29 Marzo 1976
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Le responsabilità dell’Organizzazione
[1] Il compito dell’uomo è di piantare i semi della Verità, della Rettitudine,
della Pace e dell’Amore nel cuore che avrà ben preparato ad
accoglierli; egli deve proteggere le giovani piantine e sorvegliarle
con amore e cura finché non diventeranno grandi alberi che diano
un ricco raccolto di dolci frutti; infine dovrà consentire a tutti di
condividere quei frutti deliziosi e nutrienti.
I saggi, che con successo hanno praticato tale benefica coltivazione,
hanno indicato i metodi, gli errori, i rimedi e gli ostacoli di cui si
deve tener conto; milioni di persone hanno tratto beneficio dai loro
consigli. Questo lavoro, però, non è mai diventato un movimento
organizzato in cui tutta l’umanità possa essere coinvolta e, se ciò
non avverrà, voi non riuscirete a liberarvi dalla paura, dall’ansia e
dall’ingiustizia.
[2] I saggi dell’India sapevano che l’uomo è fondamentalmente divino
e hanno cercato di renderlo consapevole della sua Realtà interiore;
si sono sforzati di far espandere quella scintilla divina fino a
diventare una luce che potesse illuminare l’individuo e la società
attraverso l’amore.
Come primo passo, essi hanno consigliato di eliminare la violenza
che ha l’egotismo e l’avidità come proprie radici. I Veda, i poemi
epici e i purāṇa che essi hanno composto, trasmettono il medesimo
messaggio.
L’uomo è afflitto dall’infelicità perché è preso nelle spire di desideri
senza fine e di un’avidità travolgente. Dopo aver respinto e allontanato
da sé questi impedimenti, dovrà procedere speditamente verso
la meta e realizzare Dio che è la sua Verità più intima e segreta.
Il nuotatore deve spostare l’acqua dietro di sé con ampie bracciate
per spingersi in avanti. Allo stesso modo, chi vuole avanzare deve
respingere e allontanare da sé i cattivi pensieri, le abitudini riprovevoli,
le azioni e gli impulsi malvagi che si affollano in lui. L’Organizzazione
Sathya Sai Sevā deve insegnare questa lezione, non con
precetti elaborati e sofisticati, ma con l’esempio che diffonda la fiducia,
che infonda la fede e assicuri il successo.
[3] I membri dell’Organizzazione Sathya Sai Sevā devono essere anche
luminosi esempi della gioia che si trae dal rinunciare piuttosto
che dall’accumulare. Le upaniṣad dichiarano che la rinuncia soltanto
porta all’immortalità:
na karmaṇā na prajayā dhaṇena
tyāgenaike amṛtatva mānaśuḥ
Non con le opere rituali, né con la discendenza o la ricchezza,
ma solo con il sacrificio e la rinuncia
si può ottenere l’immortalità.
Malgrado ciò, l’uomo cerca ogni comodità, ma poi puzza per le malattie,
insegue bhoga, il piacere, ma raccoglie solo roga, malanni.
Il grande cantore mistico Tyāgarāja aveva compreso che saṅnidhi, la
presenza del Signore, è di gran lunga preferibile a nidhi, i tesori degli
uomini. I tesori più preziosi sono Verità, Rettitudine, Pace, Amore.
Innanzi tutto bisogna imparare e conoscere la verità di sé stessi; se
l’uomo non conosce la propria verità, come può giudicare gli altri o
trattare con loro? Quando sarà consapevole di essere il Sé indistruttibile
ed eterno, sarà esente da ogni paura. La verità può risplendere
ed emanare solo da una mente purificata e da un intelletto chiaro e
limpido. Le unità dell’Organizzazione Sathya Sai Sevā devono essere
sempre attive nel seguire e nell’osservare le discipline stabilite
per ottenere la purificazione di mente e intelletto.
L’uomo deve superare l’aspetto animale presente in lui. Paśu, la bestia,
deve essere deposta e Paśupati, il Signore di tutti gli esseri viventi,
insediato nel cuore. Questo obiettivo dovrà essere sempre tenuto
ben presente dall’Organizzazione Sathya Sai e dai suoi associati:
il viaggio verso la meta deve essere regolare, costante e pieno
di entusiasmo.
[4] Pazienza, tolleranza, forza d’animo, equanimità, fratellanza,
queste sono le qualità d’inestimabile valore per ogni pellegrino.
Non fate distinzioni fra un ‘compagno di viaggio’ e l’altro, non giudicateli
in base alla casta, alla religione o al colore; non suddivideteli
in amici e nemici; prendete in considerazione solo i tratti che accomunano,
gli sforzi che unificano, la Divinità di base.
Ricco e povero, studioso e illetterato, tali distinzioni non potranno
essere valide a lungo perché sono solo esteriorità. Un fiore elargisce
profumo e bellezza sia se è tenuto nella mano destra sia nella mano
sinistra, non limita il suo piacevole omaggio a pochi negandolo ad
altri. Chiunque gli vada vicino, sarà benedetto! Così tutti i membri
dell’Organizzazione devono essere sempre impegnati nella duplice
funzione di purificare la mente e chiarificare l’intelletto; devono liberarsi
da tutti i pregiudizi e malintesi, parlare in modo dolce e
amabile e dare a tutti il dovuto rispetto con sincerità. L’umiltà e la
tolleranza devono caratterizzare il comportamento del devoto Sai.
[5] Quando il vento agita le placide acque di un lago, piccole onde
danzano sulla sua superficie e migliaia di soli vi luccicano. Quando
la quiete discende e le acque sono calme, il riflesso del sole nel lago
forma un’immagine intera e completa.
Se si fissa l’attenzione sul sole, invece che sulle immagini riflesse e
sull’acqua che le ha causate, si vede che soltanto il sole è reale. Le
immagini scintillanti nel lago agitato rappresentano la dualità (dvaita1);
l’immagine intera nelle acque calme del lago simboleggia il
dualismo qualificato (viśiṣṭādvaita2); l’unico sole che si riflette come
uno o come molti è la verità non duale, il non dualismo (advaita3).
Tutto questo è chiaramente rivelato dalle tre affermazioni fatte una
dopo l’altra da Gesù: ‘Io sono il messaggero di Dio’, ‘Io sono il figlio
di Dio’ e ‘Io e il Padre Mio siamo Uno.’ Le tre affermazioni rivelano
la visione della dualità, del dualismo qualificato e del non dualismo.
L’Organizzazione deve aiutare e ispirare la gente a comprendere
l’unità celata dietro l’apparente molteplicità che è soltanto una sovrapposizione,
creata dalla mente umana, sull’Uno che è tutto questo
[universo]. I Veda dichiarano che Dio è Uno, che l’obiettivo è il
medesimo per tutti, e che la Verità si rivelerà da sé quando il velo
del mondo verrà gettato via o lacerato.
[6] Un modo semplice per realizzare questa unità è attraverso il
servizio disinteressato, non contaminato da alcun senso di superiorità
o di orgoglio, e neppure da un senso di obbligo o dovere nei
confronti dell’Organizzazione a cui siete legati. Venerate il Residente
interiore, non la casa in cui Egli dimora. Il Residente è lo stesso in
ogni casa, che sia un palazzo o una capanna. Perciò la devozione
per il Residente vi deve convincere a riverire ogni individuo attraverso
atti di servizio da eseguire con intelligenza e con sincero entusiasmo.
Non inquietatevi contro le regole e i regolamenti che l’Organizzazione
vi impone, essi sono stabiliti per il vostro bene. Le regole sono
l’essenza della creazione. Gli oceani osservano i loro confini, il vento
e il fuoco rispettano i loro limiti, il corpo umano deve mantenere
il suo calore a 36°C per essere in buona salute, e il cuore deve battere
un certo numero di volte al minuto. Pertanto, come può l’Organizzazione
sfuggire alla prescrizione di certe regole e regolamenti?
La devozione deve essere guidata e controllata dalla disciplina e dal
dovere. Che cos’è esattamente il dovere in un contesto simile? Per
dovere non intendo i lavori assegnativi dai vostri superiori e dalla
società. Dovere significa la responsabilità che voi avete di non ostacolare
o danneggiare nessuno con i vostri movimenti, con le vostre
parole, con il comportamento e le azioni.
Ad esempio, se uno cammina su una strada facendo roteare il suo
bastone, deve essere consapevole dell’uomo che sta camminando
dietro di lui. Se voi avete la libertà di far girare il vostro bastone,
anche l’altro ha la medesima libertà; quindi entrambi devono comportarsi
in modo tale da rispettare il dovere preciso che uno ha nei
confronti dell’altro.
Anche le sezioni dell’Organizzazione devono rispettare le altre unità
o centri e aiutarli a svolgere le loro attività, e non ostacolarle. Le
regole sono necessarie finché gli associati comprenderanno l’unità
spirituale di tutti. Quando saranno incapaci di far del male o di trasgredire
il codice morale, le regole diverranno superflue. Proteggete
per alcuni anni la giovane pianta dalla capre, poi quando l’albero
svilupperà i suoi rami in lungo e in largo, quelle stesse capre potranno
distendersi all’ombra sotto le sue fronde e riposare.
[7] Abbiamo cinque sezioni principali nell’Organizzazione. Nelle
località in cui esse sono presenti dovrà esserci collaborazione e unità
esemplare fra loro, perché esse sono come le cinque dita di una
mano. Il dito mignolo rappresenta la sezione bhajan dedita a cantare
la gloria del Signore; i cantori però non devono sentirsi orgogliosi e
pensare di essere i pionieri e i componenti più importanti.
Il dito anulare è il bālvika, il programma di educazione ai valori
umani per bambini. Sulla preziosa lamina d’oro di quei teneri cuori,
l’insegnante dovrà fissare le gemme della bontà e della devozione.
Tuttavia, i partecipanti al bālvika non devono inorgoglirsi, e tanto
meno dovrà farlo l’insegnante del corso, il quale non deve pensare
che il suo lavoro sia il più importante e il più meritevole. Il senso di
unità e di collaborazione deve quindi prevalere su tutto.
Il dito medio è il sevādal che aiuterà le due sezioni suddette da una
parte e le altre due dall’altra, ma questo gruppo di servizio non deve
alzare la cresta e vantarsi di essere superiore.
Il dito indice è il mahilā vibhāg, la sezione femminile dell’Organizzazione
composta da sole donne, le quali sanno mettere in evidenza
tutto ciò che è buono, grande, utile, giusto. Anche le donne non devono
lasciarsi prendere da un’eccessiva presunzione.
Infine, il pollice rappresenta l’Organizzazione Sathya Sai Sevā che è
il direttivo che fa da guida, è il guardiano, il promotore e il sostenitore.
Così ogni dito deve sentire che la propria forza è insita nel lavoro
comunitario, che tutti sono parti di un’unica mano; questo non
può essere ignorato.
[8] In un mondo lacerato da fazioni e correnti basate su motivi superficiali
quali la casta, la religione e il colore, dovete dimostrare
che è possibile avere fede in Sai che è l’Animatore di ogni essere vivente;
da quella fede potrete trarre l’ispirazione a svolgere un servizio
sincero. Servire Sai nel prossimo deve essere il vostro atto di
adorazione quotidiana: di tutte le discipline, questa è la più efficace!
Andate a trovare gli abitanti dei bassifondi e dei villaggi più sperduti
e i poveri, e portate loro amore e luce in gran quantità. ‘Dio è il
rifugio di quelli che non hanno luogo dove riposare’, afferma un
proverbio. Andate in quei luoghi e infondete nei loro cuori il messaggio
di speranza e di forza. Siate loro grati se vi accoglieranno
con parole di benvenuto dandovi così l’opportunità di servirli.
La vostra felicità dipende dalla loro felicità, la vostra salute dipende
dalla loro salute. Voi tenete le vostre case pulite; ebbene, anche le
loro case sono vostre, poiché lo stesso Sai che risiede in voi dimora
in loro. Se tutte le case e i loro dintorni non sono puliti e lucenti, voi
come potrete sentirvi limpidi e puliti?
L’Organizzazione deve promuovere questo grande senso di unità e
di responsabilità, inoltre deve costantemente entusiasmare e istruire
i suoi associati affinché si dedichino con impegno alla disciplina del
servizio.
Hyderabad, 29.03.1976