14 Gennaio 1985 – Trasformazione spirituale

14 Gennaio 1985 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Trasformazione spirituale

[1] Nel linguaggio corrente, i quattro puruṣārtha1 sono considerati
gli obiettivi della vita umana; a questi viene attribuito un significato
secolare, ma in realtà il loro vero contenuto è spirituale. Lo scopo
principale dei quattro puruṣārtha è indurre l’uomo a realizzare che il
suo dovere primario è rendere sé stesso divino, trasformandosi da
mānava (uomo) in mādhava (il Divino). Il termine puruṣa2 non indica
il genere maschile, come comunemente si crede, ma si riferisce al-l’ātman3,
la somma consapevolezza, che non ha alcun genere ed è
immanente in tutti gli esseri.
Dei due termini puruṣa e prakṛti4, quest’ultimo rappresenta l’elemento
grossolano in natura e si riferisce al corpo, mentre puruṣa è la
pura consapevolezza, è Colui che risiede nel corpo: entrambi, puruṣa
e prakṛti, sono interdipendenti.
Le sacre Scritture hanno dichiarato che il corpo è jaḍa (grossolano,
inconsapevole, inerte) ed è femminile, mentre l’ātman è caitanya
(consapevolezza). Ogni essere è costituito da entrambi, corpo e
ātman, perciò tutti, a prescindere dal sesso, hanno il diritto di perseguire
i puruṣārtha.
[2] Dei quattro puruṣārtha (dharma, artha, kāma e mokṣa), si crede che
nell’uso corrente il dharma si riferisca ad azioni caritatevoli, ai doveri
inerenti al proprio āśrama5 (stadio della vita), ai pellegrinaggi e ad
altre buone azioni: tutto ciò però riguarda solo le attività esteriori.
Il vero dharma6 dell’uomo è compiere ogni sforzo per realizzare il Divino.
La pratica e la disciplina spirituale, grazie alle quali è possibile
conseguire tale realizzazione, costituiscono il vero dharma.
L’osservanza delle regole e doveri relativi ai differenti stadi della
vita è del tutto secondario e riguarda solo uno stadio in particolare.
Queste responsabilità non costituiscono il vero dharma, che invece
deve condurre alla realizzazione del Sé.
Analogamente, artha non significa, come comunemente inteso, accumulare
proprietà e ricchezze, le quali potrebbero invece trasformarsi
in anartha (svantaggi e danni), tanto più che non sono affatto
durature; perciò acquisire prosperità e ricchezza non può essere definito
un puruṣārtha. La vera ricchezza che l’uomo deve conquistare
è la saggezza ispirata al Divino.
Il termine kāma è generalmente associato ai desideri secolari e ai
piaceri dei sensi, ma se viene considerato un obiettivo della vita,
cioè uno dei puruṣārtha, allora assume il significato di ‘anelito per
Dio’, e perde quello di ‘desideri materiali.’
Con il termine mokṣa si intendono generalmente le discipline e i metodi
con cui è possibile raggiungere Dio o il paradiso. Tuttavia,
l’uomo potrà rimanere in paradiso solo finché i meriti accumulati
con i propri atti meritori non siano esauriti, ma alla fine dovrà rinascere
nuovamente.In realtà, mokṣa si riferisce a uno stato in cui non si ha bisogno di
nulla, dove non c’è entrata né uscita: è uno stato privo di nome e di
forma, e non è neppure un luogo specifico dove andare. È il conseguimento
dell’unità con il Divino.
[3] Il primo compito di ogni uomo è discernere tra il permanente e il
transitorio e realizzare il Signore eterno. Il secondo obiettivo è acquisire
la saggezza divina quale vera ricchezza. Il terzo è sviluppare
la fede in Dio, anelare la realizzazione e unirsi a Lui. Il quarto è
mokṣa, lo stato di auto-realizzazione in cui non vi è cambiamento né
movimento alcuno.
Oggi celebriamo il sacro giorno di saṁkrānti7. La natura indossa la
veste della pace suprema, la giornata è piacevolmente fresca ed è
l’ultimo giorno del corso meridionale del Sole, e il primo giorno del
suo corso verso settentrione. È anche l’ultimo giorno di dhanurmāsa
(il mese che prende il suo nome dalla costellazione dhanus o Sagittario),
ed è l’inizio di makaramāsa (il mese di makara, quando il Sole
entra nella costellazione del Capricorno).
Pertanto, diamo un saluto di commiato al mese dhanus, per dare il
benvenuto a makara. Il giorno di saṁkrānti ha un significato speciale,
dove sam significa ‘stare insieme’, mentre krānti significa ‘trasformazione’
o ‘grande cambiamento’. Krānti significa anche conoscere
il passato, presente e futuro.
Ecco perché kavi, il poeta, è definito krānti-darśi, colui che conosce il
passato, presente e futuro; il termine kavi non può essere attribuito a
chi si occupa a tempo perso di semplici rime e poesie, in realtà può
essere conferito solo a Dio che presiede al tempo, allo spazio e alla
causalità.
[4] L’ingresso del Sole in makararāśi (segno zodiacale del Capricorno)
preannuncia, a partire dal 14 gennaio, l’inizio di un grande
cambiamento e di una fase divina; indica anche che l’uomo deve
sforzarsi di volgere la mente a Dio. È il giorno in cui dobbiamo pregare
il Sole, che è la divinità che presiede agli occhi, affinché diriga
la nostra visione verso ciò che è puro, sacro e divino.
Di tutti i mesi, gennaio è il più sacro, e tutte le cerimonie e le attività
di buon auspicio vengono intraprese a partire da questo mese. Per
eseguire la cerimonia dell’investitura del cordino sacro (upanayana)
la gente attende il periodo di uttarāyaṇa8, durante il quale la natura
è vibrante di gioia, i contadini portano a casa il raccolto e godono i
frutti del loro duro lavoro; le ragazze decorano la facciata delle loro
abitazioni con disegni vari e fiori di zucca e festeggiano la stagione
con danze di gruppo; gli sposi novelli vengono mandati nelle case
delle rispettive spose per festeggiare le nozze; il bestiame viene abbellito
e agghindato e portato in giro per essere ammirato da tutti.
Pertanto l’uomo deve riconoscere questo importante periodo di trasformazione
per correggersi e compiere il suo dovere in modo adeguato.
Il vero significato di puruṣārtha è fare buon uso del tempo e delle
circostanze che si presentano per rendere la propria vita sublime e
significativa.
Oggi nel mondo dobbiamo compiere una notevole trasformazione
spirituale, solo così la festività di makara saṁkrānti avrà significato.
Se non si cambia la propria visione e il proprio atteggiamento, i
cambiamenti puramente esteriori non produrranno alcuna evoluzione
né miglioramento. Solo promuovendo una grande trasformazione
spirituale potrà esserci vera pace.

Praśānti Nilayam, 14.1.1985