Quando avete già acceso una lanterna in casa,
che bisogno c’è di andare nella casa del vicino ad accendere la vostra lanterna?
Se dimenticate Dio dimenticate voi stessi, perché voi siete Dio.”
Dio non viene né va; egli è ovunque
Studenti!
La cultura di Bhârat afferma l’onnipresenza di Dio. Non c’è al mondo entità vivente o non vivente che non sia divina; dalla pietra al diamante, dalla formica al leone, dall’uccellino alla possente aquila, dal sassolino alla montagna, tutto è divino ed è per questo che i Bhâratîya adorano gli alberi, i formicai, le collinette, le pietre ecc. Oggi però la gente ha dimenticato queste sacre tradizioni e le considera atti di superstizione. Anche gli studenti moderni condannano queste tradizioni antiche considerandole atti di stoltezza.
Lo stesso Principio Atmico è presente in tutti
In realtà, c’è un intimo profondo significato associato alle tradizioni sacre di Bhârat. I Bhâratîya non limitano ai soli esseri umani il Principio dell’Amore che Dio ha concesso loro; dividono invece il loro amore con tutti gli esseri senzienti e gli oggetti non senzienti. Per questo, anche Tyâgarâja cantò:
O Râma! Nella Tua forma d’Amore pura e immacolata,
Tu sei l’Abitante di tutti gli esseri
dalla formica a Brahmâ, Shiva e Keshava.
Ti prego, sii anche il mio protettore.”
La Divinità è onnipervadente; non pensate mai che Dio sia qui e non là. I Bhâratîya adorano anche un sassolino sulla strada, persino un formicaio in cui vive un serpente velenoso; non c’è oggetto nel mondo che i Bhâratîya non adorino. Essi adorano ogni collinetta considerandola come la montagna sacra Govardhana e ogni collina come l’Himâlaya. In questo modo, ogni collina, ogni formicaio, ogni albero, uccello e sasso sono oggetto di venerazione per i Bhâratîya; essi nutrono le formiche dando loro del cibo sotto forma di farina di riso e si prendono cura di loro con amore. È in tal modo che questa sacra terra di Bhârat si è guadagnata la reputazione di terra di compassione e penitenza; non può esserci sciocchezza più grande del considerare superstizioni queste sacre tradizioni della cultura indiana.
Negli altri Paesi, molti credono che non vi sia principio più elevato della Fratellanza Umana, ma c’è un principio che è persino superiore a questo: il Principio di Unità. Condannare la sacra cultura di Bhârat, che sostiene la verità secondo la quale lo stesso Principio Atmico è presente in tutti, è la sciocchezza più grande. È questa sacra terra di Bhârat che promuove il principio dell’Unità nella diversità e quello della giustizia sociale. Sin dai tempi antichi, Bhârat ha diviso la sua ricchezza spirituale con gli altri Paesi e promosso la pace e la prosperità nel mondo. Solamente la gente di mente aperta può comprendere questa verità che, alle persone di mentalità ristretta, appare una stoltezza.
Seguite il sentiero spirituale
Qual è il luogo ove Dio non è? Qual è l’oggetto non permeato della Divinità? Tutto è Dio.
Brahman è più sottile del più sottile e più vasto del più vasto.”
Tutti gli oggetti di questo mondo sono una combinazione di atomi. C’è uno scienziato che possa negare l’esistenza della Divinità in ogni atomo dell’universo? Se lo facesse, non sarebbe affatto uno scienziato. In ogni atomo c’è lo splendore divino. È per questo che Râmadas cantò:
Il Principio di Râma permea tutto l’universo.”
Nel mondo, non c’è altro principio che il Principio di Râma; il Divino Nome di Râma è quello che dona la Beatitudine. A causa del sistema educativo moderno che è difettoso, gli studenti dimenticano questo Principio Divino. L’educazione moderna punta soltanto a insegnare come guadagnarsi da vivere, non illumina l’intelletto.
Oggi non c’è la paura del peccato.
Le azioni malvagie e gli atti di crudeltà sono diventati cosa di tutti i giorni;
la loro enormità è oltre ogni descrizione. La devozione al Signore si è estinta.
O uomo! Comprendi che puoi ottenere la pace e la felicità solamente cantando il Nome Divino.”
O uomo! Non sentirti orgoglioso del tuo sapere.
Se non offri i tuoi riverenti omaggi a Dio e non pensi a Lui con devozione,
tutto il tuo sapere diventa inutile.”
O uomo! Tu fatichi duramente nella vita per poterti riempire la pancia
e acquisisci moltissimi tipi di conoscenza in vari campi.
Esamina e indaga tu stesso: hai raggiunto una grande felicità
usando da mane a sera il tempo per ottenere la conoscenza terrena
e acquisire ricchezza dimenticando Dio?”
Tra tutti gli esseri viventi, la nascita umana è la più rara.
È questo che dovresti ottenere avendo raggiunto una nascita umana così preziosa? Dovresti raggiungere questo tipo di felicità terrena nella vita? No, no. Il tuo scopo, la tua meta, è differente: ciò che dovresti ottenere è la felicità vera, ma, dimenticando una tale felicità eterna, ti arrabatti per una contentezza effimera e passeggera. Non c’è dubbio che l’istruzione secolare sia necessaria, non lo contesto; essa serve per la vita qui, l’istruzione spirituale serve per la vita al di là. La prima conduce soltanto alla via dell’appartenenza al mondo (pravritti) mentre quello che voi dovreste seguire è il sentiero della spiritualità (nivritti). Tutto ciò che è relativo a pravritti è momentaneo e transitorio, e tutto quanto riguarda nivritti è vero ed eterno; per questo, voi dovreste mirare alla felicità che si prova nel seguire la via di nivritti. I libri sono certamente pieni di conoscenza; a che serve questa se la mente è piena di fango? Quanto è utile la conoscenza “libresca”? Se avete la testa piena di fango, anche la conoscenza di tutti i libri diventa inutile perché voi amate il fango. Perché? La causa è la frequentazione di compagnie sbagliate. Se riempite la testa con la conoscenza contenuta nei libri, essa diventerà un libro; ciò che avete bisogno di apprendere non è la conoscenza dei libri, ma quella della testa, la conoscenza pratica, e questo è possibile solamente se seguite il sentiero della spiritualità.
Il merito dipende dalla fede
Come sono i sentimenti saranno i risultati.”
Se la fede e i sentimenti sono sacri, i risultati non potranno che esser tali. Nei tempi antichi, usava una nicchia nel muro all’entrata delle case delle famiglie benestanti, in cui si teneva una piccola lanterna accesa e la gente del villaggio andava ad accendere le proprie lanterne con quella; questa tradizione originava dalla credenza che, così facendo, si acquisisse la stessa prosperità. In accordo con questa usanza, anche Yashodâ teneva una lanterna accesa nel muro della sua casa in modo che le gopî del villaggio potessero andare ad accendere le loro. Era il periodo in cui Krishna aveva lasciato Gokul e viveva a Mathurâ. C’era una gopî di nome Suguna, appena sposata, che andò a Repalle dopo il matrimonio e udì dei Giochi Divini che Krishna aveva fatto lì; ella andò in estasi e pensò di essere sfortunata per il fatto di essere andata a Repalle solamente dopo che Krishna era partito per Mathurâ. Si sentì demoralizzata e perseguitata dal fato, e pensò: “È possibile cambiare il destino?” In precedenza, sua suocera soleva andare in casa di Yashodâ ad accendere la sua lanterna. Una volta accadde che la suocera fosse colta dalla febbre, per cui Suguna dovette andare ad accenderla e questa occasione risultò apportatrice di fortuna. Ella era felice al pensiero che avrebbe visto il luogo ove Krishna era vissuto e si avvicinò alla casa di Yashodâ con cuore puro e fede totale in Lui. L’esperienza della Divinità dipende dalla fede piuttosto che dalle pratiche spirituali o dall’istruzione; nel mondo ci sono stati molti studiosi, yogin e uomini di grande penitenza e sacrificio che non hanno potuto ottenere il merito che ottenne Suguna. Sempre, dal primo momento in cui mise piede a Repalle, ella contemplò Krishna pensando al fatto di non aver avuto la fortuna di vederLo. Quando accese la lanterna da quella di Yashodâ, Lo vide nella fiamma, andò in estasi e perse la coscienza corporea, tanto da non percepire di bruciarsi le dita in quella fiamma. Accortasi di questo, Yashodâ corse lì e le chiese: “Dove sei con la testa, mia cara? Non ti accorgi neppure che ti stai bruciando le dita! Ti sei addormentata? Non hai riposato stanotte?” Anche le altre gopî, che erano andate ad accendere le loro lanterne, assistettero al fatto. Suguna vedeva Krishna nella fiamma continuamente, per cui non aveva coscienza del proprio corpo. Le altre le si fecero intorno e le chiesero: “Che cosa succede? Che cosa stai vedendo?” Nel sentirle dire che aveva visto Krishna, presero a ballare e cantare:
La nostra Suguna ha avuto la visione di Krishna nella casa di Nanda.
Krishna le è apparso nella fiamma della lanterna.”
Che pratica spirituale e adorazione faceva Suguna? Ella non conosceva pratiche come la ripetizione del Nome e la meditazione; le donne allora non erano istruite e quella era veramente la loro grande fortuna: se avessero ricevuto questo tipo d’istruzione moderna, non avrebbero potuto raggiungere una Gioia Divina simile. In quei giorni, tutta la loro attenzione era sulla Divinità, mentre quella degli studenti moderni è sempre tesa ad acquisire conoscenza dai libri; dopo averla ottenuta, essi si concentrano sugli esami durante i quali bevono tazze e tazze di tè e caffè per rimanere svegli la notte rovinandosi così la salute e anche il potere della memoria. Con questi sistemi, oggi l’uomo danneggia i suoi poteri innati, mentre allora le persone come Suguna erano sempre concentrate su Krishna. La fede totale era la fonte del loro merito. Esso dipende dalla fede e da nient’altro. Se si vuol salire sulla terrazza di casa, bisogna usare una scala e questa deve avere un appoggio alle estremità, alla base e in cima. L’amore è l’appoggio alla base di questa scala della spiritualità e la fede è quello alla sommità; senza i supporti dell’amore e della fede, è impossibile raggiungere le altezze spirituali. In effetti, la vera sâdhanâ consiste nello sviluppare in se stessi amore e fede.
Dio può presentarsi alle case dei devoti in qualunque forma
Al tempo dell’Avatâr Shirdi Sai, c’era un Suo grande devoto di nome Hemadpant Annasaheb Dabholkar. Egli aveva sempre Baba in mente e ripeteva continuamente: “Baba, Baba, Baba.” Una notte, fu svegliato alle tre da una persona alta che gli batté sulla spalla e gli disse: “Hemadpant! Domani vengo a casa tua a chiederti del cibo.” Egli si chiese se ciò che aveva visto fosse sogno o realtà finché non vide la porta aperta e comprese che non si trattava di un sogno. A quel punto fu sopraffatto dalla gioia e prese a gridare: “Il mio Baba è venuto e mi ha detto che sarà domani a casa mia per chiedermi del cibo.” La moglie, udendolo, si alzò e chiese: “Che cosa ti succede? Hai sognato? Sei diventato matto per urlare in questo modo? Com’è possibile che Baba venga domani? Dov’è Shirdi e dov’è la nostra casa? Tutto questo è solamente la tua immaginazione.” Al che Hemadpant rispose alla moglie: “O donna sciocca! Per Dio non c’è niente di vicino o lontano. Come può esistere un andare e un venire per Dio che è onnipresente? Dio non va e non viene; Egli è ovunque e coloro che lo meritano possono vederLo dovunque, mentre coloro che non lo hanno meritato non possono. Tutto dipende dalla fede di ognuno.” Egli le disse anche: “Baba verrà qui domani, perciò prepara del cibo adatto per domattina.” La moglie fu felicissima nell’udire questo e replicò: “C’è forse una fortuna più grande per noi della visita di Baba?” Il mattino si alzò presto, pulì la casa e gli utensili da cucina con cui preparò molti piatti prelibati come i vada (spuntini saporiti dell’India del Sud), il pâyasam (budino dolce) ecc. Poi decorò la casa con foglie di mango e ghirlande di fiori e si mise ad aspettare l’arrivo di Baba. A mezzogiorno non c’era segno dell’arrivo di Baba, per cui ella era in ansia. Allora Hemadpant cercò di tranquillizzarla dicendo: “Baba non mancherà mai alla Sua promessa; è l’Incarnazione della Verità. Egli è, di fatto, realmente l’Incarnazione del Signore Satyanârâyana, per cui verrà assolutamente.” Erano ormai le due, ma Baba non arrivava e Hemadpant non sapeva che fare. In quel momento, due persone si presentarono a casa sua e dissero: “Hemadpant, sembri molto indaffarato. Forse stai aspettando dei parenti ed è per loro che hai preparato il cibo, quindi non è il caso che noi ti disturbiamo in questo momento; torneremo più tardi, ma accetta gentilmente questo pacchetto.” Hemadpant prese il pacchetto e, mentre essi si allontanavano, lo aprì trovandovi una foto di Baba. Appoggiò la foto alla fronte con rispetto ed esclamò: “O Baba caro! Tu sei venuto a casa mia nella forma di questa foto!” La devozione è una sorta di pazzia. Sai Baba è l’Incarnazione di Sat-Cit-Ânanda (Essenza-Conoscenza-Beatitudine) che rimuove la vostra pazzia temporale e vi rende pazzi per Dio. Perché lo fa? Solamente per eliminare la vostra follia per il mondo. Se volete liberarvene, dovete diventare pazzi per Dio. Baba asciuga le lacrime dei vostri dolori terreni e vi fa versare lacrime per Dio. Hemadpant mise il cibo davanti alla foto di Baba, chiuse gli occhi e pregò: “Baba! Devi mangiare questo cibo!” Quando li riaprì, un vada mancava dal piatto ed egli poté vedere anche le impronte delle dita di Baba nel riso servito. Allora disse con gioia: “Baba ha mangiato il cibo”, e lo offrì a tutti come prasadam (cibo benedetto). Baba soleva soddisfare i Suoi devoti in questo modo. Avendo promesso ai devoti che sarebbe andato a visitare le loro case, vi andava in una forma o nell’altra. Al fine di far loro comprendere che Dio è presente in tutti gli esseri, Egli andava nelle loro case anche sotto forma di animali, anche come bufalo, come gatto, cane ecc., e si nutriva del cibo a Lui destinato.
Dio è presente in tutti gli esseri
Ora, Io non faccio così. Se prometto di venire a casa vostra e di accettare del cibo, verrò personalmente e mangerò lì. Ho detto a molte persone che, andando a Mumbai, Mi sarei recato a casa loro e avrei mangiato; conseguentemente, sono andato a trovarli e Mi sono cibato di ciò che Mi hanno offerto. Solamente così erano contenti. Qual è la ragione della loro contentezza? È il risultato del loro amore, della fede e dei sentimenti. In quei giorni, i devoti erano colmi d’amore e fede totali, mentre quelli di oggi hanno fede solamente a momenti. Se Dio dice che andrà a casa loro, in quel momento sono molto contenti, ma poi cominciano a dubitarne; pensano anche che Swami possa averlo detto tanto per farli contenti. Non date mai spazio a dubbi simili; se maturate una fede totale nelle parole di Swami, esse si avvereranno sicuramente. Le parole di Dio sono divine, sono ambrosia, sono sempre vere, ma, se mancate di fede, possono non avverarsi; quindi, abbiate una fede assoluta. Qualunque cosa succeda, non dovete mai abbandonare la vostra fede, in nessuna circostanza. La fede è il vostro soffio vitale. Nel Mio Avatâr come Shirdi Sai Baba, alcuni potevano non comprendere i significati sottili delle Mie parole e azioni. Essi venivano da Baba e protestavano: “Baba! Noi Ti stavamo aspettando perché avevi promesso di venire. Perché ci deludi? Perché ci metti in questa difficoltà? Quali peccati abbiamo commesso?” Ed Egli rispondeva: “Siete gente veramente molto sciocca. Io sono venuto, ma voi mi avete scacciato con un bastone.” Questi devoti si meravigliavano e dicevano: “Che cosa, Baba!? Potremmo mai commettere questo sacrilegio di mandarTi via con un bastone?” E allora Egli diceva di essere andato da loro nella forma di un cane nero, dimostrando così la verità secondo cui Dio è presente in tutti gli esseri. Quando voi vedete un topo, cercate di prenderlo con una trappola o di ucciderlo con un bastone, ma, se è con il Signore Ganesha, gli offrite i vostri omaggi. Similmente, se vedete un serpente, cercate di ucciderlo o chiamate un incantatore di serpenti che lo catturi, mentre, se è al collo del Signore Shiva, lo riverite. Chiunque sia vicino a Dio sarà riverito e rispettato; la vicinanza di Dio è la vera ricchezza. Sarete onorati a seconda della vostra vicinanza a Dio, ma, se vi allontanate da Lui, nessuno vi guarderà neppure in faccia. In realtà, voi siete sempre vicini a Dio: qualunque cosa vediate e dovunque guardiate, c’è solamente la Divinità. Il Principio Divino è onnipresente; non viene e non va.
La felicità è il linguaggio del vero devoto di Dio
Una volta, Pârvatî e Parameshvara indissero una gara tra i loro due figli, Vinâyaka e Subrahmanya, cui dissero che chi dei due avesse compiuto per primo il giro del mondo sarebbe stato premiato. Vinâyaka ha un ventre enorme e il Suo veicolo è un topo, per cui i Suoi genitori erano curiosi di vedere come avrebbe gareggiato con il fratello. Intanto Subrahmanya salì sul Suo veicolo, il pavone, e partì velocemente, mentre Vinâyaka rimase dov’era senza neppure chiamare il Suo veicolo, il topo. Quando poi vide il fratello che tornava dopo aver fatto il viaggio intorno al mondo, fece un giro intorno a Pârvatî e Parameshvara e dichiarò di essere il vincitore della corsa, al che Sua Madre disse: “Fai il furbo? Che razza di trucco è questo? Tuo fratello è tornato dopo aver fatto il giro del mondo, quindi merita il premio. Come puoi affermare di aver fatto altrettanto, semplicemente facendo un giro intorno a noi? Pârvatî e Parameshvara conoscevano bene questa verità, ma inscenarono la commedia per dimostrare al mondo che Dio è onnipervadente. Vinâyaka rispose: “Madre! Non è forse vero che Voi due siete presenti ovunque si guardi? Quindi, girare intorno a Voi equivale a fare il giro di tutto il mondo.” In questo universo, ovunque si guardi, ci sono solamente due cose ed esse sono rappresentate rispettivamente da Pârvatî e Parameshvara: energia e materia. Vinâyaka poté vincere il premio grazie all’intelligenza. Pârvatî ebbe compassione di Subrahmanya e Gli dette un frutto per non deluderlo dopo che si era impegnato a fare il giro del mondo, dicendo: “Mio caro! Tu sei arrivato primo dopo essere andato intorno al mondo, ma Vinâyaka ha vinto perché ha compreso il profondo significato del Principio Divino dell’onnipresenza di Dio.” Se indagate profondamente, comprenderete il significato profondo del Principio Divino. Chi è immerso completamente nell’acqua non può dire niente; similmente, colui che è immerso nell’amore per il Divino, non può descriverLo. Solamente quelli che rimangono in superficie Lo descrivono in modo approssimativo. Chi è immerso del tutto nell’oceano della devozione, della fede e dell’amore per Dio è saturo di beatitudine, non ha coscienza di nient’altro. Gli studiosi, i dotti e i poeti che proclamano di conoscere il Divino sono, in effetti, coloro che si trovano solamente a livello superficiale, ma chi è immerso totalmente nel Principio Divino non è capace di parlarNe. La beatitudine è il Suo discorso, è il Suo linguaggio. Niente è più elevato di questo. Dire di essere in cerca di Dio è quindi un grave errore: che bisogno c’è di cercare Dio che è presente ovunque? Ci sono nove gradini della devozione: Shravanam (l’ascolto delle storie e della gloria di Dio), Kîrtanam (il canto delle Sue lodi), Vishnusmaranam (soffermarsi mentalmente sul Signore), Pâdasevanam (agire offrendo tutto ai Suoi Piedi di Loto), Vandanam (l’atteggiamento di profondo rispetto verso tutte le forme di vita), Archanam (l’adorazione rituale), Dâsyam (l’atteggiamento di servo dedito e fedele verso Dio), Sneham (il sentimento di amicizia verso Dio), Âtmanivedanam (la completa resa a Lui). Si dice che queste vie conducono l’uomo a Dio, ma l’uomo deve comprendere di essere egli stesso Dio; in realtà, tutti sono l’incarnazione della Divinità. Dio è in cerca di un vero devoto.
Allora e adesso, Io cerco, ho cercato un vero essere umano e un vero devoto.”
Persino gli uccelli e gli animali hanno una devozione vera, ma, sfortunatamente, questa non si trova negli esseri umani; essi hanno solamente una devozione a mezzo servizio. Dov’è Dio? Voi dovreste avere una fede incrollabile nel fatto di essere Dio voi stessi. Questo corpo è il tempio e l’anima individuale è la deità: pertanto, voi siete Dio! Dove altro potete trovare Dio, se voi stessi Lo siete? Questa fede deve essere rafforzata; solamente così potete fare l’esperienza del vero amore e della vera beatitudine. Se tenete dello zucchero in mano, non ne conoscete il sapore; mettetelo sulla lingua, cominciate a masticarlo e solamente allora potrete di sperimentarne la dolcezza.
(Bhagavân ha concluso il Suo Discorso con il bhajan: “Madhura Madhura Muralî Ghanashyâma…”).
Prashânti Nilayam, 14 luglio 1996, Sai Kulwant Hall
(Da “Sanâtana Sârathi”, dicembre 2011)