“La lingua può procurarvi la grazia di Lakshmî oltre ad amici e parenti. La stessa lingua vi può incatenare e persino condurvi a morte certa.”
In ogni impegno date la priorità a Dio
Incarnazioni dell’Amore!
Tutti si impegnano strenuamente per raggiungere una posizione elevata ma, per ottenere ogni tipo di ricchezza e felicità, la purezza nel parlare è assolutamente essenziale. Noi acquisiamo amici e parenti soltanto grazie alla parola, che è anche la causa fondamentale di tutte le schiavitù dell’uomo. Quindi dovremmo stare attenti a parlare in modo veritiero e dolce senza causare irritazione. La Bhagavad Gita raccomanda: “Bisogna dire soltanto parole veritiere e piacevoli che esprimano intenzioni buone e benefiche per gli altri.”
Oggi, tutti vogliono una libertà senza limiti. Che cos’è esattamente la libertà?
“Il fine della saggezza è la libertà.
Il fine della cultura è la perfezione.
Il fine della conoscenza è l’amore.
Il fine dell’educazione è il carattere.”
La pratica è migliore dello studio
Lo spirito di umanità dell’uomo è in declino perché egli sta perdendo questo valore giorno dopo giorno. Leggere dei libri è meglio che rimanere ignoranti, ma comprendere ciò che si studia è più importante del leggere soltanto; assimilare è molto meglio che comprendere, ma il massimo è mettere in pratica. Eventi innumerevoli accadono continuamente nel mondo, e milioni di libri sono conservati nelle biblioteche. Supponiamo che poniate una domanda alla biblioteca: vi risponde? Nelle biblioteche ci sono milioni di libri: a che servono? Così accade alla testa dell’essere umano che è diventata una biblioteca enorme in cui sono accumulati innumerevoli argomenti. A che serve tutta questa informazione?
Che cos’è la libertà?
La libertà è di tre tipi: Svechchha, Parechchha e Anechchha. Svechchha è la volontà individuale, ma le persone devono accettare il successo e l’insuccesso, la vittoria e la sconfitta con equanimità mentale. Aspirare al successo e detestare il suo contrario non costituisce Svechchha. La libertà vera si trova nel considerare uguali la felicità e l’infelicità. La stessa verità è affermata dalla Gita: “Bisogna rimanere equanimi nella felicità e nella sofferenza, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta.” Supponete di aver invitato un amico a casa: potete accogliere soltanto la sua faccia e chiedere ai piedi di rimanere fuori? L’umanità consiste nel considerarli uguali. Accogliete il bene e il male, il successo e l’insuccesso, la fama e la cattiva reputazione con equanimità. Questo è il modo giusto di sperimentare Svechchha. Parechchha è il secondo tipo. Essa consiste nell’intraprendere attività indotte da altri. Quando riuscite, ve ne prendete il merito ma, se il risultato è negativo, incolpate la persona che vi ha indotti a fare quella cosa. Questo è chiamato Parechchha. Voi dovete usare la discriminazione piuttosto che sottomettervi agli allettamenti di altri. Una volta che vi siete dedicati a un’azione dopo aver discriminato correttamente, il successo e il fallimento non devono più essere affar vostro. Il terzo tipo è Anechchha. Ciò che ricevete per concessione o grazia divine è Anechchha; essa non è dovuta al vostro sforzo né è indotta da altri. Dovete essere sempre pronti ad accettare qualunque cosa vi giunga per grazia divina; giungere al risultato che desiderate non è sempre possibile. Le persone si esaltano quando i loro desideri sono soddisfatti e si deprimono per il contrario, ma l’uomo deve educare la mente in modo da mantenere l’equanimità verso i risultati opposti. Nell’umanità c’è soltanto l’unità, nessuna divisione. Ecco un esempio. I Veda affermano: “La luna è nata dalla mente e il sole dagli occhi dell’Essere Supremo.” La mente è legata alla luna, gli occhi al sole e i sensi a Indra. Indra non si trova in un mondo separato; colui che ha il controllo dei suoi indriya (sensi) è Indra. Voi dovete diventare padroni della mente e dei sensi.
C’è un altro aspetto che è oltre il regno della mente e dei sensi: Rudra.
Che cosa si intende per Rudra?
Rudra è il Principio della Beatitudine che unisce l’Antahkarana (organo interno) con i sensi e la mente. Rudra è la combinazione dei cinque sensi di azione, dei cinque sensi di percezione e della mente. Questo undicesimo principio, la mente, è conosciuto come Ekadasa Rudra. I Veda, le Shastra (Scritture) e i Purâna (testi mitologici) diffondono molti ideali della vita, ma il loro principio fondamentale è l’unità o unicità nell’apparente diversità.
“La Verità è una, ma il saggio le si riferisce con nomi vari.”
Questo principio non frammentato, l’Atma, è presente in tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Ecco un esempio: supponete di coprire una candela accesa con un vaso che ha dieci fori. Grazie a questi, la fiamma unica appare come dieci fiamme differenti. Ora coprite il vaso con un panno spesso: la fiamma non si vede più. Si può pensare che essa non ci sia, ma questo è un errore. Voi non riconoscete la luce dell’Âtma che è sempre presente nel corpo. Il Param Jyoti (Fiamma Divina Suprema) è dimenticato, con il risultato che l’essere umano è aggredito da difficoltà e tribolazioni. Voi non lo vedete nonostante la sua presenza sfolgorante perché avete coperto il vaso con il panno spesso dell’accidia (tamas); se togliete quel panno, vedrete dieci fiamme e, se rompete il vaso del rajo guna (qualità della passione), rimane soltanto una fiamma singola che è onnipresente. L’uomo deve trascendere i guna per manifestare il suo vero Sé. Quando venite in un posto in collina come Kodaikanal, indossate una giacca sotto cui avete una camicia che copre la canottiera. Se volete guardarvi il torace, dovete togliere la giacca, poi la camicia e poi la canottiera. La giacca è paragonabile al tamo guna, la camicia al rajo guna e la canottiera al sattva guna; finché non vi liberate di queste tre caratteristiche, non potete raggiungere il Sé. Quando qualcuno vi chiede chi siete, voi dite che siete un medico, ma questa è la professione non il nome. Se ve lo chiedono di nuovo, dite che siete un indiano, un giapponese o un russo; anche questi sono indicativi della vostra nazionalità, non dicono chi siete. Voi non siete la nazione. In modo simile, quando dite: “Questa è la mia mente, questo è il mio corpo e questo è il mio fazzoletto”, è chiaro che non siete il corpo né la mente o il fazzoletto. Allora chi siete? Se analizzerete neti neti (non questo, non questo), vi renderete conto del fatto che il corpo, la mente, i sensi ecc. non sono che prodotti dell’illusione. Voi ne siete separati. In telugu, si dice na dehamu (il mio corpo). Na significa “no”, dehamu indica il corpo. Questa frase afferma che voi non siete il corpo; questi io, me, mio non sono altro che maya. Quindi la priorità corretta deve essere: prima Dio, poi il mondo e io per ultimo. Questa è l’essenza della cultura di Bhârat. I cristiani dicono “Jehova” e i maomettani dicono “Allah Akbar”, che significa “Dio è grande”. I cristiani parlano di gioia (Joy): che cosa significa questa parola? Gesù (Jesus) prima, gli altri (Others) dopo e voi (You) per ultimi. I Pândava osservarono meticolosamente questo principio per tutta la vita. Tennero Krishna al primo posto in tutto ciò in cui si impegnarono. Essi erano le incarnazioni della Verità e della Rettitudine (Satya e Dharma), considerarono Dio per primo, poi il mondo e se stessi in coda. Questa è la ragione per cui ottennero un successo dopo l’altro. I Kaurava davano importanza a se stessi per primi, poi al mondo e per ultimo a Dio: ecco il perché delle loro sconfitte una dopo l’altra. È una lotta costante tra Dharma e adharma, tra Satya e asatya. Qual è il simbolismo della guerra tra Râma e Râvana? Râma rappresenta la Verità, mentre Râvana è il simbolo della non verità o falsità. Râma rappresenta il Dharma e Râvana l’adharma.
Mâyâ scompare quando vi tenete stretti ai Piedi del Signore
La vostra ombra vi segue ovunque andiate. Che relazione c’è tra voi e l’ombra? È essa relativa alla testa, alle mani o alle gambe? No, l’ombra è sotto i vostri piedi. Mâyâ è come l’ombra: è ai vostri piedi. Se vi aggrappate saldamente ai Piedi di Dio, maya svanisce. Quindi rifugiatevi ai Piedi del Signore. Un giorno Krishna entrò di soppiatto in casa di una gopika, rubò latte e burro, li versò sui Propri piedi e sul pavimento e corse via. Le gopika tornarono e, quando scoprirono ciò che aveva fatto, decisero di cercarLo e prenderLo. Essi notarono le orme di Krishna sul pavimento bagnato e le seguirono. Da dove dovete quindi cominciare per trovare Dio? Dovete cercare i Suoi piedi per primi. Prendete rifugio in Dio, tenete Dio al primo posto in ogni impegno e rendete la vita degna di essere vissuta. Il corpo è fatto dei cinque elementi. È negativo per natura, ed è temporaneo come una bolla nell’acqua. Voi non sapete fin quando ci sarà e quando non ci sarà più. Il corpo è come una bolla nell’acqua e la mente è una scimmia pazza; a che scopo seguirli? Non seguite il corpo, non seguite la mente: seguite la coscienza. La via della coscienza è quella diritta verso la Verità, ma oggi l’uomo segue il corpo e la mente, e spreca la vita. Qui ho un pezzo di stoffa, ma è un intreccio di fili e non soltanto fili; è cotone, quindi abbiamo tre cose: cotone, filo e stoffa. In realtà, sono una cosa sola. In modo simile, voi non siete una persona, ma tre: quello che credete di essere, il corpo fisico; quello che gli altri pensano che siate, la mente, e quello che siete veramente, l’Âtma. L’Âtma è ciò che dovreste cercare; tutte le altre cose sono secondarie.
L’Amore Divino è il rimedio per tutte le malattie
Dapprima Gesù disse: “Io sono il messaggero di Dio”, poi affermò: “Io sono il figlio di Dio”, e infine disse: “Io e Mio Padre siamo Uno.” Zoroastro si espresse nello stesso modo dicendo: “Io sono nella luce”, “La luce è in me” e “Io sono la luce.” Le espressioni sono diverse, ma il loro significato è lo stesso. I Bharatiya parlano di dvaita, visishtadvaita e advaita (dualismo, non dualismo qualificato e non dualismo). L’individuo progredisce dal dualismo al non dualismo qualificato e infine al non dualismo. L’advaita propone il principio dell’unicità. Essa proclama: “La Verità è una, ma i saggi le si riferiscono con molti nomi.” Che cosa si intende per dvaita? Dvaita implica due entità, il Jîvâtma e il Paramâtma (l’anima individuale e il Sé Universale), la relazione tra l’oggetto e il suo riflesso, una relazione come quella tra la formica e lo zucchero. Lo zucchero non può assaporare la propria dolcezza. Dvaita immagina che si debba essere come la formica per gustare il sapore dello zucchero. Nel contesto e nel sistema educativo attuali, le persone studiano e applicano tutto ciò che è relativo al mondo materiale, ma quanto durano gli oggetti materiali? E come si può ottenere felicità permanente dalle cose effimere del mondo? Nella Bhagavad Gîtâ, il Signore Krishna dice: “Dato che il mondo è temporaneo e pieno di infelicità, contempla Me costantemente.” Che cosa potete dunque aspettarvi da un mondo effimero e pieno di dolore? Ecco un piccolo esempio: un giorno, un bramino ebbe fame mentre viaggiava, per cui cercò un albergo e vi entrò per mangiare. Essendo un bramino osservante, ordinò un pasto strettamente vegetariano di sambar (lenticchie e verdure), riso ecc., ma ebbe la sorpresa di sentirsi dire dal cameriere che quello era un albergo non vegetariano e che quei piatti non vi venivano serviti. In modo simile, questo mondo è effimero e pieno di problemi. Come si può sperare di trovare la felicità permanente se si è nati in questo mondo temporaneo? Voi entrate in farmacia e chiedete puri e sambar: potete ottenerli? La fame è la stessa per tutti, ma le persone hanno gusti e bisogni diversi. Ecco un altro esempio: una farmacia e un bar sono vicini l’uno all’altro. Se il proprietario della farmacia ha mal di testa, va al bar e chiede un caffè come rimedio; se il proprietario del bar ha mal di testa, va in farmacia e chiede un analgesico. Vedete come uno creda nel caffè come rimedio per il mal di testa, mentre l’altro si fidi della medicina per lo stesso disturbo. Le persone mancano di fiducia in se stesse. È come colui che va a casa del vicino a mangiare cibo avariato, tralasciando quello fresco e saporito che ha a casa sua. In questo modo, i giovani di Bhârat ignorano la grandezza e sacralità della loro cultura e vanno in Paesi stranieri. Dovreste riconoscere il vostro innato potere. Tutti i poteri sono dentro di voi, il mondo intero è presente in voi; questa è la verità che dovete comprendere. Quando chiudiamo gli occhi, il mondo scompare e riappare non appena li apriamo. Voi non comprendete la verità fintantoché percepite il mondo con gli occhi fisici. Tutto appare giallo a una persona che soffre di itterizia. In modo simile, quando i sensi soffrono della malattia dell’ignoranza, la percezione è difettosa. L’Amore Divino non soffre di alcuna malattia ed è il rimedio per tutti i tipi di difetti e di patologie. L’amore terreno può debilitarvi, ma l’Amore Atmico è libero da tutte le affezioni. L’amore terreno prende, mentre l’Amore Divino dà sempre; questa è la differenza tra i due. Il vero Amore non si aspetta niente. La via dell’amore è quella del sacrificio di sé. Tale sacrificio è il principio fondamentale dell’amore; oggi si trova raramente. Tutti sono coinvolti nel reclamare o desiderare una cosa o l’altra.
Impegnatevi a espandere l’amore
Oggi gli studenti pensano soltanto al vantaggio economico che deriverà dai loro studi; nessuno pensa in termini di aiuto alla società o di miglioramento delle condizioni famigliari. Nessuno acquisisce tali sentimenti espansivi. La mentalità è ristretta; questa è la contrazione dell’amore, non la sua espansione. Voi siete nati nella società e il vostro benessere dipende da quello della società, come l’educazione, la ricchezza, la fama e tutto il resto. Che cosa fate per ripagarla? Dovreste esser grati alla società e dedicarle l’educazione, le ricchezze, la fama, tutto. Solamente così la vita umana avrà senso. Invece di cercare dei benefici, dovreste pensare sempre ai modi e ai mezzi adatti ad aiutare la società.
“Aiuta sempre, non fare mai del male.”
La pace e la felicità prevarranno nel mondo quando questo tipo di contesto sarà promosso. Se date aiuto, riceverete naturalmente la cooperazione e l’aiuto degli altri; se cercate di far danno a qualcuno, troverete molte persone pronte a reagire alla provocazione più piccola. Dov’è la grandezza del dare sfogo all’odio? Dovreste controllare i sensi con la mente portandola al livello del Principio Divino; se la trasformate così, vi accorgerete che tutte le culture del mondo sono una.
“Tutti sono uno; siate equanimi con tutti.”
Gli altri amano il corpo come voi. Non date spazio a sentimenti egoistici secondo cui solamente voi dovreste essere felici e non gli altri. Questo tipo di egoismo e di interesse personale è responsabile di tutte le inimicizie della nazione e del mondo. Promuovete il Principio dell’Amore. Allargate l’amore a orizzonti sempre più grandi. Coltivate l’ampio sentimento “tu e io siamo uno”; questo è il segno della vera umanità. Qual è lo scopo della vita? È soltanto mangiare, bere, dormire e morire? No, nient’affatto!
Comprendete l’importanza di tutte le professioni
L’ideale principale della cultura Bharatiya è Satyam Vada, Dharmam Chara (dite la verità, seguite la rettitudine). Noi parliamo di Satya e Dharma, ma non li mettiamo in pratica. Il percorso corretto va dal libro alla testa e dalla testa all’azione in modo da ottenere l’unità di pensieri, parole e azioni. Questo indica che lo studio adatto al genere umano è l’uomo. Colui i cui pensieri, parole e azioni sono coerenti è un vero essere umano, mentre chi dice una cosa, ne pensa un’altra e agisce in modo ancora diverso è, in effetti, un demone. Le Scritture affermano: “Coloro i cui pensieri, parole e azioni sono in armonia perfetta sono nobili; quelli che mancano di questa armonia sono malvagi.” Quindi mantenete l’unità tra questi tre. Quando, tuttavia, mettete in pratica quanto detto, incontrate delle difficoltà.
“Il piacere è un intervallo tra due dolori.”
Il piacere non si può ottenere in assenza del dolore. La possibilità di incidenti è maggiore su una strada liscia e diritta perché questa induce disattenzione nell’autista; invece i su e giù e le curve lo tengono concentrato. In modo simile, la vitalità dell’umanità si perde quando la vita è priva di sofferenze, difficoltà e perdite. Le dicotomie come felicità e infelicità, profitto e perdita, fama positiva e fama negativa sono componenti necessarie per un’esistenza vitale; nel caso contrario, la vita diventa noiosa. Ecco una storiella. Una volta, un re andò nella foresta e si sottopose a intense austerità. Pregava Dio sinceramente per cui il Signore gli si presentò. Il re chiese: “Signore, molte persone soffrono per i problemi e i dolori che incontrano nel mondo; ci sono individui grandi e individui mendicanti, ci sono ricchi e poveri. Perché hai creato tutte queste differenze? Eliminale, rendi tutti uguali in ogni senso.” Dio allora rispose: “Mio caro, questo mondo è jagat, cioè qualcosa che viene e va; questa è una disposizione naturale che mantiene la creazione e il mondo in una condizione vitale. Si nasce infanti, si diventa ragazzi a dieci anni, adulti a trent’anni e nonni all’età di settantacinque: lo stesso individuo è bambino, ragazzo, uomo e nonno. Senza cambiamento non c’è vita. Il cambiamento ci deve essere altrimenti la gente non potrebbe essere felice. Nell’eguaglianza (della situazione) non c’è gioia. Il re persistette scioccamente nella sua logica, per cui Dio disse: “Va bene, farò sì che nel tuo regno tutte le persone si trovino nelle stesse condizioni.” Quando il re tornò nel regno, trovò che le strade erano tutte sporche; i netturbini erano diventati ricchi, per cui non c’era nessuno a pulirle. Quando arrivò a palazzo, nessuno lo accolse né c’erano servitori disponibili perché tutti vivevano in palazzi sontuosi. Per la stessa ragione, non c’erano guardie al cancello, né usceri. Egli chiese alla regina dove fossero andati ed ella disse: “Tutti sono diventati ricchi e uguali al re, per cui non si preoccupano più di servirlo.” Allora lo sciocco re comprese, e pensò: “Povero me, il Signore me lo ha spiegato, ma io non ho capito”, e si rese conto dell’importanza di ogni professione. Tutti sono da rispettare e ognuno deve fare il suo dovere onestamente; nessuno deve essere disprezzato o lodato in base al potere o alla posizione. Quindi le persone devono assolvere i loro compiti. Molti anni fa, Io andai a Madras; in quel periodo Rajagopalachari (Rajaji in breve) era il Primo Ministro del Tamil Nadu. C’era una sessione dell’Assemblea in corso; alla fine della sessione egli eseguì l’arati al Signore Rama, il che gli dette molta gioia. Il membro di un partito politico sollevò serie obiezioni, dicendo: “Questa è la Sala dell’Assemblea: se a lei piace l’ârati, perché non si dimette e va a fare il prete in un tempio?” Un altro membro sollevò la questione dell’eguaglianza dicendo: “Signore, dov’è l’eguaglianza? Il segretario che siede in una stanza con l’aria condizionata e mette alcune firme su dei fogli riceve un congruo salario di cinquemila rupie, mentre un domestico, che lavora duramente da mane a sera, è pagato con un salario misero di cinquecento rupie. Non è un’ingiustizia? Il domestico dovrebbe ricevere un salario uguale a quello del segretario.” Rajaji decise di dar loro una lezione pratica: guardò fuori dalla finestra e individuò un sannyâsin (rinunciante) per strada. Allora chiamò un sorvegliante e gli chiese di scoprire dove il sannyâsin stesse andando. Il sorvegliante andò, tornò e disse il luogo ove il sannyâsin si stava recando. Rajaji gli chiese ancora di scoprire dove risiedesse; quegli andò e tornò con la risposta. Rajaji di nuovo gli chiese di informarsi se il sannyâsin avesse qualcosa in contrario a che egli gli facesse visita; il sorvegliante andò e tornò dicendo che l’uomo era d’accordo. Rajaji chiamò allora un impiegato della IAS e chiese di sapere chi fosse quel sannyâsin; l’impiegato tornò dopo poco e comunicò a Rajaji tutti i dettagli su quell’uomo senza che ci fosse bisogno di mandarlo più volte a informarsi. Rajaji fu così capace di convincere il membro dell’Assemblea, che aveva assistito a tutta la scena, dicendo che i salari erano stabiliti in base alle doti e alle capacità. Le persone capaci di discriminazione integrale sono molto superiori a quelle che hanno una discriminazione individuale. Supponiamo che voi abbiate in cucina tutte le provviste e un cuoco esperto; se vien cotto in un recipiente di rame non stagnato, il cibo diventa velenoso. In modo simile, tutte le pratiche spirituali, come i bhajan, diventano inutili se manca l’amore. L’amore è il requisito fondamentale per tutte le pratiche spirituali; dove c’è l’amore non c’è occasione di odio. L’amicizia fiorisce in un’atmosfera d’amore; quindi sviluppate l’amore sempre di più: è un segno di divinità.
“L’Amore è Dio; vivete nell’Amore.”
Bhagavân termina il Discorso con il bhajan “Prema Mudita Manase Kaho Râma Râma Râm….”
Kodaikanal, 8 maggio 1997
Sai Shruti
(Dai “Sanâtana Sârathi” di aprile e maggio 2019)