23 Marzo 1985 – La Causa Prima

23 Marzo 1985

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La Causa Prima

[1] Vivere implica l’intervento del Principio vitale che attiva tutti gli
esseri. Il Divino privo di attributi assume certe qualità, come Sua
natura, divenendo così saguṇa (dotato di qualità e attributi). Poiché
l’uomo è strutturato così, cerca di conoscere e sperimentare la varietà
dei nomi e delle forme che si manifestano ai suoi sensi di percezione
e alla mente.
Questo è, in sintesi, lo svolgersi dell’esistenza, il progetto di conoscere
ed espandere la propria coscienza. Tale progetto ha un inizio e
una fine, comporta il successo e il fallimento, il bene e il male.
«Io sono un jīvi1, un individuo vivente, sono una scintilla della
Consapevolezza, sono il Sé incarnato!» Dichiarazioni del genere lasciano
intendere che non c’è la conoscenza del Principio vitale. In
realtà, il jīvi è la divina Consapevolezza che risiede in un carro [il
corpo], non è un ammasso di materia inerte modellata in una certa
forma ed etichettata con un nome.
Esiste solo un’unica Consapevolezza che tutto pervade, ma l’uomo
ne fa esperienza in modo frammentario e, scambiandola per i molti2,
finisce per brancolare nella confusione provocata dalla sua stessa
ignoranza. Numerosi testi insegnano all’uomo che Dio dimora
nel suo corpo insieme al jīvi, che Dio lo induce ad aspirare al livello
più alto, mentre l’ego lo consiglia di contentarsi dei livelli inferiori;
così il jīvi ha fede nella realtà del mondo e di sé stesso.
Il Principio divino, invece, afferma di essere presente sia vicino all’uomo
sia lontano da lui. Molti pensano che il Divino sia lontano
perché non sono consapevoli della Sua vicinanza, e tanto meno che
risiede nel loro stesso cuore. La verità insegnata dalle Scritture è che
Dio è ovunque, vicino e lontano, sopra e sotto, all’interno e all’esterno:
Dio è Uno, indivisibile, onnipresente.
[2] Per prendere coscienza di tale verità è necessario acquisire livelli
più elevati di Consapevolezza: infatti ce ne sono quattro. Il primo è
lo stato di attenzione vigile con cui ci muoviamo e siamo occupati
tutto il giorno.
Il vedānta rivela che ci sono quattro stati di coscienza: lo stato di veglia
in cui l’individuo è perfettamente conscio; lo stato di sogno, in
cui solo la mente è attiva; lo stato di sonno profondo, in cui c’è solo
la coscienza del Sé; infine il quarto (turīya3) è l’illuminazione del Sé
che comporta uno stato di super-coscienza.
Questi quattro stati corrispondono rispettivamente a sthūla, sūkṣma,
kāraṇa4 e mahākāraṇa, vale a dire al corpo grossolano, al corpo sottile,
al corpo causale e al super-causale.
Il corpo fisico grossolano che è attivo nello stato di veglia è costituito
da vari componenti: i cinque sensi di percezione, i cinque sensi
d’azione, i cinque strumenti interiori, i cinque elementi, i cinque
soffi vitali e il Sé (ventisei in tutto). Questo è detto jāgrat, lo stato di
veglia.
Il corpo sottile (stato di sogno) è costituito solo da cinque soffi vitali,
cinque sensi di percezione e cinque elementi fondamentali (in tutto
quindici); secondo il vedānta, il corpo sottile (sūkṣma) subisce le conseguenze
delle azioni buone e cattive.
Il corpo causale kāraṇa (stato di sonno profondo) ha una sola natura,
vale a dire prajñā5, pura e non contaminata dal mondo soggettivo e
oggettivo.
Poiché il corpo grossolano (sthūla) è in relazione con il mondo oggettivo
(viśva), è chiamato viśva.
Il corpo sottile (sūkṣma) è illuminato dalla mente e da tejas (la luce
interiore), perciò viene detto tejas.
Il corpo causale (kāraṇa) è compreso nella coscienza ed è chiamato
prājña. La Verità, vale a dire il Brahman6, si sottrae e sfugge a questi
tre corpi, i quali derivano da bhrama (l’illusione) e non da Brahman,
l’Assoluto. Infatti ciò che appare vero nel sogno risulta falso non
appena ci si sveglia; quello che si sperimenta nello stato di veglia
viene distorto e svalutato nel sogno; il sonno profondo elimina dalla
memoria sia lo stato di sogno sia quello di veglia.
La Consapevolezza che continua a sussistere al di là di questi tre
stati passeggeri è il mahākāraṇa, lo stato di super-coscienza.
[3] La super-coscienza o suprema Consapevolezza è il ‘Pensiero’
(ovvero Īśvara7) che è diventato tutto questo universo; è Hiraṇyagarbha8,
il Grembo d’oro o Uovo cosmico, l’impulso o desiderio
originario, la prima concretizzazione, che dopo aver ‘pensato’ è diventato
i ‘molti’ o meglio ha assunto l’aspetto dei molti, della molteplicità.
Il mahākāraṇa (lo stato super-causale) trascende la coscienza, mentre
i corpi sthūla, sūkṣma e kāraṇa, nei quali il mahākāraṇa si diffonde e si
espande, sono al di sotto della coscienza. Il primo (mahākāraṇa) è vera
conoscenza, gli altri tre fanno parte dell’esperienza illusoria. Dio
è il Signore della vera conoscenza, mentre il jīvi (Sé individuale) è
schiavo dell’illusione.
Il mahākāraṇa, la Consapevolezza cosmica, viene spesso indicata nel
vedānta con il termine param (trascendente). Poiché tale concetto è
ovviamente astratto, non sorge né svanisce, non ha origine né
scompare, non ha nome né forma, perché non può essere definito o
descritto, limitato o identificato come separato. È inteso come
Brahman, ‘Quello’ che è immobile e inamovibile, la totalità (pūrṇa),
l’eterno, il vero, il puro, privo di attributi. Proprio come la strada
che è stabile e immobile permette alle automobili di muoversi e
percorrerla, così il Principio divino (Brahman) è la base dell’esistenza
e delle attività del jīvi.
In realtà c’è solo l’Uno che appare come due a chi ha una visione
divisa o frazionata. Se volgete la vista all’esterno vedrete il jīvi (sé
individuale); se guardate all’interno, c’è Dio. La visione esteriore vi
fa dimenticare, quella interiore vi fa ricordare. Se l’uomo cerca di
elevarsi al Divino che è la sua Realtà, si ricorda, si sforza di conoscere
e di fare esperienza. Se invece si abbassa a livelli inferiori di
coscienza o è colpito dalla malattia, viene catturato nelle spire della
smemoratezza e della dimenticanza.
Eliminare i desideri egoistici e anelare ad amare e servire sono i
mezzi più efficaci per immergersi con successo nella Consapevolezza
suprema, la Causa Prima, il Pensiero cosmico, il mahākāraṇa.

Praśānti Nilayam, 23.3.1985