30 Luglio 1978
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
L’Amore trionfa sempre
[1] Oh uomo! Valuta bene se ottieni gioia duratura da tutto il duro
lavoro che fai da quando ti svegli al mattino fin quando ti corichi la
sera; è una fatica incessante e senza limiti che spesso non ti lascia
neppure un momento d’intervallo per ricordare lo splendore e la
maestà di Dio. Non c’è quindi da stupirsi che, sebbene Dio sia
ovunque, ben pochi l’abbiano visto. Come si suol dire, ‘Govinda
appartiene a tutti’, ma quasi nessuno afferma che Dio sia tutto per
lui. In prosa o in poesia, molti esaltano la bellezza e la maestà di
Dio, ma si contano sulle dita di una mano le anime che ricevono la
Sua Grazia. La dolcezza dell’ambrosia è nota solo a quelli che la
mettono sulla lingua, e non a chi la raccoglie in tazze, in coppe o
persino in barili.
C’erano tre mistici dello Stato dell’Andhra Pradesh che, per così dire,
avevano sempre il ‘dolce nettare’ sulla lingua e così declamavano
l’estasi che provavano e il Dio che realizzavano. Come potete
ben immaginare, essi erano: Potarāju1, Goparāju e Tyāgarāja. I tre
mistici erano sempre consapevoli del Principio Divino, non avevano
mai deviato dalla via della devozione e dell’assorbimento in Dio,
e avevano compreso che potevano affidarsi soltanto a Lui, come loro
Signore e Protettore.
Oggi, molti venerano i ricchi e i potenti e li esaltano come loro patroni
e benefattori, li rincorrono e si umiliano per adularli. Ma per i
tre mistici l’unico protettore, Signore e patrono era Dio stesso.
[2] Tyāgarāja avrebbe potuto ricevere doni inestimabili dai suoi regali
patrocinatori, ma rifiutò tutti gli onori che i suoi contemporanei
erano disposti a tributargli. Egli diceva: “Oh mente! Dimmi se sono
i tesori donati da personaggi eminenti oppure se è la Divina Presenza
di Rāma nel cuore che può conferire pura e assoluta gioia.”
Pertanto i messaggeri del re dovevano ritornare a palazzo con tutti i
doni che gli avevano portato.
Anche Potarāju aveva il medesimo atteggiamento nei confronti delle
ricchezze materiali perché anch’egli era immerso nell’estasi divina.
Un giorno, suo cognato gli suggerì di dedicare al re il ‘Bhāgavata’,
il grande poema in lingua Telugu, così il re gli avrebbe regalato
splendidi diamanti, salvandolo per sempre dalla povertà.
Potarāju rispose: “Piuttosto che dare in sposa l’incantevole e angelica
damigella della poesia a ricchi e selvaggi barbari per ottenere in
cambio cibo contaminato, preferisco nutrire me stesso, mia moglie e
i miei figli con i frutti e le radici della foresta. Dedicherò questo
poema epico solo a Dio che mi ha ispirato e ha concesso il canto alle
mie labbra. Nessun altro merita tale offerta. Con assoluta fedeltà
sono legato solo alla Divinità Suprema, Rāmacandra.”
Poi abbiamo Goparāju che ha costruito il tempio di Bhadrāchalam
nello stato dell’Andhra Pradesh. Oggi è difficile trovare uomini che
si astengano dall’appropriarsi indebitamente dei fondi destinati alla
costruzione di un tempio. Ma Goparāju impiegò la sua vita e i mezzi
propri e dei suoi amici e parenti per ricostruire e ristrutturare il
tempio di Rāma a Bhadrāchalam.
In seguito, mentre era in carcere per presunto abuso dell’entrate
erariali, egli implorò Rāma: “Con l’importo di 10.000 varāha ho fatto
forgiare una collana di gemme verdi per Madre Sītā; quindi ho fatto
fare una corona di diamanti per te, oh mio Rāmacandra. Tu le hai
accettate e ti sei dato delle arie. Oh Rāma, non arrabbiarti per le mie
parole pungenti. Quando la gente tira qualche colpo mancino, sbotto
dicendo parole aspre. Ti prego, perdonami!” Capite quanto Goparāju
sentiva Rāma vicino a sé ed era pieno d’amore per Lui?
[3] Personaggi così grandi non si trovano solo in Andhra Pradesh,
ma anche in altre regioni. La cultura indiana ha sempre onorato devoti
simili, poiché sono grandi esempi per l’uomo comune. Leggete
le vite di questi santi, riveriteli e seguite le loro orme, ma per poterlo
fare dovete frequentare le buone compagnie.
Nella maggior parte dei templi dedicati a Śiva vedrete anche la statua
del toro Nandi, collocata a destra di fronte al liṅgam. Per avere il
darśan di Śiva, i devoti guardano oltre la testa del toro, che con intensa
devozione sta beneficiando del darśan divino, di cui anche i
devoti vorrebbero gioire.
Come i devoti di Śiva rimangono in compagnia del Suo veicolo, il
toro, per ricevere la Grazia del Signore, così anche voi dovete scegliere
degli amici che con la loro compagnia vi aiutino a elevare le
vostre attitudini.
Inoltre, in qualità di insegnanti, dovete essere dei modelli esemplari
per i bambini, come pure per i loro genitori, i quali spesso vi considerano
le uniche persone colte che ci siano nelle loro immediate vicinanze.
[4] Qualche tempo fa, un insegnante di Warangal ha dichiarato che
avrebbe trasformato la sua scuola nella Casa di Dio. Ma la scuola è
sempre una Casa di Dio. Considerarla una prigione o una casa di
correzione è un sacrilegio. Trattatela come un luogo sacro in cui Sarasvatī,
la Dea della sapienza e delle arti, risieda e venga venerata.
Così, in quell’atmosfera di riverenza, gli allievi miglioreranno sé
stessi e diventeranno esempi degni per il mondo intero. Se si comporteranno
così, gli insegnanti sapranno irradiare amore verso i
bambini e li indurranno ad adeguare la loro condotta alla sacra atmosfera
della scuola.
Dopo tutto, persino la madre del bambino potrebbe ignorare qualche
suo difetto o addirittura apprezzare alcune sue stravaganze;
tuttavia l’insegnante deve essere vigile, rendersene conto e correggere
quelle stranezze facendo opera di persuasione in modo delicato
e dolce.
L’allievo ubbidirà sicuramente se riuscirà ad avvertire la sincerità
che sta dietro l’amore dell’insegnante. Se invece l’insegnante predica
amore, ma si comporta come se non ne avesse, il suo gesto di
persuasione non avrà alcun successo.
[5] State ben attenti a non seguire la pista più facile, a non lasciarvi
portare via dalla corrente. L’eroismo vuole che voi seguiate le vostre
preferenze e osserviate i principi che ritenete siano i migliori; non
imitate gli altri per pura pigrizia mentale, puntate alto e non scoraggiatevi
se mancate il bersaglio: è meglio mancare una tigre che
sparare a un passero!
Se avete deciso di realizzare un ideale o volete raggiungere un traguardo,
state attaccati a quello e superate tutte le incertezze e le difficoltà.
«Se hai deciso quello che doveva essere deciso:
non arrenderti finché non otterrai il successo.
Se hai desiderato quello che doveva essere desiderato:
non desistere finché il tuo desiderio non sia soddisfatto.
Se hai progettato quello che doveva essere progettato:
non rinunciare finché il tuo piano non si sia realizzato.
Incapace di sopportare la tua tenacia,
il Signore stesso esaudirà la tua preghiera.
Persevera, sii tenace e risoluto, non desistere mai.
La qualità di un vero devoto è di non ritirarsi dalle sue decisioni
né di arrendersi o darsi per vinto!»
[6] Ci sono due modi di accostarsi a Dio. Il primo è quello del principiante
o del devoto che, essendo ancora nella fase preliminare, dice
con fervore: “Oh Signore! Tu sei l’Incarnazione della misericordia
e della beatitudine divina, Tu sei Onnipotente”, e con ciò spera di
ottenere la grazia di Dio. Ma più Dio è caro al devoto, più ogni distanza
scompare.
È come quando un conoscente vi fa visita; voi lo accogliete con una
stretta di mano e con molti sorrisi che però sono artificiali. Ma se vi
fa visita un vecchio amico, lo accogliete calorosamente, lo fate accomodare
e avete una luce gioiosa negli occhi. Se fate una marea di
elogi formali, di solito l’amore è assente.
Quando trattate con il Dio personale, l’amore è il requisito più importante;
perciò abbiate fede, pazienza, siate pieni d’amore e fate
servizio. L’Amore viene ricompensato con l’Amore mille volte tanto.
Corso di addestramento per insegnanti, Bṛndāvan, 30.07.1978