17 Novembre 1985 – Praticate quello che predicate

17 Novembre 1985

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Praticate quello che predicate

[1] La ricerca di Dio non vuol dire dedicarsi ai canti devozionali
(bhajan), alla ripetizione del nome del Signore e ad altri rituali. Questi
non sono altro che semplici mezzi per acquisire la concentrazione
mentale e per dominare i desideri e le avversioni.
Perché gridate a gran voce ‘Dov’è Dio?’ Egli risiede nel vostro cuore,
offrite quindi il vostro servizio e riceverete amore, e come risultato
sperimenterete la beatitudine della realizzazione del Sé.
Sin dai tempi antichi, nella terra di Bhārat (India) hanno continuato
a scorrere due grandi correnti di suprema sapienza e saggezza: una
è la saggezza vedica, in cui la sezione del karma kāṇḍa1 è fondamentale.
La seconda corrente è il patrimonio scritturale dei purāṇa, diffuso
dai saggi, in cui il concetto di ‘dovere’ ha un ruolo predominante.
Entrambe le correnti sono di uguale validità.
L’obiettivo del karma è jñāna, e la base per jñāna è il karma. Unire entrambi
e metterli in pratica costituisce il servizio (sevā). La mente
viene purificata per mezzo della retta condotta, e la mente pura a
sua volta porta alla beatitudine dell’ātman.
Il dovere principale dell’uomo è compiere buone azioni con un cuore
puro, e i doveri che gli vengono imposti devono essere assolti.
Tuttavia, non devono esserci sentimenti egoistici che inducano ad
affermare: ‘Ho fatto io queste buone azioni’, e neppure il desiderio
di voler godere i frutti di tali azioni. L’egoismo e il desiderio sono la
causa della schiavitù che lega l’uomo al karma. Il desiderio è la barriera
che si interpone tra la mente purificata e la devozione per il Sé.
Compiere rette azioni come proprio dovere, evitare l’egoismo nel
comportamento e avere motivazioni esenti da desiderio è vero sacrificio.
[2] Il karma yoga2 ci insegna come devono essere eseguite le azioni e
raccomanda di compiere il proprio dovere per amore del dovere
stesso.
yogaḥ karmasu kauśalam
Yoga è abilità e competenza nelle azioni.
(Bhagavad Gītā 2.50)
Compiere l’azione con eccellenza permette all’uomo di riconoscere
l’immagine del Divino in lui. La retta azione e il controllo dei sensi
sono essenziali per coltivare l’amore universale e la bontà, che sono
il fondamento di una buona vita. Non tutti si rendono conto del vero
significato di karma yoga. Molti guardano con disprezzo alcune
attività come ripulire le strade, dare sollievo ai malati, nutrire gli
affamati, rendere servizio ai poveri e ai bisognosi, perché considerano
tali attività poco dignitose. Questo è un grave errore. Il supremo
Signore dei tre mondi, Śrī Kṛṣṇa, quando discese in questo
mondo per proclamare il destino divino dell’uomo, rese servizio
agli animali e agli uccelli e con amore si prese cura di cavalli e mucche.
Nella grande guerra del Kurukṣetra si rifiutò di impugnare la
spada, perché era contento di figurare come un semplice auriga: in
tal modo Kṛṣṇa divulgò l’ideale del servizio disinteressato.
[3] La verità di base del karma yoga è dimostrare l’unità che comprende
la diversità esistente nell’universo. L’azione priva di desideri
(niṣkāma karma3) dimostra e promuove il principio dell’amore, infatti
non c’è disciplina spirituale più grande del servizio al prossimo.
La tendenza a fare distinzioni tra la via spirituale, la via del
servizio e della conoscenza, considerandole separate, è sbagliata
perché le tre vie non sono distinte, sono uno. Il servizio è conoscenza
spirituale ed è il mezzo principale per acquisire la grazia divina.
Se non siete dei seguaci devoti, non potrete divenire leader meritevoli
di rispetto. Se non siete un kiṁkara, pronto a eseguire qualunque
lavoro, non potrete divenire śaṅkara, il Divino: ognuno di voi
deve realizzare questa verità. Il servizio reso alla società è il bene
più grande, aggiunge gioia alla vita e ne esalta il sapore come il sale.
L’amore universale addolcisce la vita e la sostiene come un cibo
nutriente. La gioia di donare rende la vita colma di beatitudine, e la
meditazione (dhyāna) che è sorretta dalla vita è il vero respiro vitale.
La vita richiede quattro elementi: ruci (sapore), puṣṭi (forza), sugandha
(fragranza) e prāṇa (soffio vitale), la cui unità forma l’entità
umana. Quando vi sedete per consumare un pasto, se non c’è sale
nelle lenticchie, le mettete da parte. Allo stesso modo, non dovrebbe
esserci dolcezza e sapore in una vita vissuta per sessanta o settanta
anni? Cosa dà sapore all’esistenza? Soltanto le buone qualità conferiscono
sapore alla vita, solo la retta condotta è la vera fonte di forza
per l’uomo. Un individuo privo di buona condotta diviene una
creatura debole e commiserabile; invece, le buone qualità come la
tolleranza e il sacrificio danno profumo alla vita umana; ma senza
le virtù, le rette azioni e l’attitudine alla pazienza e al sacrificio, la
vita non ha alcun valore, è indegna.
[4] La filosofia Sai non incoraggia i devoti a rimanere seduti in un
angolo a controllare il respiro ripetendo so’ham, so’ham, so’ham,
Quello io sono. ‘Aspirante spirituale! Sorgi! Rimboccati le maniche,
preparati ad agire! Immergiti nel servizio sociale!’ Ecco qual è il
messaggio di Sai. Non bisogna lasciare spazio alla pigrizia e all’indifferenza.
Dovete tenere i vostri sensi sotto controllo e impegnarvi
nel servizio sociale, perché una vita non dedita al servizio è simile a
un tempio buio: è la dimora degli spiriti malvagi. Soltanto la luce
del servizio può illuminare l’aspirante spirituale, perciò intraprendete
il servizio a favore del vostro prossimo senza aspettarvi in
cambio alcuna ricompensa, e state attenti a non sprecare tempo in
chiacchiere inutili. Qual è l’utilità di ripetere espressioni come: il Signore
è Onnisciente, Onnipresente e Onnipotente? Voi battete le
mani quando tali epiteti sono pronunciati e ne traete gioia al solo
udirli. Ma quanti agiscono in perfetto accordo con quello che dicono?
Deve esserci armonia e coerenza tra quello che si dice e quello
che si fa. Infatti, tutti gli esercizi spirituali, come la ripetizione del
nome del Signore e la meditazione, sono sforzi mirati al controllo
della mente per prepararla al viaggio verso il Divino. Tuttavia, non
è sufficiente conoscere la via: bisogna anche percorrerla per giungere
a destinazione. Quel viaggio è il servizio reso alla società, e il servizio
va svolto con la consapevolezza che il Divino dimora in ogni
cuore, in ogni individuo e in ogni cosa vivente.
Nella tradizione bhāratīya (indiana), uno dei meravigliosi nomi di
Bhagavān, il Signore glorioso, è sarvabhūtāntarātmā, ovvero ‘il Sé
che dimora in tutti gli esseri viventi’. Per venerare questo supremo
Sé che risiede in tutti gli esseri e per farne esperienza, non serve un
tempio separato o un santuario: il corpo umano è il vero tempio di
Dio. L’eterno Sé dimora in quel tempio corporeo in qualità di divino
Sostenitore del jīva, il Sé individuale. Poiché l’uomo si dimentica di
tale verità, abbellisce solo il tempio ed è interessato unicamente alla
sua apparenza esteriore, senza tenere in considerazione il divino
Residente che è il fondamento che tutto sostiene.
[5] Il corpo non è il più importante, quello che conta veramente è lo
Spirito che vi dimora; quindi tenete bene a mente l’obiettivo della
realizzazione del Sé, e impegnatevi nel servizio sino al raggiungimento
della meta: lo strumento è il servizio altruistico e devoto,
svolto con purezza di cuore.
Se l’intera vita viene dedicata a questo proposito, potrete avere
un’esperienza diretta del Divino. Astenetevi ed evitate il più possibile
gli attaccamenti e le avversioni, perciò dovete compiere ogni
sforzo affinché la mente e il corpo non vengano contaminati.
Uomo, sappi che grāma sevā è Rāma sevā!4
Quando l’Amore trabocca è Rāma rājya.5
Non c’è progresso senza Amore.
Senza fare servizio non c’è alcuna speranza per l’uomo.
È attraverso il servizio che l’uomo può sperare di redimere la propria
vita, ma chi non ha in sé gentilezza e amore non è un uomo. Il
sentiero che porta alla realizzazione del Sé passa attraverso l’amore
e il servizio, e il primo passo sta proprio nel coltivare amore. La fede
è la base dell’amore e, quando entrambi si uniscono, ne consegue la
pace. E in quella pace risiede la verità, la quale rivela il potere del
sacrificio (tyāga), il solo che detiene la chiave per l’immortalità.
La fiducia in sé stessi è la base della fede. Come può un uomo che
non è sicuro del proprio futuro, nemmeno dei prossimi due giorni,
avere fede in Dio? Soltanto chi ha fiducia in sé stesso può avere fede
in Dio. Nara (uomo) è Nārāyaṇa (Dio), e Nārāyaṇa è nara: l’amore è
il vincolo che lega entrambi. Con l’amore quale forza motrice e il
servizio quale strumento, l’aspirante deve sforzarsi di raggiungere
la meta suprema della vita.
[6] Incarnazioni d’Amore! Avete partecipato a molte conferenze, ma
che cosa avete ottenuto sinora? Se non mettete in pratica le decisioni
prese, qual è l’utilità di partecipare a interminabili dibattiti e discussioni?
Le conferenze di questo tipo sono una pura perdita di
tempo e di denaro, perciò sforzatevi di mettere in atto almeno una o
due delle decisioni prese. Non serve a niente ascoltare lunghi discorsi
se poi, al termine della conferenza, non fate uso della conoscenza
così acquisita.
Oggi persino le organizzazioni dichiaratamente spirituali sono coinvolte
in attività commerciali. Invece le Organizzazioni Sathya Sai
non dovranno mai diventare degli istituti commerciali, l’unico tipo
di commercio che potranno concedersi è quello ‘da cuore a cuore’,
‘da amore ad amore’: possono partecipare solo a tale sublime scambio,
senza avere alcun coinvolgimento materiale o finanziario. Le
organizzazioni che sono invischiate in vicende di denaro e proprietà
non hanno alcuna crescita. Pertanto dobbiamo occuparci solo di
un’associazione che sia ‘da cuore a cuore’, che sia sincera e orientata
a Dio. Il servizio deve essere svolto con solidarietà e totale cameratismo:
questo dimostrerà l’unità dell’Essere Cosmico.
Il cuore non fiorisce attraverso il semplice studio dei testi o l’ascolto
di discorsi: solo coltivando l’amore si scioglieranno i nodi del cuore.
Chi non svolge alcun servizio non ha alcun diritto di chiedere agli
altri di servire; si può avere il diritto di parlare solo facendo servizio.
Il servizio va inteso come pratica spirituale, infatti il servizio
reso all’uomo è considerato servizio reso a Dio. L’obiettivo principale
dell’Organizzazione Sai è sviluppare un sentimento spontaneo
di amore verso chi viene servito.
[7] Se non c’è spirito di sacrificio nei canti devozionali o nella meditazione,
anche se li eseguite con zelo diventano esercizi egoistici;
infatti nel cercare la propria salvezza c’è sempre un interesse personale.
Essere preoccupati solo del vostro futuro e interessati alla vostra
beatitudine vuol dire essere egoisti. Solo l’uomo che rinuncia al
proprio tornaconto, che considera la felicità altrui come la propria e
si dedica al benessere degli altri, è veramente altruista. Il Signore
amerà soltanto chi ama il suo prossimo. Se cercate di ottenere
l’amore di Dio, dovete amare gli altri. Non potete avere l’amore degli
altri se non li amate. Senza pensare a quello che è accaduto in
passato e senza preoccuparvi del futuro, sforzatevi di utilizzare al
meglio il presente coltivando l’amore e svolgendo il servizio.
Ci sono numerosi motivi per i problemi del mondo a cui oggi dobbiamo
far fronte, ma in verità le cause fondamentali sono due: gli
anziani rimuginano sul passato e trascorrono il loro tempo parlando
estesamente dei bei vecchi tempi, quando erano giovani, richiamando
alla mente tutti i loro successi e divertimenti. I giovani invece
sono impegnati a ideare fantasiosi progetti per il futuro e per la
loro carriera, quando avranno terminato gli studi. Ma il futuro è
imprevedibile, e nessuno sa con certezza cosa può riservare il domani.
A cosa serve preoccuparsi di ciò che è sconosciuto? Gli anziani
sono immersi nel passato, i giovani sono preoccupati del futuro,
così entrambi ignorano il presente. Questo è il vero problema. Dovreste
invece essere interessati al divino presente. Solo se rendete il
presente sacro e puro, potrete ottenere bontà e purezza in futuro.
[8] Approfittate quindi dell’opportunità d’oro che vi viene offerta
per redimere la vostra vita impegnandovi nel servizio, ma non fatene
cattivo uso. Attraverso il servizio potrete sperimentare un senso
di dignità, autostima e un’indicibile beatitudine, inoltre potrete essere
un ideale per gli altri.
Satya (verità), dharma (rettitudine), śānti (pace), prema (amore divino)
e ahiṁsā (non-violenza) sono presenti in voi come pañcaprāṇa, i
cinque soffi vitali. Noi pensiamo che i cinque soffi vitali (prāṇa,
apāna, samāna, udāna e vyāna) proteggano il corpo, ma in realtà sono
la verità, la retta condotta, l’amore, la pace e la non-violenza a conferire
vera felicità al corpo: sono questi i veri pañcaprāṇa. Per nessun
motivo dovrete allontanarvi o rinunciare a questi cinque valori essenziali.
Fate servizio per la prosperità dell’intera società con dedizione
e larghe vedute, tenendo bene a mente i valori suddetti. Soltanto
questo compiacerà Sai, perché Sai gioisce quando si fa del
servizio; anche quello che Sai fa o dice è servizio. Se agite in conformità
a quello che Sai dice e fa, potrete sperimentare la gioia del
Sé.
[9] Siete arrivati qui da lontani Paesi del mondo, affrontando grandi
spese e disagi personali. Essendo giunti fin qui dovrete cercare di
assimilare buoni pensieri e nobili sentimenti, in modo da fare ritorno
nei vostri Paesi con la determinazione di condurre una vita
esemplare e di impegnarvi in azioni degne che rendano la vostra
esistenza sublime. Questa è la Mia benedizione per tutti voi.
Prima di concludere desidero darvi due direttive che vi permetteranno
di capire meglio il significato di questa conferenza.
1. Mettete in pratica quello che predicate e agite in accordo con
quello che dite.
2. Non predicate quello che voi stessi non mettete in pratica. È un
inganno e una falsità se parlate di qualcosa che voi stessi non praticate.
È invece una dimostrazione di grandezza se agite in conformità
con quanto dite.
Il saggio Vyāsa ha affermato: “Se non fate quello che dite, è peccato.
Fare ciò che dite è invece un segno di purezza.” Ricordate il significato
di queste due affermazioni e procedete nel vostro lavoro con
spirito di dedizione. Ricordatevi che la pace, il benessere e la prosperità
del mondo non possono essere conseguiti se non servite
l’umanità in modo altruistico e disinteressato.

Praśānti Nilayam, 17.11.1985