“L’educazione odierna migliora soltanto l’intelligenza, ma non l’intelletto.
Che utilità avrà istruirsi nei vari settori educativi se ciò non contribuisce allo sviluppo intellettuale?”
C’è una notevole differenza tra l’intelligenza (medhâ) e l’intelletto (buddhi).
L’intelligenza va riferita alla conoscenza mondana e serve per procurarsi i mezzi di sussistenza (yukti). “L’intelligenza è al di sotto dei sensi, mentre l’intelletto ne è al di là”.
Il re Vikramaditya fu il primo a meditare su tale argomento. Partecipò ad una assemblea di intellettuali, grandi eruditi e saggi e chiese loro di risolvere quale, fra intelligenza ed intelletto, fosse più grande. Tutti i partecipanti dissero che l’intelletto è superiore all’intelligenza. L’intelligenza accresce soltanto la conoscenza del mondo e, assieme a ciò, alimenta dubbi ed egoismo. L’intelletto, invece, essendo più vicino allo Spirito, mostra il vero sentiero.
L’intelletto ha 5 componenti: shraddhâ, rutam, Sathyam, yogam e Mahattara Shakti.
Shraddhâ ha due componenti: la fede e la determinazione. Rutam è ciò che è vero in tutti e tre gli stadi, cioè è l’armonia di pensiero, parola ed azione. Rutam, sotto forma di parola, è Verità (Sathyam). Yogam è il controllo dei sensi e delle funzioni corporee, come il linguaggio, le azioni, ecc.. Il controllo dei sensi è la prima lezione che un vero studente dovrebbe imparare. La meta finale è Dio stesso.
Ci sono molte stanze in un edificio. Esse esistono solo a causa dei muri. Ciò che rimarrebbe, una volta abbattute le pareti divisorie, sarebbe solo una grande stanza. Allo stesso modo, una volta che abbiamo abbattuto i muri della nostra ignoranza, percepiamo tutto come uno. Una persona, in famiglia, viene chiamata in modi diversi dai vari membri che la compongono: padre, marito, fratello, zio, ecc… Ognuno percepisce, a modo suo, la stessa persona.
Non c’è una disciplina diversa per superare la coscienza del corpo: ogni cosa dipende dai nostri pensieri. Non c’è esempio più valido del corpo umano. Dio ci ha dato un corpo con organi diversi, ognuno dei quali ha una funzione specifica. È il nostro intelletto che coordina queste funzioni. Quando volete andare da qualche parte, le gambe vi ci portano; quando volete fare qualcosa, le mani lo fanno per voi. Non c’è un organo che svolga la funzione di un altro. È impossibile che il naso oda o che un orecchio cerchi di mangiare! Il vostro intelletto è la sede di tutti i buoni pensieri (satsankalpa).
La mente, invece, ha un ruolo differente. Sebbene sappia ciò che è buono e ciò che è cattivo, essa vi incoraggia a fare il male. Sapete magari che state guardando qualcosa di brutto, tuttavia lo guardate spinti dalla mente. Ecco perché la mente è una scimmia pazza ed il corpo è una piccola bolla. Nel Gâyatrî Mantra si dice: Dhiyo yo nah prachodayat: “Una volta che l’intelletto sia illuminato, l’oscurità scompare”.
La mente è come un panno bianco: si sporca a causa dei cattivi pensieri. Voi dite che il lavandaio ha fatto ritornare bianco un vestito sporco. Il bianco è la sua natura originale. Egli non ha fatto altro che riportarlo al suo stato primitivo. Allo stesso modo, noi possiamo riportare la mente al suo originale stato di purezza per mezzo di una costante consapevolezza e un assiduo ricordo.
Si parla di libero arbitrio e di forza di volontà. Soltanto Dio ha libero arbitrio e forza di volontà. Si dovrebbe avere un amore intenso per Dio. Perché Swami deve ripetere incessantemente le stesse cose? Dovrà continuare a ripeterle, fintantoché non le metterete in pratica. Non nutrite forse lo stomaco tutti i giorni? Non vi lavate il viso quotidianamente? Swami, allo stesso modo, deve ripetere le stesse cose numerose volte. Nonostante ciò, potete vedere come tali cose siano dette da Swami, ogni volta, in modo nuovo e diverso.
Questa freschezza sempre nuova è il segno della Divinità.
Bhagavan ha concluso il Discorso con il bhajan: “Bhajana bina sukha shanti nahi…”
Corso Estivo 1996
Estratto del Discorso del 21 Giugno 1996
da: Mother Sai – Supplemento 1996