1 Dicembre 1982 – Il ruolo delle donne

1 Dicembre 1982

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il ruolo delle donne

Le chiacchiere arroganti crescono in modo sregolato.Il lavoro onesto si è inaridito ed è morto. Vivere è gravato da sterili ostentazioni, l’amore è scomparso ma l’odio permane.

[1] Oggi il mondo è preda di espedienti politici ed è immerso in un’anarchia ateista. Il rispetto per la verità è declinato, l’umanità è malata e afflitta dalla cattiveria e dall’odio. Le terapie più efficaci per questa malattia sono la disciplina e il progresso spirituale: solo questi possono ripristinare le vere virtù dell’umanità. L’uomo potrà essere veramente umano solo se riuscirà a comprendere sé stesso e gli altri, se capirà il legame che lo vincola alla società e se collabore-rà con gli altri per realizzare il bene comune. La parola sanscrita strī (donna) comprende i tre suoni sa, ra e ta, ciò significa che la donna include in sé le tre qualità, i tre aspetti della natura umana: quello sattvico che le conferisce purezza ed equili-brio, quello rajasico che induce all’attività, e quello tamasico che la rende inattiva, sprovveduta. La componente sattvica conferisce alla donna forza d’animo, equanimità, rettitudine, bontà e devozione.
L’aspetto rajasico le attribuisce coraggio, audacia e ostinazione, mentre la natura tamasica si manifesta come modestia e indecisione. Di questi tre aspetti, quello sattvico prevale nella donna ma è soffo-cato da pressioni avverse, mentre la qualità rajasica è indotta a do-minare. In base a quello che fanno, le donne acquistano reputazione e notorietà. Esse sono il sostegno della famiglia e forgiano il destino della nazione. Questa è la ragione per cui, nei testi epici e nelle Scritture, il loro nome è menzionato prima di quello dei loro consor-ti: Sītā Rāma, Lakṣmī Nārāyaṇa, Pārvatī Parameśvara. [2] Voi siete studentesse di quest’istituto. Come può un corso di studi essere appropriato se non conferisce una conoscenza saggia e non sprona a compiere un buon lavoro? Un’istruzione che abbia lo scopo di aiutarvi unicamente a sbarcare il lunario non è vera educa-zione. Le ruote del carro della vita sono: buona conoscenza e buone azioni. La vera spiritualità consiste solo nel mettere in pratica le vir-tù e nel compiere atti umanitari. La carità, una buona condotta, te-nersi lontano dal male sono spiritualità. Oggi la scienza ha sopraffatto il mondo, e il potere dell’atomo lo ha oscurato. Molte meraviglie che l’uomo nei secoli scorsi non ha mai visto, udito né conosciuto stanno sbalordendo l’umanità. Ma anche un fanatismo legato alla lingua che si parla e allo stato in cui si è na-ti si sta diffondendo rapidamente; allo stesso tempo dilaga anche un attaccamento ottuso e meschino a vari aspetti sociali ed econo-mici. Pensate! Quindicimila guerre hanno insanguinato le pagine di cinquemila anni di storia. Tale è la brutalità insita nell’uomo! L’uomo pensa che la ricchezza sia l’obiettivo più importante, ma quello che crede sia ricchezza è solo qualcosa di materiale, tempo-raneo e banale. La ricchezza vera è costituita dal carattere, dalle vir-tù, dalla fratellanza e dalla carità. Il bene di maggior valore è la compagnia dei buoni e dei virtuosi, e la saggezza è la ricchezza più
preziosa. Le persone ‘educate’ devono vivere con simili convinzioni perché la ricerca delle ricchezze materiali non potrà mai conferire soddisfazione e pace mentale. L’uomo desidera la felicità permanente, però non si ferma neppure un istante per indagare da quale fonte provenga. La vera gioia non si trova in qualche luogo all’esterno di lui; se cerca la felicità nel mondo esteriore, può imbattersi in varie esperienze che possono portarlo fuori strada, e in ogni caso non riuscirà a trovare sé stesso. Chi vede il proprio Sé, non nota più il mondo oggettivo. Chi invece è attratto dal mondo oggettivo, non può notare il suo Sé interiore. Lo scopo dell’esistenza non viene realizzato con la nascita e la cre-scita per poi andarsene silenziosamente attraverso il portale della morte. Per prendere coscienza del grande valore della vita bisogna acquisire vidyā, la Conoscenza Superiore, la quale non sarà mai an-tiquata e non vi abbandonerà mai. [3] Il nostro istituto universitario è stato costituito con l’obiettivo di perseguire intenti elevati e nobili, perciò voi dovete esserne consa-pevoli e dimostrare di rispettarli e sostenerli. La nazione potrà pro-gredire solo se gli studenti stessi progrediscono. Gli studenti devono sforzarsi di diventare eccellenti guide e capi esemplari in ogni settore; essi saranno i futuri esperti su cui la na-zione farà affidamento, saranno i cittadini che modelleranno il de-stino del Paese. Se crescete forti e retti, ogni settore pubblico e go-vernativo sarà efficiente e proficuo. Quando il sistema educativo inizia a degenerare, tutte le attività so-ciali, economiche e politiche si degradano, perciò alla scuola va at-tribuito un ruolo fondamentale. Ma attualmente il sistema educati-vo comporta spese elevate e dà scarsi risultati.
Dopo aver trascorso numerosi anni a scuola e all’università, le don-ne si sposano e si chiudono in casa. Senza dubbio è bene che intra-prendano la vita matrimoniale e formino delle famiglie ideali, ma ciò impedisce loro d’utilizzare tutto quello che hanno appreso scru-polosamente e con tanti sacrifici. L’educazione non deve concludersi con l’acquisizione di una laurea o di un diploma: quella non è la vera prova della propria cultura. La cultura non è un fattore così meccanico, deve ispirare anche il più abulico degli individui; non deve lasciare posto all’orgoglio, al-l’ostentazione e alla gelosia, ma deve condividere con tutti la sua luce. Come il magnete attiva l’inerte pezzo di ferro, così vidyā, la cultura superiore che acquisite qui, dovrà ispirarvi e portarvi a più alti livelli di azione e pensiero, e conferirvi la luce dell’intuizione. Inoltre deve rendere felici i genitori e il vostro prossimo, e fare in modo che la vostra vita sia d’esempio per gli altri. Rendetevi conto che state studiando in questo istituto per raggiungere tali obiettivi. [4] Una volta Einstein, l’eminente scienziato e filosofo, incontrò un famoso poeta e gli domandò quale fosse il segreto della sua notorie-tà e fama. Il poeta condusse Einstein nella sua libreria e gli fece no-tare la Bhagavad Gītā, il Ṛgveda, il Brahmasūtra, le upaniṣad e alcu-ni scritti di Śaṅkara, confessandogli che quei testi gli avevano con-ferito la saggezza che si rispecchiava nella sua poesia. Ma numerosi scienziati tuttora negano i valori spirituali, sono immersi nel più gretto materialismo e si tengono stretti al motto: ‘Credo solo in quello che vedo.’ Molti hanno fiducia nei calcoli fatti dagli scienziati sulle distanze planetarie e sulle dimensioni dei corpi celesti, ma dubitano delle esperienze raggiunte da coloro che hanno indagato nel loro spazio interiore, nelle profondità dello Spirito; questi ricercatori hanno vi-sto, sperimentato e gioito delle Verità che hanno annunciato. È una
caparbietà irragionevole quella che tiene molte persone attaccate alle credenze che hanno accettato e che ritengono inconfutabili. Un detto asserisce: ‘È possibile tenere stretto il fuoco nel palmo del-la mano, toccare il cielo come con un’entità concreta, ma è impossi-bile affinare la mente di un uomo ottuso e ostinato’. Infatti, è possi-bile svegliare un individuo che stia dormendo, è possibile far alzare e muovere chi non è addormentato, ma nessuno riuscirà mai a sve-gliare una persona che finge di essere addormentata. Eludere osti-natamente e volontariamente la luce della saggezza è un grave pec-cato contro la spiritualità. Le nostre studentesse devono accogliere di buon grado quella luce in ogni momento e da qualsiasi fonte provenga.Non dovete poi abbandonare quest’attitudine appena lasciate l’isti-tuto. Alcuni perdono persino le loro qualità umane non appena escono dal college, dopo aver terminato gli studi. A cosa serve tutto l’insegnamento che hanno ricevuto? E le spese che hanno dovuto affrontare? Se tutti quei soldi fossero stati depositati in banca, avrebbero potuto vivere di rendita. Invece, quello che hanno ricava-to da questo luogo sacro è una testa vuota e un portafoglio altret-tanto vuoto. Che cosa potrà mai ricevere il mondo da simili falli-menti? [5] Tutti devono svolgere delle attività che apportino tangibili bene-fici al mondo. Per esempio, andate nei villaggi e aiutate gli abitanti a mantenerli puliti; istruite le donne dei villaggi sulle nozioni fon-damentali relative alla salute dei bambini, alla loro crescita ed edu-cazione. Quando non si gode di buona salute si cade facilmente preda dell’abbattimento e della disperazione, mentre se c’è la salute l’energia pervade sia la mente sia il corpo. Se fate un servizio con amore, vi farete promotori di molta gioia, ma nessun atto di servi-zio deve essere considerato umiliante: spazzare le strade, ad esem-
pio, non sminuirà la vostra dignità. Non spazzate forse il pavi-mento di casa vostra? Non sfregate e lavate per eliminare la sporci-zia? Se intraprendete tali lavori, vedrete che anche gli abitanti dei villaggi collaboreranno con voi di buon grado. Perché vergognarsi di fare il bene? Lo scherno che qualcuno potrebbe gettarvi addosso è lo stesso che molti Santi in passato hanno ricevuto come ricompensa ai loro sa-crifici; in ogni caso lo scherno è qualcosa che scompare in fretta. Maometto fu cacciato dalla Mecca da quelli che non sapevano ap-prezzare i suoi insegnamenti, Gesù invece fu crocefisso, ma i loro nomi riecheggiano con riverenza in milioni di cuori. Affrontate quindi coraggiosamente la derisione e immergetevi in attività di servizio altruistico e intelligente. Questo istituto rappresenta nell’ambito del servizio il fiume Gange; il Campus di Bangalore che rappresenta lo Yamunā vi confluisce ed entrambi includono e accolgono il fiume Sarasvatī, cioè il Campus di Praśānti Nilayam. Ora Io procederò verso lo Yamunā per poi raggiungere il Sarasvatī. Gli studenti e gli insegnanti di questi istituti devono vivere in ar-monia e cordialità, animati da uno spirito di mutua collaborazione. Sono sicuro che vi comporterete così e vi benedico affinché otteniate il successo in questo vostro impegno.

Anantapur Campus, università femminile, 1.12.1982