Incarnazioni d’Amore,
per raggiungere e sperimentare la Divinità, dovete avere pensieri divini e compiere azioni divine. I sentieri spirituali che si possono intraprendere sono di varia natura e, quando i risultati tardano a venire, ci si sente delusi e frustrati. Qual è il motivo di ciò? Ognuno dovrebbe conoscere il significato della disciplina spirituale (sadhana) ed esaminare se sta ottemperando o meno ai precetti divini. Il comportamento degli individui è incostante, ragion per cui essi non riescono ad ottenere la libertà.
E’ necessario che tutti sappiano ogni cosa riguardo alla disciplina spirituale. E’ opinione comune ritenere che essa consista nel ripetere il nome del Signore (japa), nel dedicarsi al canto devozionale (bhajan), nel far meditazione, ecc. Queste, però, non sono che mere pratiche esteriori. Il corpo è impermanente, la mente è instabile e tutte le pratiche spirituali sono incentrate sul corpo e sulla mente. Noi dovremmo quindi cercare di trascendere tutto ciò. La parola sadhana è composta da sa, che significa “identità”,“vicinanza”, e dhana, cioé “ricchezza”, “potere”. Non si tratta, però, di ricchezza materiale, ma di Ricchezza Divina, cioé di Verità, di Unità con la Verità perfetta, eterna, pura ed incontaminata. Questa ricchezza si chiama sadhana. Sedersi ad occhi chiusi cercando di controllare il corpo, non significa svolgere una pratica spirituale. Dovremmo invece cercare di conoscere l’ambiente che ci circonda: potremo allora ottenere la Grazia divina. Dobbiamo imparare ad affrontare gli opposti con uno stato d’animo imperturbabile: caldo e freddo, pioggia e sole, piacere e dolore, profitto e perdita, merito e demerito vanno affrontati con lo stesso animo.
Vyasa insegnò l’essenza dei Veda con due sole frasi: “Aiutare gli altri è lodevole; arrecar loro danno è riprovevole”.
La parola paraupakara consta di tre sillabe: para (supremo), upa (vicino a) e kara (atto, azione). Quindi, per avvicinarsi a Dio, bisogna compiere buone azioni ed essere sempre soccorrevoli. Questo è il giusto sentiero spirituale. Bisogna avvicinarsi a Dio. Questa è l’essenza dell’insegnamento contenuto nelle Upanishad. “Sedersi accanto” è dunque il significato della parola “upanishad”. Upa significa “vicino a” e shad “sedersi”.
Ma come dobbiamo intenderla veramente? Il discepolo deve restar seduto ai Piedi del Guru che si trova più in alto di lui. Tutti i testi sacri insegnano come ci si avvicina a Dio. Quando, ad esempio, è caldo, si accende l’aria condizionata per avere refrigerio e benessere. Similmente, avvicinandosi a Dio, si sviluppano qualità divine: questa è disciplina spirituale. Analizziamo ora il contenuto di peccato (pâpa). Che cos’è il peccato? E’ percepire lo Spirito unico ed immanente come molteplice. Lo Spirito è uno solo, benché i nomi e le forme sembrino essere tanti.
Eka Prabhu, eka naam; Ishvara sarva bhutanam: “Esiste un solo Dio”; “Dio è in ogni essere vivente”. Dio e natura stanno assieme. Dio è la causa, la natura è l’effetto. Non c’è causa senza effetto. Voi siete non uno, ma tre: ciò che pensate di essere, ciò che gli altri pensano voi siate e ciò che realmente siete. Prendete, ad esempio, un pezzo di stoffa. Esso è costituito di cotone, filo e tessuto. I desideri sono come i fili che, se tolti uno ad uno, non daranno più forma alla stoffa. Minore è il peso che portate, più agevole sarà il viaggio della vita. Il vostro unico desiderio sia Dio! Nutrite solo questo desiderio e seguite i precetti divini. Sviluppate fede e determinazione. Qualunque cosa Dio dica è solo per il vostro bene.
C’era un re che aveva l’abitudine di bere il succo della canna da zucchero durante una certa festività. Egli, pur non avendo esperienza, volle provare a tagliare la canna da solo. Così, per errore, si tagliò un dito. Il suo ministro, allora, disse: “Sire, questo è per voi un evento fortunato!”. A queste parole, il re si adirò molto e fece imprigionare il ministro, il quale, tuttavia, pensò: “Ciò è bene per me!”. Dopo un po’ di tempo, il re un giorno si addentrò in una foresta e si mise a riposare sotto un albero. Nei paraggi viveva una tribù, il cui re cercava una vittima umana da immolare alla divinità. I servi del re avevano il compito di trovare un essere umano integro in tutte le parti del corpo, perciò furono assai felici di imbattersi nel re. Lo catturarono, lo lavarono e fecero tutti i preparativi per il sacrificio. Ad un tratto, però, si avvidero che aveva un dito mozzato e decisero quindi di lasciarlo andare. Egli, ritornando a casa, pensò: “Ciò che il ministro mi aveva detto era vero. E’ stato per il mio bene”. Si recò quindi alla prigione e, dicendogli di aver compreso che le sue parole corrispondevano al vero, liberò il ministro. Questi, allora, replicò: “E’ stato bene anche per me, perché se vi avessi accompagnato nella foresta, sarei stato sacrificato io al vostro posto!”. Il re dedusse che ogni cosa è voluta da Dio, per il nostro bene. “Piacere e dolore vanno ugualmente bene per me”, egli pensò. Tutti dovrebbero avere la consapevolezza di ciò; questa è disciplina spirituale.
Sadhana non significa compiere solo rituali, ma coglierne il significato profondo, comprendendo che l’essenza è obbedire ai precetti divini. Nella tesoreria di Dio vi sono molte gemme. Qual è la natura del Divino? Egli concede più di quanto si possa comprendere, mentre, se gli si chiede qualche cosa, potrebbe non esaudirla.
“O mente, Râma non esaudì forse il desiderio di Sabari senza ch’ella lo chiedesse e non mandò l’uccello Jatâyu in Cielo, senza richiesta alcuna? A che giova, o mente, chiedere?
Dio dà più di quanto Gli venga richiesto”.
Se seguirete i precetti di Dio, Egli vi darà di più di quanto avete chiesto. Dovete adorarLo con tutto il cuore e arrendervi a Lui. Questa è disciplina spirituale.
Una volta, Râma, Lakshmana e Sîtâ procedevano verso Chitrakû-ta. Râma era stanco e chiese al fratello di costruire una capanna, dicendogli di scegliere il posto. Lakshmana, addolorato, domandò a Râma: “Che peccato ho mai commesso per sentirmi chiedere da Te di essere io a scegliere il posto? Qualunque cosa Tu dica è per me volontà divina ed io non ho altro desiderio che ubbidirTi!” Râma abbracciò Lakshmana e gli disse: “E’ facile avere una moglie e una madre, ma difficilmente si trova un fratello come te”.
L’amore divino è illimitato. Il mondo è effimero e pieno di tormenti. L’amore, l’adorazione e le altre azioni, oggi, sono solo ostentazione, ma non si pratica la vera spiritualità. Se non seguite i precetti divini, tutto è inutile. Non dovreste avere una mente doppia, perché ciò significherebbe esser per metà ciechi. Perciò eliminate i sentimenti di “mio” e “tuo” tipici del rapporto a due. Tra Dio e il devoto ci dovrebbe essere solo una relazione divina. Date sempre. L’atteggiamento dualistico è privo di saggezza. Che cos’è la saggezza? E’ non-dualismo! L’uno senza secondo è non-dualismo.
Passiamo ora al concetto di libertà. Oggi libertà significa fare ciò che si vuole. Voi avete molti desideri irrealizzati, perciò non riuscite a comprendere la vostra vera natura. Diventa quindi impossibile ricevere la Grazia divina. “Libertà” si dice svaiccha. Sva sta per “Spirito” (Atma) e iccha vuol dire “Volontà”. Non è la libertà del corpo, della mente e dell’intelletto. Il corpo è simile ad una bolla e la mente è come una scimmia pazza; se seguite il corpo e la mente, andrete allo sbando. Sapendo ciò, potrete ottenere la Grazia di Dio. Quindi sadhana non significa esattamente seguire delle pratiche spirituali. Piacere e dolore non sono separati; se non c’è il dolore non potete sperimentare la gioia. Il piacere è un intervallo tra due dolori. Essi non sono altro che nuvole di passaggio. Perciò la disciplina spirituale è fatta di atti catartici associati.
La cosa di maggior rilievo è l’equanimità. Dio è totalmente privo di egoismo. Ai devoti Egli ha fatto dono del corpo. Praticate l’amore disinteressato, perché Dio è puro altruismo. Non domandatevi a chi dare amore. Siate determinati! Poiché Dio è pienezza ed è tutto, datevi a Lui senza riserve.
In Italia c’era un costruttore di violini che ci impiegava un anno intero per fabbricarne uno. Quando gli chiesero perché ci mettesse tanto, egli rispose che non era una questione di soldi. Il motivo che fornì fu che, poiché Dio è perfetto, qualunque cosa facciamo dev’essere perfetta. Egli cercava la Grazia di Dio. Un devoto sincero deve saper offrire amore pieno. Pûrnam adha, pûrnam idam, pûrnat pûrnam udachyate: “Quello è Pieno, questo è Pieno, dal Pieno nasce il Pieno”. Tutto è pienezza. Abbiate sempre il sentimento di pienezza. Le parole di Dio conducono alla Libertà.
State sempre in compagnia dei buoni. E’ difficile trovare buoni amici nel Kali Yuga. Finché avrete i soldi, tutti vi saluteranno; perdeteli, e gli amici scapperanno via. Dio è l’amico più grande. Egli è sopra, sotto, intorno e dentro di voi. Finché c’è acqua nella cisterna, ci sono migliaia di rane. Quando essa rimane vuota, le rane spariscono. Così è anche l’amicizia umana. Dio è il Vero Amico; cercate di sperimentare la vera Libertà. Dobbiamo arrenderci a Dio. Per ottenere ciò, ci vuole fede, una fede incrollabile.
La vita è una sfida: affrontala;
la vita è un gioco: giocalo;
la vita è un sogno: realizzalo;
la vita è amore: sperimentalo.
Non discriminate in amore. Gioite di esso! Andate, ad esempio, al mercato a comprare verdure. Se cominciate a chiedere da dove sono venute, sorgeranno dubbi circa la pulizia dei luoghi di provenienza, dell’acqua con cui sono state annaffiate, ecc. Perché preoccuparsi? Gioite dunque, allo stesso modo, dell’Amore divino.
Una volta Ramakrishna portò un suo discepolo, Premananda, al fiume e gli mise la testa sott’acqua. Quando lo tirò su, gli chiese: “Quale nome di Dio hai pensato?” Premananda, inspirando affannosamente, rispose: “Non ho pensato ad altro che a tirarmi su per respirare!”
Quando sarete immersi nell’Amore divino, penserete solo a Dio. Questa è vera concentrazione. Lo spreco di tempo è vita sprecata. Amate perciò Dio sempre di più.
Kodaikanal, 8 Aprile 1996