Incarnazioni dell’Amore,
se provate a triturare un pezzo di legno di sandalo in una macina, potrete aspirare la dolce fragranza che da esso si sprigiona: quanto maggiore sarà la quantità di legno triturata, tanto più intensa risulterà la fragranza. Così pure, se masticate un pezzo di canna da zucchero, più masticate e più gusterete la dolcezza del suo succo. Anche l’oro, durante il processo di fusione nel crogiolo, liberandosi da ogni impurità, acquisisce una lucentezza sempre maggiore. Un’anima nobile manifesta le sue buone qualità, per quanto grandi e numerose possano essere le tribolazioni e le prove alle quali è sottoposta; in tal modo, essa si erge ad esempio per il mondo. (Ora Swami spiega il significato di alcuni versi sanscriti introduttivi al Discorso).
Dio è l’incarnazione della Beatitudine. Egli è eterno. Ogni essere vivente ha origine dalla Beatitudine, si sviluppa nella Beatitudine, si fonde nella Beatitudine.
Nella miriade dei nomi divini, il più importante e Sat-Cit-Ânanda. Sat è l’Essenza, ovvero ciò che non subisce cambiamenti nei tre mondi e nelle tre categorie di tempo (passato, presente e futuro). Tale Essenza è eterna. Cit significa consapevolezza assoluta. Dall’unione di Sat e Cit si ottiene la realizzazione di Ânanda (Beatitudine). Per tale ragione, il Divino è descritto come Sat-Cit-Ânanda, ossia come “Essenza-Coscienza-Beatitudine”.
Questo principio è onnipervasivo. Dichiarano le Scritture: “Tutto il cosmo è permeato del Divino”.
Se l’uomo non arriva a riconoscere questa Verità e considera il suo corpo come l’unica realtà, si allontana dalla Beatitudine. Identificando se stesso solo in termini di professione e di nazionalità, egli confonde quelle che sono le caratteristiche acquisite con quelle innate. L’uomo è, per sua natura, un’incarnazione del Sé (Atma); ogni altro aspetto è transitorio. Identificarsi col corpo vuol dire confondere la residenza con il residente. Se si compie la ricerca in questo modo, la spiritualità sarà solo apparente.
La base della dottrina del non – dualismo (advaita) è l’unità spirituale di tutto il cosmo, in quanto lo spirito è comune a tutti gli esseri e ne rappresenta sia la sorgente che il fine ultimo.
Poiché il principio atmico risiede nel cuore di tutti gli esseri, non vi è alcuna necessità di andare alla ricerca di Dio: voi siete il Divino.
Alla ricerca dell’unità
Questa nazione è attualmente tormentata da continue discordie, alimentate da motivi religiosi, linguistici, regionali, ecc.
È necessario che la gente lotti per la conquista di quell’unità di base che va al di là dei conflitti religiosi, regionali, linguistici. Il nome di Dio cambia secondo il credo, ma tutti i nomi enfatizzano quell’unità che è la base dell’apparente diversità.
Il Vedânta spiega le quattro fasi della realizzazione del Divino: percezione del Divino (sâlokya), vicinanza al Divino (sâmîpya), esperienza della visione del Divino (sârûpya) e fusione nel Divino (sâyujya). Il Divino, in Sé, non ha forma. Qualsiasi forma il devoto possa venerare, il Divino si manifesterà a lui in quella che egli predilige, poiché tutte le forme sono Sue.
Sathyam, Sivam, Sundaram. La Verità è Dio, la Bontà è Dio, la Bellezza è Dio. L’unione di Verità, Bontà e Bellezza è Sat-Cit-Ânanda.
(A questo punto, Swami racconta la storia dell’imperatore Janaka e della sua trasformazione in un râja yogi. Dopo aver saputo da Yajnavalkya che sua moglie era stata sua madre nella vita precedente, Janaka si sentì spinto alla totale rinuncia e divenne un ricercatore del Divino. Swami fa notare come Yajnavalkya esitasse a rivelare a Janaka i particolari della sua precedente incarnazione, ma il re, dopo insistenti pressioni, riuscì a conoscere la verità e, considerandola una benedizione, diventò uno yogi).
Il culto di Vinâyaka
Oggi celebriamo il compleanno di Ganapati. Qual è il significato di questo termine? Ga vuol dire “Intelletto” (Buddhi), Na significa “Saggezza” (Vijnâna) e Pati, “Maestro”. Dunque, Ganapati è il Maestro dell’Intelletto e della Saggezza. Un altro significato di questa parola è: “Signore dei Gana” (le schiere celesti). Il nome Vinâyaka significa “Colui che non ha alcuna guida al di sopra di Sé.”
Prima di iniziare qualunque attività, si usa innalzare le proprie preghiere a Vinâyaka, affinché l’azione possa aver successo, senza incontrare ostacoli. Vinâyaka è venerato non solo in India, ma anche in molti altri paesi e il Suo culto risale ai tempi del Rig Veda.
Il principio di Vinâyaka protegge l’uomo dai molti ostacoli che si incontrano nella vita, assicurandogli pace e sicurezza.
Per questo motivo, in ogni occasione propizia, Vinâyaka è oggetto di venerazione. Il devoto offre la sua devozione a Vinâyaka con una preghiera molto conosciuta, che inizia con le parole: Shuklâmbaradharam: “Colui che indossa una veste bianca”. Vighneshvara viene descritto come colui che è bianco come la luna, che ha quattro braccia, (due per donare protezione terrena e due per la benedizione spirituale), che ha un’espressione sempre accattivante, e al quale si offre obbedienza al fine di rimuovere tutti gli ostacoli.
In passato, mentre la persona pia recitava questa preghiera con spirito di devozione, l’empio ne usava in modo errato le parole, distorcendone il significato e trasformandole in una invocazione ad un quadrupede che viene utilizzato per il trasporto di abiti lavati.
È proprio a causa di false interpretazioni come questa che la grande cultura indiana è stata infangata e che la fede in Dio si è indebolita.
Studenti, invece di infarcire le vostre menti di conoscenza di testi sacri è sufficiente che colmiate i vostri cuori d’amore. Un briciolo di pratica equivale ad una montagna di conoscenza libresca. Oggi, è necessario che l’uomo manifesti nell’azione la propria umanità, piuttosto che esibire il suo aspetto fisico. Gli studenti dovrebbero essere ricchi d’ideali e servire la madrepatria con sacra dedizione e salda fede in Dio.
La preziosità della nascita umana viene messa in risalto dalla Gita con l’affermazione che “l’uomo è una scintilla del Divino”.
Tutti dovrebbero rivolgere la mente a Dio mentre svolgono le loro attività quotidiane.
Se dedicate ogni azione a Dio non vi saranno ostacoli.
Buoni pensieri condurranno a buone azioni, le quali assicureranno buoni risultati.
Studenti, impegnatevi ad ottenere l’Amore di Dio e la Sua grazia. Ogni altro conseguimento è inutile e transitorio.
Baba ha concluso il Discorso con il bhajan: “Prema muditha manase kaho…”
Prasanthi Nilayam, Sai Kulvant Hall, 16 Settembre1996.
da: Mother Sai n° 2/1997