“I grammofoni sembrano tutti uguali, ma, quando li connettete alle casse acustiche,
emettono canzoni diverse. Non necessariamente l’apparenza comunica la realtà.”
“Io non sono il merito né il demerito, la contentezza o la sofferenza.
Io non sono neppure alcuno di questi luoghi di pellegrinaggio,
di queste Scritture o sacrifici. Io non sono il cibo né colui
che lo consuma o il processo del nutrirsi. Io sono l’Âtman,
l’Incarnazione effettiva della Divinità. Io sono Shiva Stesso.”
I Veda insegnano il principio dell’unità e dell’eguaglianza
Incarnazioni dell’Amore!
Voi non siete né l’incarnazione del peccato né del merito, della contentezza o della sofferenza; non siete neppure l’incarnazione dei mantra, dei simboli o delle dottrine esoteriche. Voi siete l’incarnazione dell’Esistenza-Conoscenza-Beatitudine (Sat Cit Ânanda). Pensate sempre di essere Shiva e recitate continuamente Shivoham, Shivoham, Shivoham (Io sono Shiva). Solamente chi fa nel cuore tesoro della verità della propria unità con il Divino può ottenere la grazia di Dio.
Il principio dell’Io indica la vostra realtà
Tutti usano la sillaba “Io” nel presentarsi, siano poveri o milionari, ignoranti totali o anime realizzate, bambini o anziani, uomini o donne. Il principio dell’Io è onnipervadente. Se chiedete a qualcuno: “Da dove viene lei, signore?”, egli può dire: “Io vengo da Bengaluru.” Egli usa per prima la parola “Io” nel dire che viene da Bengaluru. Se gli chiedete “Chi è lei?”, egli può dire: “Io sono Suraiah, figlio di Ramaiah.” Qualunque risposta dia, usa la sillaba “Io”. Nessuno può dare una risposta senza usare la sillaba “Io”. Se gli chiedete di presentarsi, egli può dire: “Io sono Gopal, mio padre è Bupal e mio nonno è Nepal.” Come sarebbe facile dire “Io sono Io”, invece di dare una risposta lunga come la coda di Hanuman! Questa affermazione “Io sono Io” indica la realtà dell’essere umano. Voi unite voi stessi all’“Io” sin dalla nascita e cominciate a usare le parole “lui”, “loro” ecc.” soltanto dopo aver cominciato a usare il termine “Io”. Il Vedânta dichiara: “Aham brahmâsmi” (Io sono Brahman), in cui Aham significa “Io”, quindi “Io” precede persino Brahman. Oggi, il principio dell’“Io” così potente viene usato sminuendolo. I Veda si riferiscono a questo principio come a Hridaya. Che cosa significa Hridaya? Hrid+dayâ; quindi ciò che è pieno di dayâ (compassione) è Hridaya, per cui il principio dell’“Io” è pieno di compassione e non si riferisce al corpo fisico. Compassione, Hridaya, Âtma e Brahman sono sinonimi di “Io”, quindi il principio dell’“Io” è importantissimo. L’essere umano lo associa al corpo fisico dimenticando che denota l’Âtma, Brahman, Hridaya o Divinità. Se qualcuno vi chiede: “Quando sei arrivato?”, voi rispondete: “Sono arrivato stamane”, ma, in realtà, che cos’è arrivato nella mattinata? È il corpo. Questo significa che voi vi identificate col corpo e dite: “Sono arrivato stamane.” Un momento dopo dite: “Il mio stomaco è sottosopra”, pronunciando le parole “il mio stomaco.” Un momento fa, avete detto: “Io sono arrivato stamane”, identificandovi con il corpo. Ora indicate di essere differenti dal corpo dicendo: “Il mio stomaco.” Allora chi siete? Voi dite: “Questa è la mia mano, questa è la mia testa, questo è il mio stomaco ecc., ma non vi chiedete: “Chi sono io?” Se dico: “Questo è il mio asciugamano”, significa che sono differente dal pezzo di stoffa. Similmente, se dico: “La mia mano, la mia testa e il mio stomaco”, ne consegue che sono differente da essi. Allora chi sono? Dovreste fare un’indagine di questo tipo in accordo con l’insegnamento del Vedânta. Ora dite di essere il corpo e un momento dopo dite di esserne differenti; è vero questo o quello?
Solamente l’Âtma è Colui che vede
Il corpo è temporaneo, ma il principio dell’“Io” rimane lo stesso di vita in vita. L’essere umano dimentica questo principio eterno dell’“Io” e si identifica con il corpo transeunte. Questo corpo non è altro che un vestito. Io ho indossato questa veste; la veste è differente da Me. In modo simile, questo corpo è una veste per l’anima individuale. Gesù dichiarò: “La morte è la veste della vita.” Nessuno sa quando smetterà questa veste e ne indosserà una nuova. Il Vedânta rivela molti di questi segreti sottili. L’essere umano dovrebbe focalizzare la sua attenzione su due entità: “Io” e “questo”. Voi dite: “Questo è un bicchiere”; come potete vedere questo bicchiere? Il bicchiere è l’oggetto visto (drishya) e l’“Io” è colui che vede (Drashta). Tutto questo mondo è semplice drishya; senza colui che vede, non può esserci alcun veduto. Alcuni possono pensare che sia l’occhio che vede, ma non è così: è il Potere Divino interiore che vede attraverso gli occhi. Voi vedete molte lampadine: possono esse brillare da sole? È la corrente elettrica a farle brillare. Possono gli occhi vedere da soli? No, anche gli occhi sono una parte del veduto; solamente l’Âtma è il Vedente. Gli occhi, le orecchie e anche la mente costituiscono drishya. L’Âtma è il Testimone, il Drashta; quindi il principio dell’“Io” corrisponde al Drashta. Tutto ciò che si vede, si sente e si sperimenta costituisce il drishya. Il Saggio Dakshinâmûrti disse: “Tutto il mondo è come una città vista allo specchio.” L’universo intero è come un riflesso nello specchio. Come ho detto prima, ci sono due entità: “Io” e “questo”. “Questo” si riferisce al mondo, all’effetto, e “Io” indica la Divinità, la Causa. Questo mondo visibile è l’effetto e Dio è la Causa. Dio è tutto: è Colui che vede e anche il Veduto, pervade ogni cosa, ma non è visibile all’occhio naturale. È Adrishya. Che cosa si intende per Adrishya? A-drishya. Ciò che non si vede con l’occhio naturale è Adrishya. Tutto il mondo costituisce il veduto. È il principio dell’“Io” a vedere, sperimentare e godere del mondo tramite i sensi, per cui non sono gli occhi che vedono: è il principio dell’“Io” a vedere attraverso gli occhi. Ecco un piccolo esempio: gli occhi di una persona sono lì anche dopo la morte; se gli occhi potessero vedere da soli, perché sono incapaci di vedere dopo la morte? Non possono vedere perché il principio dell’“Io” ha lasciato il corpo e gli occhi non possono vedere se il Drashta non c’è. Quindi voi vedete e sperimentate il veduto solamente tramite il Vedente che non è altro che il Principio Divino dell’“Io”. Da dove è venuto questo Principio Divino dell’“Io”? Da dove è emerso? Non è emerso né è venuto da niente, non ha inizio né fine, è presente dovunque in tutti gli esseri in ogni momento: è il Principio del Drashta che non viene né va. Ciò che viene e va è solamente drishya. Voi dovreste comprendere la differenza tra “Io” ed “ego” (Aham e ahamkâra). Aham si riferisce al Principio Divino dell’“Io” e ahamkâra indica l’ego che è come le nuvole passeggere. L’ego è ciò che viene e va, mentre Aham è il Principio Eterno che non viene né va. A causa dell’illusione, voi credete che drishya sia la realtà.
La Divinità pervade tutto
Molti dicono di credere solamente nell’evidenza. Come sono sciocchi! Parlano senza buon senso. Supponete che ci sia una persona alta un metro e settanta, che pesi ottanta chili, abbia la pelle abbronzata e sia calva. Voi potete descrivere il suo aspetto fisico: significa forse che conoscete tutto di quella persona perché sapete descriverne l’apparenza? Potete descrivere le sue qualità interiori? In effetti, proprio le sue qualità non visibili costituiscono la sua personalità reale; voi non sapete quale sia la sua natura né quanto intelligente sia; non potete vederlo. Non c’è neppure bisogno di andare così lontano. Voi dite: “La mia mente.” Siete forse capaci di vederla? No. Allora come potete credere nell’esistenza di questa mente che non vedete? Non potete neppur vedere i vostri occhi; potete vederli solamente allo specchio. Voi potete vedere oggetti che sono milioni di miglia lontani nel cielo, ma non i vostri stessi occhi. Tutto ciò che vedete intorno a voi è drishya, mentre Drashta è il Testimone Eterno. Tutti coloro che sostengono di credere solamente nell’evidenza diretta sono sciocchi; in queste argomentazioni non c’è buon senso ed essi mancano persino di conoscenza generale. Voi dite di avere amore: l’amore ha qualche forma? C’è qualche forma per il dolore? Allora come potete provare l’esistenza di questi due? L’amore non ha forma, ma la madre che sparge amore ce l’ha; il profumo non ha forma, ma il fiore che lo spande ce l’ha. Il fiore che ha una forma spande il profumo che non ne ha una. In modo simile, l’essere umano che ha una forma particolare comprova l’esistenza della Divinità senza forma. La Divinità è immanente in ogni cosa; gli scienziati hanno impiegato migliaia di anni per comprendere questa verità. Che cosa dicono oggi? Dicono che tutto è fatto di atomi. Perché hanno avuto bisogno di migliaia di anni per comprendere una verità così semplice? Anche prima del Tretâ Yuga, il bambino Prahlâda lo comprese e quindi dichiarò:
“Non pensate che Dio sia qui e non là;
Egli è dovunque Lo cerchiate.”
Circa trent’anni fa, Mi capitò di visitare la casa di Suri Bhagavantham che era il Direttore dell’Istituto Indiano della Scienza a Bengaluru. In quel periodo, all’Istituto era in corso una conferenza internazionale di scienziati e Bhagavantham, allo scopo di far conoscere a Swami alcuni degli scienziati più famosi, li invitò a pranzo, durante il quale essi discussero della creazione del Sole, della Luna e della Terra, e uno di essi disse: “Il Sole ora è nel fiore della gioventù.” Io gli chiesi quale fosse l’età dell’astro ed egli rispose che è di alcuni milioni di anni. Voi scrivete “uno” e proseguite mettendogli accanto degli zeri, cosicché diventa un numero che indica milioni e milioni di anni. Lo stesso è stato descritto dai Bhâratîya come anâdi (senza inizio). Com’è facile dir questo! Eppure gli scienziati considerano un insulto alla scienza descrivere qualcosa come anâdi. Quando essi dicono che l’età del Sole è di qualche milione di anni, pensano di esser diventati grandi scienziati. Invece di definirlo anâdi, danno dei numeri come fossero la sua età anche se questo è oltre la comprensione umana. Gli scienziati traggono soddisfazione nel citare dei numeri, mentre le Scritture indiane spiegano questi fenomeni naturali in modo facile da comprendere e apprezzare. Di solito, gli scienziati non credono in Dio; più sono intelligenti, minore è la loro fede. Potete vedere voi stessi che coloro che si considerano intellettuali elevati non hanno fede neppure in se stessi; essi passano tutto il tempo nei laboratori a fare esperimenti, ma non hanno alcuna esperienza della Divinità. A che servono tutti questi esperimenti senza esperienza? Essi parlano di materia ed energia, ma, a Mio avviso, esse non sono diverse l’una dall’altra: la materia è energia e l’energia è materia: sono la stessa cosa. Senza materia non c’è energia e senza energia non c’è materia. Perché nasca un albero, ci vuole un seme; il seme ha due parti e può germinare solamente quando esse sono unite. Se ce n’è una sola, non può. Una parte è positiva e l’altra è negativa, una è materia e l’altra è energia, ed esse si combinano per formare una vita nuova. È quindi sciocco dire che non si crede in ciò che non si vede: è il potere dell’invisibile a farvi raccogliere le conseguenze delle vostre azioni.
“O uomo, non inorgoglirti della tua bellezza,
della gioventù e della forza fisica:
molto presto diverrai vecchio, i capelli si faranno grigi,
la pelle formerà le rughe e la vista calerà.
I bambini ti prenderanno in giro chiamandoti ‘vecchia scimmia’.
Non sei migliore di un pupazzo di cuoio.
Cerca di comprendere il mistero che sta dietro a questo teatrino dei burattini.
In fondo, tutto questo è un semplice teatro dei burattini, e voi non dovreste innamorarvene. Il corpo subisce cambiamenti nei vari stadi della vita: ora siete dei ragazzi, dieci anni fa eravate bambini, tra vent’anni sarete adulti e tra cinquant’anni diverrete nonni. Chi era un bambino allora, un ragazzo oggi e sarà un uomo e poi un nonno? Siete sempre voi. Tra i quattro stadi, c’è solamente la differenza di tempo.
La preghiera dovrebbe venire dal cuore
Al fine di comprendere la vostra realtà, non dovreste insistere sull’evidenza diretta. Supponete che ci sia un albero grande grande che ha molti rami e rametti. La sua fresca ombra è molto gradevole; voi lo vedete ed esclamate: “Che ombra piacevole!” Vedete l’albero e non le radici, ma dovete comprendere che è sulle radici non visibili che esso si regge. Voi annaffiate le radici nascoste perché l’albero cresca. Vedete un grande palazzo e dite: “Come sono maestose le sue colonne e com’è bello il rivestimento!” In effetti, le fondamenta sono le più importanti affinché esso stia in piedi. Come potrebbero esserci le colonne senza fondamenta? Come potrebbe esserci un albero senza le radici? In modo simile, la Divinità è la base di tutta la creazione. Solamente se innaffiate le radici nascoste l’albero crescerà e darà fiori e frutti; se invece annaffiate i fiori e i frutti, l’albero appassirà con essi. La Divinità non manifesta è presente in tutti come testimone e voi dovete alimentare la vostra devozione e il senso di affidamento affinché Essa si manifesti davanti a voi. Tyâgarâja, quando smarrì l’idolo di Râma, cantò: “O Rama! Dove devo cercarTi se sei dovunque?” Poi andò al fiume Kâverî per eseguire il Sandhya Vandanam (l’adorazione cerimoniale del Signore). Quando prese l’acqua con le mani a coppa, ecco l’idolo di Râma apparire proprio nelle sue mani. Egli andò in estasi e cantò: “Per quanto ancora Ti dovrò invocare, o Râma?! Ti prego, vieni gentilmente a salvarmi.” Egli pregò Râma con tutto il cuore in molti modi. La preghiera dovrebbe essere offerta con sentimenti di devozione, dovrebbe scaturire dal cuore e non essere recitata meccanicamente. Quando colmate il vostro cuore d’amore, Dio si manifesterà immediatamente davanti a voi.
Comprendete la grandezza della cultura indiana
Alcuni oratori, nei loro discorsi, usano espressioni come “Devoti Sai” e “Famiglia Sai”. Tutta la gente di questo mondo appartiene alla stessa famiglia: perché dovreste usare specificamente un’espressione come “Famiglia Sai”? Tra i devoti a cui vi rivolgete potrebbero esserci dei devoti di Râma, di Krishna e così via; quindi non usate tali locuzioni. Certuni dicono parole come “Ciao” quando incontrano altri; come sarebbe bello se diceste invece “Namaste” rispettosamente! Ci sono molte parole gradevoli che riflettono la sacralità della cultura indiana. Ogni parola di questa eterna cultura vedica ha grande valore; non dovreste mai dimenticare la sacralità dei principi di questa grande cultura che è rimasta immutata nel corso delle ere. Installate Dio nel cuore e contemplateLo costantemente con amore. Da oggi in poi, recitate il benefico mantra “Shivoham, Shivoham, Shivoham”. Custodite gelosamente nel cuore la verità “Io sono Dio, io sono Dio”. Se vi attenete strettamente a questa verità, tutti i vostri problemi terreni svaniranno. Tutti i conflitti nascono quando voi vedete differenze tra una persona e l’altra; Io e voi non siamo differenti. “Tutti sono uno, figli miei cari! Siate equanimi con tutti”, disse Gesù. Dovreste amare tutti; questo è l’insegnamento principale della cultura indiana. I Veda insegnano il principio dell’unità e dell’eguaglianza come afferma la preghiera vedica:
“Possa il Signore proteggerci e nutrirci!
Che noi possiamo crescere in intelligenza e valore lavorando insieme!
Che noi possiamo vivere in amicizia senza alcun conflitto!”
“Procediamo insieme, cresciamo insieme,
stiamo uniti e cresciamo in intelligenza insieme;
viviamo insieme in amicizia e armonia.”
Studenti!
Non sprecate la vita albergando sentimenti meschini. Alimentate sentimenti aperti e decidete di diffondere il messaggio di Unità e Divinità a tutto il mondo.
(Bhagavân ha concluso il Discorso con il bhajan: “Hari Bhajana Binâ Sukha Shânti Nahin….”)
Prashânti Nilayam, 25 agosto 1996, Sai Kulwant Hall
(Da “Sanâtana Sârathi”, marzo 2014)