Dio proteggerà, sarà intimo e vicino a coloro che possiedono le sei nobili qualità:
l’entusiasmo (utsaha),
l’audacia (sahas),
la fermezza (dhairyam),
l’intelligenza (buddhi),
l’energia (µakti) e
l’eroismo (parakrama).
Incarnazioni dell’Amore!
È a causa dell’azione che l’uomo viene al mondo, ed è sempre per l’azione che se ne va da questo mondo. Il karma è la causa sia della nascita che della morte. Questo è l’insegnamento dato da Krishna. In ogni attività della vita quotidiana, l’uomo non può esimersi dall’agire. Ogni uomo, dal momento della nascita fino all’ultimo attimo di vita, trascorre il tempo del suo soggiorno sulla terra dedito a qualche azione. La via dell’azione è molto gradita a Dio, giacché Egli stesso è Azione. Egli è l’Incarnazione dell’Azione; è presente in ogni azione.
Baba canta:
L’azione è responsabile della nascita di tutte le creature;
esse crescono grazie all’azione
e muoiono in conseguenza dell’azione.
Per gli uomini il karma è Dio.
Il karma è la sola causa responsabile
del piacere e del dolore dell’uomo, qui sulla terra.
È stato ampiamente e chiaramente dimostrato che l’azione è responsabile della nascita, della crescita, del sostentamento, della morte, del piacere, del dolore, insomma di tutto. Tutto ha la sua origine dal karma. Il tempo gioca un ruolo importante nell’azione; senza queste due componenti – tempo (kala) e azione (karma) – non sarebbe possibile vivere sulla terra nemmeno un attimo, anche se, fra le due, l’azione è la causa principale di ogni evento. Che cosa costrinse l’imperatore Hariµcandra a diventare un becchino dei campi crematori? Solo le sue azioni ne furono la causa. Per quale ragione Tikana visse da cieco? A causa del suo karma.
Quale fu il motivo che separò Nala e Damayanti? Sempre il karma. Quale fu la causa principale della crocifissione di Gesù Cristo? Il karma. Ramdas venne imprigionato e dovette passare attraverso innumerevoli sofferenze; che cosa produsse ciò? Il karma.
Come l’azione, così il risultato, la conseguenza.
Le conseguenze saranno sempre in stretto accordo con le azioni, mai in contrasto. Le azioni e i loro risultati sono interrelati, interdipendenti; non è infatti possibile ottenere una conseguenza differente dall’azione compiuta: nonostante siano in stretta connessione, fra di loro si frappone il tempo.
Che cos’è il tempo? Se, studiando il Bhagavatam, esaminate la questione attentamente, vedrete come un giorno e una notte formano una giornata; allo stesso modo, 7 giorni + 7 giorni + 1 giorno, formano un paksa, cioè la metà di un mese, una quindicina. Due paksa formano un mese, e dodici mesi formano un anno. Questa è la maniera standard di misurare il tempo. Il tempo già trascorso viene chiamato bhuta, (“avvenuto, accaduto, esistito”) passato; il tempo che sta trascorrendo in questo momento, viene chiamato vartana, (“essere, esistenza”) presente; il tempo che arriverà, viene chiamato bhavya, (“che deve avvenire”) futuro. Passato, presente e futuro: qual è la causa che unisce questi tre? Il tempo. Molte sono le azioni che si compiono mediante il trascorrere del tempo.
Che cos’è il tempo e che cos’è lo spazio? Qui c’è un fiore e qui ce n’è un altro: ciò che esiste fra i due fiori è lo spazio. Per questi due fiori, però, anche il tempo è qualcosa di molto importante. Ciò che è presente fra i due fiori è sia lo spazio, sia il tempo. Per comprendere, infatti, la differenza fra i due fiori, il tempo è fondamentale.
L’orologio appeso alla parete batte i secondi al suono del “tic, tic, tic, tic, tic, tic, tic, tic”. Ma non c’è mai riposo a questo movimento? Infatti, ogni volta che lo guardiamo, l’orologio continua con il suo tic, tic,… Quando si riposa? Il periodo di pausa si trova nello spazio fra un ticchettio e l’altro. Ciò che collega due cose è il tempo; la distanza fra le due è lo spazio. Allo spazio e al tempo dovete aggiungere anche un terzo fattore, che è la motivazione, la causa. L’Universo, infatti, è la combinazione di tempo-azione-causa, kala-karma-karana.
Com’è possibile vedere le cause? Il tempo è una cosa misteriosa. A causa del tempo, noi passiamo attraverso innumerevoli esperienze; nonostante ciò, il tempo non si comporta nella stessa maniera di fronte alle differenti azioni. Questo, per esempio, è un fiore: ieri era solo un bocciolo, questa mattina è sbocciato, e adesso è appassito. Tutto questo processo si è verificato a causa del fattore tempo. Queste tre fasi, infatti, non succedono nello stesso momento. Quando il fiore è un bocciolo, è chiuso; quando sboccia, non appassisce: da bocciolo fiorisce e, soltanto dopo qualche tempo, da fiore appassisce.
Quando ci feriamo con un coltello, sanguiniamo. Che cosa è determinante in quest’azione? Il coltello. Non appena la mano si taglia, il sangue subito esce senz’aspettare del tempo. Ci sono dunque azioni la cui reazione è immediata e automatica.
Ma non è così per tutte le azioni. Quando al mattino fate colazione, la digerite forse immediatamente? No. Vi ci vogliono infatti due ore di tempo per digerire. Perché il processo digestivo si completi, occorrono due ore. Quando invece vi tagliate, il sangue esce all’istante, non due ore dopo. Al contrario, il cibo non viene digerito nello stesso istante in cui lo mangiate, bensì dopo due ore.
Supponiamo di piantare un seme in giardino: il germoglio non sboccerà immediatamente. Solo dopo tre o quattro giorni comincerete a vedere il primo germoglio; se poi vi aspettate di mangiare i suoi frutti, dovrete aspettare anni. Così pure, i risultati delle nostre azioni sono basati sia sul fattore tempo, sia sulla qualità dell’azione compiuta. È fondamentale capire che bisogna affrontare le conseguenze delle proprie azioni e che non si può scappare da tali risultati. Baba canta:
È mai esistito qualcuno in grado di sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni?
Chi può dire quando, in quale giorno, in quale situazione?
L’uomo dev’essere pronto a sperimentare ciò che ha scatenato.
Queste conseguenze sono qualcosa alle quali non si può sfuggire. Qualunque cosa sia, è solamente questione di tempo perché tutti devono, per forza, affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Qualunque azione si compia, ci metteranno forse del tempo, ma, prima o poi, i risultati arriveranno.
A questo punto potreste chiedervi: allora, perché si dovrebbe aver bisogno di pregare Dio? Perché meditare? Perché adorare Dio? A cosa servono le buone azioni che adesso vi impegnate a fare? Un uomo potrà domandarsi: “Se sarò costretto ad affrontare irreparabilmente le conseguenze del mio passato, se devo per forza vivere i risultati delle azioni, perché medito? perché prego? perché fare dell’adorazione?”.
La risposta è: la trasformazione che avviene grazie alle preghiere, alla meditazione su Dio, all’adorazione di Dio e alle buone azioni, non può essere vista dai vostri occhi, né udita con le vostre orecchie, né valutata dalla vostra mente, né riconosciuta dal vostro cuore. E tuttavia, questa trasformazione vi otterrà la Grazia di Dio!
Supponete di avere un flacone di pillole scadute nel ‘94. Dopo il giorno di scadenza, le pillole perderanno tutta la loro efficacia. Anche se oggi, nel ‘99, continuate a disporre di quel flacone e potete vederci dentro le pillole, dal momento che non si sono volatilizzate, tuttavia sono pillole solo nella loro forma esteriore, poiché il loro potere è svanito, scaduto. Allo stesso modo, indipendentemente dalle azioni compiute, la preghiera, l’adorazione e la meditazione stabiliscono il giorno di scadenza dei risultati del karma. (applausi)
Le conseguenze continuano, sì, ad esserci, ma Dio farà in modo che non vi raggiungano! I risultati non vi toccheranno. Quanto a questo, è davvero difficile comprendere la Potenza di Dio. In qualunque momento, in ogni istante, Dio può fare qualsiasi cosa!
Kabir era tessitore. Un giorno si ammalò e cominciò a pregare Krishna, preoccupato perché, se non avesse lavorato, non sarebbe riuscito a sopravvivere. S’addormentò piangendo e invocando a gran voce il Suo Nome: “Krishna, Krishna!”, e Krishna apparve, prese le sembianze di Kabir e si mise a tessere.
Voi conoscete Gora Kumbhar. Era un vasaio che si trovò nella situazione di non poter più modellare vasi. Ma il Signore gli apparve e, prendendo la sua forma, fece vasi al suo posto. Sakubai ripeteva incessantemente “Ranga, Ranga, Ranga” (Krishna). Il suo continuo ricordo di Ranga, era il miglior utilizzo di tempo che potesse fare. Ma, un giorno, le scoppiò una febbre molto alta. La temperatura aveva raggiunto livelli preoccupanti e Sakubai non era nemmeno in grado di muoversi. In quelle condizioni non le fu possibile ricordarsi nemmeno del Nome di Dio. La suocera e il marito le causarono molta sofferenza così, quella volta, Ranga prese la forma di Sakubai e cucinò il pranzo per tutta la famiglia.
Non è possibile per nessuno stabilire in quale condizioni, con quale forma, dove e chi Dio aiuti. Nel nostro cuore puro dev’esserci fede in Dio; ma se perdiamo quella fede, Dio non potrà far niente per noi. Egli non aiuterà coloro che non hanno fede il Lui! Dio osserva le intenzioni che stanno dietro ad ogni singola azione.
Vali possedeva una gran forza; era molto potente. Nessuno aveva l’energia che aveva lui. Era da molto che Bimbasara aspettava di combattere e sconfiggere una persona come Vali, perciò si fece avanti. Bimbasara si mise davanti al palazzo di Vali e gridò: “Coraggio: combatti con me!”. Non appena Vali udì il grido, uscì. Bimbasara insistette: “ Vali, preparati a combattere con me”.
Vali si lanciò nel combattimento ed inveì sul corpo di Bimbasara con tutta la sua rabbia. Bimbasara morì ma Vali, non soddisfatto, prese il suo corpo tutto insanguinato e lo scaraventò lontano. Il corpo di Bimbasara cadde sulla montagna dove c’era il saggio Mata¾ga, che stava facendo severe penitenze. Quando il corpo cadde, tutto il sangue schizzò sul corpo dell’asceta.
Immediatamente Matanga aprì gli occhi e, quando vide ciò che era accaduto, mandò una maledizione: “Chi è colui che ha commesso un atto tanto peccaminoso? Non importa chi sia stato. Chiunque egli sia, possa la sua testa spaccarsi in mille pezzi se mai metterà piede su questa montagna Rsyamuka”. Perciò, Vali non osò più nemmeno avvicinarsi alla montagna dove c’era il saggio Matanga. Fu per questo motivo che Sugriva ed Hanuman andarono a rifugiarsi proprio su quella montagna.
Chi fu la causa di questo karma? Fu l’azione stessa di Vali. In che modo essa venne prodotta? Bimbasara lo sfidò e Vali combatté contro di lui e lo uccise. Non avrebbe potuto fermarsi lì? Fu a causa della rabbia, dell’odio e dell’ego che Vali compì quella cattiva azione. La rabbia, l’odio e l’ego furono i veri responsabili della caduta di Vali. Allo stesso modo, la cattiveria, l’ego e la rabbia sono responsabili della rovina di ogni uomo.
Ekapada fu un grande erudito, sommamente colto. Insegnava giorno e notte ai suoi studenti, ininterrottamente, senza permettere loro nemmeno un attimo di relax. La moglie di Ekapada aspettava un bambino il quale, un giorno, mentre era ancora nel grembo della madre, lo rimproverò: “Padre, tu sei un esimio insegnante, vero? Ed hai anche un cuore compassionevole, non è così? Perché allora metti i tuoi studenti in così gravi difficoltà pretendendo da loro una tale disciplina? Senza cibo, senza riposo, senza dormire… A che serve tutto questo studio?”.
Il padre rispose: “Se si lasciano riposare gli studenti, la loro mente viaggerà verso la meta della perversione. Questo è il motivo per il quale non bisogna lasciarli a riposo. Bisogna, inoltre, occupare le mani in un lavoro costante ed occupare la mente costantemente con pensieri sacri. Le mani e la mente devono andare di pari passo, perché sono collegati.
Ignorando questa verità, mi hai criticato, critichi tuo padre, che ti sta autorevolmente sopra”. Ekapada si arrabbiò molto per l’atteggiamento del figlio e lo maledisse: “Nascerai come un astavakra!”. Per quale ragione Astavakra nacque con otto malformazioni? Poiché egli, senza valutare pienamente la situazione, criticò suo padre.
Tutti voi conoscete Santanu. Satyavati era figlia di Dasarathi, e Santanu desiderava sposarla. Questi non era certo tipo da andare in giro a raccontarlo, ma Bhima, che intuì la verità, andò dal re Dasarathi e lo pregò: “Permetti a tua figlia di sposare mio padre”. Dasarathi rispose: “Mio caro, acconsentirò a queste nozze solo a condizione che chi nascerà dalla loro unione erediti il regno e nessun altro.” Bhisma promise: “Mi incaricherò personalmente affinché avvenga davvero ciò che desideri”.
Dasarathi replicò: “Tu puoi promettermi tutto questo oggi ma, una volta che tuo padre sarà sposato, anche tu potresti sposarti ed avere un figlio e, a tempo debito, volerlo incoronare re. Perciò, non mi fido della tua promessa”. Allora Bhisma, pensando alla felicità e alla pace di suo padre, fece una promessa a Dasarathi: “Ti prometto che in tutta la vita, non mi sposerò mai. Io sono il solo figlio di mio padre e non ho altri fratelli, perciò solamente il figlio nato da mio padre e da tua figlia avrà la possibilità di diventare re”. Per quale motivo successe tutto questo? Per l’insistenza di Santanu ed il sacrificio di Bhisma.
Ecco un altro esempio che dimostra che, qualunque azione s’intraprenda, il risultato arriva in accordo ad essa. Kasyapa aveva due mogli, Vinata e Kadru, le quali una volta, per gioco, inventarono una sfida in cui chi delle due avesse perso, avrebbe servito la vincitrice, e i figli della perdente avrebbero dovuto servire i figli della vincitrice. Insomma, chi avrebbe perso, madre e figli, avrebbero dovuto mettersi al servizio della vincitrice.
Dopo aver stabilito le condizioni della competizione, giurarono. Vinse Kadru e, di conseguenza, Vinata e suo figlio si prepararono a servirla. Un giorno, Kadru espresse un desiderio: “Vinata, tu sei come una sorella per me, ma i risultati devono corrispondere alle azioni. Però, se mi porterai dal Paradiso il vassoio di Ambrosia e me lo consegnerai, considererò nulla la promessa che ci siamo fatte”.
Vinata aveva un figlio, Garuthman (Garuda) il quale pensava: “Non posso sopportare di continuare a vedere la sofferenza di mia madre. È naturale per noi essere a servizio dei nostri fratelli, ma non posso accettare che mia madre continui a servire la mia matrigna”. Così dicendo, prese il Nettare degli Dei e lo consegnò a sua madre, dandole un’immensa gioia.
Visnu lodò Garuda per il suo sacrificio e gli disse: “Mio caro, tu non hai bisogno dell’Ambrosia. Tua madre avrà la sua liberazione mentre tu, che sei pieno di buone qualità, sarai il Mio Mezzo di trasporto”. In questo modo Visnu benedisse Garuda. Quale fu la causa che portò Garuda a diventare il veicolo di Visnu? I suoi nobili pensieri.
Gli uomini d’oggi non prestano attenzione a queste innumerevoli leggende; ma se voi rifletteste profondamente su queste storie, potreste capire nel giusto modo quale sia il rapporto di causa-effetto che l’azione ha in sé. Per ogni singola cosa entrano in campo il tempo, l’azione e la causa. Altro fattore essenziale è ciò che dev’essere fatto, il kartavyam, cioè il dovere più appropriato ad una particolare situazione. È in questo modo che le storie della tradizione indiana hanno tanti insegnamenti da impartire! Ma gli studenti, purtroppo, non sanno apprezzare la purezza di storie come quelle.
Oggi è il compleanno di Krishna, una ricorrenza che voi ritenete molto importante. Voi che date tanta importanza solo alla Sua esistenza fisica, al Suo Corpo, date forse la stessa importanza anche ai Suoi Insegnamenti? Saremo a buon diritto dei veri adoratori di Dio e potremo dare valore al Suo Compleanno solamente quando ne metteremo in pratica gli Insegnamenti. Solo allora Dio sarà felice.
A causa della promessa che Dasarata fece a Kaikeyi, Rama venne esiliato nella foresta. Egli vagò per quattordici anni. Sita, la quale fino a quel momento non era mai nemmeno uscita alla luce del sole, dovette affrontare tutte le difficoltà che la dura vita della foresta porta. Al momento dell’annuncio dell’esilio, Laksmana non aveva obblighi ma, per la sua intensa devozione e il rispetto che aveva per Rama, seguì il fratello come un’ombra. Ogni secondo della giornata, Laksmana era immerso nel servizio a Rama; non aveva altro seva che quello di servire Rama. Si occupava di cercare frutti e radici, portandoli poi a Rama; e, dopo aver pensato al nutrimento del fratello, digiunava.
Per tutto il tempo dell’esilio, Laksmana si dedicò totalmente al servizio di Rama. Era un saguua-upasaka, un “adoratore della forma”, devoto alla Forma di Rama. Quando Bharata venne a sapere dell’esilio di Rama, di Sita e di Lakmana, egli lasciò Ayodhya e li raggiunse nella foresta. Una volta là, egli pregò Rama di ritornare a casa. Rama rifiutò; così Bharata pensò: “Nemmeno io tornerò. Finché Rama non tornerà, io vivrò al villaggio Nandi, distante due chilometri da Ayodhya”. Così il suo corpo era fisicamente al villaggio Nandi, ma la sua mente era costantemente immersa nel pensiero di Rama.
In questo modo vediamo come Laksmana adorasse la Forma di Rama, mentre Bharata era un nirguna-upasaka, “uno che adora la non-forma”. Che cos’è più grande? L’adorazione della Forma o l’adorazione della Non forma? Molti rishi hanno fatto ricerche in questo campo. Il corpo di Bharata era lontano da Rama, mentre la sua mente era costantemente con Lui; in questo caso, però, solo una parte di Bharata era vicino a Rama (la mente). Per Laksmana era diverso: insieme alla mente, aveva anche il corpo vicino a Rama; in ogni momento ed in ogni luogo, trascorreva il suo tempo a pensare a Rama, ma anche a servirLo con il corpo.
In campo scientifico molte persone hanno scoperto che ci sono due metodi di percezione o apprendimento: il modo diretto (pratyaksa) ed il modo indiretto (paroksam). Questi due metodi vengono chiamati ipnosi e ipnotismo. Che cos’è l’ipnotismo? L’ipnotismo è la capacità di sentire vicina una persona indipendentemente dalla distanza o dal tempo. Ciò significa che non conta quanto il soggetto sia distante o quanti anni siano passati per sentire questa sensazione di vicinanza.
Qual è la relazione, la differenza fra ipnosi e ipnotismo? È necessario indagare bene su questo punto e capire chiaramente. È la stessa relazione che esiste fra percezione diretta e percezione indiretta. Ciò che viene visto come reale, ciò che viene percepito direttamente (conscio) viene chiamato pratyaksa o “percezione diretta”, mentre ciò che non è visto direttamente (il subconscio), viene chiamato paroksa, “percezione indiretta”.
Sia gli yogi che la gente di mondo (bhogi) hanno svolto tutti delle indagini approfondite su questi punti, ed hanno organizzato un grande raduno. Laksmana è pratyaksa, colui che percepisce direttamente poiché sperimentò Dio sia con il corpo che con la mente; egli è come l’ipnosi, perché è colui che è cosciente sia del conscio che dell’inconscio e sperimenta consapevolmente sia con la mente, che con il corpo. L’ipnotismo, invece, è cosciente solo della mente inconscia, sperimenta solo con la mente, ma non con il corpo.
Per questo durante la conferenza, gli studiosi studiarono attentamente i fenomeni dell’ipnosi e dell’ipnotismo. I rishi studiarono la relazione fra Rama e Laksmana. Solo dove c’è Rama, c’è anche Laksmana, il quale viene sempre raffigurato al Suo fianco: dove c’è Rama, automaticamente vi si trova anche Laksmana. Sono inseparabili. Per contro, non si accomuna mai Rama-Bharata, ma la coppia è sempre Rama-Laksmana.
La mente di Bharata, infatti, era sempre vicina a Rama, ma non il suo corpo. Si chiama devozione indiretta, paroksam bhakti. Quella di Laksmana è adorazione della Forma, quella di Bharata è devozione del Senza-forma. Questi non sono termini usati solo ai giorni nostri. Nei Veda stessi, infatti, si citano tutti questi termini. Chi lo ignora scova nuovi termini per questi concetti: ecco perché oggigiorno la gente non li capisce.
Che cosa significa, infatti, ipnotismo? L’ipnotismo è un potere di trascendenza. In che modo? L’ipnotismo lavora in modo da comunicare con una persona che si trova nello stato di sonno profondo, o con una persona morta; oppure fa sì che la mente possa entrare nella persona che gli sta seduta di fronte, o che, ogni volta che vuole, possa vedere cose lontane non importa quanto distanti siano.
Questo ipnotismo, o potere trascendente, nelle Sacre Scritture viene chiamato atindriya shakti, “energia che trascende la dimensione dei sensi”. Si tratta di un’energia che sfugge alle possibilità sensoriali. Nei tempi antichi, infatti, s’insegnava che un tale potere è certamente impercettibile ai sensi. Attraverso l’azione tutti questi poteri possono essere possibili.
Per questo le azioni che compiamo dovrebbero essere molto pure; dovremmo avere una mente limpida e avere purezza di intenzioni (pensieri). È la triplice purezza: nei pensieri, nelle parole e nelle opere dovrebbero regnare dei buoni sentimenti. Nel corpo dovrebbero essere in armonia la parola, il pensiero e l’azione. Persone siffatte si possono definire “veri esseri umani”. È ciò che s’intende dire con la frase: “L’oggetto di studio precipuo per l’essere umano è l’uomo stesso”. Che cosa significa? Cuore, intenzione, parola e azione devono essere in armonia fra loro.
I rishi dei tempi antichi davano questi insegnamenti mediante massime. Per esempio, già a quei tempi dicevano: “Il lavoro è adorazione”. Anche ai giorni nostri l’uomo moderno afferma: “Il lavoro è adorazione; il dovere è Dio”; ma non sono nuove queste parole, esistevano già nei tempi passati.
Ogni singola azione è un servizio reso a Dio; ogni singolo lavoro è un lavoro offerto a Dio. Quando sarete pieni di sentimenti del genere, diventerete veri esseri umani. In ogni momento, in ogni luogo dovete intraprendere azioni con questo spirito. Invece, ai giorni nostri, tutti voi siete fin troppo coscienti del servizio che rendete ai villaggi. Tutti voi state, infatti, contribuendo allo sviluppo agricolo. Ma con quale spirito?
Mi dicono: “Swami, stiamo facendo seva, stiamo facendo servizio…!”. Ma per chi lo state facendo? Per me? Non è per me, non è per me! È per voi stessi che lo state facendo! (applausi) In che modo?
Vi farò un piccolo esempio. Voi Mi adorate: uno è l’adoratore mentre Io sono Colui che viene adorato. Per questa ragione siete convinti che Io sia più importante e che voi siate meno importanti di Chi state adorando. È un gravissimo errore, un errore, un errore! Infatti lo stesso Spirito risiede sia in me sia in voi. L’adorante e l’adorato possiedono lo stesso Spirito. Ora, se in entrambi risiede lo stesso Spirito, come si distingue chi adora e da chi è adorato?
Supponete che qualcuno vi critichi; voi siete l’oggetto della critica. “Mi sta criticando” pensate e, pieni di rabbia, siete pronti a litigare con chi vi accusa. È da stupidi, è una follia! Sia in colui che è criticato che in colui che critica risiede il medesimo Spirito. Chi critica non fa che accusare sé stesso. Abbiate questo senso di equanimità, questo sentimento di unità.
A ben pensarci, non si fanno lavori per gli altri o servizio per gli altri. Quando riconosciamo che lo stesso Spirito è presente in tutti, in realtà che cosa state facendo? Che cosa fate? Per quale ragione agite? Chi è responsabile di ciò? Chi è colui che agisce? È solamente Dio. Di conseguenza, non ha importanza quale lavoro facciate, ma dovete sentire che quello che fate è un servizio reso a Dio. “Io sto facendo seva per gli altri”: fintanto che avrete questo sentimento dualistico, non potrete considerarvi una persona che fa servizio perché, con questa attitudine, voi non state servendo. Chi parla in quel modo non può che essere una persona con un ego enorme, con un grande orgoglio! Finché l’orgoglio non viene eliminato, il servizio non potrà essere puro.
Che cosa è necessario alla devozione? Che cosa è necessario per il servizio? È ovvio che, per volare, un uccello ha bisogno di due ali; solamente quando ha entrambe le ali l’uccello è in grado di volare alto nel cielo. Così pure, solo quando ci sono tutte e due le ruote di una bicicletta è possibile giungere a destinazione. Potrà mai arrivare da qualche parte una bicicletta senza ruote o un uccello senz’ali? No. Perciò, quando pensate di voler raggiungere un posto puro e divino, è necessario che possediate le due ali della devozione e del servizio.
È inutile far del servizio se non si ha amore! Non può considerarsi servizio quello di una persona priva d’amore, e dunque non si raccoglieranno buoni frutti. Il frutto del servizio è la beatitudine, e tale beatitudine è già dentro di voi; è qualcosa che non può essere comprato fuori.
Guardate: c’è un fiore qui, un fiore là. Sono separati. Fra questi due fiori c’è dello spazio, ma nello spazio e nel tempo avviene l’azione. Allo stesso modo ci può essere una persona qui e un’altra là; fra di esse s’interpone il fattore tempo ma, a tempo debito, l’azione e la conseguenza dell’azione le riporterà di nuovo insieme, a rincontrarsi. Quando tutto ciò che è separato si unisce e diventa uno, non esistono più né tempo, né azione.
Per questa ragione, in campo spirituale è totalmente errato dire: “Voi siete i miei devoti, io sono il vostro guru”. Voi ed Io siamo Uno. Quando affermate questo, la vera unità è stata raggiunta. Di conseguenza: noi, entrambi, siamo Uno. Dovete sviluppare questo sentimento.
Krishna disse: “O Arjuna, tu pensi di essere un Mio devoto: ma come puoi esserlo? Quando ti offri totalmente a Me e ti abbandoni completamente, tu non esisti più; perciò, entrambi siamo Uno, non è così?”. Solamente a queste condizioni sarete veri devoti. La non-dualità è saggezza; è la vera Sapienza. Perciò dovrebbe esserci unità anche fra tempo, causa e azione.
Un piccolo esempio. Siamo qui a Prashanti Nilayam oggi; la notte scorsa avete dormito e avete sognato. Che cosa avete sognato? Avete sognato di andare a Hyderabad. Per chi ci siete andati? Perché siete andati? Come ci siete arrivati? Se nel sogno ci fossero stati presenti i fattori del tempo, dello spazio e della motivazione, sapreste rispondere quando siete partiti? Nel sogno però non eravate coscienti di questi tre fattori. Quando siete partiti da Prashanti Nilayam per arrivare ad Hyderabad? Con che autobus, con quale macchina avete viaggiato? Per quale motivo vi siete recati a Hyderabad?
Nella realtà, nello stato di veglia, invece, avete viaggiato tutta la notte, avete preso l’autobus e, alle 6 del mattino dopo, avete raggiunto Hyderabad. In questo caso tempo, spazio, azione e motivazione sono presenti e in relazione coerente. Questa è verità. “Una notte, in sogno, mi sono recato a Delhi e ho parlato alla Camera dei Deputati”. Potete anche dire così, ma… è poi vero questo? No. È solamente un’illusione vostra. Sono illusioni come questa che rovinano la vita intera dell’uomo d’oggi. Tale illusione converte l’unità in diversità. Tutto ciò non è che illusione, illusione, illusione!
Brahma (Dio), al contrario, nella diversità vede l’Unità. Di conseguenza, percepite anche voi questa unità e vedetela nella diversità. Non frazionate l’Uno riducendolo in molti. Solo questa fede vi porterà al successo.
Incarnazioni dell’Amore!
Prima di tutto, come cosa più importante, dovete sviluppare la fede. Ovunque ci sarà fede, avrete amore; l’amore, infatti, nasce solo quando abbiamo fede. Grazie all’amore sperimenteremo la pace e, dove c’è pace, sorge anche la verità. Dove c’è verità, Dio Si manifesta. La vostra beatitudine è la manifestazione di Dio, di conseguenza, partendo dalla base della fede, finirete in beatitudine. Solo questa è vera devozione. Come potete ottenere beatitudine senza fede?
“Swami, voglio essere felice, felice, felice!”. Ma cos’è questa felicità che cercate? Dov’è? Può essere comprata al mercato? Oppure può esservi data da qualche amico? No, no, no, no! Essa si trova solamente dentro di voi! Siccome non avete nessuna fiducia in voi stessi, non riuscite a sviluppare l’amore. Solamente quando in voi crescerà l’amore avrete pace e, laddove otterrete pace, Dio diventerà l’incarnazione della Verità. La Verità è Dio.
Questa è l’unica verità; è la manifestazione indiretta di Dio. Quando cercherete la pace dentro voi stessi, Egli Si manifesterà a voi. Purtroppo questa verità non è in voi, questa fede non è in voi e, perciò, l’Amore non verrà a voi! Che beatitudine pensate di riuscire a sperimentare? Non sarete in grado di ottenerLa.
Incarnazioni dell’amore, voi siete veramente incarnazioni dell’amore!
Avete amore in voi, ma non credete che Quello sia l’amore di Dio. Voi pensate: “Questo è solamente il mio amore materiale, mondano”. Ma l’amore terreno di cui parlate voi è della stessa qualità delle nuvole passeggere! Voi vi vantate insistendo: “È amore, amore!”, mentre invece è solamente come quella filastrocca: Twinkle, twinkle little star, how I wonder what you are, “Brilla, brilla, piccola stella; io mi chiedo che cosa tu sia”.
È vero amore l’amore che va e viene? Non c’è sempre, non dura sempre, non è vero; voi dovete, invece, sviluppare e fortificare il tipo d’amore che mai se ne andrà. Penserete: “Non sperimenteremo mai quel tipo d’amore!”, ma quell’amore non è qualcosa che va e viene: è sempre lì, sempre presente in voi. Ciò di cui avete bisogno è sviluppare la fede che questo Amore è, è, è dentro di voi! Sviluppate questa fede.
Ponetevi la domanda: “Io esisto o non esisto?”. La vostra risposta sarà: “Io ci sono”. Come potete affermarlo? La vera fede sta nell’affermare che “siete”. Allora: io sono qui, questo fiore è qui, questo fazzoletto è qui. La fede si trova nel verbo “essere”, si trova nella parola “è”. Abbiate fede in quell’“è”. Il mondo intero esiste: qui c’è un bicchiere, c’è un fiore, c’è un palco. Ora dimenticate il palco, dimenticate il fiore e dimenticate il bicchiere e prendete in considerazione solamente l’“essere”. Non è necessario pensare “io sono qui”; abbiate solo fede nell’“io sono, io sono, io sono”.
Essere convinti di questo “sono” è vera fede! Ma questa fede non è qualcosa che si guadagna, infatti essa è naturale all’interno di noi. Voi siete emersi da Dio, di conseguenza Dio è in voi e, perciò, non abbiamo bisogno di indagare sulla natura di Dio e di cercarLo: dobbiamo avere solamente una grande fede in Lui.
Se facciamo attenzione alla mente, notiamo che essa sta vagando per i negozi, mentre il corpo è a Prashanti Nilayam. Perché allora venite qui? A cosa vi serve? Laksmana viveva vicino a Rama e Lo contemplava ininterrottamente. Laksmana, in questo modo, realizzò la fusione con Rama sia a livello mentale che a livello fisico. Il tipo di pratica spirituale attuata da Laksmana era la contemplazione della Forma di Dio.
Bharata, invece, viveva nel villaggio chiamato Nandi; il suo corpo fisico era al villaggio, ma la sua mente era costantemente con Rama, vicino a Rama, immersa in Rama. In questo modo, la mente di Bharata si fuse in Rama. Il giorno dell’incoronazione di Rama, infatti, tutti poterono vedere che sia Rama che Bharata erano dello stesso colore: entrambi avevano la carnagione blu. Che cosa significa tutto ciò? Che Bharata si era immerso in Rama. Come? Poiché la sua mente si fuse con Rama. Questa è la concentrazione totale. Quando si raggiunge una tale concentrazione, due diventano uno.
Ma per Laksmana non fu così. Laksmana s’immerse in Rama non solo con la mente, ma anche con il corpo! Egli infatti serviva Rama con il corpo e Lo contemplava con la mente; in questo modo, Rama e Laksmana divennero uno.
Sul campo di battaglia, un giorno Laksmana venne colpito e cadde in fin di vita. Rama non riuscì a contenere la sofferenza. Chiaramente la Sua era solamente una recita, una finzione per insegnare al mondo il Principio di Unità. Si disperò: “Laksmana, non posso vivere senza di te. In questo mondo mi è possibile trovare un’altra madre come Kausalya, trovare un’altra moglie come Sita, ma non mi sarà mai possibile trovare un altro fratello come Laksmana!”.
Tanto era l’amore di Dio che Laksmana conteneva! Era come una calamita. Il sacro Amore divino è come una potente calamita. La stretta relazione fra Rama e Laksmana diventò Unità. In questo caso scomparvero mente, corpo, azione, causa ed effetto: tutto divenne Uno.
Molti mi hanno chiesto: “Swami, si costruiscono tanti templi dedicati a Rama, tanti templi dedicati ad Hanuman; perché non si costruiscono templi dedicati a Laksmana?”. Io rispondo: “O sciocchi! Dovunque sia Rama, là c’è anche Laksmana! Non si installano solo statue di Rama: Laksmana è sempre presente al Suo fianco”.
Una volta capita questa verità, non potete più vedere Laksmana come una persona separata da Rama, perché egli è Uno con Rama. Capita una simile verità, possiamo dire la stessa cosa di Krishnaa. Radha e Radhika erano sorelle; una adorava la Forma, mentre l’altra adorava la Non-forma. Radha, ininterrottamente, in ogni momento e in ogni luogo, ripeteva il Nome di Krishna. Radhika, invece, non desiderava nient’altro che la Sua Forma divina.
Sapendo che Krishna era andato a Mathura e che non sarebbe più tornato indietro, Radhika si sentì malissimo; la sofferenza la consumò al punto da non riuscire più a mangiare, né a bere. Non faceva altro che piangere: “O Krishna! Con le mie lacrime ho mantenuto fresca la Tua Forma il più a lungo possibile. Ma ora che anche le mie lacrime si sono esaurite, come potrò preservare la Tua Forma? Come potrò guardarTi, adesso? Come Ti posso proteggere nel mio cuore di loto, ora che nel mio cuore l’essenza si è esaurita? Krishna! Qualunque cosa Tu mi abbia dato, te la rendo; Ti rendo il cuore che mi hai dato. Che cos’altro potrei offrirTi? Krishna! Accetta la mia umile devozione e tutta me stessa”. In questo modo, ella si abbandonò totalmente a Dio.
Anche Radha riconobbe questa verità. Precedentemente Radha aveva creduto che adorare la Non-Forma fosse più nobile dell’adorare la Forma ma, dopo che sua sorella si abbandonò così totalmente, ella capì che l’adorare la Forma era meglio. In questo modo, anche Radha cominciò a pensare solamente a Krishna e anche lei offrì tutte le sue lacrime alla Sua Forma di Loto.
Tutti voi sicuramente conoscete il canto di Tulsidas dedicato a Rama:
Volto di loto, Piedi di loto, Occhi di loto;
tutto in Te è come un loto.
Ti prego, mio Loto,
rimani per sempre nel mio cuore!
Tempi addietro c’erano milioni e milioni di devoti così ma, ai giorni nostri, nel Kali Yuga, ci sono solamente devoti part time. Quando vedono qualche tempio, automaticamente ripetono: “Krishna, Krishna”. Tutto qui. È mai devozione questa? Un attimo dopo dimenticano tutto e se ne vanno. Nonostante Radha e Radhika seguissero due Sentieri spirituali differenti, poiché l’una adorava la Forma mentre l’altra adorava la Non-forma, erano comunque entrambe impegnate nella costante contemplazione del Signore. Devoto, infatti, è colui che si fonde con Dio e diventa Uno con Lui, realizzando la perfetta unità con il suo Signore.
Oggigiorno, invece, ognuno è uno con sé stesso, ognuno si fonde solo con sé stesso anziché con Dio: come può essere devozione questa? “Noi siamo devoti, noi devoti, noi devoti!” dicono, ma sono devoti solo di nome, non di fatto. Lottate dunque per guadagnarvi la ricchezza dell’Amore di Dio! A queste condizioni godrete dell’unità con Lui e il mondo intero diventerà uno, poiché tutto e tutti diverranno la manifestazione di Dio.
Anche Ramdas pregò in questo modo. Egli aveva molti problemi e non era in grado di sopportare le sofferenze che, in prigione, Tanesha gli infliggeva. Nonostante tutto questo dolore, egli non smise mai di ripetere il Nome di Rama. Ripeteva:
Tu sei il mondo, Tu sei la canzone, Tu sei il gioco, Tu sei il giardino;
se Tu sei tutto, come possiamo Tu ed io essere separati?
L’illusione può essere paragonata ad un albero, ai rami del quale siamo attaccati:
se molliamo la presa, raggiungeremo Brahma.
L’olio della lampada è l’essenza e la Verità è lo stoppino;
ma se la luce si spegne, nessuno vi seguirà, nessuno verrà.
Il fortino (corpo) ha sette strati (corpi sottili);
all’interno c’è un giardino (esperienza di Dio);
ma come vi è possibile entrare se non conoscete la strada?
Io non conosco la strada, ma vedo il fortino.
Vedo Brindavan ma non conosco la strada per entrarvi.
Come è potuto accadere? Ecco la causa: voi ricordate il Nome di Dio, adorate la Sua Forma, ma non mantenete questa contemplazione, questa concentrazione, salda nel vostro cuore.
Dio vuole da voi solamente i vostri sentimenti e non le azioni esteriori come, per esempio, tutti i rituali che fate, tutto il dharma e tutte le donazioni che fate! Dio non attribuirà alcun valore, alcun peso ad essi. Se ci tenete a far mostra delle vostre donazioni, allora mostratele all’ufficio delle imposte! La sola cosa che dovete mostrare a Dio è il vostro amore: questo nessuno mai lo tasserà! (applausi) Ecco il vero amore che dovete realizzare.
Vi tocca affrontare molti problemi. Oh, quanti problemi! Anche Dio vi darà delle prove da affrontare; ma non dovreste assolutamente vacillare o tremare. “È tutto per il mio stesso bene”; vedetela in questo modo, capite e mettete in atto questa verità. Imparate assolutamente questo principio: “Tutto ciò che avviene è per il mio bene, per il mio bene, per il mio bene!”. C’è una perdita? Non disperate! C’è un guadagno? Non esaltatevi! Siate sempre più equanimi verso ogni cosa. Questa è la prima, la più importante, la più vera sadhana.
“Ma noi facciamo japa; facciamo meditazione” dicono alcuni e, ciò detto, si siedono. A che serve tutto ciò? Vi sedete per meditare; intanto la vostra mente sta girando per i negozi del mercato! Fate meditazione ripetendo “Ram Ram”, mentre col pensiero andate dal barbiere. A che serve? È meditazione questa? È preghiera? No, no! Nome e Forma dovrebbero fondersi l’uno nell’altra; la Forma dovrebbe immergersi nel Nome.
Come considerare la Forma di Krishna? Tutto è pieno di Krishna! Purtroppo, ai giorni nostri, non è così: si è riempito tutto di trshna, trshna, trshna, invece che di Krishna! Desideri, desideri, e ancora desideri! Disfatevi di trshna e portate Krishna dentro di voi! Il benvenuto che dovete dare nel vostro cuore, dovrebbe essere quello per Krishna e non per trshna. Se così farete, Dio esaudirà tutta la vostra sete, tutti i vostri desideri, e vi concederà ogni cosa.
Cari devoti, se pensate di voler raggiungere il Divino, non basta ricordare il Suo Nome. Dov’è finito l’amore che avete dentro di voi? Non è una proprietà vostra, ma una proprietà di Dio. RendeteGli, perciò, ciò che è Suo! Se non lo fate, a che vi servirebbe vivere? A che cosa vi serve vivere a lungo?
Thai, thai, thai, thai, thai bomma!
È tutta una recita di burattini:
nessuno sa quando la vita ai burattini verrà tolta.
Non avete alcuna autorità per donare il vostro amore ad altri all’infuori di Dio. Solo a Lui dovete dare amore! Che valore potrebbero dargli altri, se l’avessero? Se lo deste a qualcun altro sarebbe come ipotecarlo. Non avete alcun diritto di donare il vostro Amore a nessun altro, se non a Dio.
In questo mondo esiste l’amore materiale, terreno. Quando date amore ed accettate amore da altri, stipulate una sorta di contratto. Con Dio non si fanno questi tipi d’affari! Con Dio non esiste la partita del dare per avere. Date, date, date, senza voler ricevere: sviluppate e incrementate una simile devozione. E Dio eliminerà ogni vostra preoccupazione, esaudirà ogni vostro desiderio.
Non c’è niente che a Dio sia precluso! Egli può fare qualsiasi cosa, in qualsiasi luogo: in foresta, in città, al villaggio, in cielo, in terra, nel profondo del mare, in cima alla più alta montagna. Dio è l’unico rifugio e soccorso per chi è disperato e invoca aiuto. Ovunque posiate lo sguardo, non vedrete che Dio. Potreste pensare il contrario; ma Dio è lo stesso in ogni spazio infinitesimale di qualsiasi posto; non esiste altro all’infuori di Lui. Tutti gli esseri sono incarnazioni di Dio. Non esiste solo una Sua specifica manifestazione. Cercate di comprendere questa verità e applicatela alla vita pratica.
Offriamo ciò che pratichiamo;
sperimentiamo ciò che offriamo;
proviamo gioia in ciò che sperimentiamo:
solo questa è vera Devozione.
Quand’è così, la vita di un essere umano si santifica, e tutto diventa Dio.
Incarnazioni dell’Amore!
Sapete tutti come va il mondo ai giorni nostri. Ovunque si vada, c’è conflitto, conflitto, conflitto. Ovunque si vada si trova ego, ego, ego. Ovunque si guardi, si vedono liti, liti, liti. Guerre fra nazione e nazione, conflitti fra villaggio e villaggio. Che è mai tutto questo? Non c’è un posto ove sia facile trovare tracce d’amore. È necessario che ognuno di voi sviluppi amore nel suo cuore.
Abbiate sempre maggior amore, al punto da dare amore ai propri nemici, sì che anch’essi si riempiano d’amore. Questo è quanto spero: che riusciate a far tutto con amore. (applausi)
(Swami conclude cantando “Prema mudita mana se kaho, Rama Rama Ram…”)
Prashânti Nilayam, Genetliaco di Sri Krishna, 03 settembre 1999
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