25 Dicembre 1982
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Tutti sono figli di Dio
Quello che i Musulmani venerano come Allah, che gli Ebrei adorano come Geova,che i devoti di Viṣṇu onorano come il Signore dagli occhi di loto, che i seguaci di Śiva lodano come śambu1, in qualunque forma Lo si adori, Egli risponderà solerte, conferirà la grazia della fortuna e della fama, ed elargirà gioia e felicità. Egli è l’Uno, il Sé Supremo, il paramātma.
[1] Incarnazioni dell’Amore! La natura conferisce sia il caldo sia il freddo, sia la felicità sia la sofferenza. In una certa stagione, il fred-do è benvenuto perché è fonte di benessere; in un’altra stagione, in-vece, il caldo è accolto con piacere. Entrambi sono quindi portatori di benefici, perciò sia il caldo sia il freddo devono essere ben accolti perché contribuiscono al benessere dell’uomo. Infatti, il tempo, lo spazio e le circostanze determinano il loro utilizzo e la loro validità.
L’attitudine di accettare un fatto ineluttabile è elogiata ed è definita dalla Bhagavad Gītā ‘samatvaṁ’: serenità o equanimità. La Gītā dichiara: yogasthaḥ kuru karmāṇi saṅgaṁ tyaktvā dhanaṁjaya |siddhyasiddhyoḥ samo bhūtvā samatvaṁ yoga ucyate || 2.48 ||Oh Dhanaṁjaya! Abbandonando l’attaccamento e fermamente sta-bilito nello yoga, compi le tue azioni, rimanendo equanime nel suc-cesso e nel fallimento. Questa equanimità è chiamata yoga. (Bhagavad Gītā 2.48)buddhiyukto jahātī ’ha ubhe sukṛtaduṣkṛte |tasmād yogāya yujyasva yogaḥ karmasu kauśalam || 2.50 ||Chi è dotato di giudizio e saggezza si libera anche in questo mondo di tutte e due [le conseguenze], dell’azione buona e di quella catti-va. Pertanto dedicati allo yoga; lo yoga è abilità nelle azioni.(Bhagavad Gītā 2.50)La felicità e la sofferenza, il successo e il fallimento, la fama e la dif-famazione, le critiche e gli elogi sono collegati fra di loro e non pos-sono essere sperimentati singolarmente. Tuttavia, l’uomo esulta se ha un profitto e si deprime se subisce una perdita; si abbatte se lo criticano ed è felice se lo elogiano. Invece, deve tener presente che questi sono solo fenomeni passeggeri come il caldo e il freddo. Ecco la ricetta per ottenere la pace mentale e la tranquillità sociale![2] Dovete considerare la reale natura delle cose: le vette delle mon-tagne sono soltanto ammassi di rocce; il suolo su cui camminiamo è solo un mucchio di terra; il corpo che portiamo con noi non è altro che carne e ossa, una combinazione dei cinque elementi: spazio, aria, fuoco, acqua e terra. Si attribuiscono forme e nomi nuovi a modelli ben definiti delle stesse forze e cose che mostrino caratteri-stiche distinte.
Da millenni, la terra di Bhārat divulga questa verità spirituale uni-versale e l’attitudine di rinuncia e di serenità. I Veda sostengono che solo grazie alla rinuncia potrete conseguire l’immortalità. Questa verità deve essere inculcata nella mente mediante la ragione di-scriminante. Ecco perché Śrī Kṛṣṇa dice: “Nell’essere umano Io sono la facoltà della discriminazione.” Infatti, il discernimento è un aspetto distintivo dell’uomo. Nel Bhāgavata Purāṇa è detto che ogni essere vivente deve fare ri-torno alla sorgente da cui ha avuto origine. Solo lì è possibile trova-re la vera gioia. Un individuo può viaggiare per lavoro in molti Paesi, soggiornare in varie città e godere di tutte le comodità, ma potrà riposare ed essere in pace solo quando tornerà a casa. Il sog-giorno sulla terra non è che una tappa nel suo lungo viaggio, dove ha fatto sosta per un po’ di tempo. Questo soggiorno, però, non de-ve essere confuso con la casa vera; invece molti lo fanno e rifiutano di ricordare la loro vera dimora. Tutto ciò che è inerente all’ātma è gioia, tutto quello che riguarda il proprio ego è infelicità e miseria: questo è il messaggio delle upaniṣad. L’uomo perde sé stesso in lotte e fazioni, in bramosie e profitti, ignorando la sorgente, l’essenza che egli è. [3] I problemi iniziano a causa della sua abitudine di fissare i pen-sieri su una cosa o persona in particolare. Quel pensiero si trasfor-ma in una spina, in un motivo, una trappola per poi diventare un desiderio che lo rende schiavo. Quando quel desiderio incontra de-gli impedimenti, ecco che sorgono la rabbia e le emozioni, le quali possono travolgere perfino le qualità umane. A quel punto l’indivi-duo perde la facoltà di discernere fra il bene e il male e scivola nel peccato. Come è possibile tenere sotto controllo la mente che ci conduce sul-la via del desiderio, della collera, della passionalità, dei pregiudizi e del peccato? Prima di tutto dovete sorvegliare e dominare i sensi che tentano la mente e la contaminano. Fate in modo che le vostre parole non siano inquinate dalla menzogna, che le vostre attività non siano infangate dalla violenza e che i vostri pensieri ed elabora-ti mentali non siano contagiati dall’attaccamento e dall’odio. Inoltre orientate i sensi verso Dio. La mente vi deruba del tesoro prezioso della ricchezza spirituale, perciò siate sempre vigili e attenti alle sue macchinazioni. Nella Bibbia si afferma che Dio cerca Sé stesso. Riflettete su questa verità. Dio è onnipresente, quindi non deve essere cercato in alcun luogo o in un momento specifico. In realtà, è Dio che va alla ricerca di coloro che lo cercano e si sforzano di diventare consapevoli di Lui. Ma Dio quali persone cerca? Egli cerca un devoto sincero, ge-nuino, altruista, fedele e costante. Inoltre cerca un figlio ideale da mostrare all’umanità quale esempio e fonte d’ispirazione. Oggi per-sone simili sono diventate molto rare. Molti si definiscono devoti ma piangono e si lamentano quando dovrebbero esultare ed esulta-no quando avrebbero tutti i motivi per piangere e lamentarsi! Perciò il Signore dice:
“Sto cercando, cercando, ancora cerco. Ho cercato in passato, sto cercando anche ora un uomo che conosca, rispetti e si attenga al suo vero dharma.”
[4] All’inizio Cristo si proclamò Messaggero di Dio poiché comprese che il corpo gli era stato donato per alleviare il dolore degli uomini e per servire gli indifesi, i poveri e gli afflitti. Egli negò le richieste della carne e dedicò tutte le sue capacità e forze a mitigare la soffe-renza e le pene altrui. Poi quando la consapevolezza ascese alla sfe-ra mentale, Gesù realizzò d’essere il Figlio di Dio. Si sforzò dura-mente per scoprire la distinzione che esiste fra apparenza e Realtà, tra Verità e immaginazione, e prese coscienza del livello superiore
di consapevolezza che trascende le bizzarrie della mente. Dopo aver raggiunto quell’apice, Gesù annunciò: “Io e il Padre Mio siamo Uno” e realizzò che entrambi sono un’unica manifestazione dell’Es-senza divina, dello Spirito Santo. Il compleanno di tutti i Grandi vengono celebrati da coloro che li amano e li seguono. Oggi, essendo il compleanno di Gesù è un giorno di festa e tutte le fabbriche e gli uffici sono chiusi, ma non viene santificato come giorno sacro; infatti, la gente va in chiesa e partecipa ai riti, ma poi torna a casa e fa baldoria bevendo e man-giando; così durante le festività di Natale, la croce viene dimentica-ta. Il giorno di Natale deve essere dedicato alla purificazione delle proprie passioni ed emozioni, meditando sulle virtù e sui valori che Gesù ha manifestato. Oggi, l’uomo rincorre i desideri invece di seguire gli ideali; desidera una lunga vita, ma non aspira a una vita vissuta in Dio, e non rico-nosce né segue le orme dei Grandi. Si è ridotto ad assumere la posi-zione di servo della casa, il quale non ha alcuna possibilità di sapere dove il padrone custodisca i gioielli più preziosi. Se fosse il padrone lo saprebbe ma, poiché si è degradato a uno stato inferiore, non è consapevole del tesoro che gli appartiene. Ognuno di voi deve esaminarsi e scoprire se è attaccato ai gingilli o se custodisce e tutela le gemme preziose. Un lume messo in alto su un ripiano illumina tutta l’area circostante, ma se viene messo in una buca è come se non ci fosse. Una virtù messa in pratica è come la lampada che dona luce a tutti; infatti, i buoni pensieri e le buone azioni hanno la capacità di influenzare gli altri. Le gemme della saggezza e la luce delle esperienze intuitive non devono essere cela-te al vostro prossimo, anzi devono essere condivise anche a costo della propria vita. Gesù diede questa lezione e ne fu il simbolo.
[5] La derisione e le critiche seguono le orme dei Grandi in tutte le ere: li inseguono come la loro ombra che non può essere evitata. Gli stessi discepoli di Gesù, e persino coloro che lo adoravano e crede-vano nelle Sue parole, gli si rivoltarono contro e fecero del male a chi aveva fatto loro solo del bene; nonostante ciò, Gesù desiderò so-lo la prosperità di coloro che lo avevano insultato e ferito. Questa è una lezione di cui oggi c’è un gran bisogno! Nessuno deve dare importanza al male che gli è stato fatto e programmare di ven-dicarsi. Deve invece ricambiare l’odio con l’amore, l’inimicizia con la fratellanza. Comportarsi contrariamente a ciò è segno di debolez-za, di mancanza di coraggio e di fede nella bontà insita negli esseri umani. Gesù invece ottenne la vittoria in quest’ardua e sacra lotta, e anche voi durante la ricorrenza del Natale dovrete sviluppare in voi stessi tale convinzione e tale coraggio. È molto più benefico amare i Grandi che onorarli: lodarli, glorificar-li e magnificarli significa metterli su un piedistallo irraggiungibile; l’amore invece lega un cuore a un altro. La gratitudine per l’ispira-zione e per gli insegnamenti ricevuti deve unire i cuori con amore. La celebrazione del Natale non deve limitarsi ai canti natalizi, al-l’albero di Natale e a Babbo Natale, ma deve incitarvi a mettere in pratica almeno alcune delle lezioni che Gesù ha insegnato. Il primo requisito necessario è la fede in Dio e nella vostra natura divina.
Dove c’è fede, c’è amore; dove c’è amore, c’è pace; dove c’è pace, c’è verità; dove c’è verità, c’è beatitudine; dove c’è beatitudine, c’è Dio.
[6] Anelare la beatitudine è la prova migliore per dimostrare la vo-stra natura sacra. L’uomo è beatitudine, cerca la beatitudine che per lui è grande felicità. Poiché Dio è beatitudine, la felicità è unione
con Dio. Null’altro può conferire quella gioia che resta immutata a prescindere da quello che possa accadere o non accadere. Il cuore di Gesù era puro e calmo, perciò è venerato come il ‘Sacro Cuore.’ Dobbiamo rendere i nostri cuori sacri per unirci a Gesù o affinché Gesù si unisca a noi. Quando noi ci uniamo a Lui, questa è la via di bhakti, devozione; se invece siamo consapevoli di Gesù in noi, è il sentiero di jñāna, la saggezza. Gesù era un Messaggero di Dio, ma rendetevi conto che anche tutti voi lo siete. Egli non fu l’unico figlio di Dio, voi tutti lo siete. Gesù e il Padre sono Uno, ma anche voi siete Uno con Dio, e potete acquisirne la consapevolezza. [7] Oggi, molti provenienti da nazioni diverse si sono ritrovati qui a Praśānti Nilayam. Essendo venuti da tanto lontano e avendo affron-tato numerose difficoltà durante il percorso, dovete assorbire e por-tare con voi da qui alcuni insegnamenti essenziali per il progresso spirituale. Invece di girare per l’India come fanno i turisti e di colle-zionare varie impressioni sui luoghi visitati, assimilate ciò che è sa-cro e santo e trasformate la vostra vita seguendo direttive più utili e proficue. Dovete prestare attenzione a un piccolo fatto: gli indiani non sono inclini a identificarsi né a trarre beneficio dagli insegnamenti insiti nella loro sacra cultura. Proprio sotto la lampada accesa c’è certa-mente un cono d’ombra e di oscurità! Se un individuo passa tutte le ventiquattro ore in una stanza con l’aria condizionata, non sarà in grado d’apprezzare il sollievo che essa conferisce; se invece cammi-na per un’ora sotto il sole cocente, sarà senza dubbio più appagato e apprezzerà di più l’aria condizionata. Ci sono migliaia di persone in questo āśram che continuano a esclamare: ‘Svāmī, Svāmī’, ma che non hanno compreso quale grazia immensa abbiano ottenuto. Quando un neonato mangia il primo boccone di riso che gli viene messo in bocca, tutti ne gioiscono, i genitori sono felici e il bimbo è
al centro dell’attenzione. Quando lo stesso bambino cresce e con-suma piatti interi di riso, nessuno è stupito, orgoglioso o ammirato. Perché? La persona è la medesima e anche il riso è lo stesso, ma mangiare è divenuto una routine ripetitiva, meccanica, quasi un’abitudine compulsiva. [8] Anche voi, come tutti gli altri, siete con Dio, in Dio, ma non siete consapevoli di tale grande fortuna. Se vedete Dio durante la medi-tazione siete sopraffatti dalla meraviglia, dalla gioia e dall’estasi. Ora è da parecchio tempo che mi state guardando mentre sono qui davanti a voi; ma credetemi se, dopo essere ritornati nelle vostre camere, durante la meditazione vi dessi il darśan, la Mia visione, an-che solo per un breve istante, voi sareste estasiati dalla gioia e pen-sereste: “Oh! Svāmī mi ha dato il darśan!” Solo quello che è sovran-naturale e al di là dell’ordinario risveglia l’interesse. Pertanto dove-te superare questo vostro punto debole. La gioia spirituale, la meraviglia, l’apprezzamento, il darśan di Dio devono diventare la vita, il respiro vitale, la ragione d’esistere nel corpo. Ecco ciò che Gesù insegnò all’umanità con i precetti e l’esem-pio: il Principio atmico che è l’eterna sorgente della beatitudine. Incarnazioni dell’Amore! Qualsiasi attività svolgiate, ovunque vi troviate e in qualsiasi modo stiate vivendo, siate convinti di essere sempre in Dio, che tutto è di-vino, che tutte le azioni sono oblazioni che offrite per la gloria di Dio; in tal modo renderete la vostra vita piena e fruttuosa.
Praśānti Nilayam, 25.12.1982