La via regale verso Dio
Incarnazioni del Divino Amore,
se si macera il legno di sandalo, la sua fragranza si espande, come pure se si mastica una canna da zucchero, il dolce succo che contiene allieta il palato. L’oro si affina e diventa brillante quando è messo al fuoco. Allo stesso modo, quando ogni uomo ha amore per tutti gli esseri viventi, la gioia che ha dentro si manifesta all’esterno.
Così, quanto più amerete gli esseri viventi, tanto maggiore sarà la vostra felicità. Perciò, chi vuol essere sempre più felice deve amare. Questa è la Via Regale che porta alla presenza di Dio. Il miglior modo per amare Dio è amare tutti, servire tutti. Questo fu il segreto insegnato dal Buddha.
“Mio rifugio è il Buddha”, “Mio rifugio è la Società”, “Mio rifugio è il Dharma”, sono tre versetti vedici. La prima cosa che si deve espandere è l’intelligenza (buddhi); l’intelligenza deve poi crescere nella società (sangham), nella quale dev’essere rispettato il dharma. Questo è il modo per sperimentare gioia. Non bisogna provocare dolore o sofferenze a nessun essere vivente. Mai far del male, sempre aiutare.
Questa fu l’unico principio fondamentale insegnato dal Buddha: Ahimsa paro dharmah: “La non violenza è il massimo della rettitudine”. Non indebolite nessuno infliggendo dispiaceri o sofferenze psicologiche, fisiche o verbali. Vi domanderete se ciò sia possibile. Quando sentirete di doverlo fare con un proposito irremovibile, riuscirete ad ottenere facilmente dei risultati davvero grandi.
Sat-Cit-Ânanda
La divinità presente in ciascuno è unica e, una volta che la si è riconosciuta, non v’è più motivo di temere alcunché. Prahlâda si rifugiò completamente nel Signore (Nârâyana), mentre suo padre Hiranyakashipu confidava nel nome e nella forma, che non durano in eterno. Nârâyana da sempre è la personificazione della Verità. Tra i vari nomi di Dio, il migliore è Sat-Cit-Ânanda.
Sat è la realtà che occupa tutte e tre le dimensioni del tempo ed è sempre identico a se stesso nel passato, nel presente e nel futuro. Sul cammino verso la Verità, è l’immutabile Sat che si deve sperimentare.
Cit è la Sapienza piena (Jñâna). È nella saggezza piena che dobbiamo avere il darshan della forma universale, la Divinità in toto. Una volta che avremo sperimentato Sat e Cit, sgorgherà dall’interno la beatitudine (Ânanda): sperimentando Sat nella verità, Cit nella saggezza e Ânanda nella felicità piena, ci diverrà manifesta la forma del Sat-Cit-Ânanda.
Ogni uomo non fa che anelare alla felicità. Da dove essa proviene? Noi nasciamo dalla beatitudine, viviamo nella beatitudine e terminiamo anche la nostra vita in beatitudine. Perciò, la nostra esistenza è piena di beatitudine. Non è difficile scoprire il fine della vita; nessuno se ne può dimenticare. Perciò, occorre desiderare la gioia, sperimentarla, immergervisi.
Il corpo umano è effimero; non è possibile ottenere una gioia eterna con il corpo che è temporaneo. Fu per comprendere questa verità che Buddha lasciò la famiglia. Ebbe modo di vedere un cadavere, un malato e un vecchio. La vecchiaia è una condizione comune a tutti i corpi: infanzia, giovinezza e vecchiaia sono stadi normali, sono cambiamenti naturali, fisici. Non ce ne dovremmo preoccupare assolutamente. E invece si vorrebbe che il corpo fosse eterno.
Perché c’è la morte? Perché s’invecchia? Perché si nasce? Perché ci si ammala? Queste furono le domande che si pose il Buddha in prima persona; e, alla fine, egli comprese che il corpo non è che una bolla di sapone e che la mente è la causa di tutte le malattie. Sono i pensieri costanti della mente che fanno ammalare il corpo; per questo le chiamano malattie psicosomatiche. Il corpo soggiace ai cambiamenti che derivano dall’influsso psichico della mente. Quindi, la mente non è altro che un abito.
L’altro giorno, comunque, vi ho detto che la mente è Vishnu e che, come tale, pervade ogni cosa. Non dobbiamo dunque darci pensiero per la natura del corpo. Finché abbiamo un corpo, dobbiamo cercare di intravedere la Divinità. È normale che nell’uomo ci siano errori e correzioni; per questo, incapace di riconoscere la Divinità in tutte le creature viventi, l’uomo compie molti sacrifici rituali.
L’insegnamento di Buddha sulla non violenza
Buddha si recò di villaggio in villaggio al fine di diffondere i principi della morale. Un giorno vide che in un villaggio si stava preparando uno yajña, in cui era previsto il sacrificio di un animale. Buddha vi si oppose e disse: “Non dovete farlo”. E, citando le Scritture, aggiunse: “Dio è in tutte le creature, in tutti gli esseri. Questa è la lezione che ho appreso: Dio è in ogni singolo essere vivente. L’anima di ogni individuo è Dio e Dio è ciascun’anima. Non avrà dunque senso che voi offriate in sacrificio questo animale”.
Il celebrante gli rispose: “Mediante il suo sacrificio io lo libererò”. All’udir ciò, Buddha fece dell’ironia: “Tu vorresti dare la liberazione a un animale che non l’ha chiesta. Perché non dare la liberazione invece a un uomo che la desidera? Non credo proprio che questi animali vogliano la liberazione che vuoi dar loro. Dove sta scritto? Quale Upanishad l’ha mai insegnato? In quale Veda è detta questa cosa? Dunque, non c’è alcuna verità in questa decisione. Si potrà forse liberare una creatura uccidendola? No, mai, mai! È falso. Ma, se tu credi che sia giusto, se sei tanto convinto che sia giusto questo culto, ti farò un esempio.
Questo animale non vuole essere liberato. Tuo padre, sì, vuole la liberazione, tua moglie e tuo figlio vogliono la liberazione. Perché non li sacrifichi uccidendoli per liberarli? Se il principio della liberazione trova compimento in un sacrificio, perché non cominci dal tuo livello personale, dalla tua vita? Vuoi dare la liberazione a degli animali che non la desiderano; perché non la offri agli esseri umani che la chiedono? Nemmeno tu potrai liberarti attraverso il sacrificio di animali, poiché questo è il peggiore dei peccati”.
Allora, il Buddha bloccò la celebrazione, ordinando: “Non ferire. Non uccidere”. In questo modo, l’Illuminato, diede un fermo ad alcune azioni dannose e incominciò a diffondere la non violenza come il dharma più elevato. Anche negli animali esiste lo stesso amore che c’è nell’uomo; quindi, condividete imparzialmente il vostro amore con uccelli e bestie. Condividete questo amore con ogni singolo uomo, con ogni singola creatura. Questa è la vera caratteristica dell’amore; questa è la vera liberazione.
Liberazione
Che significa liberazione? Alcuni credono che si tratti di raggiungere un certo posto per viverci. No, no! La liberazione è uno stato di perfetto, totale amore; un amore che dobbiamo cercare di acquistare. Solo allora avremo completa liberazione. Oggi, c’è gente che, riempiendosi la bocca con la parola “Moksha”, si sottopone a molti tipi di discipline; ma le discipline possono dare solo una pace temporanea.
Tuttavia, i saggi d’un tempo, hanno insegnato nove vie per realizzarsi. Esse sono: l’ascolto, il canto, il ricordo del Nome, l’abbandono ai piedi del Signore, la riverenza verso tutti, l’adorazione cultuale, il servizio, l’amicizia, la resa al Volere Divino. Anche in questi nove tipi di devozione, la felicità che si raggiunge è temporanea. Sono vie destinate a far scorrere il torrente dell’amore. In tutte le discipline la corrente principale dev’essere sempre l’amore. Questa è vera devozione.
Esser devoti non significa semplicemente cantare bhajan, fare delle pûjâ, recitare dei mantra, salmodiare i Veda. Non è tutta qui la devozione; sono solo dei sentieri che conducono alla devozione. La devozione consiste nell’orientare direttamente a Dio l’amore che sgorga in voi. Amare Dio con un amore puro, costante e disinteressato è devozione vera. L’adorazione di Dio dev’essere priva d’ogni desiderio. In realtà, qualsiasi pratica spirituale si compia è sempre frammista a qualche piccolo interesse egoistico.
Dobbiamo offrire a Dio un amore spassionato, libero dal senso di io; quella sola è vera liberazione, vera moksha. Moksha rappresenta la distruzione di moha, dell’illusione. Non sono i libri a dare la liberazione; essa non si ottiene dall’insegnamento di un altro, non nasce da discorsi, bensì da un sentimento interiore. La liberazione è dentro ciascuno di noi, come pure la beatitudine. Voi siete la dimora della gioia, il vostro cuore è la sua casa. Perciò, a Dio dobbiamo offrire quel tipo d’amore che parte dal cuore.
Molte religioni, un solo Dio
Prima vi ho citato un versetto delle Scritture: “Il corpo è il tempio di Dio e ad abitarvi è l’Onnipotente eterno”. Il vostro corpo è un tempio, dove ha preso dimora l’anima, che è Dio. Amate dello stesso amore che portate alla vostra anima anche le anime che risiedono in altri corpi, poiché questi sono templi di Dio quanto il vostro stesso corpo. Sono anime divine quelle quanto la vostra.
Esiste una sola Anima, perché c’è un solo Dio, mentre i templi sono molti. In conseguenza di questa diversità, un figlio che nasce chiama colui che l’ha generato “papà”; una nipote lo chiamerà “zio”; per un fratello minore sarà “fratello maggiore”; il figlio del proprio figlio lo chiamerà “nonno”. In realtà, dietro tutti quei nomi, c’è un solo individuo, pur essendoci persone diverse che lo chiamano in modi diversi. Tutti hanno con lui un rapporto che cambia nome: esperienze diverse con un solo individuo. È sempre e solo lui ad essere nonno, fratello maggiore, figlio, zio.
Allo stesso modo, anche le religioni venerano nomi diversi: Allah, Gesù, Zoroastro, Râma, Krishna, Buddha. E così, ognuno sperimenta il Divino in modi differenti, e tutti quei modi si basano solo su un tipo di rapporto che riguarda il fisico. In realtà, Dio è uno solo, e non si dovrebbero vedere assolutamente delle differenze in Lui.
Dunque, lasciamo pure che chi pensa a Dio col nome di Buddha, adori Buddha; lasciamo che chi lo vede come Îshvara, Lo adori come Îshvara; chi lo chiama Allah, lo adori pure come Allah e chi Lo ama come Gesù, adori Gesù. Qualunque sia il nome con cui Lo invocano, tutti costoro giungeranno all’unico Dio. Quindi, la Meta è unica, Dio è unico. Nessuna differenza va veduta nella realtà di Dio. “A chiunque facciamo il saluto sacro del namaskar, è a Dio che lo rivolgiamo”.
A qualunque religione o casta gli uomini appartengano, non vedete in loro differenza alcuna. Il ministro ha parlato di casta dell’umanità, di linguaggio del cuore, di Dio che è onnipresente ed unico. Dunque, potete darGli qualsiasi nome: tutti i nomi che Gli sono attribuiti non Lo definiscono, perché Dio non ha assolutamente nome. Egli è l’incarnazione dell’energia e noi dobbiamo compiere il giusto sforzo per far buon uso di quest’energia.
Mangiate sattvico
L’amore assume molte e svariate caratteristiche, ed è inquinato dal cibo che s’ingerisce e dalle azioni passate: desiderio, rabbia, bramosia, infatuazioni, orgoglio e invidia. Tutto ciò è determinato dal cibo e dal passato. Cercate di assumere cibo sattvico e le vostre qualità saranno sattviche, pure.
La festa del Buddha Pûrnimâ incomincia dal prendere cibo sattvico. Così, si avrà buddhi, ossia un intelletto puro. Buddham sharanam gacchâmi significa “In Buddha eleggo il mio rifugio”; anche i Veda hanno dato importanza alle qualità della mente. Secondo gli scritti vedici, la Luna è la deità che presiede la mente, poiché la mente non ha una luce propria, ma brilla di luce solare.
Tuttavia, la luce della Luna è della stessa natura di quella del Sole. La luce lunare è rinfrescante e piacevole, mentre quella del Sole è l’effulgenza della Saggezza. Una cosa è insegnare la saggezza, altro è insegnare ad amare. Senza amore, la saggezza non può migliorare. Sul principio ci sono piccoli germogli in fiore, da cui si formano frutti acerbi, che diverranno a tempo debito frutti maturi.
Se manca il frutto acerbo, non ci sarà mai un frutto maturo, e non può esserci frutto acerbo se prima non c’è stato il fiore. Fiore, frutto acerbo e frutto maturo: sono tre elementi indivisibili. Così pure, nelle cose di Dio, ci sono tre sentieri che sono un tutt’uno: l’azione, la conoscenza, la devozione. Nella natura dell’amore c’è tutto; quindi, dobbiamo crescere in amore.
Buddha ai suoi discepoli
Sviluppate sentimenti buoni, divini. Non criticatevi gli uni gli altri. Non disprezzatevi. Buddha girò molto per propagare i valori del dharma. Quando capitava in qualche villaggio, si fermava per riposarsi un poco. Una volta, sentendosi molto stanco, chiese a un giovane di assisterlo: “Discepolo, oggi farai felice la gente tenendo un discorso. Io desidero starmene un po’ a riposare”. Quel discepolo si riempì di gioia. “Qual grande fortuna mi si sta presentando!”, pensò. Iniziò a parlare al pubblico: “Buddha è pieno di compassione, pieno d’amore, pieno di sapienza. Egli è uno yoghi nell’azione, nella conoscenza: è perfetto. Un illuminato come lui non è mai nato prima, né mai nascerà di nuovo”.
I devoti là riuniti, all’udire queste parole, applaudirono. Buddha, che stava riposando, al sentire quegli applausi, si alzò immediatamente e si presentò all’assemblea. Invitò il discepolo a smettere di parlare, e gli disse: “Mio caro, quanti anni hai?” “Venticinque, Swami”. E Buddha chiese di nuovo: “In quante nazioni sei stato?” “Ho visto Kurudesham e Panchaladesham”, rispose il discepolo.
Allora Buddha lo redarguì: “Sei stato solo in due o tre villaggi, hai solo 25 anni. Che esperienza puoi aver avuto in così pochi anni per poter affermare che un illuminato come questo non è mai nato, né mai ci sarà in futuro? Che ne sai tu? Come fai ad affermare con sicurezza di conoscere il passato di uno che non è mai nato prima? E come puoi sapere del futuro di uno che non è ancora nato? Tu stai vivendo solo nel presente e nemmeno sai riconoscere correttamente il presente! Se così è, come fai a parlare del passato e del futuro? Questa è ignoranza bell’e buona. Da questo momento in poi non terrai più discorsi del genere”.
Così Buddha lo riprese e, alla fine, alzatosi, disse: “Grandi uomini e nobili anime sono nati in passato a beneficio di tutti; e così pure avverrà in futuro. Il futuro vedrà nascere anime di grande elevazione spirituale, che avranno nelle loro mani il mondo intero e lo terranno sotto controllo. Non avete dunque alcuna autorità di affermare che mai nasceranno anime simili o che non siano mai nate”.
Buddha diffidò ogni tentativo di vana esibizione. Lui stesso era schivo della pomposità; non amava mettersi in mostra. Era sempre di animo puro e fermo, ma nel medesimo tempo dimostrava grandi umiltà ed obbedienza. Le sue azioni erano sempre caratterizzate da un intensa forza d’amore. Non è per nulla facile conoscere la natura del Buddha.
Insegnamenti pratici
Incarnazioni del Divino Amore, è inutile rallegrarsi per il semplice fatto che oggi si celebra la nascita del Buddha, il Buddha Pûrnimâ. Occorre mettere in pratica e sperimentare nella propria vita gli esempi offerti dal Buddha con la sua predicazione. Ma la gente d’oggi è fatta di persone che si comportano da eroi solo quando parlano da un palco. Su una piattaforma sono degli eroi, nella pratica degli zero. Dobbiamo essere pratici e mettere in pratica, sperimentando tutti gli insegnamenti del Buddha. Questo è il primo segno di rispetto che dobbiamo al Buddha.
Non praticando gli insegnamenti del Buddha, coloro che si proclamano Suoi devoti lo sono soltanto a parole. Bisogna attuare in concreto ciò che Egli ha insegnato. Sono insegnamenti nobili e sacri: il massimo insegnamento da Lui proposto fu ahimsa, la non violenza, la più alta forma di rettitudine. Fu la prima cosa che insegnò. Purificate il vostro occhio; solo allora avrete una sacra visione. Sviluppate una visione libera da qualsiasi difetto, una vista pura. Sia buona la vostra vista, buono l’orecchio, buono il cuore, buono il pensiero, buona la vita. Ecco ciò che Buddha insegnò: il bene, il bene, il bene.
Onde di bontà
Sviluppate un buon modo di vedere; con una buona visione i sentimenti puri prenderanno consistenza dentro di voi. Col sorgere di buoni sentimenti, compirete azioni buone. Quando si getta un sassolino in un serbatoio, si formano delle onde ben visibili e concentriche. Per quanto si espanderanno quelle increspature? Per tutta la larghezza del pozzo. Così pure, se si getta una buona pietra, onde buone si formeranno.
Se si getta un chicco di riso soffiato, rimarrà là dove è stato gettato. Dobbiamo quindi lanciare la pietra dei buoni pensieri nel serbatoio della nostra mente. Se buttiamo pietre di buoni pensieri nel serbatoio delle nostre menti, le onde incominceranno ad espandersi verso l’esterno e inonderanno tutta la nazione. Le onde giungeranno agli occhi, che vedranno solo cose buone; arriveranno alle orecchie, che udranno solo cose buone; giungeranno alla bocca, che emetterà parole buone; arriveranno alle mani, che faranno attività buone; alle gambe, che vi porteranno in luoghi buoni.
Il serbatoio del corpo sarà dunque pieno di onde, che si muoveranno dalla testa alla punta dei piedi. Ogni zona raggiunta da queste onde verrà santificata. Quindi, vista buona: sviluppate una vista buona, dei buoni pensieri. Così disse il Buddha, insegnando tutto ciò che si doveva imparare. Fra tutti gli insegnamenti impartiti, quali mettete in pratica? Voi leggete dei libri. Ma ciò che si legge ha la durata della lettura e si dimentica subito dopo.
Dovremmo invece fare ogni cosa come si fa col legno di sandalo, la cui fragranza emana quando si continua a frantumare. Più insistete nel mettere in pratica gli insegnamenti, più la vostra vita concreta andrà verso la perfezione. Come si gusta la dolcezza dello zucchero masticandone continuamente la canna, così discorrendo sempre di quegli insegnamenti la loro dolcezza ci darà una copiosa beatitudine.
Una persona d’animo nobile deve incominciare dalla pratica; sono le nobili azioni dei grandi esseri che dobbiamo imitare nella vita concreta. Quante cose ci han dimostrato di attuare! Quanti esempi ideali ci hanno lasciato! Quanti insegnamenti elevati ci hanno proposto! Basterebbe che facessimo concretamente una o due cose di ciò che essi han fatto o detto.
Non sprecar tempo
Dio ci ha destinato molto tempo, e quanto ne sprechiamo! Lo spreco di tempo equivale a uno spreco di vita. Si spreca il 75% del tempo. Quando ci avanza un po’ di tempo, lo sprechiamo davanti alla TV o facendo altre cose inutili. A che serve? Perché non usate il tempo per azioni sante. Fate delle buone azioni, dedicandovi alla carità e ai vostri doveri. Questo fece il Buddha.
Qualità, non quantità
Negli ultimi momenti della sua vita, quando ormai stava per lasciare questo mondo, aveva con sé uno spicciolo, che teneva avvolto in pezzo di stoffa. A lui non interessava il denaro, ma la santità. Ci furono re molto potenti che edificarono grandi ashram e fecero sorgere dei monasteri buddhisti; ma tutto ciò non lo rendeva felice. Una vecchia mendicante gli aveva portato uno spicciolo dicendogli: “Figliolo, Buddha, Ecco, questo è tutto quanto possiedo. Prendilo”. Il Buddha lo prese con tutte le due mani, l’avvolse in una stoffa e lo portò sempre con sé, sul petto. Poiché, non è prezioso ciò che si dà per far bella mostra: quello spicciolo, offerto con amore e umiltà, aveva un gran valore. A che serve un barile di latte d’asina? È ben più utile un cucchiaio di latte di vacca; è sufficiente. Così, anche un centesimo donato con cuore puro vale quanto un milione di rupie.
Buddha coi demoni
Una volta il Buddha stava seduto tutto solo nella foresta. Gli si presentò una perversa diavolessa, la quale gli disse che l’avrebbe divorato. Buddha rispose: “Prima o poi, anche tu dovrai morire. Quindi, se oggi hai fame, io sono pronto a sfamarti”. Disse queste cose col sorriso sulle labbra. Che bisogno c’è di aver paura di tutto ciò che può accadere al corpo, morte compresa? La morte è certa, e la fame è una necessità dell’esistenza. Allora disse: “Vieni e mangiami”.
A queste parole, pronunciate da un Buddha sorridente, la demonessa si trasformò in una colomba, e disse: “Buddha, diffonderò per tutto il mondo la tua beatitudine, il tuo sacrificio. La gente, quando sta per morire, è presa da timore. Morire è una realtà imprescindibile; perciò, dar da mangiare a qualcuno che ha fame con qualcosa che dovrà comunque morire è la cosa più giusta da fare in quel momento. Ebbene, Buddha, io non sono una diavolessa, ma mi sono presentato sotto queste sembianze per metterti alla prova. Io sono una colomba, una pura e immacolata colomba, ed ora andrò per il mondo a propagare la tua nobiltà a tutti”. Così, perfino gli uccelli condivisero e diffusero le nobili parole del Buddha.
La natura d’amore del Buddha
Tra gli insegnamenti del Buddha, il più importante fu l’amore, poiché tale era la Sua natura. E la natura di Sai pure è l’amore. Tutti gli avatâr sono fondati sull’amore; l’amore è il fondamento, la base di tutte le incarnazioni divine. Nessuno però cerca di capire questo fondamento… (Swami corregge il traduttore) Non “fondamento”, ma “verità fondamentale”!
La verità fondamentale dell’amore, che ciascuno dovrebbe accrescere in sé. Con l’amore avrete il mondo in mano. Nessuno può descrivere l’energia dell’amore, che è dolce e immortale come il nettare, beatifico. L’amrita, l’ambrosia ha dei limiti, ma l’amore li trascende tutti. L’ambrosia ha un certo qual sapore, ma l’amore è indefinibile. Cresciamo nell’amore, che è dolcezza e immortalità.
Buddha non fece altro che diffondere quest’unica verità, l’amore. E l’amore fu la sua unica esperienza, la sua beatitudine, il suo fine ultimo. Ecco dunque le qualità del Buddha: nascere nell’amore, crescere nell’amore, morire nell’amore. Amore e Dio non sono due realtà differenti. La bollicina si forma nell’acqua, si sviluppa nell’acqua e si scioglie nell’acqua. L’uomo è la bollicina; il Signore è l’acqua. L’uomo dunque è la realtà che sorge dall’acqua del Divino. L’anima è Dio e Dio è l’anima; quindi, l’anima non è distinta da Dio.
Incarnazioni del Divino Amore, voi tutti sapete di essere delle incarnazioni divine. I genitori vi hanno dato dei nomi, che vi servono per vivere nel mondo; ma l’unico vero biglietto da visita datovi dall’Onnipotente è l’amore, l’amore, l’amore. I vostri biglietti da visita servono per presentarvi a chi non può capire in altro modo, ma Dio ha un solo nome: Amore, Amore, Amore. L’amore è Dio; vivete nell’amore. Incominciate il giorno con amore, trascorrete il giorno con amore, riempite il giorno d’amore, terminate il giorno con amore. Ecco la via verso Dio. (Applausi)
Ciascuno dovrebbe accrescere questa qualità dell’amore, iniziando da questo Buddha Pûrnimâ. Fate che l’amore sia un valore da promuovere; nessuna divulgazione è migliore di questa. Non conta quanti Veda o Scritture o Upanishad si siano lette, non importa se siete un pandit. Potete essere degli esperti esegeti, ma il vero dotto è colui che si distingue per la calma mentale. Non è virtù comune oggi; i teologi d’oggi non fanno che sfogliare libri. Più libri leggono, più si considerano esperti e grandi studiosi. In realtà, hanno solo un grosso ego. È l’ego che rovina l’uomo. Mettessero in pratica almeno una cosa di ciò che leggono…! Invece, ciò non accade proprio.
A darci protezione c’è solo l’amore di Dio, come pure a punirci è ancora l’amore di Dio. Solamente l’amore vi porta ai livelli più alti. Non esiste altra via per noi che quella dell’amore: questa è l’arteria principale, dove l’amore scorre nei due sensi. Se questa è la via principale per muoversi, quanta cura ne dovremo avere! Su questa via non ci sono limiti di velocità, né altri tipi di infrazioni. Potete andare alla velocità che volete, potete correre verso Dio col piede a tavoletta.
I fiumi c’insegnano questo amore. Guardate il Gange, il Godavari, il Krishna e il Kaveri: corrono spediti, partendo da una sorgente, per andar dove? Per immergersi nell’oceano, che è il loro Padrone. Se incontrano sulla loro strada una montagna, la dividono in due e vi scorrono in mezzo. Non c’è niente che li possa fermare, niente che possa frapporsi al loro corso.
Così sia della nostra vita: scorra solo per cercare di immergersi nell’oceano di Dio. Nessun ostacolo ne rallenti o fermi la corsa e, se ve ne fossero, distruggeteli e proseguite. In questo consiste il vostro impegno. Applicatevi con sincero sforzo ad eliminare ogni pigrizia; non date adito assolutamente ad alcun segno di debolezza. Aprite gli occhi sul bene: buona visione, buoni sentimenti, buoni ascolti, buone azioni. Se si cerca in ogni modo il bene, tutto il bene ci verrà incontro.
Un tempio semovente
Incarnazioni del Divino Amore,
per raggiungere Dio non avete bisogno di andare da qualche parte. Egli sarà sempre dove voi siete. Esistono dei templi, delle chiese, delle moschee, ma non sono veri templi. Quelli sono templi fatti da mano d’uomo e, quindi, sono di breve durata. Il corpo è il tempio costruito da Dio, un tempio che cammina, che parla. L’energia di questo tempio non si riscontra in nessun’altra parte. Esso non è tenuto insieme dal cemento, non è fatto di pietre, non ci hanno messo della ghiaia: Dio l’ha fatto con niente, l’ha creato mediante la Sua decisione. Perciò, è un prasad, un dono voluto da Dio, che dobbiamo tenere ben protetto.
Bisogna seguire appropriatamente il comando dato da Dio, usando al meglio il corpo. Occorre imparare il sacro sentiero, la Verità dello Spirito. Il corpo è stato dato per adempiere ai propri doveri con rettitudine; dev’essere usato nella disciplina del dharma. Questo è lo scopo per cui è stato dato, non per mangiare e bere, benché anche quelle siano funzioni necessarie.
Il cibo è necessario; serve a proteggere il corpo. Gli abiti pure servono a proteggere il corpo dal freddo invernale. Ci devono essere sia il cibo sia i vestiti, però, se voi pensate solo al cibo ed alla testa, che posto riserverete a Dio? Cibo, testa e Dio devono andare di pari passo e dovreste capire che il cibo e la testa servono a Dio.
Ashoka e il monaco buddhista
Una volta, l’imperatore Ashoka andò a fare un giro nella foresta. Là incontrò un sannyâsin. Sceso da cavallo, l’imperatore chinò la testa ai piedi del monaco per fargli namaskar. Il ministro del re vedendo ciò, pensò: “Mio Dio, che fa il maharajah? Dov’è andata a finire la maestà del re; un imperatore che si piega davanti al Buddha!” Era molto confuso, ma non trovava il tempo per farglielo presente.
Giunti che furono alla reggia, in un momento in cui Ashoka era di ottimo umore, il ministro lo redarguì dolcemente: “Swami, sei così grande di mente, d’intelletto, di cultura; hai un fisico così prestante, ispiri tanta soggezione… un corpo che richiede tanto rispetto ha chinato la testa ai piedi di un piccolo discepolo di Buddha?” Ashoka rispose con un sorriso.
Dopo alcuni giorni, chiamò il ministro e gli disse: “Voglio che mi porti una testa di pecora, una testa di capra e una d’uomo”. Il ministro gliele portò; qualsiasi cosa ordinasse il re, il ministro la eseguiva. Dopo che il ministro gliele ebbe portate, il re disse: “Vai al mercato a venderle, poi torna qui”. Ma, appena portate al mercato, nessuno le volle; quando le offriva, gli veniva risposto: “Non le voglio! Riprenditele e portatele via!”
Poi tornò dal re e riferì la cosa: “Sire, nessuno le vuole”. E il re: “Se nessuno ritiene che abbiano valore, regalale, e poi ritorna”. Il ministro eseguì l’ordine, ma ritornò senza essere riuscito nemmeno a regalarle. “Non le hanno volute neanche gratis!”, lamentò il ministro.
Allora Ashoka disse: “Ricordi, ministro, quando ti sentisti così a disagio per aver io chinato la testa ai piedi del monaco buddhista? Domani o dopo domani anche la mia testa non avrà più alcun valore. La testa non dura in eterno e tu ti dai tanta pena per questa testa che non ha valore. Invero, io ho ottenuto una ricompensa, come conseguenza del mio gesto nel porre il mio capo ai piedi del monaco. Che c’è di più grande del tocco dei piedi di un essere elevato?
“Il tocco degli illuminati distrugge i peccati. La conversazione con gli illuminati dona tutta la sapienza. Il darshan, la visione degli illuminati libera dalla schiavitù del karma”. Così dicono i Veda.
Se il tocco dei piedi di un grande essere distrugge i peccati, allora i miei peccati sono stati distrutti. Dopo la morte, chi darà valore a ciò? Nessuno”. A queste parole, s’illuminò la mente del ministro.
È durante la vita che bisogna rendersi conto di quanto sia importante il tocco dei piedi di Dio, la conversazione col Signore e la visione del Signore. Ma, basta forse volerle per ottenere queste cose? No, no, no! Soltanto Dio sceglie tempi e modi opportuni perché possiate averle. Se volete cose materiali, non sempre le potete ottenere; ma con Dio potete avere assolutamente qualunque cosa.
Ricordare ciò che si è appreso
Incarnazioni del Divino Amore, siete venuti tutti qui con tanta devozione. La vostra devozione e la vostra obbedienza sono davvero molto elevate. In questo Buddha Pûrnimâ dovete mettere tutto in pratica e tenerlo bene a mente. Buddha fu un essere elevatissimo. Tuttavia, nella sua fanciullezza ed esistenza terrena, commise alcuni errori, in conseguenza dei quali, in tarda età ebbe molto a rattristarsi. Allorché si pentì e per estinguere, espiare tutti i suoi sbagli, si offrì a Dio. Tutte le sue pratiche spirituali e i suoi insegnamenti dovrebbero essere tradotti nella nostra vita di ogni giorno. In questo consiste il vero Buddha Pûrnimâ. Non serve provar gioia solo in questo giorno di festa.
La vacca mangia l’erba che poi rigurgita in bocca per rimasticarla. Anche l’uomo dovrebbe saper rimasticare il cibo spirituale ingerito: anche voi, tornati ai vostri Paesi, portate con voi le vostre esperienze per riviverle. Questa è la ragione per cui siete venuti qui. Non dimenticate ciò che avete udito, una volta che ve ne siete andati. Assimilatelo, fatelo circolare nelle vostre vene, come dolcezza della vostra linfa vitale. Tutti i sentimenti e le parole che avete sperimentato rimangano dentro di voi quale dolcezza. Dio è quella dolcezza e, quando avrà raggiunto ogni membro, prenderà il nome di Angirasa, l’Onnipotente che sorveglia ogni parte del corpo. Coltiviamo la fede che Dio è dentro di noi come Dolcezza.
Dio dà sempre protezione
È Dio che protegge il nostro corpo negli stati di sonno o in quegli stati in cui siamo incoscienti. Voi credete di essere responsabili dello stato di veglia, ma nello stato di sonno e di sonno profondo, chi vi protegge? In tutti i momenti, in tutti i modi, dappertutto, in ogni circostanza è Lui che vi protegge. Quindi, è soltanto Dio che provvede a proteggervi. Non temete le difficoltà, le sofferenze, le ansie: i problemi vanno e vengono, come nuvole passeggere. Ma Dio rimane in eterno. PrendeteLo come il Sostegno per eccellenza, ricordatevi di Lui, pensate a Lui in ogni momento. Questo è ciò che di nuovo dovete apprendere oggi che siete venuti qui.
(Swami intona il canto “Vahe guru”)
Brindâvan, Sai Ramesh Hall, 21 maggio 2000.
Buddha Pûrnimâ.
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