27 Giugno 1981
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Felice comunità umana
[1] I giovani di questa terra sono i costruttori dell’India di domani, e le sorti di questa terra, buone o cattive, dipendono da loro; il suo progresso è basato sulle loro capacità, sul loro carattere, sul loro de-siderio d’imparare e di servire. Essi possono anche causare, con la loro condotta e con il loro carattere, la disgregazione, il declino e l’indebolimento della sua cultura e della sua fama. La povertà e la sofferenza che affliggono il Paese attualmente sono la conseguenza del fatto che i giovani hanno ignorato i loro doveri. L’India, che per secoli è stata la terra ideale per molti popoli appar-tenenti a fedi diverse, oggi lotta per procurare un boccone di cibo ai propri figli! Come si è potuta verificare una tale tragedia? La causa è che le attitudini, i desideri e le azioni dei giovani sono divenute empie, impure e contaminate da motivazioni egoistiche e avide. Es-si non perseguono quell’educazione che sappia inculcare e svilup-pare qualità utili all’umanità, come la tolleranza, l’umiltà e lo spirito di sacrificio. [2] Come fanno i ladri a rubare i fiori e i frutti da un giardino? Semplice: esso non è recintato e non c’è il guardiano. Nel giardino del cuore dei giovani, fresco, fragrante e verde, fioriscono e fruttifi-cano emozioni, impulsi, sentimenti e desideri sacri, ma prima che questi possano maturare e dare frutti ottenuti con la determinazio-ne, i ladri delle cattive abitudini e dei vizi invadono il loro cuore e travolgono i giovani. Pertanto, il primo requisito è erigere la cinta della disciplina, nonché coltivare e praticare le virtù nel giardino del proprio cuore. Tutto quello che ha una forma e un nome definiti e distinti, ha an-che una causa, un creatore, un fattore. Tutte le azioni presuppongo-no un agente. Tra gli uomini vi sono sia gli ottimisti sia i pessimisti, chi è pieno di speranza e chi è depresso. I primi tengono sempre gli occhi puntati sui valori più elevati, mentre i secondi scivolano nello scoraggiamento e nella disperazione. Di notte, gli ottimisti volgono lo sguardo in alto, verso la luce delle stelle, mentre i pessimisti guardano a terra e si lamentano dell’oscu-rità che li circonda; i primi traggono fiducia e coraggio dal luccichio della miriade di luci nel cielo. In un cespuglio di rose gli ottimisti vedono solo il fiore, mentre i pessimisti non scorgono che le spine e, a causa della loro paura di pungersi maneggiano la bella rosa in modo maldestro facendo così cadere i petali a terra.Vedendo un bicchiere d’acqua riempito a metà, l’ottimista è conten-to perché lo vede mezzo pieno, il pessimista è triste perché lo vede mezzo vuoto. Benché entrambe le affermazioni siano corrette, il primo spera di riempire anche l’altra metà, mentre il secondo si la-scia prendere dalla disperazione; il primo è sostenuto dalla fede, il secondo no. Dovete, quindi, sviluppare la fede attraverso uno sfor-zo costante. La fede deve indurvi a impegnarvi; essa è essenziale per il progres-so umano in ogni campo. La conoscenza e la saggezza che ne deriva possono essere conseguite soltanto con la fede e lo sforzo; quando è dotato di queste qualità, l’uomo è in grado di elevarsi alle più su-blimi altezze e uscirne vittorioso. Certamente, non si deve coltivare una fede eccessiva nelle cose materiali ma si deve avere una pro-fonda fede nella Verità eternamente valida: Dio. La fede è potere, senza fede è impossibile vivere. Voi avete fede che il domani segua l’oggi, ed è questa certezza che vi permette di fare progetti e intra-prendere attività che si proiettano oltre l’oggi. Chi non crede non può fare progetti e va incontro all’infelicità proprio per la mancanza di fede. [3] Un uomo ricco che viveva in Sud Africa udì un giorno una voce divina che gli prometteva una miniera d’oro se solo avesse scavato in un certo luogo. L’uomo si mise a scavare e raggiunse la profondi-tà di settanta metri, ma non incontrò alcuna vena del prezioso me-tallo. La sua fede vacillò, dubitò dell’autenticità della voce e comin-ciò a raccontare che era stato ingannato. Un altro uomo facoltoso, udita la sua storia, sviluppò un’intensa fede in quello che credeva fosse un ordine di Dio. Prese quindi a scavare nella medesima zona, e appena un metro sotto la superficie, portò alla luce una miniera d’oro che divenne la più ricca e famosa del Paese. Durante la Seconda Guerra Mondiale, un battello a vapore che tra-sportava dei soldati indiani dell’esercito britannico fu bombardato dai giapponesi e affondò. Molti persero la vita; solo cinque uomini riuscirono a trovare un’imbarcazione di salvataggio e si misero a remare sperando di sopravvivere, nonostante le onde minacciose dell’oceano. Per molte ore furono sballottati di qua e di là, finché uno di essi cedette alla disperazione e gridò: “Il mare mi inghiottirà, diventerò cibo per gli squali!” – e in preda al panico cadde in mare. Un altro soldato compianse la sua famiglia mormorando: “Temo che soffriranno molto. Muoio senza poter sistemare il loro futuro.” Quindi perse la fiducia di poter sopravvivere, e spirò. Il terzo solda
to disse: “Ahimè, la polizza d’assicurazione ce l’ho io; ora che muoio, come farà mia moglie a farsi liquidare?” E così morì. Gli al-tri due naufraghi invece rafforzarono reciprocamente la loro fede in Dio, dicendo: ”Per quanto disperata sia la situazione, rimarremo at-taccati alla vita e dimostreremo che Dio ci ha creati per uno scopo specifico; non dobbiamo cedere alla paura né perdere la fede nella compassione e nel potere di Dio.” A un certo punto, si trovarono costretti ad abbandonare la barca che faceva acqua, e a nuotare verso la riva. Poco dopo un elicottero, in-viato da una nave costiera che aveva ricevuto il messaggio d’aiuto dalla vaporiera affondata, li avvistò e li portò in salvo. Quando fu-rono sulla terra ferma dissero: “Ci sono solo cinque minuti tra la vittoria e la sconfitta.” I due uomini che scavarono in cerca dell’oro, poterono ben dire: “C’è solo un metro di terra tra la vittoria e la sconfitta.” La fede ha ottenuto il successo, la mancanza di fede ha causato il fallimento e la morte. La fede è il respiro stesso della vita. [4] Tutti gli esseri sono l’effetto di una causa e sono stati creati per un determinato fine. L’essere umano è stato creato per uno scopo che deve adempire. I giovani devono credere fermamente in questo principio di causa-effetto. Ad esempio, questo vassoio d’argento ha uno scopo e inizialmente non esisteva come vassoio ma solo come argento. Così, anche il va-so si trova già nel blocco d’argilla come causa, nonostante non sia ancora manifesto attraverso le mani del vasaio come effetto. La cau-sa e l’effetto sono intrecciati in modo impercettibile tra loro. L’ar-gento è la causa e il vassoio è l’effetto, l’argilla è la causa e il vaso è l’effetto. Analogamente, Dio è la Causa e l’umanità l’effetto. L’effetto rivela la causa. Il vaso è l’effetto dell’argilla. Perché un va-so non potrebbe essere l’effetto dell’acqua o della sabbia? Quando la causa, cioè l’argilla, assume la forma dell’effetto, cioè del vaso, manifesta sé stessa nell’effetto. La natura innata (dharma) della causa si paleserà nell’effetto. Dharma significa ‘vestito’, ciò che è indossato: ebbene, l’effetto porta lo stesso ‘vestito’, le medesime caratteristiche della causa. Il sale è salato; se perde la sua salinità non è più sale; il fuoco deve bruciare, altrimenti non è più fuoco ma solamente carbone e non brace ardente. I peperoncini devono essere piccanti, e se non aves-sero quella peculiarità non sarebbero tali. Ogni cosa ha una qualità specifica per la quale esiste. Anche l’uomo ha una caratteristica uni-ca e particolare che lo distingue dagli altri esseri, ovvero la capacità e la disponibilità alla rinuncia e al sacrificio (tyāga); egli è dotato di questo attributo per adempiere un nobile proposito. [5] Qual è esattamente quello scopo? I Veda lo stabiliscono in modo chiaro: “Solo attraverso la rinuncia si può conseguire l’immortali-tà.” La vera natura degli uomini non è la morte, bensì l’immortalità, e perciò essi sono il coronamento degli esseri creati. L’individuo, tuttavia, ha dimenticato questa preziosa qualità e vive schiavo del-l’egoismo. Quando l’uomo si attacca all’ego perde l’accesso ai livelli di coscienza superiori e, a causa di questa caduta, smarrisce il con-tatto con la Realtà, lasciandosi confondere da un turbinio di conclu-sioni contraddittorie. Questo disastro ha come risultato la confusio-ne e l’agitazione mentale (aśānti). Gli studenti devono fare ogni sforzo per conoscere la Realtà, en-trando coraggiosamente nel Regno dello Spirito, come fece Śvetake-tu1 la cui storia è contenuta nelle upaniṣad.
Śvetaketu voleva conoscere la Causa Prima, la Realtà, che non ha nascita né è soggetta alla morte, non ha principio né fine. L’ipotesi che l’origine della vita fosse il cibo fu esclusa, e suo padre lo con-dusse da una supposizione all’altra che egli man mano considerava come Verità ultima. Śvetaketu si convinse che la Causa Prima non poteva essere né l’acqua né il fuoco, e neppure l’aria o l’etere (ākāśa2), ma solo Dio. L’Uno Divino rimane Uno, benché sia cono-sciuto attraverso molteplici forme; Egli può assumere qualunque forma e diventare i molti. ekohaṁ bahusyāmSono uno, siano i molti. (Chāndogya śruti 6.2.1-3)Pertanto, nell’universo tutti gli esseri animati e le cose inanimate hanno Dio come Causa. Gli scienziati che non hanno acquisito la conoscenza della totalità sono affetti da mancanza di fede nella Vo-lontà Divina. Abbandonate quindi tale complesso debilitante e av-venturatevi con coraggio lungo il sentiero della ricerca e della sco-perta: quello è lo scopo della religione, com’è sottolineato dalla cul-tura indiana. Non vi sono manchevolezze negli obiettivi stabiliti dalla cultura in-diana, ma l’errore risiede piuttosto nella mente di chi vuole giudica-re. Ripulite la mente dai desideri materiali e sensuali e scoprirete che gli insegnamenti di tutte le religioni sono validi e soddisfacenti. I desideri malvagi derubano l’uomo della pace; i teneri cuori degli studenti devono essere difesi dall’ipocrisia, dalla presunzione e dalla vanagloria.
[6] Karṇa3, il grande eroe del poema epico Mahābhārata4, aveva come genitore il Dio-Sole stesso e godeva della più ampia benedi-zione divina. Di conseguenza, possedeva dei poteri enormi e nes-suno in battaglia sarebbe riuscito a vincerlo. Tuttavia a volte capita che, a causa dell’innata ostinazione e malvagità dell’uomo oppure per via della sua bontà e purezza, le benedizioni si trasformino in maledizioni e le maledizioni in benedizioni. A questo proposito, la vita di Karṇa ci offre una grande lezione. Egli avvicinò Paraśurāma5 per imparare il tiro con l’arco da quel Saggio divino; inoltre, a conclusione del suo tirocinio, desiderava ottenere da lui delle armi soprannaturali quali il brahmāstra, il missile di Brahmā. Il saggio Paraśurāma, però, aveva fatto voto di distruggere l’intera casta dei guerrieri (kṣatriya), poiché avevano assassinato fe-rocemente suo padre, Jamadagni, e per tale ragione non accettava discepoli appartenenti a quella casta. Così Karṇa, per evitare questo ostacolo, decise di presentarsi come bramino, appartenente alla medesima casta di Paraśurāma. Il saggio lo accolse quale ragazzo bramino e lo istruì nel tiro con l’arco, insegnandogli anche l’uso dell’arma brahmāstra. Alla fine, però, Paraśurāma venne a sapere che Karṇa era uno kṣatriya, e andò in collera. Disse all’allievo: “Poi-ché hai appreso da me l’arte del tiro con l’arco ricorrendo a una fal-sità, ti maledico in modo che tu non possa usare mai con successo l’arma brahmāstra.” Quando avvicinate un precettore non dovreste mai ingannarlo. Fate che in voi non vi sia traccia di ego, non vantatevi, non esagerate e non ostentate il vostro sapere, benessere o la vostra prestanza fisica. Siate suoi discepoli e imparate da lui in modo disciplinato e umile. Poiché Karṇa era arrogante e scaltro, dovette subire la sconfitta per mano dei fratelli Pāṇḍava. [7] Ecco un altro insegnamento per voi: quando siete consapevoli della verità, e sapete qual è la retta azione (dharma) da compiere in quel particolare momento, non potrete ingannare voi stessi. Ricorre-te alla verità in tutti i momenti difficili e critici della vostra vita, se-guite il sentiero tracciato dal dharma, la legge morale, e non lasciate-vi sviare dalla falsità o dalla malvagità, dalla paura o dai vantaggi. Bhīṣma6 ottenne una grande fama per aver fatto il voto di rinuncia-re sia alla vita coniugale sia al trono al quale aveva diritto. Fu il pre-cettore dei Pāṇḍava e dei Kaurava oltre a essere un grande guerrie-ro, un intrepido combattente, una guida infallibile e un profondo conoscitore di tutte le complessità intrinseche alla legge del dharma.
Tuttavia egli fallì nel consigliare Duryodhana7 e Dussāsana8 in un momento cruciale, quando trascinarono la Regina Draupadī per i capelli e la oltraggiarono nella sala del trono, davanti a lui e a tutta la corte! Di quale aiuto gli fu, in quella circostanza, la sua padro-nanza dei codici morali? La Verità e la Rettitudine vanno assieme, sono le due facce della stessa medaglia. satyānnāsti paro dharmaḥ non c’è dharma superiore alla Verità. Infatti, il dharma, la rettitudine, si costruisce sulle fondamenta della Verità. Poiché Bhīṣma, Droṇa9 e altri non furono all’altezza della si-tuazione e non fermarono la malvagità ingiustificata dei loro ‘pupil-li’, si coprirono d’infamia. Quale fu la ragione del loro non-inter-vento? Soltanto la considerazione di sé e la pura conservazione di sé: essi erano dominati dall’idea di dover mostrare gratitudine; es-sendo consapevoli di aver accettato il cibo provvisto da Duryodha-na, avevano dato maggior importanza al loro corpo perituro e ai
suoi bisogni, ma avevano ignorato i valori eterni della Verità e del dharma. [8] Oggi vi è un grande bisogno di proclamare e sostenere con ogni possibile mezzo il potere della Verità e del dharma, la loro santità e la loro straordinaria importanza nella vita, e questo va asserito sia con le parole sia con i fatti. I giovani devono dimostrarne il valore e la validità attenendosi alla Verità e al dharma in ogni circostanza, perché Dio è Colui che ispira questi due valori, e il bisogno interiore di sostenerli è dovuto all’impulso Divino in voi. Studenti! Le nozioni e le capacità fisiche e intellettuali che appren-derete vi saranno di una certa utilità nei rapporti con il mondo ma-teriale. La conoscenza scientifica può essere ampliata sia attraverso la manipolazione della materia, sia mediante la comprensione del mondo e dei suoi cambiamenti. Gli scienziati sono in grado di de-scrivere la composizione della materia e il suo comportamento, ma non riescono a indagare sul perché e sui motivi delle cose. Il vero scopo dell’educazione è aiutare gli studenti a scoprire la Divinità che alberga in tutti gli esseri. Il Santo Vemana10 proclamava: “Studiosi! Voi studiate, studiate, studiate!Ma gli stolti non sanno chi sono!Pur studiando, studiando, l’erudito non si è liberato dai vizi né è diventato saggio. Perché, allora, studiare cose mediocri e periture? Studiate solo ciò che è immortale.”
[9] La materia di studio che più dovete desiderare è il segreto del-l’Anima, che è immortale. Non accontentatevi di un’educazione che vi aiuti a sbarcare il lunario durante la vostra permanenza sulla Ter-ra. Persino gli animali e gli uccelli riescono in qualche modo a provvedere a sé stessi. Voi siete venuti al mondo come esseri umani per manifestare pienamente le speciali doti umane dell’intelligenza e dell’intuizione. Questo è l’ideale che Praśānti Nilayam cerca di realizzare attraverso le scuole, gli istituti superiori e le università. Non dovete limitarvi allo studio dei libri ma dovete espandere l’amore latente nel vostro cuore e tradurlo in servizio al prossimo. Il servizio reso alla società è il culto e l’adorazione che offrite al Signo-re. Non vivete vite sterili concentrandovi solo sul vostro avanza-mento, ma vivete per gli altri, per favorire il benessere della società, per il progresso e la prosperità del Paese. Voi conoscete le condizioni di questa nazione che sono serie e preoccupanti. Ovunque volgiate lo sguardo, vedete persone ansiose e agitate e sapete che non c’è pace né sicurezza per loro. Pertanto la vostra responsabilità è enorme perché dovete sollevare l’India dal pantano della povertà, dell’odio, dell’ignoranza e della violenza. Con l’esempio della vostra vita, dovete ristabilire tra la gente la fi-ducia nei valori più elevati. Non ignorate i grandi insegnamenti ra-dicati nell’Eterna Legge Divina (sanāthana dharma), che hanno so-stenuto innumerevoli generazioni di questa Terra per molti secoli. “Possano tutti i mondi essere felici”. Questo è il traguardo del-l’Eterna Legge Divina. Accogliete nel vostro amore tutti gli uomini, senza distinzione di razza, di religione, di colore o di classe. Custo-dite nel cuore il ritratto di una comunità umana felice, unita e piena d’amore, e ciò vi darà il coraggio sufficiente per adempire alla vostra missione.
[10] Studenti! Avete davanti a voi solo due vie: quella della libertà individuale e quella del servizio sociale. Se sceglierete la prima, do-vete stare attenti a non cadere nell’egotismo. Gli studenti devono sviluppare un modo di vita semplice e nutrire pensieri sublimi, senza però perdersi su mucchi di libri né sprecare tempo in ricerche sterili: la mente non farà che confondere, disorientare e indebolire la ragione. Usate soltanto l’energia richiesta dalla situazione e dal bisogno del momento. Prendete l’esempio dalla lampadina elettrica: in salotto dovrà essere di un certo voltaggio, mentre la camera da letto ne ri-chiede meno. Se mettete luci potenti in tutte le stanze per il sempli-ce motivo che l’energia elettrica è disponibile, sprecherete un ele-mento prezioso e pagherete delle bollette salate. Anche l’energia va salvaguardata; fate molta attenzione al tempo, al luogo e allo scopo affinché la vostra azione risulti corretta. Voi siete preda delle maniere e dei costumi occidentali che non sono in armonia con la cultura dell’India. La vita sociale e le abitudini dell’Occidente sono adatte solamente alle condizioni di quei Paesi, e voi non potete adottarle senza danneggiare le vostre. Dunque, adottate solo quei comportamenti che sono in sintonia con le vostre caratteristiche culturali e abbandonate quelli che non hanno alcun rapporto con i vostri ideali e obiettivi. L’uomo ha in sé vaste risorse di potere, e quando non le utilizza per compiere i propri doveri verso sé stesso e verso la società che lo so-stiene, diventa solo un bersaglio di derisione. Quando vi trovate al-la stazione ferroviaria ad aspettare il treno e venite a sapere che è in ritardo di cinque ore, come reagite? Lanciate degli insulti contro il treno. Allora voi meritereste un trattamento ben peggiore per non aver compiuto il vostro dovere e per avere deluso le aspettative del-la società che avete fatto sorgere per il solo fatto di essere umani!
Utilizzate quindi le vostre capacità e la vostra istruzione efficace-mente e in modo conforme a quanto richiede il vostro lavoro. Un orologio non utilizzato arrugginisce; cosa dire, allora, delle capacità non sfruttate? Il corpo deve essere esercitato per rimanere in buone condizioni come strumento per servire i vostri simili. Esso non vi è stato dato da Dio solo per nutrirlo, vestirlo bene e sfoggiarlo con orgoglio. Immergetevi nei problemi della società, addossatevi le responsabili-tà familiari e fate progredire gli interessi del vostro Paese. Brillate quali esempi di servizio amorevole: questo è l’ideale degli istituti Sai. Mettete da parte ogni egoismo, estirpate la radice del-l’orgoglio, distruggete la gramigna dell’invidia e coltivate la Con-sapevolezza Divina. Ciò vi renderà veri studenti di questi istituti.
Praśānti Nilayam, 27.06.1981