10 Settembre 2002 – L’insuperabile demolitore di ostacoli

10 Settembre 2002 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L’insuperabile demolitore di ostacoli

“Il teismo è scomparso;
il rispetto e il Dharma
hanno completamente perso la loro forma.
L’ateismo è aumentato;
il rispetto nei confronti del guru
e la fede in lui se ne sono andati,
accomiatando la devozione e l’ospitalità.
La gente ha congedato l’antico splendore.”

Quella di oggi è una festività sacra. È Ganapati Chaturdashî. “Ga” significa vidyâ (la conoscenza profana, l’istruzione). “Na” vuol dire vijñâna (la Saggezza Suprema). Ganapati, dunque, è il padrone sia dell’intelletto sia di vijñâna.
Ganapati è il padrone di tutti i gana. Ci sono numerosissimi gana che si stanno prendendo cura dell’universo e Ganapati è il loro capo. Tutti hanno un padrone, un guru, mentre Ganapati non ne ha affatto. Egli stesso è il guru. Oggi è quindi il giorno di nascita di Colui che non possiede alcun padrone o guru.
Non solo. Il veicolo di Ganapati è un ratto, che simbolizza le tenebre. Infatti, il ratto si muove liberamente fra le tenebre. Con la parola “tenebre”, ci si riferisce alle tenebre dell’ignoranza. Il ratto, dunque, si muove fra le tenebre dell’ignoranza. Solo quando verranno innanzitutto riconosciute le virtù e le qualità di Vinâyaka, ci sarà possibile comprendere bene i risultati che si ottengono nell’adorarLo.

Rinuncia a tutti i tipi di Dharma
e abbandonati esclusivamente a Me.
Non temere: Io ti libererò
da tutte le conseguenze dei peccati.
(Bg. 18.66)

Questo è un importante versetto della Bhagavad Gîtâ. Ogni possibile difficoltà, sofferenza e preoccupazione segue colui che ha attaccamento al corpo. Ogni tipo di decisione viene messa in pratica da questo corpo. Perciò:

Rinuncia a tutti i tipi di Dharma.

Krishna chiese alle persone di rinunciare alle vâsanâ legate a questo corpo. L’intimo significato di tale richiesta consiste nel riconoscere l’unità nella diversità.
Senza vyashti (l’individuo), non ci può essere samashti (la totalità, l’universalità, la società); senza samashti, non ci sarebbe la creazione. Come prima cosa, perciò, dobbiamo riconoscere vyashti, attraverso cui ci sarà possibile conoscere samashti; dopodiché, attraverso samashti, conosceremo la creazione. Colui che la riconosce è parameshti (il Divino).
La creazione, parameshti e samashti si trovano all’interno di vyashti; per questo dobbiamo riconoscere bene la natura di quest’ultimo.
Vyashti è jîva (l’anima individuale), samashti è Dio e, fra i due, non esiste alcuna differenza. Quando il jîva diventa vyashti, la sua natura prende un aspetto individuale; quando il jîva diventa samashti (universale), è possibile comprendere il mondo intero. Ciò che innanzitutto Vinâyaka insegna, dunque, è a riconoscere e comprendere vyashti. Questo è vero intelletto; questo è il significato di “ga” , mentre “na” significa vijñâna. Buddhi e vijñâna sono quindi l’importante obiettivo di Vinâyaka.
Nel mondo, ai giorni nostri, le persone compiono rituali a Vinâyaka, ma sono incapaci di comprendere la Sua natura. Egli è Colui che sopporta tutte le responsabilità del comando.

Vinâyaka è il maestro di Se Stesso.

Ciò vuol dire che non esistono nâyaka (maestri) al di sopra di Lui. Nel mondo ci sono infatti persone che fanno la pûjâ a Vinâyaka, mentre Vinâyaka non compie rituali a nessuno. Persino Îshvara (Shiva) offre riti a Suo figlio Vinâyaka, ma Vinâyaka non adora Îshvara. Egli, perciò, è il capo di tutti.
Oggigiorno, nel mondo, le persone osservano esclusivamente vyashti e samashti, senza cercare di riconoscere che essi sono le radici della creazione. Parameshti, il Creatore di samashti, è l’importante capo di ognuno.
Nel mondo si stanno facendo tante cose. Sta accadendo tanto bene così come tanto male, e la causa, sia dell’uno sia dell’altro, è la decisione presa ogni volta dall’uomo. In seguito a decisione malvagie, sorgono malvagi sentimenti, mentre, grazie alle buone decisioni, nascono buoni sentimenti. L’uomo è dunque la personificazione di sankalpa (volontà, decisione, scelta) e vikalpa (agitazione mentale), ed è un’importante pratica spirituale bilanciare questi due aspetti presenti in noi. Dovremmo prenderci cura nel modo giusto del loro equilibrio.
A volte all’uomo capitano delle brutte situazioni. Nella vita dell’uomo non esiste momento in cui non ci siano delle difficoltà. Ogni cosa, prima di esser fatta, andrebbe valutata.
Questa vita umana ha 12 preoccupazioni:

“Nascere è una preoccupazione, essere sulla terra è una preoccupazione,
la vita terrena è una preoccupazione, la morte è una preoccupazione,
la giovinezza è una preoccupazione, la vecchiaia è una preoccupazione,
vivere è una preoccupazione, il fallimento è una preoccupazione,
tutte le azioni sono preoccupazioni, i problemi sono una preoccupazione,
e la felicità è una preoccupazione. La preoccupazione è una preoccupazione!”

La radice di tutto ciò non è altro che la preoccupazione. La felicità non può essere sperimentata senza che l’uomo abbia delle preoccupazioni; è grazie ad esse che egli ottiene la felicità. Vien detto:

“Il piacere è un intervallo fra due dolori.”

Fra due dolori, guadagniamo una gioia. Non è affatto possibile ottenere felicità senza soffrire.
Nella natura umana è presente così tanta felicità!
Il potere della vita umana non si trova nemmeno negli Dei. Nonostante ciò, l’uomo è incapace di utilizzare un tale potere divino. Il potere dell’intelletto (buddhi) è davvero grandioso e vijñâna lo è addirittura di più. Dobbiamo quindi innanzitutto comprendere la natura di questi due aspetti.

Importanti offerte di cibo

In questo giorno dedicato alla festa di Vinâyaka, vengono fatte alcune importanti offerte di cibo. Ad esempio, nessuno Gli offre cibo cotto o cibo fritto. Come si possono preparare dei cibi senza cuocerli o friggerli? Vengono macinati dei semi di sesamo, che si mischiano a jaggery e farina di riso. Il tutto viene quindi cotto a vapore. Questo cibo cotto a vapore viene chiamato kudumudu e undrallu. Questo è ciò che la gente offre a Vinâyaka.
Se il cibo non verrà fritto nell’olio, l’uomo sperimenterà una salute costante; nessuna sofferenza fisica potrà colpire chi mangia lo stesso cibo che mangia Vinâyaka. Grazie ai semi di sesamo e alla cottura a vapore, verranno curate tutte le malattie degli occhi e si avrà una buona digestione; la cottura a vapore renderà impossibile l’aumento della pressione sanguigna e degli zuccheri nel sangue.
A causa invece dell’olio e della cottura dei cibi con il fuoco, jatharâgni (il fuoco della digestione, ossia il calore presente all’interno dell’uomo – N. d .T.) aumenta; a causa dell’aumento di calore, insorgono tutte le malattie. Perciò, se si vuole rimanere in salute, bisognerebbe ridurre i fritti. Queste sono le fondamenta di una lunga vita.
Questo è dunque il cibo che mangia Vinâyaka. Per quanto mangi, solo il suo stomaco aumenta, senza però che si sviluppi mai alcuna forma di malattia. Vinâyaka mangia così.
Non solo. Egli viene anche chiamato con il nome di Vigneshvara (il Signore di tutti gli ostacoli). Nessun ostacolo o sofferenza s’intrometteranno sulla via della prosperità e della gioia. Con i rituali dedicati a Vinâyaka, ogni ostacolo si allontanerà; grazie a Lui, si possono ottenere anche dei conseguimenti materiali. In Dio sono presenti sia pravritti (il sentiero esteriore) che nivritti (il sentiero interiore). Pravritti è relazionato al corpo, nivritti è legato all’intelletto. Gli aspetti legati all’intelletto sono immutabili, mentre quelli relativi al corpo sono in continuo cambiamento.

Il controllo del cibo

Per questo, stando attenti al cibo che mangiamo e agli svaghi che ci prendiamo, dovremmo gradualmente ridurre l’attaccamento al corpo. Il corpo, infatti, per colpa (di certi tipi di) cibo e (di taluni) passatempi, si appesantisce. Quando il corpo è pesante, il cuore non riesce a pompare il sangue in modo adeguato.
Con ogni battito cardiaco, il sangue percorre un viaggio di 12.000 miglia. In questo modo il corpo si stanca. Inoltre, più il corpo è pesante, più il cuore deve pompare una maggior quantità di sangue, indebolendosi. In questo caso il cuore, che dovrebbe compiere settanta battiti al minuto, è costretto a battere più in fretta. Di conseguenza, per proteggere il corpo, dovremmo fare in modo di non dare troppo lavoro al cuore.
Questo è ciò che compie Vinâyaka. Egli mangia tutto, ma non ha mai problemi. Ciò vuol dire che, i lavori relativi al corpo che Egli compie, sono estremamente sottili. Il cambiamento delle abitudini alimentari è veramente la causa prima del cambiamento del proprio stato di salute. Dovremmo quindi controllare il cibo che mangiamo.
Non solo. Bisogna tener conto anche di mûshika. Mûshika vuol dire “ratto” (il veicolo di Ganesha – N.d.T.), ma in realtà questo termine non si riferisce a un topo vero e proprio, bensì al ratto come simbolo delle tenebre dell’ignoranza. Tutto ciò in cui eccediamo è cibo per i topi, ossia va a nutrire le tenebre e l’ignoranza.
Il ratto aiuta moltissimo Vinâyaka. Esso è piccolo, mentre Vinâyaka ha una grossa corporatura. Come può un tipo con un corpo così grosso viaggiare su un piccolo topo? Come vi ho detto, mûshika non significa ratto, bensì rappresenta le tenebre dell’ignoranza che sono davvero molto pesanti.
Ebbene, il nostro capo Vinâyaka sopraffà le tenebre, le quali non sentono il Suo peso (essendo abituate a sostenere senza sosta l’enorme pesantezza dell’ignoranza). Vinâyaka riesce, dunque, a smuovere tale pesante ignoranza.
La festa di Vinâyaka racchiude in sé tanti significati sottili. Oggi le persone eseguono rituali offerti a Vinâyaka utilizzando la garika (una specie di erba bianca – N.d.T.). Com’è iniziata quest’usanza? Una volta Pârvatî e Parameshvara (Shiva) stavano giocando a dadi, con Nandi come giudice di gioco per dichiarare chi sarebbe stato il vincitore e chi il perdente.
Poiché ad ogni partita Nandi dichiarava Shiva vincitore, Pârvatî si arrabbiò moltissimo: “Nandi non fa altro che imbrogliare!” (sbottò), e lo maledisse: “Possa l’indigestione indebolirti!”
Nandi la pregò: “Madre non mi sto comportando così per ingiustizia o meschinità. Il mio comportamento è motivato dalla giustizia. La volontà di Îshvara è dura come il diamante. La Sua volontà è l’espressione della fermezza. È proprio con quella volontà che Egli vince ogni volta. Perciò, perdonami.”
Per sollevare Nandi dalla sua maledizione, Pârvatî gli disse: “Il quattordicesimo giorno del mese di Bhâdrapada (agosto-settembre), compi un rituale con la garika. Offrendo (e poi mangiando) quell’erba, la tua malattia sarà curata.”
La garika è molto utile per la digestione. Molti di voi lo sanno. Coloro che hanno un cane e lo lasciano correre per i prati una volta a settimana, lo vedranno mangiare quell’erba bianca, proprio per le sue proprietà digestive. Fa infatti molto bene alla salute.

I devastanti effetti dell’ira

La festa di Vinâyaka porta dunque salute e prosperità. Questa festa protegge rigorosamente la salute e il benessere. Facendo i dovuti rituali in questo giorno di questo mese di Bhâdrapada, otterremo appieno la grazia di Vinâyaka. Questa fede, dai tempi passati fino ai giorni nostri, è infatti cresciuta fra la gente.
È importante dire che l’uomo, oggi, sta utilizzando malissimo i quattro doni offertigli da Dio: sthiti (la posizione), mati (la mente), gati (il modo d’agire) e sampatti (la ricchezza). A causa del cattivo utilizzo di questi aspetti, l’energia dell’uomo si sta gradualmente riducendo.
Non solo. Ci sono anche altre quattro qualità (negative): desiderio, ira, avidità e odio. Poiché le stiamo incrementando in modo esagerato, siamo sottoposti a maggiori sofferenze. Non ci sono limiti ai desideri. Non appena un desiderio è realizzato, si cerca immediatamente di soddisfarne un altro. Non ci sono limiti. E questo è il desiderio. Poi viene la collera, una pessima qualità, che indebolisce se stessi, i propri famigliari, i propri amici, coloro che stanno vicino e tutti quanti.

Colui che si arrabbia non avrà mai successo in niente,
verrà ostacolato in ogni cosa e commetterà dei peccati.
Farà pensare agli altri: “Ci (espressione telugu di disgusto), vattene via!”
L’ira è il proprio nemico, la felicità è la propria protezione.
La compassione è il vero parente.
La felicità è il proprio paradiso, l’ira il proprio inferno.

L’ira, perciò, indebolisce l’uomo.
L’odio è peggiore dell’ira. Non dovremmo odiare nessuno. Quando si odia, quell’odio segue per generazioni e generazioni. Poiché queste cattive qualità stanno seguendo l’uomo, la Divinità nell’essere umano si sta indebolendo. Soltanto quando manterremo salde e sicure le buone qualità, la durata della nostra vita non si ridurrà affatto. Per quanti siano i pericoli, per quanti incidenti potrebbero accadere, non si perderà la vita.
Le nostre cattive qualità, infatti, vengono a noi riflesse negli avvenimenti esteriori e ci fanno soffrire. Esse sono un riflesso, una reazione e una risonanza. Per questo dobbiamo prima di tutto ridurre i desideri, la collera e l’odio. Se questi sentimenti negativi sorgono in noi, dovremmo pensare: “Questi attributi non sono miei, bensì qualità animali. Se entreranno in me, diventerò un animale anch’io. Io non sono un animale, ma un essere umano.” Grazie a queste parole, tenendo a mente la natura umana, quelle caratteristiche animali non potranno entrare in noi.
A questa giovane età, i ragazzi stanno invece sviluppando sia i desideri sia gli attributi animali. Sfortunatamente, a causa dello sviluppo dei desideri, il loro futuro pian piano declinerà.

Un palazzo di quattro piani

La vita umana è un palazzo di quattro piani.
Il primo stadio è il brahmacharya (il celibato dello studente religioso); il secondo è il grihastha (il capofamiglia); il terzo è il vânaprastha (l’eremita) e il quarto è il sannyâsa (l’asceta, il rinunciante totale). Le fondamenta di questo edificio dovrebbero essere salde ed estremamente sicure. Tali fondamenta corrispondono allo stato di brahmacharya. Le fondamenta della giovinezza, infatti, dovrebbero essere forti e sicure. Quando le proteggiamo nel modo giusto, anche gli stadi del grihastha e del vânaprastha, un domani saranno vissuti in modo adeguato.
Poiché le fondamenta del brahmacharya non sono salde, ai giorni nostri la gente sta rovinando tre quarti della propria vita. Se alle persone si dice di pregare Dio, risponderanno: “Non ho tempo.” Se si chiede loro di pensare a Lui anche solo per 5 minuti, diranno: “Non abbiamo abbastanza tempo.” Tuttavia, quelle stesse persone buttano via tantissimo tempo con ogni tipo di sentimenti negativi, brutte visioni e cattive abitudini, non sfruttando a dovere il proprio tempo, che così viene sprecato.
Perciò gli studenti e i giovani di oggi dovrebbero innanzitutto rendere salde le fondamenta del brahmacharya. Brahmacharya significa “muoversi con Brahma (Dio)”. Quello è brahmacharya. Non vuol dire non sposarsi, bensì muoversi costantemente in Brahma, ricordarLo incessantemente e metterLo al centro dei propri pensieri e dei propri sentimenti. Questo è il sacro significato di brahmacharya. Rimanere in Brahma in questo modo è vero brahmacharya.
Qualunque sia la situazione, dovreste ricordare Dio costantemente. Ricordate il Divino, sperimentate la sacralità; offrite la vostra vita all’Amore. Solo questa è la vera forza delle fondamenta.

Rendere sacre le fondamenta

Giovani!
I muri sono visibili, così come lo è l’edificio. Si può vedere la bellezza dello stabile, ma non la bellezza delle fondamenta, poiché sono sotto terra. Tuttavia sono proprio esse a darci, in tutti i modi possibili, la forza necessaria, nonostante non si possano vedere, nonostante siano nascoste. Le fondamenta che non sono visibili, sono la base dell’edificio visibile. Non serve quindi dar loro nessun ornamento o bellezza.
Generalmente, infatti, si adorna e decora solo ciò che è costruito sopra le fondamenta e non le fondamenta stesse, che sono nascoste. Il loro scopo è quello di sostenere tutto il peso dell’edificio; per questo dovremmo renderle solide e sicure.
Sfortunatamente, ai giorni nostri, non prestiamo loro nessuna attenzione e descriviamo esclusivamente la bellezza di ciò che è visibile in superficie, mentre la cosa più importante sono le fondamenta, il brahmacharya, ossia il costante muoversi in Dio. Che cosa vuol dire charya? Significa “comportarsi”. Dovreste infatti comportarvi in conformità al brahmacharya e dimostrarlo. Questo è ciò che tutti i guru di oggi continuano a dire.
Qualcuno viene chiamato âchârya. Chi è un âchârya? È colui che pratica e dimostra, a differenza di un insegnante che trasmette semplicemente un insegnamento senza però metterlo in pratica. L’insegnante, perciò, terrà esclusivamente delle lezioni senza affatto aiutare a controllare la mente. L’âchârya, al contrario, aiuta pienamente a conseguire il controllo mentale.
Per questo motivo, fra i molti guru, solo due possono essere considerati degli âchârya. Chi sono? Uno è Dronâchârya e l’altro è Bhîshmâchârya. Sono gli unici due âchârya. Dronâchârya fu il guru che insegnò ai Pândava le cose legate al corpo, mentre Bhîshmâchârya fu il solo guru che insegnò loro ciò che era legato al cuore.
Bhîshmâchârya purificò ogni sua decisione. Non andando mai contro le parole di sua madre e obbedendole sempre, egli si meritò il suo amore. Per questo egli fu un grande jñâni. Che cosa vuol dire Jñâna (la Saggezza)? Non significa esclusivamente leggere ogni tipo di libro.

Saggezza è percezione della non dualità.

Non si dovrebbe pensare a nient’altro che a Dio. Dovremmo offrire il nostro corpo, la nostra mente e il nostro intelletto alla Divinità.

Compite ogni azione per compiacere Dio.

Non dovreste lottare per il vostro piacere personale, ma impegnarvi per dare piacere a Dio.

La morte di Bhîshma

Fin da principio, Bhîshma compì ogni cosa per la soddisfazione dell’Âtma. La sola cosa che desiderò alla fine, fu quella di ricongiungersi a sua madre.
(Durante la battaglia del Kurukshetra) egli giacque su un letto di frecce. Per 58 giorni, tutto il suo corpo rimase trafitto dalle frecce. Per tutto quel tempo non bevve nemmeno un sorso d’acqua. Egli desiderava meritare l’amore di sua madre; voleva ricevere la sua grazia. Con questo pensiero in mente, alla fine chiamò: “Arjuna. Arjuna.”
Qual è il significato di Arjuna? Non è esclusivamente un nome. Arjuna significa “colui che possiede un cuore puro”. Arjuna era chiamato anche in molti altri modi: Phâlguna, Pârtha, Kirîtin, Shvetavâhana, Bhibhatsa, Jaikrishna, Savyasâci e Dhananjaya. Arjuna vuol dire: colui che possiede un cuore puro.
Bhîshma disse: “Arjuna, le tue frecce hanno creato per me questo letto.”
Arjuna rispose: “Nonno! Durante una guerra accadono molte cose; in combattimento non si segue e osserva ciò che potrebbe danneggiare o che potrebbe aiutare. Tu hai lanciato delle frecce e io ho lanciato delle frecce. Le frecce lanciate da te hanno colpito persino Krishna che non c’entrava niente. Il corpo di Krishna ha cominciato a sanguinare; tuttavia stai forse soffrendo per questo? No. Questa è una guerra, dove non c’è opportunità di discriminare fra bene e male. Esiste solo la vittoria o la sconfitta. Comunque, perdona il mio errore. Se mi dici che cosa desideri, te la farò avere senz’altro.”
Bhîshma, allora, chiese una cosa: “Figlio, ho sete. Questa è la fine. È il cinquantottesimo giorno e io sto per lasciare il corpo. Porta perciò qui mia madre e versamela in bocca.”
Sua madre è Madre Gangâ (il fiume Gange). Egli disse: “Porta qui mia madre e versala nella mia bocca.” Immediatamente Arjuna scoccò una freccia nel terreno accanto alla testa di Bhîshma. Il Gange zampillò dalla terra ed entrò nella bocca di Bhîshma.
Bhîshma era altamente meritevole. Egli era un grande jñânin, possedeva tutta la conoscenza, conosceva tutti i Veda e praticava tutte le sâdhanâ . Non aveva mai danneggiato nessuno. Quando Madre Gangâ entrò nella sua bocca, Bhîsma chiuse gli occhi (morì). Questo vuol dire che la sofferenza alla quale fu sottoposto per mano di Arjuna, terminò grazie ad Arjuna stesso.

Mallikârjuna Bhramarâmbâ

Molte persone si chiamano Arjuna; tuttavia non comprendono il significato del nome che portano, né tantomeno si comportano di conseguenza.
In Shrîshailam ci sono Mallikârjuna e Bhramarâmbâ. Malli (in sanscrito) vuol dire “gelsomino”, fiore bianco che simbolizza ciò che è puro, immacolato, candido. Inoltre, al suo interno, si trova un nettare dolcissimo. Mallikârjuna, perciò, significa “il bianco e puro gelsomino”.
Bhramarâmbâ. Ambâ significa “madre”; bhramara è l’ape. L’ape si posa sul bianco fiore di Arjuna e succhia il nettare al suo interno, santificando così la sua vita. Ci sono numerosissimi significati alla base del nome Arjuna.

Trattative per evitare la guerra

Arjuna è dunque un grand’uomo. Fra tutti i fratelli (Pândava), perché elogiamo solo Arjuna? Egli non lanciò mai frecce inutilmente contro qualcuno; lo fece esclusivamente quando dovette combattere in guerra. (Prima della battaglia) Krishna chiese: “Arjuna, Mi stai mandando a negoziare (con i Kaurava). Con chi dovrei parlare?” Non si sarebbe dovuto combattere. Krishna prese la Sua decisione: “Io non combatterò.” Sarebbe stato esclusivamente l’auriga del carro (di Arjuna), ma non avrebbe usato armi contro nessuno. Perciò chiese ad Arjuna: “Che cosa dovrei fare?”
Arjuna rispose: “Cognato, tu conosci ogni cosa. Non c’è bisogno che sia io a dire qualcosa all’Onnisciente. Fai innanzitutto in modo che la battaglia non inizi.”
Krishna rispose: “Che cosa si può fare affinché la battaglia non abbia luogo? Vuoi che parli con Dhritarâshtra? Egli è un cieco che non possiede alcuna intelligenza. Ha un estremo attaccamento per i suoi figli: per questo agisce secondo ciò che essi dicono e non in base a ciò che reputa giusto. Perché abbiamo bisogno di aspettare gli ordini di Dhritarâshtra che ha dei figli tanto malvagi? Non dobbiamo affatto obbedire ai suoi ordini!”
Nonostante ciò, Krishna andò lo stesso a parlare con Dhritarâshtra. Gli spiegò molte cose, tentò in tutti i modi, ma i due non riuscirono a trovare un accordo riguardo alla guerra. Krishna tornò indietro pensando che si sarebbero dovuti fare i preparativi per la battaglia. Andò innanzitutto da Arjuna: “Arjuna, lo scopo per cui sono andato là, non è stato raggiunto. È stato un vero fallimento. Sono dunque pronto a combattere.”

La paura di Arjuna

Arjuna era un po’ spaventato (e pensò): “Durante la battaglia si useranno moltissime armi. Chi sarà ferito? Quanti innocenti saranno uccisi?”
A quel punto Krishna disse una cosa davvero istruttiva: “Arjuna, sul campo di battaglia ci saranno solo coloro che vengono a combattere. Coloro che non c’entrano niente, non faranno la guerra. Sono solo quelli che combattono a morire o a uccidere gli altri. Non sono infatti presenti persone che vengono semplicemente ad assistere a un combattimento. Fra i soldati, perciò, non ci sono persone innocenti, ma solo colpevoli. Preparati dunque a combattere.”
Arjuna obbiettò: “Ma Krishna, non è giusto da parte Tua approvare una guerra. I Kaurava non sono dalla parte della ragione.” Tuttavia la guerra era stata dichiarata. Era così e basta. Perciò Krishna disse di andare a riferire la notizia a Dharmarâja, anch’egli totalmente contrario a un combattimento. Tuttavia non poté non accettare.

Nakula e Sahadeva volevano il bene di Krishna

Nakula e Sahadeva erano molto virtuosi. Nonostante fossero giovani, le virtù presenti in loro non erano possedute nemmeno da Arjuna e Dharmarâja. E così essi chiesero una cosa sola: “Krishna, preparati a combattere . Perché rimandare?”
Dissero: “Avete detto di esser pronti alla guerra. Comunque sia, nostro cognato Krishna è tornato sano e salvo (dall’incontro avuto con i Kaurava). Egli era andato dai Kaurava per portare loro una notizia ed è ritornato a casa salvo. Questa è l’unica cosa che conta. Questa cosa è la nostra unica beatitudine.”
Solo Nakula e Sahadeva provarono quella beatitudine; solo loro due si preoccuparono del benessere di Krishna. Anche Arjuna lo desiderava, ma, in quel momento, fece prevalere il suo egoismo.

“È possibile estrarre del nettare da un mortale veleno?
Perché spargere fiori di gelsomino su una foresta in fiamme?
Perché dare buoni consigli alle persone ostinate?
O virtuoso! Perché queste parole di transazione, o Gopâla?”

La “virtuosa” ansia di Arjuna

Un giorno, irremovibile, Arjuna disse: “Gopâla! Non vogliamo più negoziazioni (con i Kaurava)!” E così si prepararono. Mentre si accingevano a combattere, Arjuna venne preso da una sorta di paura. Non la paura di: “Combatteremo o no?” ma una paura che gli procurava la preoccupazione: “Potrebbero morire degli innocenti.” Questa è la grande paura di tutte le persone virtuose.
Erano pronti alla battaglia, ma Arjuna pensava che avrebbe potuto uccidere qualcuno: “Quanto soffriranno i genitori dei soldati uccisi! E anche i loro figli. Quanto dolore proveranno!” Queste erano le preoccupazioni che facevano star male Arjuna.
Egli disse: “Krishna, andiamocene. Torniamo a casa. Non posso sopportare questa guerra. Andiamo a casa!”
Krishna si arrabbiò: “Sei stato tu a dire a Me, che Me ne stavo tranquillo, di voler combattere, combattere, combattere!. Sei stato tu a coinvolgerMi in una guerra e ora hai paura! Perché saresti arrivato a questa guerra? Solo per poi avere paura?”

“Krishna! Come sopportare di uccidere i propri parenti,
gli amici e i figli dei propri precettori? Mi escono gli occhi dalle orbite!
Senza perdere altro tempo, gira il carro in direzione di casa.”

Krishna rispose: “È questo ciò per cui sei venuto qui? Ci (espressione telugu di disgusto – N.d.T.). Vile codardo! Sei venuto solo per questo?”
In questo modo, gli insegnamenti di Krishna si fecero gradualmente spazio dentro Arjuna, dandogli forza. Fu così che egli fu pronto a combattere, mentre prima non lo era.
Con lo scopo di dare forza ad Arjuna, Krishna si alzò di scatto: “Combatterò Io!”
“Avevi detto che non lo avresti fatto”, disse Arjuna. “Se adesso lo fai, ritirerai la parola data. Krishna, potrai anche perdere, ma non dovresti ritirare mai la promessa fatta. Non dovresti combattere.” Bhîshma vide avvicinarsi Krishna.

“Krishna fece un balzo e lo splendore dei Suoi orecchini coprì il cielo intero.
L’universo, nel Suo stomaco, non riuscì a sopportare quel movimento e tremò.
Krishna prese il chakra in mano.
Mentre correva, il drappo superiore del Suo abito giallo scivolò.” (versi telugu tratti dal Bhâgavata di Potana)

Potana descrisse Krishna in tanti modi.

( Krishna ): “Oggi ucciderò Bhîshma e ti proteggerò. LasciaMi andare, Arjuna!”
(Così dicendo, Egli si lanciò in una corsa attraverso una pioggia di frecce ).
(Bhîshma) : “Colui che sta arrivando rapidamente,
attraverso la pioggia delle mie frecce,
ebbene, quello stesso Dio è il mio solo rifugio.”
(versi telugu tratti dal Bhâgavata di Potana)

“Nessun altro può proteggermi. Solo Krishna, che si sta precipitando a uccidermi, può proteggermi.” Avete visto? Bhîshma disse: “Solo Colui che è venuto a uccidermi, è la mia unica protezione.” Per questo Bhîshma era caro persino ai suoi nemici e ai malvagi.
Bhîsmâchârya possedeva una tale conoscenza. Egli aveva una conoscenza completa. Alla fine il suo desiderio venne esaudito ed egli, all’interno di se stesso, si riunì a sua madre, ottenendo la pace.

La Sua storia è “la storia”

Incarnazioni dell’Amore!
È importante dire che, nella nostra sacra storia, ci sono tanti significati nascosti. Tuttavia i bambini non la leggono. Essi leggono storielle e novelle prive del minimo significato. Leggere storie simili porta ogni tipo d’infelicità. La storia, al contrario, insegna il cammino divino e ideale.
Che cosa s’intende per history (in inglese: storia – N.d.T.)? His story è history (la Sua storia è la storia). La storia di Dio è “la Storia”, ed è ciò che dovremmo leggere. Leggere tutto il resto è inutile. I poemi epici quali il Mahâbhârata, il Bhâgavata e il Râmâyana, sono (per antonomasia) storia sacra! La festa di Vinâyaka racchiude storie tanto sacre.
Vinâyaka è un grande jñânin. Nessun altro possiede la conoscenza che ha Lui. Egli è persino adorato da tutte le altre Divinità; Vinâyaka è adorato da tutti. Perciò, in questo giorno a Lui dedicato, non dovremmo perdere tempo.
Molti studenti mettono i loro libri scolastici vicino a Vinâyaka. Essi li offrono a Lui, Glieli lasciano vicino per un po’ e poi se li riprendono. Il significato sottile di questo gesto è che i ragazzi dovrebbero pregare affinché Dio conceda loro la conoscenza. Per questo è necessario che oggi gli studenti compiano rituali a Vinâyaka. La specialità di Vinâyaka è grandiosa. Egli non ha nessun desiderio per Sé, non aspira a niente, ma dona la grazia a coloro che desiderano e anelano a qualcosa. Dovremmo dunque adorare una Divinità che concede anugraha (la grazia) e non una Divinità che possiede âgraha (ira). In questo sacro giorno dedicato a Vinâyaka, moltissime persone, e non solo bhâratîya, Lo adorano. Ogni lettera di conoscenza insegnata da Vinâyaka è sacra.
(A questo punto l’audiocassetta venduta nell’âshram, da cui è stato tratto il presente Discorso, s’interrompe. Ciò che segue è la traduzione dell’opuscolo “booklet” reso disponibile dalla Sathya Sai Books and Publications di Prashânti Nilayam – N.d.T.).

I Miei studenti si sono uniti al Trust

Questo pomeriggio, alle ore 14, ci sarà un programma presentato dai nostri ex studenti che attualmente stanno lavorando per il Shrî Sathya Sai Central Trust. Essi stanno svolgendo un lavoro eccellente. Ci sono alcuni anziani che negli ultimi 30 anni si sono presi cura degli affari del Trust. Durante tutti questi anni, Io ho personalmente supervisionato gli affari quotidiani dell’Organizzazione, ma, da quando i Miei studenti si sono uniti al Trust, hanno assunto essi stessi la responsabilità e stanno eseguendo un lavoro straordinario.
Che siano impiegati alla libreria, o all’accommodation o in qualunque altro ufficio dell’âshram, i nostri studenti stanno offrendo un efficace servizio. Parlano con gentilezza e dolcezza, senza mai usare parole dure e sgarbate. Essi seguono il detto:

Aiuta sempre; non danneggiare mai.

Questi ragazzi del Shrî Sathya Sai Central Trust, questo pomeriggio, presenteranno un programma nel quale parleranno delle varie attività del Trust. Ognuno di voi deve assolutamente venire a sentire quello che hanno da dire. Ciò che racconteranno è puramente basato sulla loro esperienza personale. I Miei ragazzi dicono sempre la Verità. Non diranno mai una sola bugia, nemmeno per scherzo. Perciò, nel programma di questo pomeriggio, vi trasmetteranno questo messaggio impregnato di Verità.

Ragazzi davvero efficienti

Questi ragazzi sono davvero giovani; tuttavia, per quanto riguarda il loro lavoro, sono molto efficienti. Stanno prendendo un appassionato interesse per le varie attività del Trust. Stanno diffondendo il messaggio di Swami in tutto il mondo. Sono molto contento che questi ragazzi stiano progredendo così bene. Sono estremamente intelligenti. Se fate loro una domanda, vi danno prontamente la risposta giusta. Sono cinque i ragazzi che si stanno prendendo cura dei nostri uffici contabili del Central Trust, mentre altri ragazzi si stanno occupando del settore libri e pubblicazioni. In tutto questo non potete trovare una cattiva gestione di neanche un centesimo! Sono giovani altamente onesti. Viene tutto registrato sui libri contabili, fino all’ultimo centesimo. Questi sono ragazzi dotati di qualità nobili, buone abitudini e caratteri ideali. Lo vedrete voi stessi, questo pomeriggio. Essi sono attivamente coinvolti nel trasmettere, sul canale radiofonico Sai Global Harmony Channel, tutti i programmi condotti in Prashânti Nilayam, 24 ore al giorno. Nonostante siano giovani, essi parlano un linguaggio altamente raffinato. Questo pomeriggio li sentirete. È essenziale che impariate il loro linguaggio. Dopo tutto sono vostri fratelli. Tutti sono fratelli e sorelle. Voglio che ognuno di voi afferri questa opportunità e cresca bene.

(Baba conclude il Discorso cantando il bhajan: “Hari Bhajana Binâ Sukha Shânti Nahi …”)

Prashânti Nilayam, 10 settembre 2002
Sai Kulwant Hall
Festa di Vinâyaka
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