4 Settembre 1979 – La festività di Onam

4 Settembre 1979

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

La festività di Onam

[1] È sacrosanto dovere dei devoti custodire e proteggere il ricco patrimonio
culturale di questo Paese, il cui passato risplende della
gloria di illustri maestri di musica, arte e scienze. L’India ha dato la
luce anche a grandi guide spirituali.
Il Paese di Bhārat è oggi tormentato da gravi problemi che sono per
lo più causati dall’egoismo, dalla gelosia e dall’odio; il suo glorioso
passato potrà essere ripristinato solo eliminando queste tendenze
malvagie.
La storia della festività di Onam1 si riferisce all’imperatore Bali che
era la personificazione del sacrificio, il quale però aveva in sé alcune
tracce di egoismo. Poiché le sue buone qualità erano predominanti,
Bali riuscì a superare gli effetti negativi dell’ego con la grazia
del Signore Viṣṇu, che apparve davanti a lui nella forma di un giovane
bramino di nome Vāmana.
[2] Bali governava il suo regno osservando rigorosamente i principi
del dharma. Egli era figlio di Virocana e nipote di Prahlāda, per cui
non c’è da stupirsi che Bali possedesse grandi qualità devozionali.
Dopo aver ottenuto il consenso del suo guru Śukrācārya, egli eseguì
un grande rito sacrificale, detto viśvajit yajña. Il termine sanscrito
viśva sta a indicare la totalità dei cinque elementi, dei cinque sensi e
dei cinque involucri del corpo umano, e viśvajit simboleggia la vittoria
su viśva, che letteralmente significa ‘universo’.
Indra, il Signore degli Dei, è chiamato così perché è il governante
dei sensi o indriya; nell’uomo è manas, la mente, che deve tenere i
sensi sotto controllo.
Indra voleva regnare sul paradiso, mentre Bali non desiderava niente
del genere. Indra era solito propiziare e supplicare Viṣṇu per ottenere
quello che desiderava, mentre Viṣṇu stesso discese nella
forma del ragazzo bramino, di nome Vāmana, per pregare Bali [di
concedergli tre passi di terra]. Così Bali dimostrò di essere superiore a
Indra.
[3] Vāmana proveniva dal famoso sidhāśram2 che fu fondato da
Kaśyapa (che rappresenta il puruṣa o l’uomo) e Aditi (che rappresenta
il femminile, prakṛti o la manifestazione). Grazie all’unione di
Kaśyapa e Aditi (puruṣa e prakṛti) nacque la discendenza conosciuta
come siddhi3, che era l’incarnazione del viṣṇu tattva4.
Il sidhāśram era situato sulle rive del fiume sacro chiamato Pavitra,
che rappresenta la vita. Siddhi (perfezione) verrà sempre trovata sulle
sponde della corrente della vita, quando la purezza di mente e di
cuore prevale nell’uomo. Grazie al fatto che in questo āśram tutti i
sacri propositi potevano essere realizzati, esso prese il nome di
sidhāśram.
Il saggio Viśvāmitra5, dopo essere riuscito a completare il suo rito
sacrificale con l’aiuto di Rāma e Lakṣmaṇa6, fece risiedere i due fratelli
per qualche tempo presso il sidhāśram, e fu appunto in quel
luogo sacro che Bali conseguì mokṣa, la liberazione.
[4] L’emanazione e l’espandersi del Principio Divino di Viṣṇu, il Signore
che tutto pervade, è conosciuto come trivikrama7 tattva, il
Principio o Realtà Divina che si diffonde nei tre mondi.
Il Principio trivikrama è rappresentato dal gāyatrī mantra e più precisamente
dalla sacra formula bhūr bhuvaḥ svaḥ, che sta a indicare il
bhūrloka (terra), il bhūvarloka (il mondo intermedio) e lo suvarloka (i
cieli o paradiso). Pensare che questi tre mondi esistano uno al di sopra
dell’altro, come se fossero una scala, è sbagliato; in realtà, essi
sono compenetrati e l’uno esiste entro l’altro.
Il significato reale della configurazione geometrica dei tre loka
(mondi) è che i cinque sensi, i cinque elementi e i cinque involucri,
che costituiscono il corpo umano, trovano la loro equivalenza nel
bhūrloka. L’energia vitale o prāṇa e il manas tattva o principio mentale
sono in relazione con il bhūvarloka; mentre lo stato di ānanda o
beatitudine corrisponde al suvarloka.
In definitiva, si può affermare che i tre mondi (la terra, il mondo intermedio
e i cieli) non siano altro che il deha tattva, il manas tattva e
l’ānanda tattva, ovvero la realtà del corpo umano, della mente e della
beatitudine, e che la totalità di tutti e tre rappresenti il trivikrama
tattva, il Principio o Realtà Divina che si diffonde, si espande nei tre
mondi e tutto pervade.
Inoltre i tre aspetti suddetti del trivikrama tattva possono essere intesi
come i tre stati di coscienza individuale:
‘Quello che pensate di essere’ [il corpo], ‘Quello che gli altri pensano
voi siate’ [la mente], ‘Quello che realmente siete’ [l’ātma o Sé].
Grazie alla disciplina spirituale, è possibile ascendere dal bhūrloka al
bhūvarloka e infine al suvarloka. Il conseguimento del suvarloka è detto
mokṣa o liberazione, e rappresenta lo stato di completa unione o
fusione con il Signore.
È detto mokṣa poiché l’illusione di moha (attaccamento) viene annientata;
infatti il termine mokṣa sta per moha kṣaya che significa distruggere,
sradicare completamente ogni infatuazione, desiderio e
attaccamento per il mondo fenomenico e oggettivo, che è transitorio
e quindi puramente illusorio.
[5] Bali era la personificazione della rinuncia e del sacrificio, e rappresenta
il principio di carità e di rettitudine. Poiché Onam è una
festività che viene celebrata per commemorare il ritorno di Bali nella
sua forma sottile (sūkṣma rūpa), è imperativo che tutti ricordino e
mettano in pratica gli ideali che Bali personificava quando era in
vita. Ricordate anche che la visita di Bali deve essere giornaliera e
non solo una volta all’anno! Ma voi ve ne dimenticate perché nella
vostra vita quotidiana lasciate ampio spazio a molti tratti indesiderabili
come l’avidità e l’egoismo, che oggi hanno raggiunto proporzioni
gigantesche. È proprio a causa di queste critiche condizioni
che il mondo periodicamente scende in guerra.
Il messaggio che Bali vuole annunciare e diffondere è che l’uomo
deve eliminare tutte le cattive qualità e rendere il cuore puro, in
modo che il Signore possa risiedervi.
Un altro importante aspetto che Bali ha dimostrato con la sua vita è
che il sacrificio di sé deve essere parte integrante delle azioni umane.
Tutti gli esseri compiono delle azioni, ma solo l’uomo, se vuole,
può agire e rendere il sacrificio un elemento fondamentale di ogni
attività; ciò è possibile grazie alla sua capacità di pensare e riflettere.
Sfortunatamente l’individuo usa le facoltà che Dio gli ha donato
solo per esporre teorie e per predicare, ma mai per mettere in pratica
quello che predica.
[6] Le innumerevoli festività di Onam sono arrivate e passate! Molti
hanno predicato per anni il suo significato, ma il cuore umano continua
a essere impuro.
Bali metteva in pratica quello che predicava, mentre il suo riverito
guru, Śukrācārya, non lo faceva, come dimostrò chiaramente quan-
do cercò di evitare che Bali donasse tutto quello che possedeva a
Vāmana. Predicare e praticare sono come i due occhi. Poiché Śukrācārya
predicava senza mettere in pratica, simbolicamente, un
suo occhio fu reso inefficiente, perché un uomo con una mente duale
è mezzo cieco. Nella vita dovete essere come Bali, non come il
suo guru, e dovete rendervi conto che per ottenere una cosa, un’altra
dovrà essere sacrificata. Attraverso il sacrificio di sé stesso, Bali
dimostrò che, se l’uomo sacrifica tutto, otterrà mokṣa, la liberazione.
Il vero sacrificio comprende due cose: primo, realizzare la causa
della vostra schiavitù in questa vita; secondo, troncare la schiavitù
stessa. Erroneamente, l’uomo pensa che la ricchezza, la famiglia,
ecc. siano gli obblighi che lo legano e che, eliminandoli, riuscirà a
sacrificare tutto e ad avere i requisiti necessari per ottenere mokṣa. In
realtà, questa non è la vera prigionia. L’ignoranza che lo induce a
identificarsi con il proprio corpo è la vera schiavitù. Chi spezza
queste catene, come fece Bali, conseguirà la liberazione. Tuttavia,
per liberarsi dalla prigionia è indispensabile purificare il cuore; lavare
il corpo con acqua e sapone e profumarsi non pulisce né purifica
la mente.
[7] In questa epoca (kali yuga), il ricordo costante di Dio e la ripetizione
del Suo Nome sono il modo più semplice per purificare la
mente, e abbandonarsi a Dio con una mente pura è il modo più sicuro
per ottenere la liberazione.
Bali offrì il suo corpo e la sua vita per i primi due passi di terra richiesti
da Vāmana. Per il terzo passo, Bali offrì la sua anima al Signore
e si abbandonò a Lui completamente. Ecco perché il Signore
pose il piede sul capo di Bali e lo spinse giù negli inferi; in tal modo,
spingendolo nelle regioni più basse dell’universo, distrusse ogni
traccia del suo ego. Così Bali fu liberato dalla schiavitù della nascita
e della morte.
Il termine bali ha anche un altro significato: addebito per un servizio
reso, o tassa. Noi paghiamo la bolletta per la fornitura dell’acqua,
anche se sappiamo bene che quell’ente non è responsabile della
creazione dell’acqua. Ma che prezzo paghiamo al Creatore dell’acqua?
Nessuno, tuttavia vogliamo ricevere la Sua grazia. Com’è possibile
ottenere la Sua grazia senza pagare un tributo? Il contributo
che il Signore si aspetta è la devozione e la purezza di cuore. Ecco
l’essenza del messaggio di Onam!
Questa non è una festa che si celebra una volta all’anno: il suo messaggio
deve diventare uno stile di vita per tutti. I tre eventi che
Onam simboleggia devono essere tenuti bene a mente: l’Incarnazione
del Signore Viṣṇu nelle vesti di un ragazzo bramino; il conseguimento
della liberazione da parte di Bali; la fusione di Bali con il
Signore.

Bṛndāvan, 4.09.1979