09 Settembre 1994 – Significato spirituale del culto di Ganesha

09 Settembre 1994

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

SIGNIFICATO SPIRITUALE DEL CULTO DI GANESHA

Incarnazioni d’Amore,

la carità è l’ornamento delle mani,
la verità è l’ornamento della lingua,
l’ascolto delle Scritture è l’ornamento delle orecchie
a che servono tutti gli altri ornamenti?

Non esiste esperienza più grande del sentire se stessi Spirito Supremo. L’Aham, cioè l’IO, viene detto Atma, cioè il Sé. La parola ethath significa “tutte queste cose”, vale a dire tutto ciò che esiste nell’universo, sia allo stato grossolano che allo stato sottile, quindi anche il Sole, la Luna, le stelle ed i pianeti. Ciò significa che voi non siete il corpo fisico. Quando dite “il mio corpo”, questo sta ad indicare che voi non siete il corpo.

Di che cosa è costituito il corpo? Esso è la combinazione dei cinque elementi, dei cinque soffi vitali e dei cinque involucri. L’intero universo è il corpo del Signore Supremo: esso è composto di tutte le cose in movimento e di quelle statiche. Nel linguaggio vedantico, dire: “Io non sono il corpo” è considerata Saggezza Superiore (Jnana).

Il visibile (drisya) e colui che vede (drashta)

Si sarà estremamente fortunati se si riuscirà a realizzare ciò. Tutto ciò che può essere visto nel mondo esterno è drisya, che significa “ciò che è visibile”. Il Sole, la Luna, le stelle, ed i cinque elementi che costituiscono l’universo sono tutti drisya. Allo stesso modo in cui riuscite a vedere le altre cose, così vedete il vostro corpo: quindi, esso pure, è drisya, è cioè un qualcosa che viene da voi visto.

Chi è, dunque, colui che vede? Colui che vede è drashta. Il corpo è l’oggetto e voi siete coloro che vedono tale oggetto. Se non vi fosse chi vede, ciò che viene visto non avrebbe ragione di esistere. Alcuni parlano di “vuoto” o “nulla”, ma, a meno che tali persone non abbiano visto questo “vuoto“, come possono parlarne?

La filosofia relativa al “chi vede” ed alla “cosa vista” è il grande messaggio di Ganapathi, di cui oggi celebriamo l’avvento. Ga sta per Intelligenza (Buddhi), Na per Saggezza (Vijtlana), Pathi per Maestro. Ganapathi, pertanto, è il Maestro della Conoscenza, dell’Intelligenza e della Saggezza. Esiste poi un altro significato rilevante della parola Ganapathi: essa indica che Egli è il Condottiero (Pathi) degli Esseri Celesti (Gana). Egli è anche chiamato Vinayaka, che significa “Colui al di sopra del quale non esistono Maestri”. Egli è il Maestro Supremo ed è al di là della condizione dell’assenza di mente. Chi ha domato la mente, non occorre che abbia maestri.

Noi pensiamo alla forma fisica di Vinayaka, con la testa di elefante ed il corpo di essere umano, senza aver compreso questa verità. Ogni volta che la gente intende intraprendere qualche attività, vuole iniziare lo studio della musica o delle belle arti, oppure dedicarsi a qualche ramo dello scibile, offre, prima di cominciare, il proprio culto a Vinayaka.

Potenza spirituale (siddhi) ed intelligenza suprema (buddhi)

Egli è anche detto Lambodara, che significa “Guardiano della ricchezza”. In questo caso, il termine lakshmi rappresenta ogni ricchezza e prosperità, non solo il denaro, per il quale esiste una diversa divinità, detta Dhanalakshmi, una delle otto Lakshmi. In questo caso, ricchezza significa gioia e beatitudine. A che serve avere tutto il resto se non si possiede gioia e beatitudine?

Ganapathi è Colui che ci dona potenza spirituale ed intelligenza suprema, dette, rispettivamente, siddhi e buddhi. Esse vengono descritte come le Sue due consorti. Poiché Egli è il Maestro della potenza spirituale e dell’intelligenza suprema, viene considerato, in termini terreni, loro marito. Vinayaka non ha desideri, ragion per cui non v’è necessità che abbia moglie e figli.

In questo Paese, viene adorato fin dai tempi più antichi, ma esistono testimonianze storiche che mettono in luce come il culto di Vinayaka fosse diffuso anche in altri Paesi, come la Tailandia, il Giappone, la Germania ed il Regno Unito. L’adorazione di Vinayaka come divinità principale viene menzionata nei Veda e, sia in tali Scritture che nelle Upanishad, si parla del profondo significato di Ganapathi. Anche nella Gayathri si fa a Lui riferimento. Egli è Colui che infonde purezza nel corpo e caccia la paura dalla mente.

Si dice: “Possa Colui che è dotato di zanna spingerci a ciò” (alla meditazione) facendo riferimento alla Sua zanna. Alcune persone, per ignoranza, fanno commenti sulla forma di grosso animale che questa Divinità Suprema possiede e si chiedono come un essere, di dimensioni così mastodontiche, possa cavalcare un topolino, il quale viene descritto come Suo veicolo. Il topolino è simbolo del buio dell’ignoranza, mentre Ganesha rappresenta il fulgore della Saggezza che dissipa le tenebre dell’ignoranza.

L’offerta “cotta a vapore”

Anche l’offerta di cibo che viene fatta a Ganesha ha grande significato, poiché viene preparata con farina di ceci e zucchero grezzo o con pepe e racchiusa in un involucro di pasta; viene poi cotta a vapore senza uso di olio. Si ritiene che questo sia un cibo salutare oltre che squisito, poiché si rifà ai canoni culinari del sistema ayurvedico. Anche i medici moderni riconoscono l’importanza dei cibi cotti a vapore, che raccomandano ai propri pazienti come dieta postoperatoria, poiché essa rende più facile la digestione. Per quanto riguarda lo zucchero grezzo, esso ha la proprietà di regolare la formazione di meteorismo, allevia i disturbi legati agli occhi e previene i disturbi gastrici.

Secondo l’antico sistema tradizionale di celebrazione delle festività, è sempre stata messa in grande risalto la buona salute, come requisito indispensabile per una mente sana e quindi meglio orientata verso il cammino della ricerca spirituale. Per raggiungere i quattro obiettivi della vita umana, cioè Rettitudine (Dharma), Prosperità (Artha), Desiderio (Kama) e Liberazione (Moksha), si dovrebbe possedere un corpo fondamentalmente sano. Se si vuole ottenere ricchezza con mezzi onesti e nutrire desideri che conducano alla liberazione, si deve essere in buona salute.

Vinayaka viene anche chiamato Vighneswara, poiché Egli rimuove tutti gli ostacoli che potrebbero intralciare l’azione dei devoti che Lo pregano con sincerità. Gli studenti, quando si recano ad adorarlo, portano con sé i propri libri, affinché tutte le nozioni contenutevi possano da loro essere ben assimilate.

Ogggiorno, la gente si preoccupa solo del denaro. Qualunque sia la cultura, il potere o la posizione sociale che si potrà ottenere, non si potrà essere veramente felici senza pace mentale, la quale si raggiunge con una devozione pura. Si può essere dotati di enorme forza fisica, si può seguire il sentiero della meditazione o della penitenza, ma tutto ciò non servirà a nulla se non si sarà raggiunta la consapevolezza di quanto è eterno, cioè la Verità, la Saggezza, l’Infinito, l’Assoluto.

Il simbolo dell’elefante

Il significato simbolico della testa di elefante, tipica di Ganesha, deve essere compreso appieno. L’elefante è dotato di profonda intelligenza. Ieri, per esempio, la Sai Gita (l’elefante di Baba) ha cominciato a correre quando ha sentito arrivare la macchina di Swami. Sebbene molte macchine fossero al seguito della macchina di Swami, la Gita è riuscita infallibilmente a riconoscere, dal rumore particolare, “quella” macchina. Questo è il motivo per cui si suole dire “intelligenza da elefante”; di una persona dotata di cervello acuto, si suole dire che possiede l’intelligenza di un elefante. L’elefante possiede il vigore datogli dall’intelligenza.

Esso ha, inoltre, grandi orecchie che gli permettono di sentire ogni minimo rumore. Ascoltare le Glorie del Signore è il primo passo da intraprendere nel sentiero della pratica spirituale e, per fare ciò, bisogna tenere le orecchie ben aperte. Dopo aver udito, è necessario riflettere su quanto si è appreso e poi metterlo in pratica. L’elefante accetta lode e biasimo in modo equanime. Quando ode qualcosa di brutto muove il corpo in qua e in là e si scrolla di dosso le cose indesiderate, mentre trattiene quelle buone.

Solo Vinayaka insegna le lezioni che sono fondamentali per l’umanità: non basta avere una statua da adorare ed offrirle cerimonie di culto per qualche giorno; bisogna invece cercare di diventare maestri di se stessi.

Esistono nove sistemi di devozione: ascoltare le Glorie del Signore; cantare la Sua Gloria; pensare al Signore e cantarne il nome; servirlo, mettendosi ai suoi Piedi di Loto; inchinarsi a Lui riverentemente; adorarlo; mettersi al Suo servizio come un servo fa con il proprio padrone; nutrire sentimenti di intima amicizia con il Signore; completo abbandono di sé a Lui.

L’elefante sta ad indicare l’unione del primo sistema di devozione con l’ultimo, cioè l’ascolto delle Glorie del Signore ed il completo abbandono a Lui, in modo che tutti gli altri sistemi devozionali intermedi vengano compresi.

Quando un uomo nasce, al collo non ha collane di perle e di pietre preziose, né altri possedimenti. Egli possiede solo la ghirlanda, datagli da Dio, delle sue azioni passate, belle o brutte che siano. Questa ghirlanda cinge il suo collo in modo invisibile. Se si saranno compiute buone azioni, se ne godranno i buoni risultati, se invece le azioni risulteranno negative, non si potrà sfuggire alle loro dolorose conseguenze.

Le lezioni del sacrificio

L’insegnamento di Vinayaka è incentrato sul sacrificio. Potrete non seguire quanto è contenuto nei Purana, ma non potrete non rilevare i principi fondamentali che, tali Scritture, hanno inteso comunicare all’umanità.

Quando Vinayaka si accingeva a scrivere il Mahabbarata che Gli sarebbe stato dettato dal saggio Vyasa, quest’ultimo pose come condizione che, durante la stesura dell’opera, Vinayaka non si sarebbe dovuto mai fermare, qualunque cosa Vyasa avesse detto. Anche Vinayaka, tuttavia, disse che avrebbe scritto, a patto che Vyasa non interrompesse la sua dettatura. Mentre Vinayaka era intento a scrivere, la Sua penna si ruppe ed Egli non esitò a rompere una delle proprie zanne per poterla usare come penna. Questo è il motivo per cui Egli viene chiamato Ekadanta, che significa “Colui che possiede una sola zanna”. Questo è un esempio illuminante relativo allo spirito di sacrificio che Vinayaka dimostrò per il bene dell’umanità. Ecco perché i Veda proclamano che, solo attraverso il sacrificio, si può ottenere l’immortalità.

Amore e sacrificio sono le due componenti della devozione verso Dio. Non esiste nulla più grande di questo. La conoscenza del Sé è fondamentale. Questo fu il principale insegnamento di Adi Shankara per tutta la sua vita, poiché egli predicò e mise in pratica l’insegnamento vedico: “Unico Spirito Supremo è presente in tutti gli esseri” ed anche “L’unica Verità viene, dal saggio, descritta in molti modi”.

Egli predicò anche che la Saggezza altro non è che “manifestazione evidente della non dualità”. Durante gli ultimi giorni della sua vita, tuttavia, Shankara comprese che la devozione è più grande della saggezza. Nella sua famosa opera Bhaja Govindam, Adi Shankara sottolinea che solo il sentiero della devozione potrà condurre l’uomo a liberarsi dal ciclo delle nascite e delle morti.

La grandezza della devozione

Non esiste strada migliore di quella della devozione. Devozione non significa celebrare rituali, intonare canti sacri, recarsi in pellegrinaggio in luoghi sacri, ecc. Essa significa rivolgersi a Dio con mente pura ed incontaminata. La gente non conosce il vero significato della parola Amore. Un amore che si nutre per gli altri esseri è solo temporaneo; solo l’amore per Dio è eterno. L’amore rivolto a Dio è devozione. Tutti gli altri tipi di amore possono essere definiti anuraga, poiché, essendo di tipo umano, portano alla schiavitù; l’amore verso Dio, invece, è l’unico che guida alla liberazione.

Ci si potrebbe chiedere se sia possibile, per ognuno, raggiungere la meta tramite l’amore per Dio.

Si può non raggiungerla subito, ma poco per volta, passo dopo passo. Aiutandosi con canti sacri ed altre forme di culto, si potrà avanzare verso la meta dell’emancipazione finale. Non ha senso dire che si cerca Dio; in realtà è il Signore che cerca il vero devoto. Questo è vero oggi come lo è stato nei tempi antichi.

Dio viene dimenticato dalla gente quando Lo si può ottenere facilmente. Ciò che è possibile avere in maniera molto semplice a casa, non sarà apprezzato tanto quanto ciò che si può ottenere fuori, sebbene a costo di sacrifici.

Nei tempi antichi, la gente che si recava in pellegrinaggio a Tirupathi soleva arrampicarsi sulla collina, cantando, passo dopo passo, il nome di Govinda. In questo modo, il pellegrinaggio veniva effettuato con devozione sincera, ripetendo il nome dei Sionore. Ai giorni nostri, invece, la gente va in autobus ed in macchina, chiaccherando in continuazione ed andando alla ricerca di occupazioni che nulla hanno di sacro.

La cerimonia di tonsura, in cui la gente si rade il capo a zero ed offre i propri capelli al Signore di Tirupathi, significa rinuncia all’ignoranza e all’indolenza, rappresentate dai capelli. I capelli delle persone di origine orientale, generalmente, sono neri. Rinunciare ai capelli significa voler abbandonare ignoranza e pigrizia (pessime tendenze che richiamano il nero, le tenebre – N.d.T.). Bisogna invece indirizzarsi verso qualità pure e luminose.

Tutti gli atti di culto contengono un significato spirituale. Oggigiorno, la gente non ne comprende la grande importanza e, non solo non offre i propri capelli, ma sciupa denaro e fa ritorno a casa senza essersi minimamente arricchita di saggezza. Potete avere immagini di culto e venerale, ma non dovete dimenticare l’intimo significato che ogni tipo di culto racchiude. Ogni attività esteriore serve unicamente ad aiutarvi ad entrare nello spirito della non dualità ed a farvi sperimentare l’unità nella diversità.

Amore e sacrificio sono molto importanti. Laddove esiste amore puro, incontaminato, altruistico, sacro e sublime, non esiste paura. Dare senza aspettarsi di ricevere è il principio fondamentale della pratica spirituale. Il vostro cuore è pieno d’amore, ma voi lo usate solo per scopi egoistici, impedendogli di indirizzarsi verso il Divino. L’amore risiede nel cuore, non nella testa: esso è colmo d’amore.

In questi giorni di festa, dovreste tutti ricordare che Dio è Uno e che tutte le religioni sostengono lo stesso principio del Dio unico ed onnipresente. Non dovete disprezzare alcuna religione, poiché tutte sono strade verso il Divino. Nutrendo amore nei confronti dei vostri simili, svilupperete il nobile Amore Divino. Questo è lo scopo della vita.

Swami ha concluso, il Suo Discorso intonando due bhajan: Prema Mudita e Bhajana Bina.

Prasanthi Nilayam, 09 settembre 1994

da: Mother Sai n. 1/95

25 marzo 1958 – Esaminare, sperimentare

25 marzo 1958 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Esaminare, sperimentare

[1] Sono venuto per confortare le vostre esistenze e non per raccontare la Mia vita. Per tale ragione non ho gradito che Ramanatha Reddy e Kasturi abbiano parlato di Me facendo riferimento ad alcuni episodi della Mia vita. Le vostre vite sono ben più importanti per Me, perché il Mio obiettivo è che possiate vivere più felicemente e con maggiore soddisfazione. Tutti gli esseri devono impegnarsi nel karma (azione, attività): è un obbligo universale, ineluttabile. Alcuni credono che solo le azioni, meritevoli o peccaminose, possano essere chiamate karma, ma il respirare stesso è karma. Ci sono dei karma i cui frutti non possono essere evitati! Esistono karma fisici, mentali e spirituali, e compierli per amore del Sé è dedizione. Si è parlato di Puttaparti e vi hanno consigliato di andarci per trarre ispirazione dai bhajan, i canti devozionali. Vi prego di non spendere questi soldi, poiché ovunque siate ed in qualsiasi momento invochiate il Mio nome, la vostra stanza diverrà Prashānti Nilayam ed il vostro villaggio diverrà Puttaparti. Io sono sempre pronto ad ascoltarvi e rispondervi. Vi voglio attivi e pienamente impegnati perché, se siete inattivi, il tempo graverà pesantemente sulle vostre mani. Non sprecate neanche un singolo istante dell’arco di vita assegnatovi, poiché il tempo è il corpo di Dio, infatti a Lui ci si riferisce come Kālasvarūpa (che prende forma nel tempo). È un crimine utilizzare male il tempo o sprecarlo nell’indolenza. Allo stesso modo non sprecate i vostri talenti, le capacità fisiche e mentali donatevi da Dio come patrimonio per adempiere il dovere della vita.

[2] Come la forza di gravitazione attrae tutto verso il basso, così la forza dell’indolenza vi trascinerà implacabilmente in giù; per questa ragione dovete essere sempre attivi e vigili. Come il vaso di rame deve essere lucidato affinché brilli, così la mente dell’uomo deve essere purificata mediante la disciplina spirituale, ovvero con attività quali la ripetizione del Nome divino e la meditazione. Persino un’azione naturale e automatica come il respirare può trasformarsi in un atto empio, se compiuta consapevolmente per ottenere un certo risultato. Un giorno un indù ed un suo amico inglese si trovavano sulle rive del fiume Godāvarī. L’indù disse di volersi bagnare nelle acque sacre del fiume, così pronunciò “Hari” – il nome di Dio, s’immerse, e ne uscì rinfrescato nella mente e nel corpo. Egli era molto felice di aver avuto la straordinaria opportunità di bagnarsi in quelle acque sacre. L’inglese invece rise e domandò all’amico come avesse potuto trarre tanta gioia nel tuffarsi in quell’acqua che è soltanto H2O, e aggiunse che la sua era tutta superstizione. L’indù allora gli rispose: “Lasciami pure la mia superstizione e tu tieni la tua.” Il cinico ottenne soltanto la pulizia del corpo, mentre il credente ottenne anche la purificazione della mente. Quando vi prostrate davanti agli anziani, anche la mente deve avere un atteggiamento di umiltà; non è solo il corpo che si deve inchinare. A Madras ci sono tanti assistenti sociali che visitano gli ospedali e rendono il loro servizio ai degenti. La maggior parte del lavoro che svolgono è meccanico: fanno aria ai pazienti, scrivono delle lettere per loro conto, cantano i bahjan, senza però prestare attenzione alle reali necessità dei pazienti. Molti s’impegnano in tali attività perché il servizio sociale è di moda. Questo lavoro, invece, deve essere svolto con piena partecipazione della mente, in modo gaio, intelligente e riverente. Il paziente non deve sentirsi infastidito dal nervosismo del volontario, anzi lo dovrebbe aspettare come un familiare che gli è caro. Se non vi piace questo tipo di lavoro, non fatelo; non gravate la vostra mente di qualche cosa che non vi aggrada. Un lavoro fatto meccanicamente è come una lampada ad olio priva di combustibile. L’olio è l’entusiasmo mentale: versatelo e vedrete che la fiamma sarà vivida ed arderà a lungo.

[3] Il karma si trasforma in yoga (unione con Dio) quando è svolto senza attaccamento. Un sannyāsi (asceta) non dovrebbe neanche ricordare quello che ha fatto, ma soprattutto non deve intraprendere un’azione aspettandosi dei frutti. Tale karma viene definito ‘azione compiuta senza desiderio per il risultato’ ed è il più nobile. Il karma migliore è quello svolto per senso di dovere, perché deve essere fatto e non perché sia vantaggioso farlo. Inoltre un sannyāsi non deve essere soggetto alla rabbia, all’ansia, all’invidia ed all’avidità, anche se la vostra esperienza vi dirà che oggi asceti di questo tipo sono molto rari. Non degnate neanche di uno sguardo un sannyāsi che tradisca a tal punto i suoi voti da ambire fama e notorietà o che si compiaccia di calunniare e competere. Non fatevi fuorviare da tali personaggi che potrebbero indurvi anche a non credere più alle sacre scritture ed ai Veda. Solo chi è fermamente convinto che questo mondo è un miraggio della mente è il vero Swami, tutti gli altri non sono che Rāmaswami o Krishnaswami, con il diritto di mettere tale qualifica solo alla fine del loro nome, non davanti.

[4] La Natura è un’entità molto antica. Anche il Jīvi, l’anima individuale, è molto antico poiché è ‘entrato’ ed ‘uscito’ molte volte. Ora però indossa una veste nuova, è moderno ed è venuto come il pellegrino che si reca in un luogo sacro per compiere i suoi giri attorno al tempio. Il Jīvi deve avere una guida che gli mostri i luoghi sacri e lo aiuti a terminare il pellegrinaggio. Ebbene, quella guida è il Signore stesso, ed i manuali d’istruzione sono i Veda, le Upanishad ed i sacri testi. L’essenza delle Scritture è contenuta in questa sola regola: ripetete il nome del Signore avendo sempre in mente la Sua Gloria. Il Signore è come il kalpataru, il divino albero che soddisfa i desideri e che dà tutto ciò che gli viene chiesto. Voi però dovete accostarvi all’albero e desiderare ciò che volete ottenere. L’ateo è colui che si tiene lontano dall’albero, mentre il credente è chi si avvicina: questa è la sola differenza. L’albero tuttavia non fa alcuna distinzione, elargisce i suoi doni a tutti. Il Signore non punisce, non si vendica se non lo riconoscete e non lo onorate. Egli non ha preferenze per un particolare tipo di culto né si compiace solo di quello. Se avete orecchio, potrete sentire l’OM che annuncia la presenza del Signore in ogni suono. Tutti i cinque elementi producono il suono OM. La campana del tempio ha la funzione di diffondere l’OM quale simbolo dell’onnipresenza di Dio. Quando la campana suona l’OM, la divinità che dimora in voi si risveglierà e voi diverrete consapevoli della Sua Presenza. Questo è il motivo per cui si suona la campana davanti all’altare.

[5] Guadagnatevi il diritto ad avvicinarvi a Dio senza paura per chiedergli la vostra eredità. Dovreste diventare tanto liberi da non pronunciare alcuna espressione di lode quando vi accostate al Signore. Le lodi sono un segno di distanza e di timore. Avrete certamente sentito la storia del saggio Kālidāsa. Egli disse che «Non appena l’io se ne va» – cioè non appena l’ego fosse scomparso, egli avrebbe raggiunto la liberazione e brillato del suo splendore originale, quale Brahman, l’indistruttibile Ātma o Sé. La «I» di ‘io’, quando è barrata diventa il simbolo della croce, quindi ciò che deve essere crocefisso è l’ego, ricordatelo. Allora la natura divina si manifesterà senza alcun ostacolo. I mezzi che distruggono l’ego più facilmente sono la devozione, il meditare sulla magnificenza del Signore ed il servizio reso agli altri in quanto figli di Dio. Potete invocare il Signore con qualsiasi nome, perché tutti i nomi sono Suoi, perciò scegliete il nome e la forma che più vi attraggono; i mille nomi del Signore sono stati composti per glorificare i vari aspetti di Dio, e voi avete la libertà di sceglierne uno. Il guru vi consiglierà il Nome e la Forma che più si addicono al vostro temperamento ed alle azioni meritorie del passato. Se però il guru volesse costringervi ad adottare un certo tipo di disciplina proclamando che quello è un suo ordine, ditegli che quello che conta è la vostra soddisfazione e non la sua; infatti dovete praticare la disciplina spirituale in un’atmosfera di gioia e di contentezza.

[6] Il discepolo ha il diritto di crescere in base alle sue attitudini ed inclinazioni mentali, ed il guru non deve forzarlo a svilupparsi nella direzione da lui prescelta. Oggi l’antica relazione fra guru e discepolo si è capovolta: ricchi ed influenti discepoli dominano il guru dettandogli il comportamento da seguire. I guru dal canto loro, avidi di accumulare ricchezza e fama, si abbassano ad agire secondo i dettami dei discepoli, degradando così il loro stato. Perciò prima di accettare un guru, esaminatelo, controllate le sue credenziali, verificatene gli ideali e le pratiche. Anche nel Mio caso, non lasciatevi attirare solo dalle storie di quello che creo con un semplice movimento della mano. Non saltate a conclusioni affrettate ad occhi chiusi: osservate, studiate e ponderate. Non abbandonatevi a nessuno finché non avvertirete la soddisfazione interiore di essere sulla via giusta. Soprattutto non parlate male dei grandi uomini e dei saggi, perché è un segno d’egoismo grossolano e di impertinenza puerile che nasce dalla presunzione stessa. Il Mio consiglio per voi oggi è questo: così come vi preoccupate delle necessità del corpo, nutrendolo tre volte al giorno per mantenerlo in buone condizioni, allo stesso modo spendete regolarmente ogni giorno un po’ del vostro tempo per mantenere in buona forma anche la vostra coscienza interiore. Impegnatevi nella preghiera e nella meditazione un’ora al mattino, un’ora alla sera ed una ai primi chiarori dell’alba durante il Brahma-muhūrta. Progredendo nella vostra pratica scoprirete che una grande pace discenderà su voi e grandi risorse di energia nuova scaturiranno dall’interno di voi stessi. Dopo un po’ di tempo la vostra mente contemplerà il divino Nome ovunque siate e qualunque cosa facciate: allora la pace e la gioia diventeranno le vostre inseparabili compagne.

Gokhale Hall, Madras, 25.03.1958

da DISCORSI 1953 – 1960 (Sathya Sai Speaks-Vol.I) ed.Mother Sai Publications

25 marzo 1958 – Esaminare, sperimentare

25 marzo 1958 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Esaminare, sperimentare

[1] Sono venuto per confortare le vostre esistenze e non per raccontare la Mia vita. Per tale ragione non ho gradito che Ramanatha Reddy e Kasturi abbiano parlato di Me facendo riferimento ad alcuni episodi della Mia vita. Le vostre vite sono ben più importanti per Me, perché il Mio obiettivo è che possiate vivere più felicemente e con maggiore soddisfazione. Tutti gli esseri devono impegnarsi nel karma (azione, attività): è un obbligo universale, ineluttabile. Alcuni credono che solo le azioni, meritevoli o peccaminose, possano essere chiamate karma, ma il respirare stesso è karma. Ci sono dei karma i cui frutti non possono essere evitati! Esistono karma fisici, mentali e spirituali, e compierli per amore del Sé è dedizione. Si è parlato di Puttaparti e vi hanno consigliato di andarci per trarre ispirazione dai bhajan, i canti devozionali. Vi prego di non spendere questi soldi, poiché ovunque siate ed in qualsiasi momento invochiate il Mio nome, la vostra stanza diverrà Prashānti Nilayam ed il vostro villaggio diverrà Puttaparti. Io sono sempre pronto ad ascoltarvi e rispondervi. Vi voglio attivi e pienamente impegnati perché, se siete inattivi, il tempo graverà pesantemente sulle vostre mani. Non sprecate neanche un singolo istante dell’arco di vita assegnatovi, poiché il tempo è il corpo di Dio, infatti a Lui ci si riferisce come Kālasvarūpa (che prende forma nel tempo). È un crimine utilizzare male il tempo o sprecarlo nell’indolenza. Allo stesso modo non sprecate i vostri talenti, le capacità fisiche e mentali donatevi da Dio come patrimonio per adempiere il dovere della vita.

[2] Come la forza di gravitazione attrae tutto verso il basso, così la forza dell’indolenza vi trascinerà implacabilmente in giù; per questa ragione dovete essere sempre attivi e vigili. Come il vaso di rame deve essere lucidato affinché brilli, così la mente dell’uomo deve essere purificata mediante la disciplina spirituale, ovvero con attività quali la ripetizione del Nome divino e la meditazione. Persino un’azione naturale e automatica come il respirare può trasformarsi in un atto empio, se compiuta consapevolmente per ottenere un certo risultato. Un giorno un indù ed un suo amico inglese si trovavano sulle rive del fiume Godāvarī. L’indù disse di volersi bagnare nelle acque sacre del fiume, così pronunciò “Hari” – il nome di Dio, s’immerse, e ne uscì rinfrescato nella mente e nel corpo. Egli era molto felice di aver avuto la straordinaria opportunità di bagnarsi in quelle acque sacre. L’inglese invece rise e domandò all’amico come avesse potuto trarre tanta gioia nel tuffarsi in quell’acqua che è soltanto H2O, e aggiunse che la sua era tutta superstizione. L’indù allora gli rispose: “Lasciami pure la mia superstizione e tu tieni la tua.” Il cinico ottenne soltanto la pulizia del corpo, mentre il credente ottenne anche la purificazione della mente. Quando vi prostrate davanti agli anziani, anche la mente deve avere un atteggiamento di umiltà; non è solo il corpo che si deve inchinare. A Madras ci sono tanti assistenti sociali che visitano gli ospedali e rendono il loro servizio ai degenti. La maggior parte del lavoro che svolgono è meccanico: fanno aria ai pazienti, scrivono delle lettere per loro conto, cantano i bahjan, senza però prestare attenzione alle reali necessità dei pazienti. Molti s’impegnano in tali attività perché il servizio sociale è di moda. Questo lavoro, invece, deve essere svolto con piena partecipazione della mente, in modo gaio, intelligente e riverente. Il paziente non deve sentirsi infastidito dal nervosismo del volontario, anzi lo dovrebbe aspettare come un familiare che gli è caro. Se non vi piace questo tipo di lavoro, non fatelo; non gravate la vostra mente di qualche cosa che non vi aggrada. Un lavoro fatto meccanicamente è come una lampada ad olio priva di combustibile. L’olio è l’entusiasmo mentale: versatelo e vedrete che la fiamma sarà vivida ed arderà a lungo.

[3] Il karma si trasforma in yoga (unione con Dio) quando è svolto senza attaccamento. Un sannyāsi (asceta) non dovrebbe neanche ricordare quello che ha fatto, ma soprattutto non deve intraprendere un’azione aspettandosi dei frutti. Tale karma viene definito ‘azione compiuta senza desiderio per il risultato’ ed è il più nobile. Il karma migliore è quello svolto per senso di dovere, perché deve essere fatto e non perché sia vantaggioso farlo. Inoltre un sannyāsi non deve essere soggetto alla rabbia, all’ansia, all’invidia ed all’avidità, anche se la vostra esperienza vi dirà che oggi asceti di questo tipo sono molto rari. Non degnate neanche di uno sguardo un sannyāsi che tradisca a tal punto i suoi voti da ambire fama e notorietà o che si compiaccia di calunniare e competere. Non fatevi fuorviare da tali personaggi che potrebbero indurvi anche a non credere più alle sacre scritture ed ai Veda. Solo chi è fermamente convinto che questo mondo è un miraggio della mente è il vero Swami, tutti gli altri non sono che Rāmaswami o Krishnaswami, con il diritto di mettere tale qualifica solo alla fine del loro nome, non davanti.

[4] La Natura è un’entità molto antica. Anche il Jīvi, l’anima individuale, è molto antico poiché è ‘entrato’ ed ‘uscito’ molte volte. Ora però indossa una veste nuova, è moderno ed è venuto come il pellegrino che si reca in un luogo sacro per compiere i suoi giri attorno al tempio. Il Jīvi deve avere una guida che gli mostri i luoghi sacri e lo aiuti a terminare il pellegrinaggio. Ebbene, quella guida è il Signore stesso, ed i manuali d’istruzione sono i Veda, le Upanishad ed i sacri testi. L’essenza delle Scritture è contenuta in questa sola regola: ripetete il nome del Signore avendo sempre in mente la Sua Gloria. Il Signore è come il kalpataru, il divino albero che soddisfa i desideri e che dà tutto ciò che gli viene chiesto. Voi però dovete accostarvi all’albero e desiderare ciò che volete ottenere. L’ateo è colui che si tiene lontano dall’albero, mentre il credente è chi si avvicina: questa è la sola differenza. L’albero tuttavia non fa alcuna distinzione, elargisce i suoi doni a tutti. Il Signore non punisce, non si vendica se non lo riconoscete e non lo onorate. Egli non ha preferenze per un particolare tipo di culto né si compiace solo di quello. Se avete orecchio, potrete sentire l’OM che annuncia la presenza del Signore in ogni suono. Tutti i cinque elementi producono il suono OM. La campana del tempio ha la funzione di diffondere l’OM quale simbolo dell’onnipresenza di Dio. Quando la campana suona l’OM, la divinità che dimora in voi si risveglierà e voi diverrete consapevoli della Sua Presenza. Questo è il motivo per cui si suona la campana davanti all’altare.

[5] Guadagnatevi il diritto ad avvicinarvi a Dio senza paura per chiedergli la vostra eredità. Dovreste diventare tanto liberi da non pronunciare alcuna espressione di lode quando vi accostate al Signore. Le lodi sono un segno di distanza e di timore. Avrete certamente sentito la storia del saggio Kālidāsa. Egli disse che «Non appena l’io se ne va» – cioè non appena l’ego fosse scomparso, egli avrebbe raggiunto la liberazione e brillato del suo splendore originale, quale Brahman, l’indistruttibile Ātma o Sé. La «I» di ‘io’, quando è barrata diventa il simbolo della croce, quindi ciò che deve essere crocefisso è l’ego, ricordatelo. Allora la natura divina si manifesterà senza alcun ostacolo. I mezzi che distruggono l’ego più facilmente sono la devozione, il meditare sulla magnificenza del Signore ed il servizio reso agli altri in quanto figli di Dio. Potete invocare il Signore con qualsiasi nome, perché tutti i nomi sono Suoi, perciò scegliete il nome e la forma che più vi attraggono; i mille nomi del Signore sono stati composti per glorificare i vari aspetti di Dio, e voi avete la libertà di sceglierne uno. Il guru vi consiglierà il Nome e la Forma che più si addicono al vostro temperamento ed alle azioni meritorie del passato. Se però il guru volesse costringervi ad adottare un certo tipo di disciplina proclamando che quello è un suo ordine, ditegli che quello che conta è la vostra soddisfazione e non la sua; infatti dovete praticare la disciplina spirituale in un’atmosfera di gioia e di contentezza.

[6] Il discepolo ha il diritto di crescere in base alle sue attitudini ed inclinazioni mentali, ed il guru non deve forzarlo a svilupparsi nella direzione da lui prescelta. Oggi l’antica relazione fra guru e discepolo si è capovolta: ricchi ed influenti discepoli dominano il guru dettandogli il comportamento da seguire. I guru dal canto loro, avidi di accumulare ricchezza e fama, si abbassano ad agire secondo i dettami dei discepoli, degradando così il loro stato. Perciò prima di accettare un guru, esaminatelo, controllate le sue credenziali, verificatene gli ideali e le pratiche. Anche nel Mio caso, non lasciatevi attirare solo dalle storie di quello che creo con un semplice movimento della mano. Non saltate a conclusioni affrettate ad occhi chiusi: osservate, studiate e ponderate. Non abbandonatevi a nessuno finché non avvertirete la soddisfazione interiore di essere sulla via giusta. Soprattutto non parlate male dei grandi uomini e dei saggi, perché è un segno d’egoismo grossolano e di impertinenza puerile che nasce dalla presunzione stessa. Il Mio consiglio per voi oggi è questo: così come vi preoccupate delle necessità del corpo, nutrendolo tre volte al giorno per mantenerlo in buone condizioni, allo stesso modo spendete regolarmente ogni giorno un po’ del vostro tempo per mantenere in buona forma anche la vostra coscienza interiore. Impegnatevi nella preghiera e nella meditazione un’ora al mattino, un’ora alla sera ed una ai primi chiarori dell’alba durante il Brahma-muhūrta. Progredendo nella vostra pratica scoprirete che una grande pace discenderà su voi e grandi risorse di energia nuova scaturiranno dall’interno di voi stessi. Dopo un po’ di tempo la vostra mente contemplerà il divino Nome ovunque siate e qualunque cosa facciate: allora la pace e la gioia diventeranno le vostre inseparabili compagne.

Gokhale Hall, Madras, 25.03.1958

da DISCORSI 1953 – 1960 (Sathya Sai Speaks-Vol.I) ed.Mother Sai Publications