28 Settembre 1979
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Tre misteriosi Regni
[1] L’universo è reale o relativamente irreale? Tale interrogativo ha
sempre turbato l’uomo di tutti i Paesi, sin dal passato. I realisti e gli
idealisti hanno dibattuto la questione per secoli. Gli scienziati credono
che l’universo sia un conglomerato di atomi, combinati in
modo diverso, che abbiano assunto forme e nomi differenti: ma ciò
è solo parzialmente vero.
Chi è orientato spiritualmente fa notare a chi ha una visione materialistica
che una base stabile è essenziale, affinché tutte le trasformazioni
possano avvenire. Come l’argilla è la base per il vaso, così
l’universo deve avere una forza o un’energia di base, e quel Principio
Fondamentale è l’ātma, il divino Sé.
Tuttavia, oggi l’uomo fa ogni sforzo per negare l’argilla e sviluppare
fede nel vaso! Ma questo tentativo è destinato a fallire! L’universo
percettibile, che viene confutato perché non vero, deve avere la verità
come base, proprio come avviene con la ‘corda’ a cui si sovrappone
il ‘serpente’. Quella Verità di Base è l’ātma, il Sé.
Ovviamente, l’universo in cui viviamo è riconosciuto dai nostri sensi
e noi lo prendiamo per vero e reale; simile affermazione però non
può essere accettata come Verità, in quanto quello che subisce cambiamenti
non può essere definito Verità, perché appare in modo diverso
a esseri viventi diversi, che hanno livelli di coscienza differenti.
Gli animali, uccelli e insetti ne sono consapevoli in vari modi e
forme. L’universo viene quindi forgiato secondo i desideri e le percezioni
di ogni essere vivente. Ma come avviene tutto questo?
[2] L’ātma entra nel corpo come Animatore Interiore e risveglia i
pensieri e i sentimenti. Se l’ātma non ci fosse, il corpo sarebbe inerte;
in assenza del corpo, i pensieri non sorgerebbero; e in assenza del
pensiero, l’universo non apparirebbe e sarebbe inesistente per l’individuo.
I tre sono strettamente interdipendenti, vale a dire il corpo
(con tutti i poteri di consapevolezza racchiusi in esso), l’universo e
l’ātma, sia presente nell’individuo sia immanente nell’universo.
Il materialismo e lo spiritualismo sono alla ricerca della Base fondamentale
universale: il primo la scopre nella materia, il secondo
nello Spirito. L’ātma (Spirito) assume una forma e un corpo per sperimentare
e percepire il jagat (l’universo), proprio come il cotone
prende la forma del filo per essere percepito e sperimentato come
tessuto. Quindi, il tessuto è sia il filo sia il cotone.
Il cotone è la base fondamentale, vale a dire l’ātma; esso assume
nome e forma e diventa filo (il corpo), e alla fine è percepito come
tessuto (l’universo); quest’ultimo è il prodotto dei pensieri che
emanano dal corpo.
[3] C’è anche un altro modo di comprendere e interpretare tale processo.
Nelle upaniṣad e nella filosofia vedantica, sono menzionate
cinque caratteristiche dell’universo: asti (essere), bhāti (consapevolezza),
priyam (beatitudine), nāma (nome) e rūpa (forma). Di queste,
le ultime due sono temporanee e insignificanti. Le prime tre invece
sono i tre aspetti della Verità eterna, ovvero l’ātma.
Nel vedānta, le tre caratteristiche di sat-cit-ānanda sono collegate rispettivamente
al bhūtākāśa1, l’universo fisico grossolano; al
cittākāśa2, l’universo sottile mentale; al cidākāśa3, l’universo causale,
che è il più sottile e il più vasto dei tre. L’ākāśa4 sta a indicare la sfera
della coscienza. Il bhūtākāśa è la coscienza esteriore; il cittākāśa è la
coscienza interiore di citta (che è la sede dell’intelletto), ovvero il
centro di discriminazione presente negli esseri viventi; il cidākāśa è
la coscienza pura, assoluta che emana dall’ātma.
Il bhūtākāśa è lo spazio illimitato in cui il sole e i pianeti non sono
altro che minuscoli punti d’energia. È così esteso che la luce di alcune
stelle, che distano milioni di anni luce, non ha ancora raggiunto
la terra. La luce viaggia a una velocità di circa 300.000 km al secondo,
perciò l’universo fisico grossolano ha un’estensione infinita
e comprende tutte queste stelle lontane e molto di più.
Il cittākāśa, l’universo sottile mentale, include l’immenso bhūtākāśa,
così la coscienza illumina e diviene consapevole di tutto ciò che esiste.
Il cittākāśa è stimolato e attivato dal cidākāśa, lo spazio di cit della
pura consapevolezza, ovvero il cit di sat-cit-ānanda che è ben di-
verso dallo strumento interiore discriminante, detto citta. Un’infinitesima
frazione dell’ātma è sufficiente ad attivare citta in modo che
possa attirare in sé l’intero universo oggettivo.
[4] Pertanto, l’individuo deve essere fermamente convinto di essere
l’ātma e non il corpo che è dotato dei sensi di azione e percezione,
nonché dello strumento interno costituito da mente, intelletto, facoltà
di ragionamento ed ego; deve sapere per certo che non subisce
cambiamenti, che non può morire né essere distrutto. Pur essendo
immerso nel bhūtākāśa, l’uomo percepisce che è sbagliato credere di
essere il corpo transitorio, e spesso riporta alla memoria questa verità;
ciò significa che è consapevole di sat [il Principio di Verità] e del
proprio Essere che è eterno.
Nel contemplare il cittākāśa, il ricercatore si rende conto di essere il
‘canale’ di cit, della pura coscienza; mentre si colma della consapevolezza
del cidākāśa e dello splendore dell’ātma, egli diventa la personificazione
di ānanda, il terzo aspetto divino [di sat-cit-ānanda]. Infine,
quando la coscienza è rivolta stabilmente all’interno, raggiunge
lo stato supremo di ātma ānanda, l’estasi del Sé.
[5] Il corpo umano è composto da cellule che traggono forza e vita
dal cibo, il quale a sua volta riceve il suo valore nutrizionale dal terreno.
Terra-cibo-uomo: quando il ciclo è completato, il corpo dell’uomo
ritorna alla terra che è il bhūtākāśa. Il cibo ha origine dalla
terra e si trasforma in coscienza, il cittākāśa. Infine, citta [la coscienza
individuale] si fonde nella consapevolezza atmica o cidākāśa.
Un seme germina dentro il terreno e cresce al di fuori come piantina,
quindi emette foglie, ramoscelli e boccioli. I fiori producono i
frutti che maturano e contengono i semi, i quali possono riprodurre
il ciclo di germinazione e crescita. Pertanto, il terreno è la base di
tutte le trasformazioni e sviluppi, ma se voi tenete i semi sul palmo
della mano e li innaffiate, essi non cresceranno. La terra e il seme
danno origine alla terza entità: la pianta. La terra è la sostanza che
fa crescere il cibo, da cui nasce l’uomo; grazie al nutrimento, l’uomo
si alimenta e si rafforza; il corpo è il tempio dell’ātma, del divino Sé,
perciò l’individuo non deve dissacrare il corpo con pensieri cattivi,
parole e azioni malvagie.
[6] Lo splendore dell’ātma rivela e illumina tutte le cose; ma l’ātma
rivela, manifesta sé stesso ed è auto-risplendente5: splende ovunque,
in tutte le cose. Nonostante i numerosi cambiamenti, l’individuo
permane sempre: nell’infanzia, nella gioventù, nella mezza età
e nella vecchiaia. Allo stesso modo, è il cidākāśa [l’ātma] che si manifesta
nel cittākāśa [la coscienza individuale] e infine si rivela nel
bhūtākāśa, il mondo oggettivo.
Facciamo un esempio, se qualcuno mi fotografa, nel negativo Io appaio
come un piccolo Sai Baba; tuttavia, possiamo ingrandire la foto
e portarla alla misura che desideriamo, ma il Sai Baba della foto
grande e il Sai Baba di quella piccola sono gli stessi. Potete forse asserire
che soltanto questo corpo alto un metro e sessanta è Sai Baba
e che la figura nella foto piccola non lo è? Entrambi sono veri, sono
gli stessi, ma visti da angolazioni diverse.
Incarnazioni del Divino Amore!
Distogliete la visione dall’universo esteriore e volgetela verso la Luce
interiore, verso lo Splendore atmico che voi realmente siete!
Daśarātra, Praśānti Nilayam, 28.09.1979