7 Dicembre 1978
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
I quattro difetti
[1] L’educazione deve portare all’illuminazione; le tenebre dell’ignoranza
e l’oscurità del dubbio devono dileguarsi davanti a tanto
splendore. Così nella luminosità del cuore sarà facile coltivare
buoni pensieri, buoni sentimenti e buoni impulsi. Invece, come accade
in alcune persone perverse, i pensieri malvagi, i cattivi sentimenti
e impulsi provengono dall’oscurità stessa. La prima è la via
di Rāma, la seconda è la via di Rāvaṇa.
L’educazione non esaurisce il suo compito con l’accumulo di informazioni,
ma deve indurre l’individuo a trasformare le sue abitudini,
il carattere e le aspirazioni. La conoscenza va sperimentata nelle
attività quotidiane. L’uomo è inconsapevole del prezioso patrimonio
che possiede interiormente, è interessato a tutto tranne che al
suo Sé; se solo ne prendesse coscienza, potrebbe acquisire un’immensa
forza, pace profonda e grande gioia.
È come quell’uomo che, trovandosi sotto il sole cocente e abbagliante,
si lamenta dicendo: ‘Oh, sono nella totale oscurità, sono nel buio
della notte’. Oppure è come quello che, sulla riva del Gange, geme e
grida che ha una sete insopportabile.
Egli è la vera incarnazione della pace, della beatitudine e dell’amore,
ma non ne è a conoscenza. Così vive i suoi giorni, immerso nella
paura, nell’odio e nel dolore.
[2] La scienza ha fornito all’uomo la radio, la televisione e il cinema.
Tutti e tre sono utili e possono fare del bene solo se sono gestiti con
competenza da persone che abbiano una pura coscienza sociale e
amore nel cuore. Oggi, invece, sono nelle mani di gente priva di un
alto livello morale, che li considera solo strumenti per accumulare
denaro; perciò i mezzi d’informazione sono diventati veri e propri
nemici del progresso umano. Le giovani e tenere menti dei bambini
sono inquinate da questi moderni mezzi di comunicazione.
L’uomo deve purificare la mente da quattro gravi difetti, prima che
sia sopraffatto dalla catastrofe che lo sta rapidamente travolgendo:
aśraddha, mancanza di fede e fiducia; krodha, rabbia, ira; aviśvāsa,
mancanza di fiducia in sé stesso; cintā, perenne preoccupazione.
Si afferma che chi è dotato di fede otterrà jñāna, la saggezza. Com’è
possibile acquisire jñāna con una dedizione tiepida o fiacca? Oggi i
giovani sono molto volubili e incostanti, vengono sviati da fantasie
capricciose e da frivolezze, sono riluttanti a ricercare la verità su sé
stessi e sul mondo, e rincorrono quello specchio d’acqua che vedono
riflesso in un lontano miraggio.
Possono le lucciole far risplendere una lampada? La leggerezza e la
volubilità non possono dare pace e felicità; prima bisogna scoprire
quello che ha realmente valore, poi lo sforzo costante è essenziale
per poterlo conseguire.
[3] La collera è mortalmente velenosa, e colpisce anche gli altri con i
suoi fumi che si manifestano attraverso gli occhi, la lingua e le mani.
Il seme di un albero velenoso germoglia e diventa una pianta
tossica e, quando cresce, le sue foglie, i fiori e i frutti saranno certa-
mente velenosi. Allo stesso modo, chi si lascia andare alla rabbia
può solo emanare veleno attraverso i pensieri, le parole e le azioni.
Un pensiero rabbioso è come un sasso gettato nelle calme e placide
acque del mānasa sarovar, il lago della mente, tanto che quel sasso
crea numerosi cerchi che si estendono a tutta la superficie del lago.
L’ira è molto nociva al progresso dei giovani, perciò sforzatevi con
ogni mezzo di prevenire che il veleno dell’irascibilità penetri nella
vostra indole. Coltivate l’amore, la gentilezza, lo spirito di servizio e
incoraggiate i pensieri di collaborazione verso gli altri; riconoscete
la Divinità in tutti, così come in voi stessi.
Il terzo impedimento è la scarsa fiducia in sé stessi. Voi avete fiducia
nel corpo e non nell’Animatore interiore: l’Auriga divino. Ecco
perché la fede vacilla se accadono delle sventure minori. Riflettete
sulla transitorietà della ricchezza, della fama, dell’amicizia terrena.
Oggi i giovani hanno fede nei piaceri e negli svaghi irreali, effimeri
e momentanei, ma non hanno fede nell’Eterno, nell’Immutabile e
nel sempre Beato; i preziosi anni della vita vengono così sprecati in
ricerche vane e futili. Abbiate fiducia nel valore del servizio, siate
convinti che l’amore può vincere l’odio, coltivate la fede nella retta
condotta e in una vita colma di moralità. Tutto ciò è detto dharma
(rettitudine), infatti ‘dhara’ significa ciò che è indossato, che avvolge.
Non prendete strade sbagliate, lasciandovi attrarre dai desideri sensoriali
e da progetti di arricchimento personale.
[4] L’altra attitudine da superare è cintā, l’abitudine a vivere in uno
stato di continua preoccupazione e avvilimento. Se quest’erba infestante
si radica nella mente, assume molte forme per mantenere
stretta la sua presa. Ogni stadio della vita è carico di ansia, ogni piccolo
progresso causa preoccupazioni; infatti, la nascita, la morte, la
vecchiaia, la malattia non fanno altro che aumentare l’angoscia e il
turbamento. Prendere sonno crea molta ansietà, e alzarsi dal letto
crea grande apprensione; essere ammessi all’università o all’ostello
è fonte di preoccupazione, e tutti gli esami sono un tormento. Tali
vicende non devono provocare tanto nervosismo, perché non sono
essenziali quanto la necessità di rimuovere l’errore fondamentale
dal vostro pensiero: ovvero ignorare il Divino che ispira e guida
sempre.
Ci sono due metodi per acquisire la conoscenza: la via materiale e
quella spirituale o la via del Brahman. Il sentiero secolare è come un
paio di forbici: taglia la conoscenza a pezzi. La via del Brahman è
come un ago che trasforma e unisce le frazioni separate in una parte
unica e indivisibile. L’aspirante spirituale deve essere consapevole
di entrambe. Se affermate che una persona è uno jñāni, saggio che
ha raggiunto la liberazione, significa che è passato attraverso questi
due stadi.
La scienza o lo studio delle materie secolari, di cose misurabili e
calcolabili, può fornire solo informazioni parziali e incomplete. Nella
profondità del mare ci sono molte perle, ma per prenderle dovete
immergervi e arrivare sino ai fondali, perché le onde buttano fuori
solo le conchiglie vuote.
Oggi, in questo istituto viene celebrato il compleanno di Svāmī. Solo
se coltiverete la fratellanza, la devozione, la dedizione e la disciplina,
Svāmī potrà insediarsi nel vostro cuore. Fate il possibile per
sviluppare l’amore e per condividerlo con tutti, in particolare con
gli abitanti dei villaggi da cui provenite, impegnandovi a migliorarne
le condizioni morali ed economiche.
7.12.1978