6 Giugno 1978
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Educazione ai Valori Umani
[1] I bālvika, i programmi di educazione1 ai valori umani per bambini,
rappresentano la base fondamentale del grande movimento per
ristabilire il dharma nel mondo. Gli adulti hanno già consolidato il
loro comportamento ed è quindi difficile aspettarsi da loro dei cambiamenti.
I bambini invece devono essere guidati ad acquisire la
semplicità, l’umiltà, la disciplina e la retta condotta. Tutti i genitori
devono venire persuasi amorevolmente, attraverso il luminoso
esempio dei bambini ‘bālvika’, a mandare anche i loro figli a queste
lezioni di educazione ai valori umani.
Come ben sapete, non riuscirete a portare i bambini dalla vostra
parte se tenete in mano un bastone: dovete invece tenere in mano
dei dolci; perciò gli insegnanti devono essere la personificazione
dell’amore e della pazienza.
L’obiettivo dei corsi bālvika è educare una generazione di ragazzi e
ragazze che abbiano una coscienza pulita e trasparente. Il programma
didattico non è così importante quanto creare un’atmosfera
in cui il comportamento esemplare e i nobili ideali possano crescere
e dare frutti.
[2] Gli allievi seguono la disciplina e il programma bālvika solo un
giorno alla settimana, mentre negli altri giorni frequentano la loro
solita scuola. Pertanto l’influenza dell’insegnante deve essere molto
forte se vuole fare da catalizzatore per trasformare i modelli comportamentali
degli allievi.
Anche la famiglia deve rendersi conto del cambiamento comportamentale
del bambino. È opportuno incontrare le mamme degli allievi
una volta al mese, o anche più spesso, e dare loro delle indicazioni
precise sulla tutela dei bambini e sui valori della famiglia e
della vita sociale. Voi potete suggerire i modi e i mezzi per seguire
le attività bālvika e per educare correttamente i bambini, anche se a
casa i genitori dovranno avere la loro libertà.
In ogni caso i bambini devono tenere sotto controllo le tendenze
dannose, avere un comportamento rispettoso nei confronti dei familiari
più anziani e badare alla loro condotta soprattutto quando ci
sono altri bambini, poiché i più piccoli apprendono molto con l’imitazione.
[3] Lo spirito di comprensione e di solidarietà deve pervadere l’intera
famiglia. Questo punto essenziale deve essere ben sottolineato
nelle riunioni con le madri, e diverrà un tema supplementare del
programma bālvika.
Le case in cui i bambini bālvika crescono, come tutte le case, devono
essere pulite e con vibrazioni esenti da odio, invidia, avidità, di-
sprezzo e ipocrisia. Il cibo che il bambino assume deve essere sattvico
(puro e vegetariano).
Tra i due e i cinque anni d’età, la mente del bambino viene influenzata
profondamente dalle persone più vicine, perciò i genitori devono
stare molto attenti a dare un buon esempio.
Gli operatori, i funzionari, gli insegnanti e i volontari (sevādal) dell’Organizzazione
Sathya Sai nel mondo, tutti devono ricordare che
sono sempre oggetto di un attento esame da parte del pubblico,
ovunque siano e qualsiasi cosa facciano; pertanto non devono lasciarsi
condizionare da quelle abitudini e azioni che tanto raccomandano
agli altri di evitare.
Gli insegnanti non devono escludere i loro figli dalle lezioni bālvika;
non devono perdere la pazienza, devono tenere le loro emozioni
sotto controllo e non mostrare depressione, sconforto o una volontà
vacillante.
La qualità del lavoro è ben più importante della quantità, perciò gli
insegnanti non devono impegnarsi a fare di più di quello che possono
svolgere in modo soddisfacente: la loro stessa coscienza farà
da giudice; se sentono di aver compiuto il loro dovere in modo apprezzabile
verso i bambini e la società, allora potranno riposare contenti.
[4] Ovviamente, non ci sono condizioni tanto favorevoli per la diffusione
degli ideali spirituali, quali vivere con semplicità, la ricerca
spirituale e il servizio altruistico. Spesso le insegnanti devono occuparsi
dei bambini i cui genitori non sono devoti di Sai o di un’altra
forma del Divino. A volte i mariti delle insegnanti scoraggiano l’entusiasmo
e la dedizione con cui esse intraprendono il loro lavoro
ma, nonostante tutto, so bene che è stato raggiunto un grande successo
nel divulgare il movimento bālvika nel Paese.
Tuttavia, c’è ancora una grande possibilità d’espansione, soprattutto
nelle aree più degradate e nei villaggi. Inoltre ci sono tanti altri
problemi: risolveteli con discriminazione e con grande amore, affrontateli
con il desiderio di servire i bambini al meglio, e tutte le
difficoltà potranno essere superate con facilità.
Gradualmente vi renderete conto che i programmi bālvika sono concepiti
non solo per educare i bambini ma anche gli insegnanti, e che
questi faticosi programmi sono destinati a elevare e a sublimare i
pensieri e le emozioni degli insegnanti più di qualsiasi altra disciplina
spirituale.
Ricordate che anche voi avete un guru che vi guida e che sorveglia il
vostro servizio; quindi anche voi siete degli allievi e, mentre operate
come insegnanti, anche voi imparate le lezioni di uguaglianza,
equanimità e amore altruistico.
[5] Nelle classi bālvika, cercate d’inserire bambini di fedi diverse, in
modo che l’amicizia fra loro possa trasformarsi in comprensione, e
la comprensione in amore. All’inizio, non parlate delle differenze
tra le varie religioni, ma piuttosto sottolineate le affinità e le analogie,
affinché la tenera mente dei bambini che vi sono affidati non
venga confusa.
Ai vostri allievi raccontate storie tratte dalle scritture di tutte le religioni,
in tal modo essi comprenderanno che i santi e i veggenti di
tutti i Paesi sono ugualmente buoni e grandi.
Fate in modo che i bambini comprendano che la preghiera è universale
e che l’invocazione pronunciata in qualsiasi lingua, rivolta a
qualsiasi nome divino, raggiunge il medesimo Dio. Insegnate loro
che Dio può essere invocato attraverso un’immagine o un idolo, al
fine di esaudire un desiderio sincero, purché sia utile agli altri e a sé
stessi.
L’amore sa unire tutti i bambini, i quali non hanno ancora imparato
a odiare; allo stesso modo, l’amore può unire tutta l’umanità, a
condizione che l’individuo elimini la propria avidità, l’invidia, il
desiderio e l’attaccamento.
L’insegnante deve dare agli studenti le lezioni sulla condotta e i
buoni consigli contenuti nelle scritture di tutte le religioni. I Veda
insegnano che l’uomo deve adorare e venerare Dio con gratitudine
per le Sue benedizioni, mentre la Bibbia suggerisce che deve pregare
per la pace e mettere in pratica la carità. Il Corano esorta il fedele
a mostrare misericordia verso i sofferenti e ad abbandonare la sua
volontà all’Onnipotente. I testi buddisti insegnano la lezione del distacco
e del controllo dei sensi. I testi dello Zend-Avestā2 sollecitano
l’uomo a liberarsi delle tendenze malvagie e a risplendere della sua
gloria innata.
[6] Gli insegnanti devono assimilare e fare proprie tutte queste qualità
per trasmetterle ai loro allievi attraverso il precetto e l’esempio;
soprattutto devono essere dotati di pazienza e tolleranza, nonché di
un temperamento calmo e sereno; devono essere pronti ad affrontare
tutte le difficoltà che derivano dall’ambiente, senza lasciarsi turbare
o irritare. Se qualcuno vi chiede se avete un carattere calmo,
non infuriatevi: alcuni si arrabbiano se viene posta loro una simile
domanda.
Anche se dovete parlare severamente con un bambino o un genitore,
perché altri metodi non hanno dato alcun esito, mantenete il vostro
cuore tenero e amorevole, non induritelo a causa del pregiudizio
e dell’odio.
Per essere in grado di svolgere questo servizio dovete praticare
quotidianamente con sincerità e regolarità una disciplina spirituale
individuale. Recitare il praṇava, la sacra sillaba oṁ, fa parte di tale
impegno spirituale. A Praśānti Nilayam è stabilito che il canto dell’oṁ
prima dell’alba debba essere ripetuto ventuno volte; questo
numero non viene fissato in modo arbitrario, ma ha un significato
ben preciso.
Noi abbiamo cinque organi di azione, cinque organi di percezione e i
cinque soffi vitali che ci sostengono; infine abbiamo i cinque involucri
che racchiudono la scintilla divina che è la Realtà. Recitare l’oṁ
ventuno volte purifica e rende limpidi i venti componenti suddetti e
rende l’uomo, la ventunesima entità, pronto alla fusione finale con la
Realtà.
Il jīvatattva, il Principio d’individuazione, si fonde nel paratattva, la
Suprema Realtà; il jīvatattva può essere raffigurato come il cavaliere
che monta un cavallo con venti teste.
Infine, il canto dell’oṁ si conclude recitando per tre volte
śānti śānti śāntiḥ
Pace al corpo, alla mente e allo spirito
che completa il processo di purificazione e affinamento. La prima
invocazione di śānti (pace) è per la purezza del corpo, la seconda è
per la purificazione della mente, infine la terza è per la purezza dello
spirito.
Recitare il praṇava vi ritemprerà, placherà le agitazioni mentali e accelererà
la discesa della grazia divina.
[7] Il praṇava, la sacra sillaba oṁ, è il suono primordiale prodotto
dalle vibrazioni della creazione al manifestarsi della volontà del
nirguṇa nirākāra3 Brahman, e viene chiamato śabda brahman, il divino
suono trascendente. È una combinazione dei suoni A, U, M. Proprio
come la parola Dio è pronunciata per intero e non separatamente
‘di, i, o’, così anche le lettere A, U, M vengono pronunciate oṁ.
La A viene emessa dalla gola, la U dalla lingua che rimane all’interno
della bocca, e la M viene formulata dalle labbra, ma quando si
recita la sillaba oṁ, il suono scaturisce dalla regione dell’ombelico.
L’oṁ va recitato lentamente e con ponderazione. Il suono deve essere
come quello di un aereo che in lontananza si avvicina al posto in cui
vi trovate, prima silenziosamente poi sempre più forte; infine l’aereo
si allontana e gradualmente ricade il silenzio. La A è il nadir, il punto
più basso; la U è lo zenit, l’apice, è il ‘Kailāsa’, la dimora di Dio; la M
è il finale.
Nello śrī cakra, il sacro diagramma mistico, in cui è evocata parāśakti,
il Principio di Energia cosmica e la Divinità che vi presiede, la sillaba
oṁ è proprio al centro e intorno sono raffigurati tutti gli altri simboli.
Anche l’uomo deve insediare l’oṁ al centro di sé stesso. Oṁ è il vero
principio vitale di ogni mantra, come pure di ogni uomo. Il mantra è
quello che salva l’uomo; in realtà, l’uomo non è altro che la mente
con cui può meditare sul mantra. Potete eseguire la disciplina del
suono trascendente osservando il vostro respiro che entra ed esce e
ascoltando in silenzio il ‘soham4’. Quando inspiriamo, emettiamo il
suono ‘so’ e quando espiriamo, emettiamo il suono ‘ham’. Dovete
riflettere sul significato di soham. Chi siete voi? Siete ‘Quello’, siete
una scintilla del Divino; non siete il corpo, i sensi, la mente, l’intelligenza,
con cui ora v’identificate. Voi siete Dio, ma siete indotti a ingannare
voi stessi credendo di essere legati a questo corpo.
Questa disciplina è essenziale per tutti gli operatori e i volontari Sai,
poiché è la sola che può conferire la pace e l’altro prezioso dono che
è prema, il puro amore. Tale pratica cambierà la vostra visione e vi
consentirà di vedere l’unità dove prima eravate disorientati dalla
diversità, ovvero dalle differenze di linguaggio, religione, nazionalità,
fede, colore e casta.
I corsi bālvika saranno di maggiore utilità e beneficio dopo aver coltivato
e ottenuto questa nuova visione. Pertanto, sia gli insegnanti
sia gli allievi devono decidersi a praticare tale disciplina con costanza,
e considerare che anche il lavoro e l’impegno dedicati ai corsi
bālvika ne fanno parte integrante.
Bṛndāvan, Corso di addestramento insegnanti bālvika, 6.06.1978