
a tutti voi qui riuniti in questa solenne assemblea?”
“Il Signore risplende luminoso nell’universo,
e l’universo risplende nel Signore.
La relazione fra Dio e l’universo è intima e indivisibile.”
Il Râmâyana è i Veda
Il sacro poema epico Râmâyana è invero il Veda disceso dal cielo sulla terra. I Veda sono suddivisi in quattro parti: Rig Veda , Yajur Veda , Sâma Veda e Atharva Veda . Il Rig Veda è d’ausilio, sostiene e protegge gli Yajña e gli Yâga (i sacrifici e le offerte rituali). Nel Râmâyana , Râma simboleggia il Rig Veda ; Lakshmana (Suo fratello) è simbolo dello Yajur Veda , il quale contiene i mantra recitati durante l’esecuzione dei riti e delle offerte sacrificali. Quando Râma andò in esilio nella foresta, Bharata (Suo fratello) si ritirò nel Nandigrâma per cantare incessantemente il divino Nome di Râma; perciò Bharata rappresenta il Sâma Veda . Shatrughna, ovvero colui che distrugge gli shatru (i nemici), proteggeva le persone pie. Egli era sempre ubbidiente nei confronti dei suoi fratelli e sta a indicare l’ Atharva Veda . L’essenza di quest’ultimo Veda consiste nel distruggere la malvagità e nel favorire sacri sentimenti e sacre attività. Di fatto, il Râmâyana è i Veda , e questi non sono diversi dal Râmâyana . Comprendere ciò è vera umanità.
Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna sono i quattro figli di Dasharatha, ma non basta sapere questo: si deve indagare e comprendere il profondo significato. Chi è Dasharatha? Egli rappresenta il corpo umano comprendente i dieci sensi (i cinque sensi di percezione e i cinque sensi di azione). In realtà, Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna non sono i figli di Dasharatha e delle sue tre mogli. Non si creda che essi siano nati come comuni mortali. Essi sono le Chaitanya Svarûpa (Incarnazioni della Divina Consapevolezza), emerse dal fuoco sacrificale, e vogliono essere un ideale per tutta l’umanità e per i genitori, i fratelli e le sorelle di ogni famiglia.
Oggi, a causa dell’impatto dell’era di Kali non c’è unità né amore fra i fratelli della stessa famiglia, ma solo conflitti che causano turbamenti.
Contrariamente a ciò, fra Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna esisteva un’unità indissolubile, e con ciò essi rendevano felici anche gli altri. Persino quando, da fanciulli, giocavano o facevano delle gare, ogni fratello desiderava soltanto la vittoria dell’altro.
Unità, armonia e amore tra Râma e i Suoi fratelli
Un giorno i quattro fratelli, ancora piccoli, facevano un gioco. Dopo un po’, Bharata corse da madre Kaushalyâ, le si sedette in grembo e cominciò a piangere. Ella gli chiese: “Bharata, perché sei triste? Hai forse perso la partita?” Bharata rispose: “Madre, sarei felice se così fosse, ma, quando ero sul punto di perdere, Râma fece in modo di essere battuto per far vincere me; ora sono addolorato per la sconfitta di mio fratello maggiore.” Che grande esempio di amore fraterno!
Quando Lakshmana cadde svenuto sul campo di battaglia, Râma, abbattuto e molto addolorato, poiché considerava Lakshmana come la Sua stessa vita, si lamentò dicendo: “Se cercassi in tutto il mondo, potrei trovare una madre come Kaushalyâ e una moglie come Sîtâ, ma non un fratello così nobile come Lakshmana. Che senso ha ora questa vita senza Lakshmana?” Fra i quattro fratelli c’era grande unità, armonia e amore. Quando Bharata fece ritorno, dopo essere stato nel regno di Kekaya, venne a sapere dal Saggio Vashishta che Râma era andato in esilio e che sarebbe ritornato solo dopo quattordici anni. Sconfortato, si recò dal Saggio, gli offrì i suoi rispetti e disse: “O venerabile Maestro, io non voglio questo regno che ha causato l’esilio di mio fratello Râma; solo Râma, che è il figlio maggiore, ha il diritto di governare l’impero; perciò, andrò subito nella foresta, mi getterò ai piedi di Râma e Lo supplicherò di ritornare e di prendere il comando di Ayodhyâ.” Ciò mostra come ognuno dei quattro fratelli fosse disposto a fare qualsiasi sacrificio per il bene dell’altro.
Vedere Dio nel marito
Al fine di mantenere la promessa fatta da Suo padre, Râma era pronto ad andare in esilio; perciò indossò le vesti fatte di corteccia d’albero e andò nella residenza di madre Kaushalyâ per ottenere il suo consenso. Quest’ultima, inconsapevole dell’improvviso sviluppo degli eventi, aspettava ansiosamente l’arrivo di Râma, ed estasiata al pensiero della Sua prossima incoronazione, si aspettava di vederLo arrivare in abiti regali.
Meravigliata e preoccupata nel vedere Râma e Sîtâ con vesti di corteccia, esclamò: “Râma, è forse questo il tipo di abito che devi indossare il giorno della Tua incoronazione?” Râma, sorridendo, rispose: “Madre, sono stato incoronato re di aranya râjya (il regno della foresta) da mio padre; perciò vi andrò per proteggere i saggi e i santi e liberarli dalle sofferenze inflitte loro dai demoni. Ti prego quindi di non ostacolare questa sacra missione. Devo seguire il comando di Mio padre.” Pronunciate queste parole, si prostrò ai piedi di Sua madre, chiedendole il permesso di recarsi nella foresta.
Udendo ciò, madre Kaushalyâ fu sopraffatta dal dolore e Lo supplicò: “Figlio, Tu dici di voler ubbidire solo agli ordini del padre, ma che cosa pensi dei comandi di Tua madre? Io sono ardhângi (la metà) di Tuo padre ed è quindi Tuo sacrosanto dovere ubbidire anche ai miei ordini. Io non ostacolerò il Tuo ritiro nella foresta, ma lascia che anch’io Ti accompagni. Ti ho messo alla luce dopo aver praticato molti riti e rigorose penitenze per molti anni; non posso vivere senza di Te neppure per un istante.”
Râma la calmò, dicendole: “Madre, non devi abbandonare tuo marito, che è in età avanzata, e che si consumerà di dolore nel separarsi da Me. In tale circostanza, dovrai confortarlo e consolarlo con parole dolci e tranquillizzanti; questo è il tuo dovere primario, perché per una moglie il marito è Dio, ed egli è per lei l’unico rifugio.” Sîtâ, che era presente e aveva udito la conversazione, subito Gli chiese: “Râma, il Dharma non è uguale per tutte le donne? È possibile che ci sia un Dharma per Tua madre e un altro per me? Mi hai chiesto di rimanere qui e di prendermi cura di Tuo padre e di Tua madre. Ora dici a Tua madre che servire il marito è il dovere principale di una moglie. Questo non è forse valido anche per me?” Madre Kaushalyâ si commosse alle parole di Sîtâ e disse a Râma: “Figlio, il medesimo Dharma ha valore per tutte le donne. È destino che io debba soffrire in questo modo. Perché vuoi addolorare Sîtâ, lasciandola qui ad Ayodhyâ? Ella ha rinunciato a tutto e ha deciso di venire con Te nella foresta. Non deluderla, prendila con Te; è Tuo dovere prenderTi cura di lei.” Da questo episodio si può facilmente comprendere la nobiltà e l’ampiezza di mente di madre Kaushalyâ.
Râma, Incarnazione del Dharma
La ricorrenza della nascita di Râma è celebrata per ricordarci gli ideali che Egli trasmise; infatti, dobbiamo riflettere sugli esempi impartitici da Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna e anche da Kaushalyâ, Sumitrâ e Kaikeyî. Il Saggio Vashishta dichiarò:
“Râma è l’Incarnazione del Dharma.”
Egli descrisse la divina Forma di Râma con le parole:
“Colui la cui Forma tutti incanta.”
“Râma, la Tua bellezza e il Tuo fascino non si limitano solo alla Forma fisica: il Tuo amore infinito e la Tua compassione Ti conferiscono questa Forma incantevole e gioiosa. Persino gli uomini sono attratti dalla Tua Forma gloriosa. Tu sei la Personificazione vera e propria di Sat-Cit-Ânanda (Esistenza, Consapevolezza e Beatitudine).” Così il Saggio Vashishta magnificò la gloria e la maestà di Râma.
È veramente una fortuna straordinaria per voi poter ascoltare la sacra storia di Râma e cantare la Sua gloria.
Dio è presente in tutti gli esseri
Come vi ho detto all’inizio, Dio risplende luminoso nell’universo, e l’universo risplende in Dio; la relazione fra Dio e l’universo è intima e indissolubile. L’universo è pieno di esseri viventi e ogni essere è l’incarnazione di Râma; non riduceteLo perciò a un semplice nome o a una forma particolare: tutti gli esseri sono le Sue Forme. Râma significa “Colui che delizia, ed è presente in tutti”.
Dio è presente in tutti gli esseri.
Tutto questo Universo è permeato di Dio.
Il mondo è la Forma vera e propria di Dio.
L’Essere Supremo ha mille teste, mille occhi e mille piedi.
A quei tempi, la popolazione del mondo consisteva solo di alcune migliaia di persone e, poiché tutti gli uomini erano considerati la forma di Dio, era stato dichiarato ‘L’Essere Supremo ha mille teste…’. Con il passare del tempo, tuttavia, la popolazione aumentò e passò dalle migliaia alle centinaia di migliaia e poi ai milioni. Successivamente fu dichiarato:
“Egli è nella forma di trenta milioni di esseri.”
Oggi, la popolazione mondiale ammonta a circa sei miliardi di persone e tutti sono le Forme di Dio. Di solito, la gente limita Râma a una forma particolare con l’arco e una faretra di frecce, ma, di fatto, ogni uomo è Râma svarûpa (l’incarnazione di Râma); ecco perché la gente assume nomi come Râma, Lakshmana, Krishna, Govinda, ecc.
La continua alternanza di gioia e dolore
Non solo i quattro fratelli, ma anche le loro consorti dimostrarono grandi ideali. Sîtâ e Ûrmilâ erano le figlie del re Janaka, mentre Mândavi e Shrutakîrti erano le figlie di suo fratello minore. Erano donne dal carattere puro, ed erano dotate di un supremo senso del distacco. Esse consideravano la felicità altrui come la propria. Quando Râma era in partenza per la foresta, Sîtâ insistette che le fosse consentito di accompagnarLo. Gli disse: “Swami, Tu sei venuto per la redenzione dell’umanità. Anch’io ho un ruolo da svolgere in ciò. Come posso restare qui, mentre Tu te ne vai nella foresta rinunciando a tutto?” Si tolse quindi tutti i suoi ornamenti, indossò vesti di corteccia e seguì Râma.
La moglie di Lakshmana, Ûrmilâ, era una pittrice molto brava. Essendo all’oscuro degli avvenimenti, stava dipingendo il quadro dell’incoronazione di Râma. Mentre era profondamente assorta nel suo lavoro, Lakshmana entrò improvvisamente nella stanza e la chiamò ad alta voce. Colta di sorpresa, ella si alzò di scatto, e accidentalmente rovesciò il colore sul quadro che stava dipingendo, rattristandosi poi molto, per aver rovinato tutto. Lakshmana allora osservò: “L’incoronazione di Râma, che avrebbe dovuto donare pace e prosperità all’umanità, è annullata a causa di Kaikeyî, e il quadro dell’incoronazione che tu stavi dipingendo è rovinato a causa mia.” Egli la informò che avrebbe accompagnato Râma e Sîtâ nella foresta per servirLi, e disse che sarebbe tornato solo dopo quattordici anni. Ella non fu minimamente turbata da questa decisione; anzi, ne fu felice, e lo invitò a servire Sîtâ e Râma con la massima devozione. Piacere e sofferenza, dolore e felicità si susseguono continuamente; quindi, bisogna accogliere entrambi con equanimità.
Piacere e dolore, bene e male coesistono; nessuno può separarli.
Non potete trovare il piacere o il dolore,
il bene o il male, l’uno senza l’altro.
Il piacere si coglie quando le difficoltà fruttificano.
Quando Dio e il devoto sono uniti
Lakshmana prese commiato da sua moglie e si recò da madre Sumitrâ per chiedere la sua benedizione. ‘ Su-mitra ‘ significa ‘buona amica’ e il suo carattere era all’altezza del suo nome. Quando Lakshmana la informò della sua decisione di accompagnare Sîtâ e Râma nella foresta, ella, da nobile madre qual era, ne fu molto felice e non si preoccupò che nessuno dei suoi due figli governasse il regno.
Quando la sua tazza con la crema di riso le fu sottratta dall’aquila, sia Kaushalyâ che Kaikeyî le espressero solidarietà, e condivisero con lei la loro porzione di crema. Lakshmana nacque dalla porzione del dolce di Kaushalyâ, e Shatrughna da quella di Kaikeyî. Per questo, Lakshmana e Shatrughna sono rispettivamente gli aspetti di Râma e di Bharata. Lakshmana servì Râma e Shatrughna servì Bharata. Sumitrâ si ritenne fortunata che i suoi figli servissero Râma e Bharata. Ella aveva questi nobili sentimenti.
Dove c’è Dio, là è il suo devoto. Dove Dio e il devoto sono uniti, la vittoria è assicurata.
Sumitrâ disse a Lakshmana: “Figlio, essere in compagnia di Dio è la più grande ricchezza.” Così ella, senza indugiare, permise a Lakshmana di accompagnare Râma e Sîtâ.
Quando Râma si recò da Kaushalyâ per prendere congedo da lei, ella si lamentò dicendo: “Figlio, Tu mi lasci ad Ayodhyâ nelle comodità regali, e te ne vai nella foresta a condurre una vita di tribolazioni.” A queste parole, Lakshmana, che si trovava a fianco di Râma, esclamò: “Madre, Ayodhyâ senza Râma e Sîtâ è invero la foresta, mentre la foresta con Râma e Sîtâ è invero Ayodhyâ. Sîtâ e Râma sono i miei genitori: io Li servirò e passerò felicemente il mio tempo.” C’era grande unità e accordo non solo tra i quattro fratelli, ma anche tra le loro consorti. Essi rappresentano un ideale per ogni famiglia. C’è oggi una famiglia nella quale le nuore vivano in amicizia? C’è forse una famiglia in cui i fratelli vivano in armonia, senza abbandonarsi a dispute sulle proprietà? In nessun luogo si trova una famiglia tanto esemplare. Questa era di Kali è diventata l’era di kalaha (il conflitto).
La luce di un faro per ogni famiglia
In tale scenario, il Râmâyana risplende come la luce di un faro per ogni famiglia. Come devono comportarsi fratelli e sorelle? Nel Râmâyana , troviamo l’esemplificazione di tali grandi ideali. La semplice lettura del sacro testo del Râmâyana non è sufficiente; dovete emularne gli ideali. Il Râmâyana trascende ogni barriera di tempo, spazio, casta e religione.
In tutte le nazioni, in tutti i tempi e in qualsiasi circostanza, l’unità è davvero indispensabile per dare compimento alla vita. Anche gli uccelli e gli animali hanno unità tra loro e non hanno quell’egoismo di ammassare cose. Oggi troviamo nell’uomo tendenze malvagie che non si riscontrano neppure tra le bestie e gli uccelli.
Dimmi con chi vai…
Non c’è un solo caso di conflitto nella famiglia di Dasharatha. Voi potreste domandarvi: “Non fu Kaikeyî responsabile di quel disaccordo familiare che condusse Râma all’esilio?” No, non fu affatto un disaccordo; infatti, Kaikeyî nutriva un grande affetto per Râma e Lo amava più del suo stesso figlio, Bharata; la sua mente venne, però, avvelenata a causa della cattiva compagnia di Mantharâ. Per questo, si dice:
“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.”
Anche Mantharâ aveva una natura buona; tuttavia, si trovava sotto l’influsso di un incidente accadutole nella vita precedente. A quell’epoca, ella era una cerva. Un giorno stava giocando col marito cervo nella foresta. Il re di Kekaya, andato a caccia nella foresta, vide i due cervi giocare. Nell’intento di catturarli, uccise il maschio con una freccia. La cerva ne fu straziata e andò da sua madre per lamentarsi della crudele azione compiuta dal re. La madre la consolò dicendole: “Figlia mia cara, dolore e piacere, bene e male coesistono in questo mondo. Dobbiamo sopportare le vicissitudini della vita con equanimità, ma puoi andare dal re a chiedere giustizia.” Allora la cerva andò dal re e diede sfogo a tutto il suo dolore: “O re! Noi vivevamo in pace e serenità. Tu mi hai inflitto una sofferenza indicibile uccidendo mio marito. Hai distrutto la mia vita.” Il re pietosamente rispose: “Nessuno può sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni. Tu stai piangendo la morte di tuo marito. Posso capire anche l’agonia di tua madre per aver perso il genero. Di conseguenza, un giorno, anch’io soffrirò per la perdita di mio genero.” Quella cerva, in seguito, ebbe nascita come Mantharâ e causò la morte di Dasharatha, che era il genero del re di Kekaya.
Sobrietà nei desideri
La vita non è altro che un oceano con le onde dell’unione e della separazione, e ognuno deve passare attraverso le sue avversità. Tale è la caratteristica di pravritti (il sentiero esteriore, materiale); ma c’è anche un altro aspetto della vita, ovvero nivritti (il sentiero interiore, spirituale).
Un bimbo va dalla madre e le dice: “Ho fame”. La madre che segue il percorso esteriore, gli risponde: “Vai a mangiare, bimbo mio!” Questo è il pravritti dharma (la via esteriore). Se una madre, invece, segue il cammino interiore, non dirà a suo figlio soltanto: “ v ai pure a mangiare”, ma gli consiglierà che cosa deve mangiare, come e quando. Se avete fame, non dovete mangiare qualsiasi cosa vi piaccia, senza pensare se faccia bene alla salute. La madre ‘ nivritti’ consiglierà di mangiare solo quel cibo che doni buona salute. Anche i Veda hanno trattato i princìpi di pravritti e nivritti.
Si possono avere dei desideri, ma devono essere contenuti e fondati sulla Verità e sulla Rettitudine. Non mangiate tutto quello che vi capita. Non dite qualsiasi cosa vi passi per la mente. Parlate solo dopo aver riflettuto adeguatamente. Queste sono alcune delle lezioni che il Râmâyana insegna all’umanità. Ecco perché il Râmâyana è paragonato ai Veda . Esso insegna splendidamente gli aspetti pravritti e nivritti della vita. Pravritti è la svabhâva (la caratteristica) di prakriti (la creazione). Nivritti è Svarûpa ( la Forma ) dell’ Âtma. Nivritti espande la vostra visione, mentre pravritti fa il contrario. Pertanto, dovete basare le vostre attività su nivritti.
Il Râmâyana e i Princìpi del Dharma
Il Râmâyana insegna a ogni uomo i princìpi del Dharma e la via del dovere. Nonostante siano passate ere ed eoni, il Râmâyana resta sempre attuale e guida l’umanità sul sentiero della Verità e della Rettitudine; infatti, ancora oggi, pensiamo ai personaggi del Râmâyana con rispetto e reverenza. Potete, quindi, facilmente comprendere la sua grandezza; non esiste moralità più elevata di quella descritta dal Râmâyana : esso deve essere oggetto della vostra parâyana (venerazione). Dovete installare il principio di Râma nel vostro cuore e derivarne beatitudine.
Mettere in pratica gli insegnamenti del Râmâyana
Incarnazioni dell’ amore!
Mettete in pratica gli insegnamenti del Râmâyana nella vostra vita quotidiana, e obbedite al comando del Signore Râma! È per capire e assimilare i princìpi del Râmâyana che oggi celebriamo la festività del Râma Navamî (la natività di Râma). Non è sufficiente che la celebrazione si riduca al semplice consumo di budino dolce e di altre leccornie.
Il Saggio Vâlmîki dichiarò che il Râmâyana esisterà finché ci saranno montagne e fiumi sulla faccia della terra. Vi chiederete che relazione ci sia tra il Râmâyana e le montagne e i fiumi. Le montagne rappresentano gli uomini, e i fiumi le donne. Finché ci saranno uomini e donne in questo mondo, la gloria del Râmâyana continuerà a illuminarlo. Le donne sono paragonate ai fiumi che scorrono incessantemente dissetando tutti, poiché esse sono il simbolo del sacrificio. Il Râmâyana mostra all’uomo grandi ideali. Tutti devono contemplare e riflettere su questa sacra storia e seguirne gli ideali. Il matrimonio di Râma e Sîtâ fu celebrato a Mithilâ con grandi festeggiamenti e gioia. Furono intonati dei canti per invitare i cittadini ad assistere al divino matrimonio di Râma e Sîtâ.
Venite, andiamo a vedere il matrimonio di Râma e Sîtâ.
La sola visione conferirà grande merito.
Le vite di coloro che assistono a questo matrimonio saranno santificate.
Orsù, venite tutti a vedere il santo matrimonio
Râma, su un elefante, brilla di tutto il Suo splendore.
Madre Sîtâ è al Suo fianco; i fratelli sono al Loro servizio.
Sîtâ e Râma, sorridendo, ci chiederanno della nostra salute. Che altro si può desiderare?
Venite, andiamo subito a vedere le sacre nozze di Râma e Sîtâ.
Esultando per il matrimonio di Râma e Sîtâ, tutti cantavano canzoni come questa e i cittadini di Ayodhyâ e di Mithilâ erano immensamente felici; la città di Mithilâ era in gran festa, e il matrimonio divino conferì a tutti un’indicibile gioia. La storia di Râma è misteriosa, sacra e colma di beatitudine.
Incarnazioni dell’ amore!
La storia di Râma non è antica: è eterna e sempre nuova ed è piena di buoni auspici. Possiate tutti voi colmare il vostro cuore dei sacri ideali del Râmâyana ! Possiate liberarvi dell’odio e di tutte le differenze! Possiate vivere in pace e armonia! Se contemplerete Râma incessantemente, ne trarrete immensa gioia e diletto.
(Baba ha concluso il Discorso con il bhajan : “Râma Râma Râma Sîtâ…“ ).
Whitefield, Sai Ramesh Hall, 11 aprile 2003
Râma Navamî, giorno della nascita del Signore Râma
( Tradotto dal testo del “Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam)