05 Aprile 2000 (Ugadi) – L’arte di rimanere giovani e belli

05 Aprile 2000 (Ugadi)

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

L’arte di rimanere giovani e belli

Incarnazioni dell’Amore,

nessuno viene amato quando mette in mostra ego e ambizione; un uomo siffatto non è amato neppure dai figli né dalla moglie. Si direbbe che l’egoismo e le vanterie vi tengano distanti dai vostri parenti ed amici. Il giorno in cui vi sarete liberati dall’amor proprio e dalla vana ostentazione, sarete amati dall’universo intero. Perciò, se volete essere amati, lasciate da parte ogni interesse personale e vanità.

Chi è sempre furioso e collerico non può mai essere felice, in nessun istante, in nessun luogo: sarà sempre infelice, perché dietro la rabbia c’è la tristezza. Ed è la rabbia che causa infelicità al genere umano.

Incarnazioni dell’Amore,

rendetevi conto che, finché avrete desideri, non sarete mai felici. In realtà, il giorno in cui annienterete, ammazzerete i vostri desideri, assaporerete ogni gioia. Finché sarete avari, non potrete mai aspettarvi di essere felici, mentre avrete tutto il benessere che vi danno il piacere e la gioia quando avrete abbandonato la cupidigia. Quindi, è a causa del desiderio, della rabbia e dell’avarizia che siamo infelici, ansiosi e irrequieti.

Pensiero fisso nella mente di ognuno è: quale sarà il futuro che ci riserverà questo nuovo anno che sta per iniziare; ma non ci sono anni nuovi, mesi nuovi, giorni nuovi, minuti nuovi. La prosperità delle nazioni dipende dalle attività del genere umano e le azioni umane dipendono dai pensieri: l’azione segue il pensiero, e il pensiero determina le decisioni. Così, le azioni saranno come le decisioni. Se gli uomini aspirano al progresso e alla ricchezza del mondo intero, devono alimentare e sviluppare dei pensieri giusti. Solo per mezzo degli uomini dai pensieri retti, il mondo godrà pace e sicurezza.

La vita umana non consiste semplicemente nel nascere e nel morire; ci sono molti altri aspetti da considerare. Il pensiero, in definitiva, si basa sull’azione; la società umana, l’umanità intera è condizionata dall’azione. Non solo; persino la creazione, la conservazione e la dissoluzione dell’Uni­verso sono legate all’azione. Gioie e dolori sono dovuti all’azione. Gli uomini non riescono a capire questa verità e, quando agiscono, lo fanno per un loro capriccio; sono felici mentre compiono un’azione, ma per piccola che sia, le conseguenze che ne verranno potrebbero poi assumere la dimensione d’una montagna.

Non è possibile sottrarsi ai risultati di un’azione. È assolutamente importante che gli uomini conoscano questa verità fondamentale e si comportino di conseguenza: qualsiasi azione facciamo dovremmo esercitarci nel discernere se l’azione che stiamo per compiere sia buona o cattiva, giusta o sbagliata. Non si deve essere precipitosi nell’agire.

La fretta genera spreco.
Lo spreco genera ansia.
Perciò, non siate frettolosi.

Ogni volta che vi lasciate prendere dalla fretta nel far le cose, sarà inevitabile che ne subiate poi le conseguenze.

Perciò, nelle Upanishad viene insegnata la formula Tasmai namah karmane, «Offro i miei omaggi al mio operato». Qualsiasi cosa cerchiate di fare, prima di tutto inchinatevi in segno di rispetto a quell’a­zione, e poi eseguitela. Perché esprimere rispetto a un’azione? «O Dio che proteggi ogni atto, ti prego, fa’ che intraprenda azioni buone, servizievoli e mai dannose per nessuno»: ecco lo spirito che deve animare l’atto di venerazione per ogni atto che si compie. Per la tradizione indiana è una premessa indispensabile.

I ballerini, per esempio, prima di iniziare la loro danza, avvicinano i braccialetti a contatto con gli occhi, fanno loro il namaskar e poi li legano ai piedi per danzare. Anche il musicista che suona la tabla, prima di suonare, fa il namaskar allo strumento; e così fa anche l’orga­nista, prima di suonare l’harmonium. Santifichiamo tutto quanto si dice e si fa, facendolo precedere dalla preghiera, poiché le buone azioni redimono sicuramente la nostra vita.

Nella nostra India fin dall’antichità si è sempre attribuita una grande importanza a queste tradizioni, che sono passate di generazione in generazione. Compiere un’azione è semplicissimo; la cosa più difficile è sopportarne le conseguenze. Non cantate vittoria solo per il fatto di aver fatto qualcosa esclamando con soddisfazione “Cosa fatta, capo ha!”. È per aver fatta la cosa che, finché avrete vita, vi trascinerete dietro le fastidiose conseguenze; per cui, essendo nati come esseri umani, avendo ottenuto la condizione della divinità e conosciuto il Divino, dedicatevi a buone azioni. Una vita senza buone azioni è vana, è un autentico spreco.

Quindi, la verità è la moralità; la rettitudine è il metodo; il sacrificio è la condotta: questa triplice combinazione fa la razza umana. Ciò detto, sorge il dubbio se al mondo esista un vero essere umano, visto che è scomparso il senso dell’umanità e gli uomini hanno ridotto in cenere la morale, la condotta e il sacrificio. L’oggetto di studio più adeguato al genere umano è l’uomo stesso. Di che uomo si tratta? Mentre tutto ciò che l’uomo pensa, dice e fa dovrebbe essere in perfetta armonia, vediamo purtroppo che egli pensa una cosa, ne dice un’altra e agisce in maniera del tutto differente. Per questo diciamo che il Kali Yuga è un’era d’immoralità.

Con una mente alienata,
parole difformi e azioni incoerenti
non siete uomini, ma perversi.
La grande anima ha un solo pensiero,
una sola parola, un solo modo di agire: ecco il mahatma.

Nessuno vuol essere cattivo, nessuno vuol essere definito perverso; e tuttavia l’uomo si comporta da malvagio e, cosciente o meno, si aggiunge alla lista dei depravati.

Incarnazioni dell’Amore,

la vita umana è nobilissima, meravigliosa; il carattere e la nobile indole l’arricchi­sco­no; le qualità che la caratterizzano l’assi­milano a Dio stesso. Dov’è Dio? Voi tutti siete incarnazioni di Dio. Un’analogia: il corpo è il tempio di Dio e Colui che vi abita è l’arcaico, eterno Divino. Un corpo si replica con facilità, come anche lo si lascia con facilità. Ciò non significa che dobbiamo trascurarlo. E qui sta tutta l’essenza delle discipline spirituali, delle austerità e delle penitenze: ogni sforzo spirituale infatti si fonda sulla disciplina del corpo.

La gente però non dà importanza alcuna a questo, ed è uno sbaglio, un grosso sbaglio! Se il corpo è il tempio, chi vi dimora? L’anima, l’Âtma, vi dimora immutabile e immobile. È naturale che il corpo si muova e cammini, ma è come in una processione, dove la statua che viene portata è immobile sulla portantina. Perciò, proprietà peculiare del­l’Âtma è la stabilità e, come dicono le Scritture, è «senza attributi, sempre splendente, antico, bello, eterno, puro, senza macchia, integerrimo, immortale». Nel tempio del corpo dimora un tale principio divino; e voi, che avete avuto in dotazione un simile tempio, con nientemeno che Dio stesso come residente, andate in cerca di Dio…

Sulla Terra ci sono sei miliardi di templi. Quali? Tutti i corpi umani che ci vivono; ciascun corpo umano è un tempio di Dio, dove vive la Coscienza Divina, cioè Dio stesso. Sono le Upanishad a rivelare che in tutti gli esseri c’è Dio. In realtà, Dio dimora in tutte le creature, in tutti gli esseri viventi. Nessuno crede in questa verità. Vedete un tempio nel corpo di chiunque incontriate, un tempio dove si trova installata la Divinità. Quindi, non criticate nessuno, non fate del male a nessuno, a nessun essere vivente. Chi comprende questa verità è un autentico devoto.

Come potete ritenere che sia devoto uno che lancia accuse, incolpa, deride o ferisce gli altri? Quella è la persona più meschina che ci sia! Non dobbiamo mai umiliare nessuno con rimproveri: accusare qualcuno sarà come accusare Dio in persona.

Quanto sacro è il corpo, che è tempio di Dio, Sua abitazione! Non perdete di vista questo modo di sentire il corpo come vero tempio e, quindi, per prima cosa, dovete portargli rispetto. Se questo tempio qui avesse la forma di un corpo, ne rimarreste disgustati e vi domandereste che diavolo sia mai successo al tempio. Ma vi sbagliereste, perdendo di vista il tempio. Il tempio continuerebbe ad essere tale. Non avete motivo di andarvene, non vi dovete far trasportare dalla bellezza del tempio. Ciò che più importa è la Divinità cui è dedicato il tempio: è a Colui che vi abita dentro che dobbiamo prestare attenzione; di Lui dobbiamo gioire. Poiché abbiamo avuto un tale tempio divino, dobbiamo usarlo per compiere buone azioni.

Vi porterò un piccolo esempio, riferendomi all’epoca dell’imperatore Ashoka, il quale esigeva dai vari re delle tasse. Allora, come oggi del resto, era normale far pagare le tasse, giacché è in questo modo che un governo si sostiene. Come sarebbe possibile sennò provvedere a tutti i servizi di un paese se mancasse il contributo dei cittadini? Sarebbe da pazzi pretendere che il governo pensasse a fornire i vari vantaggi d’una nazione rifiutandosi di pagare le tasse. Le tasse devono essere pagate e, di conseguenza, devono essere resi i servizi pubblici.

Così pure, l’imperatore Ashoka raccoglieva delle imposte dai suoi sudditi. Era il suo compleanno. Tutti i re e la loro gente si raccolsero in assemblea ai suoi piedi. Tutti riempirono i loro scrigni di tesori, tranne il re di Magadha, che si presentò a mani vuote. Ashoka gli chiese: «Ti sei scordato del mio compleanno. Tu, un re dell’India che viene qui a mani vuote?» E il sovrano di Magadha rispose: «Sire, sono reduce da un periodo di grande ristrettezza. Abbiamo avuto una stagione di siccità che ha mietuto vittime e tutte le tasse che ho raccolto sono servite alla ripresa economica del nostro paese. Siamo senz’acqua potabile. Per questo ho dovuto provvedere perché ciascuno avesse acqua da bere. Inoltre, ho molti ammalati e ho dovuto quindi fare degli ospedali. Mi sono accorto che i bambini venivano lasciati a sé e ho dovuto costruire molte scuole. Per queste opere ho dovuto impiegare tutte le entrate.

L’imperatore Ashoka rimase estasiato e felice a quella descrizione, ed esclamò: «O re di Magadha, vieni qui vicino». Poi, dopo averlo fatto sedere su una poltrona, continuò: «Ciò che hai fatto è grandioso. Nessun altro ha saputo fare come te: dare acqua potabile, servizi sanitari, scuole. Sono tre elementi che basterebbero a rendere felice il mondo intero. E poiché hai provveduto alla tua gente andando incontro ai suoi bisogni, fornendo comodità e servizi sociali utili a tutti, io ti aiuterò».

Vedete? Perfino l’Ashoka di quel tempo fu un uomo di verità, di rettitudine, di sacrificio. Il suo stesso nome – A (privativa)-shoka (infelicità) – sta ad indicare “uno che non è infelice”. Infatti, egli non aveva assolutamente alcuna sofferenza. Il sovrano di Magadha intenerì il cuore di Ashoka, perché il suo cuore era puro. Che cos’aveva fatto per intenerirlo? Aveva dato da bere alla gente assetata, costruito ospedali per curare gli ammalati e istituito scuole per educare i bambini.

L’educazione riguarda la testa; le cure mediche riguardano il cuore e l’acqua è necessaria al corpo, dalla cima dei capelli sino ai piedi. Colui che provvede a queste tre cose è il più grande e il più nobile di tutti, e tale fu il pensiero di Ashoka, il quale fu anche Dio, venuto in forma umana, tra esseri umani che gli attribuirono il titolo di Sovrano del Mondo (Chakravarti). Gli imperatori sono tenuti in grande considerazione per il loro spirito di sacrificio, il cammino spirituale e le opere sante.

È molto importante che ci siano buone opere; chi compie buone azioni eccelle su tutti. Ogni tanto, vi dico di prendere parte alle attività di servizio. Perché vi esorto a questo? Perché voi siete nati in società, siete cresciuti in società, guadagnate denaro in società, siete stati educati in società, avete benessere e felicità dalla società. Con tutti questi benefici che avete ottenuto dall’essere in società, non vorreste esprimere la vostra gratitudine ad essa? Dovete essere grati alla società e una tale espressione di gratitudine dovrebbe riflettersi attraverso il compimento di buone azioni. Servite tutti, giacché ognuno è un tempio che porta in sé Dio. Tutti i corpi sono di Dio.

Incarnazioni dell’Amore,

non preoccupatevi degli eventuali problemi che dovessero capitare nel Nuovo Anno; se le vostre azioni sono buone, il vostro avvenire sarà necessariamente buono e se le azioni che compite sono sante, il vostro futuro sarà santo. Perciò, il progresso e la prosperità della nazione dipende dal vostro operato. Dio non vi punisce né vi protegge: siete voi che vi punite. Dio non fa che benedirvi, continuamente, ripetutamente. Se dici qualcosa di cattivo, Egli ti dice «Così sia»; se dici qualcosa di buono, ti benedice ancora dicendoti «Così sia». Dio benedice, sempre. Ecco tutto. Siete voi la causa della gioia o del dolore.

Il mondo d’oggi si trova nella più completa confusione. Non si vedono qualità umane, da nessuna parte. Che cosa intendete per umanità? Intendete forse dire che sia il corpo umano con i suoi cinque sensi da cui hanno origine qualità come l’ira, la lussuria, l’invidia, l’avarizia e l’ego? È giusto che i sensi abbiano le loro esperienze, ma nella giusta direzione. C’è comunque dell’altro che nasce dal cuore, poiché il cuore è capace di sentimenti sacri. Alimentateli, fateli emergere. Spazzate via tutte quelle idee che non hanno niente a che fare con Dio. Avete in voi dei buoni sentimenti, ma li ignorate, lasciando il campo a quelli cattivi.

Incarnazioni dell’Amore,

l’ira, la concupiscenza e l’avarizia sono prodotti dal tipo di cibo che mangiate. Perciò, siete solo voi i responsabili del male che fate. Prendete del cibo che abbia buone qualità, mangiate dei cibi sattvici, e in voi emergeranno sentimenti buoni.

Un esempio. Vedete qui molte luci accese; che cos’è che fa splendere di luce le lampadine? La corrente elettrica. E la corrente da dove viene? Passa per il filo. La corrente della Verità passa attraverso il filo della Rettitudine, per poi entrare nella lampadina della Pace ed emanare la luce dell’Amore. Chi dunque ha prodotto questa luce dell’Amore? Principalmente la lampadina della Pace; ma al di là della lampadina della Pace c’è il filo conduttore del Dharma, sul quale corre l’energia della Verità. Chi possiede in perfetto coordinamento le quattro qualità della Verità, della Rettitudine, della Pace e dell’Amore, può ben a ragione essere definito vero uomo. Se però avete perduto tali virtù, come potete chiamarvi esseri umani? Siete solo dei cadaveri, dei corpi privi della loro essenza vitale, aridi e insulsi. In ogni corpo ci dev’essere il suo spirito, la sua essenza.

Incarnazioni dell’Amore,

giacché indossiamo un corpo umano, dovremmo essere consapevoli di quanto sia difficile ottenerlo. Fra tutti i modi di avere una nascita, quello di averla con un corpo umano è rarissimo. Non lo potete certo comprare, né avere né dare in prestito. La vita umana è un dono di Dio. Quest’armatura, il corpo, deve servire a scopi giusti, utili agli altri. Ma c’è gente la quale non fa altro che incolpare e prendersela con gli altri, tutto per effetto di diverse vite passate, sebbene sia difficile dirlo. È un grosso errore vomitare accuse e critiche sugli altri.

La carità è un anello che orna la mano,
la verità è una collana che orna il collo,
l’ascolto delle letture sacre è l’orecchino che orna l’orecchio.

Sapete perché vi sono state date le mani? Non per combattere, non per picchiare, ma perché esse si adornassero della carità. Così pure la verità è il gioiello che si porta al collo; non è un collier di diamanti e varie pietre preziose il vero gioiello del collo e non sono i braccialetti d’oro che abbelliscono il polso. La carità abbellisce la mano. E le orecchie, perché vi sono state donate? Voi siete così pronti a prestare ascolto alle varie chiacchiere e pettegolezzi, ma le orecchie non sono destinate a quello scopo, bensì all’ascolto dei testi sacri.

Poi, per quale scopo vi sono stati donati gli occhi? Voi non vi stancate mai di guardare tanti film ogni giorno, e quindi gli occhi non sono mai disposti a guardare la forma del Divino. A che servono se non a vedere la magnificenza e la bellezza di Dio? Ma voi non santificate la vostra vista. State davanti alla tv a guardare film e sceneggiati; ecco perché persino i giovani portano già gli occhiali e, giunti alla mezza età, soffrono di cataratte. Io ho 75 anni, e non ho cataratte. Sapete perché? Perché fino ad oggi non ho mai guardato film.

Che cosa guardare allora? Dovrei guardare solo ciò che si vede esteriormente, dei rivestimenti? No, no. Dobbiamo guardare la Realtà, che è il Divino, la forma di Dio. Ecco che cosa dovremmo guardare. (Swami canta alcune OM) Dovremmo ascoltare il suono primordiale della OM. Quando qualcuno si mette a litigare, subito si forma intorno una folla di curiosi. Che cosa ci andate a fare? A sentire insulti e offese? Che vergogna! Che schifo!

(“Cì, cì, cì” ripete con un’espressione onomatopeica telugu Swami) I vostri occhi sono stati così profanati; dunque, santificateli. Avete sempre le orecchie tese ad ascoltare pettegolezzi e dicerie sui vostri vicini. Non siate mai disposti a prestarvi ascolto. Se proprio, rimanete come degli spettatori impassibili che guardano danzare dei burattini.

Non andate mai fieri della vostra bellezza, giovinezza o vigore fisico: la vecchiaia arriva in fretta; è lì che incombe sulla vostra testa. La gioventù moderna si gloria tanto della forza fisica, del vigore muscolare e della bellezza, e mentre spreca energie eliminando il senso di umanità, avanza rapida, a grandi passi, la vecchiaia. Che cosa accade allora?

Le gambe non vi reggono più come un tempo,
perdete la vista, sul volto si scavano rughe profonde
e i capelli s’incanutiscono.
I bambini vi deridono chiamandovi “vecchia scimmia”.
I muscoli cedono ed il corpo diventa flaccido.

Ecco dunque: gli altri – colpa loro o vostra? – vi deridono. Perché avete abusato del vostro corpo? Perché avete permesso tutto questo sciupio d’ener­gie? È questo il fine per cui vi è stato dato il corpo? Oh, no. No!

Dovete compiere buone azioni: servite la società, aiutate il prossimo, date una mano ai poveri. Se farete del bene, anche il corpo vi risponderà con del bene e della bellezza. Molti stranieri mi chiedono: «Swami, come fai coi tuoi 75 anni a rimanere così fresco, agile e bello?» E io rispondo loro che il segreto della mia bellezza è in tre P: Purezza, Pazienza e Perseveranza. La bellezza non c’entra col corpo; è una questione di mente: il bello si accompagna al sacro, a ciò che è interiore e spirituale.

Chi è vittima della gelosia dirà ogni sorta di cose cattive.

Dir male degli altri è tipico del peccatore più ignobile, poiché accusare, criticare, condannare è il peggiore dei peccati.

Non condannate mai nessuno, perché Dio è in ognuno; qualora vedeste che qualcuno sbaglia, fateglielo notare, in modo che si corregga. Questo è il giusto atteggiamento che vi mette sulla buona strada. Credete che la via giusta per la vita spirituale sia quella del tapparsi il naso per il pranayama, del ritirarsi da tutto e portare un japamala al collo? No, no, no! Non è questa la via giusta. I buoni sentimenti devono provenire dal cuore. Siate sempre sorridenti. Sorridete, sorridete, sorridete. Non tenete dei bronci. Siate felici dell’unione con Dio, come chi pensa costantemente a Dio. Qualunque sofferenza, preoccupazione, problema si affacci, lasciate che venga, ma voi continuate a sorridere. Che lo crediate o no, non c’è nessuno che abbia mai avuto i problemi che ha avuto Swami!

Quando i vostri desideri sono appagati, siete felici e Lo esaltate; altrimenti Lo criticate. Critica ed elogio passano solo per le labbra di un uomo; non indicano affatto ciò che è realmente buono o cattivo. Tutto ciò che passa per la bocca non ha nulla a che vedere con ciò che si pensa.

La parola di Sai è sempre «Sì, sì, sì», tre “S” come Sri Sathya Sai; e bastano. Lode e biasimo toccano chi è sprovvisto di queste tre “S”. Sai dice “Sì” a coloro che dicono “Sì”; dice “No” a coloro che dicono “No”. “Sì” e “No” riguardano solo la bocca, la lingua, le labbra; ma per Sai significa “Sì”, se è “Sì”. Voi ne avete esperienza diretta: le critiche non arrivano a Me, non hanno bisogno di Me. Chi è che accusa e come lo fa? Se l’accusa viene gridata, si disperderà nell’aria e non farà in tempo ad arrivarmi. Se la critica rimane dentro, nel pensiero, resta a chi l’ha prodotta, e non arriva a me. Sia in un caso che nell’altro, è inefficace.

Io sono sempre felice, perché la felicità è la Mia Forma. In me non c’è mai ombra di sofferenza o d’infelicità. Infelice è colui che è attaccato al corpo. Io non ho attaccamenti fisici: il Mio corpo è pervaso in ogni sua parte di coscienza, la stessa che pervade tutto ciò che esiste nel mondo. Ciò che è in relazione con lo Spirito, o Âtma, è Consapevolezza. Io non sono conscio, non ho una coscienza, bensì sono Consapevolezza. Tutti siamo incarnazioni della Consapevolezza.Tutti siamo divini. Se consideraste la vostra realtà divina, non potreste mai essere cattivi.

Dico sempre ai nostri studenti: Voi siete giovani, e la giovinezza è un periodo d’oro; non distruggetelo, perché, una volta che è trascorso, non lo potrete più recuperare, non lo riavrete mai più. Due cose sono importanti: ciò che arriva una volta, se ne va per non tornare più. La vera Consapevolezza è qualcosa che mai viene e mai se ne va. È da sempre e per sempre. Questa è la natura del Brahman. Il Divino non è mai venuto, né mai se ne andrà: rimane costantemente presente. Dunque, ripeto ai miei studenti che le cose del mondo vanno e vengono, vanno e vengono, vanno e vengono; se sono arrivate, se ne vanno per non tornare più e per lasciare il posto ad altre che ripetono il ciclo della sofferenza.

Studenti,

c’è una cosa che dovete sapere: tutto quanto avete studiato non fa una cultura completa; è solo una parte, un 25%; il rimanente 75% non l’avete studiato; quando avrete acquisito con successo quei tre quarti che mancano potrete dire di essere degli uomini. Lo studio del primo quarto riguarda la conoscenza profana, le scienze fisiche; i rimanenti tre quarti sono per la sperimentazione, la pratica. Dunque, l’acquisizione delle conoscenze prende un quarto, la pratica tre quarti. Tutte e quattro le parti faranno il vero e completo essere umano. Leggere semplicemente dei testi non forma l’uomo; non potete dire di essere un uomo colto solo perché avete letto molti libri. Quella è una conoscenza superficiale, generica. Dopo aver acquisito quel tipo di conoscenza, dovete accedere alla parte pratica, che forgerà il vero uomo forte. Sono queste le potenzialità che completano la vostra istruzione. Non basta leggere e imparare a memoria; ricordatelo, gli altri tre quarti sono per la pratica, e solo un quarto è destinata allo studio nozionistico. Così si costruisce una buona reputazione.

Eccoci, dunque, alla festa di Capodanno. Riempite il cuore di sentimenti nuovi; gustate un nuovo aspetto della gioia e condividetela con quanti più potete. Non datevi pena per il denaro; lavorate per amore. Quando c’è l’amore, non c’è gelosia, non c’è rabbia. Così molte difficoltà vanno e vengono come nuvole passeggere. Non rovinatevi la vita per delle nuvole che passano, per problemi effimeri.

Allora, dicevo che oggi ha inizio il Nuovo Anno (telugu). Che ne pensate? Bene e male dipendono dal vostro operato, dalla vostra condotta, dai vostri pensieri. Se i vostri pensieri sono buoni, è giocoforza che anche il vostro avvenire sia buono. La nazione intera prospererà. Esaminatevi; se ciascuno si prendesse cura della propria vita interiore, tutto il resto andrebbe bene. Perciò, per ottenere il progresso della nostra nazione, occorre un mondo pacifico. Ottenuta la pace, dobbiamo viverla nella pratica della nostra esperienza quotidiana.

(Swami conclude il Discorso con il bhajan “Hari bhajana bina sikha shanti nahi”) Brindavan, Sai Ramesh Hall 5 Aprile 2000

Ugadi, Capodanno Telugu.

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