Senza possedere alcuna intelligenza, gli animali
seguono le leggi della vita. L’uomo, con tutto il
suo sapere, non si attiene invece alla dovuta disciplina.
Incarnazioni d’Amore,
la disciplina è fondamentale per il progresso dell’individuo, della società e della nazione. La vera educazione è quella che stimola la disciplina nello studente. Essa dovrebbe esistere in ogni nostra azione. Quando si canta, il coro deve essere ben coordinato, nelle attività sportive, occorre seguire le direttive dell’allenatore; nel parlare e nello scrivere, ci vuole perspicacia. Per quanto elevata possa essere la posizione di un ufficiale, anch’egli dovrà seguire una certa disciplina.
La disciplina è la nostra protezione e, in tutti i campi, dovremmo attenerci ad essa. Molti camminano disordinatamente in ogni parte della strada, il che è sbagliato: bisogna camminare soltanto sul marciapiede per non intralciare il traffico. Molti studenti stanno seduti con la colonna vertebrale curva come un punto interrogativo, quando invece dovrebbero tenere la schiena ben dritta. Chi pratica lo yoga, capisce che sedersi con la colonna vertebrale eretta migliora la capacità di concentrazione e la memoria. In questo modo infatti il flusso va direttamente, dal muladhara cakra al sahasrara cakra, senza alcun impedimento.
Quando si compie la disciplina del pranayama, c’è una fase di trattenimento del respiro (kumbhaka), in cui l’energia kundalinî, che si trova avvolta alla base del muladhara, salirà fino a raggiungere il “loto dei mille petali” (sahasrara padma) alla sommità del capo. Ecco perché dovremmo stare seduti in modo corretto.
Quali sono le discipline atte alla purificazione del corpo? Non solo il bagno giornaliero o le abluzioni nel fiume, ma anche l’esecuzione di buone azioni (satkarma). La purificazione idonea alla mente è nutrire buoni pensieri (satsankalpa). L’intelletto è sempre puro. È necessario capire quale relazione intercorre tra mente, senso dell’io e Spirito. Come nasce la parola? Essa nasce dalla mente, che, a sua volta, è un prodotto dell’io (aham). Questo ha origine dallo Spirito (Atma).
A volte non manteniamo la parola data: ciò è assai deplorevole. Diceva l’imperatore Bali: “Esiste un peccato più grave che venir meno ad una promessa?”
Ai tempi di Shirdi Baba, c’era una persona di Bangra, vicino a Bomaby, di nome Tarkad. Egli lavorava in un tribunale ed era un seguace di Brahmo Samaj. Suo figlio e sua moglie erano devoti di Baba e volevano visitare Shirdi. Il figlio, tuttavia, era incerto, perché avrebbe dovuto sospendere le cerimonie giornaliere alle quali si dedicava con fervore. Vedendo la devozione e la disciplina del figlio, il padre lo rassicurò che avrebbe compiuto egli stesso i rituali ed avrebbe offerto a Baba, come soleva fare il figlio, il cibo prima di pranzare, affinché esso diventasse cibo consacrato (prasad).
Avendo ricevuto la sua parola, madre e figlio partirono per Shirdi. Tarkad eseguì il rituale ed offrì a Baba il cibo per due giorni. Il terzo giorno, un giovedì, dopo la puja della mattina, dovette recarsi in fretta in tribunale e dimenticò di fare la consueta offerta. Più tardi, prima di pranzo, chiese al cuoco di portargli il prasad e questi gli rammentò che quel giorno il rito del cibo non era avvenuto. Immediatamente l’uomo comprese il suo errore e si sentì molto a disagio.
A Shirdi, Baba disse al ragazzo: “Oggi sono andato a casa tua, a Bangra, ma sono tornato a stomaco vuoto, perché non mi è stato il dolce che di solito mi donavi”. Il ragazzo capì che c’era stata una grave mancanza per quanto riguarda l’offerta del cibo e cominciò a piangere a dirotto. Egli voleva tornare subito a casa ma Baba gli disse che l’errore era stato commesso dal padre e che, perciò, egli poteva rimanere ancora a Shirdi.
Quando padre e figlio si ritrovarono a casa, il genitore si accusò vivamente per l’accaduto, ma il ragazzo gli disse di chiedere piuttosto perdono a Baba, che aveva subito il torto. L’attaccamento al dovere da parte del ragazzo indusse il padre a cercare il suo perdono. Se fate il vostro dovere otterrete la grazia del Signore.
Da mane a sera, la gente corre per soddisfare lo stomaco e guadagnare, dimenticando Dio. Quale felicità ne tragga, è cosa ignota. Anche lo stomaco ha una sua disciplina: si deve mangiare solo quando si ha fame e lasciare un quarto dello stomaco vuoto. Lo stomaco è il fulcro della salute di tutto il corpo. Esso dev’essere trattato con cura. Quando si recita il mantra del cibo: Brahmârpanam,…Brahmâ navir..nella seconda parte d’esso, Dio risponde in prima persona: Vaisvânaro bhûtvâ..; cioè: “Dio consuma gli alimenti dimorando come fuoco nello stomaco…” Oggi nessuno ascolta più questo consiglio. Anche quando lo stomaco vi dice: “Non mangiare più!”, continuate a riempirlo. È importantissimo essere disciplinati in materia di alimentazione. Non solo l’alimentazione è importante, ma anche la disciplina del corpo.
Vedi solo il bene, parla bene, ascolta cose buone, pensa bene! Non fare il male! Questa è la via che porta a Dio. Facendo il namaskar (saluto), congiungete le palme in segno di offerta degli organi di conoscenza e d’azione. Il termine namaskar comprende le parole na mama (non mio), cioè “soltanto Tuo”.
Gli uccelli e gli altri animali seguono delle leggi; perfino le scimmie osservano il silenzio per almeno due ore al giorno. Gli uomini, invece, continuano a parlare. Controllate la lingua! Gli occhi vedono, le orecchie sentono, il naso fiuta, ma la lingua può sia gustare che parlare.
Perciò è due volte più importante tenerla a freno.
Nelle pratiche spirituali il guru cerca di bilanciare le inclinazioni del discepolo. Râmakrishna Paramahansa, essendo un bramino bengalese, amava il pesce. Egli era solito istruire i giovani alla spiritualità. Guru e discepoli vivevano a Kamarakpur e per andare a prendere il cibo a Calcutta, dovevano attraversare il Gange. Un giorno un discepolo, Brahmânanda, era stato incaricato di andare al mercato del pesce. Sulla barca che lo trasportava udì alcune persone parlare male di Râmakrishna, accusandolo di corrompere la gioventù con il pretesto della spiritualità.
Essendo di natura mite, Brahmânanda non reagì, pur non tollerando quelle parole. Quando riferì il fatto, Râmakrishna gli disse: “Che razza di discepolo sei se permetti che si parli male del tuo Maestro? Avresti dovuto mettere a tacere quella gente.” Il giorno seguente, l’addetto all’acquisto del pesce era Narendranath (alias Vivekananda). Il fatto si ripeté: le persone cominciarono a criticare Râmakrishna. Narendranath consigliò loro di smetterla, ma essi continuarono ad lanciare offese:
Narendranath schiaffeggiò allora uno di loro e fu lì lì per buttarlo in acqua. Impauriti, tutti smisero di calunniare il guru. Quando Narendranath rientrò nell’ashram, Râmakrishna gli domandò subito: “Che cos’è accaduto sulla barca?” Il discepolo replicò di esser stato costretto a prendere a schiaffi una persona per far tacere le persone sulla barca. Râmakrishna, però, lo rimproverò: “Che razza di discepolo sei? È questa la capacità di sopportazione di un monaco? È questo che hai imparato stando con me?”
Frastornato, Narendranath rammentò a Râmakrishna ciò che aveva detto il giorno precedente a Brahmananda ed il Maestro rispose che quella lezione era valida solo per Brahmananda e questa solo per Narendranath. È così che il guru tenta di correggere gli squilibri del discepolo a seconda della sua indole.
La gente, in particolare gli intellettuali ed i lettori moderni, stentano a credere alle verità contenute nei Purana. Si afferma, ad esempio, che Yama (o Kâla) sia figlio del Sole. Molti dichiarano che si tratta di una sciocchezza vera e propria: il Sole ha forse una moglie? Come nacque il tempo (kâla)? Dalla rotazione del sole.
Allo stesso modo, incontriamo Brahmâ o Lakshmî che nascono dal loto: essi rappresentano i buoni sentimenti che sorgono dal cuore. Chi pensate abbia scritto i grandi poemi epici ed i Purana? Grandi saggi e veggenti come Vyâsa e Vâlmîki. Non fatevi confondere dal fatto di non saper cogliere il significato nascosto delle cose. I Purana sono veri: seguire una vita ideale, ridurre il flusso delle parole, seguire i precetti di Dio ed attenersi alla disciplina.
Ramadas così cantava: “Vorrei essere il servo dei Tuoi servi!” Non appena Krishna seppe che Kuchela Gli voleva offrire tre manciate di riso, lo fece chiamare, si alzò dalla sedia ed abbracciò il Suo vecchio amico. Poi lo guardò da capo a piedi e accettò due manciate di riso. Rukminî intervenne ed impedì a Krishna di prendere la terza manciata. Allora Krishna le chiese spiegazioni di ciò ed ella rispose: “Tu sei il Servo di Kuchela e, poiché io sono la Tua serva, dovrei averne una parte:” Al ritorno, Kuchela scoprì che Krishna lo aveva premiato con una città d’oro e rimase folgorato da tanta magnanimità.
Non pensate mai che Dio sia qualcosa di diverso dall’Amore! Egli è Amore, l’Amore è Dio. Guadagnatevi il diritto di affermare: “Mâ Swami!” (Mio Swami!)
Tutti i fotografi vi avvertono prima di scattare la fotografia. Dio non dà mai questo avvertimento. Siate perciò sempre pronti!
Swami ha concluso il discorso con il bhajan: “Citta Chora Yashoda Ke Bal..”
Corso Estivo 1996
Estratto del Discorso del 19 Giugno 1996
da: Mother Sai – Supplemento 1996