27 Luglio 1980 – Il ricercatore e il Maestro

27 Luglio 1980 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il ricercatore e il Maestro

[1] Tutti gli esseri viventi devono conseguire la realizzazione: tale è
il loro destino per quanto lungo e duro sia il viaggio! Quando e come
avverrà è determinato dalle conseguenze accumulate in molte
vite. Tali conseguenze sono modellate non solo dalle azioni compiute,
ma ancor più dalle intenzioni e dai moventi che le hanno prodotte.
L’attuale condizione di vita è determinata dall’effetto delle azioni
passate e dei relativi moventi, mentre le azioni presenti e le loro
motivazioni modellano il futuro. Pertanto ognuno sviluppa e forgia
la propria fortuna o sfortuna.
Possiamo allora asserire che gli altri sono superflui, che non c’è bisogno
né si deve cercare l’aiuto di qualcuno? Per ottenere il compimento
in campo spirituale, l’aiuto di quelli che conoscono bene il
percorso e ne hanno padronanza è sicuramente indispensabile; la
guida e i consigli possono essere trasmessi solo da cuore a cuore, e
ciò può avvenire soltanto se si stabilisce un’intima relazione di affinità
tra il ricercatore e il Maestro o il Santo.
I testi e i commentari, le guide e le mappe fanno sorgere solo dubbi,
discordie e discussioni. Il ragionamento può sviluppare solo l’intelligenza
e le diverse capacità ma, nel regno dello spirito, solo l’esperienza
acquisita attraverso l’intuizione ha validità. Affinché l’intui-
zione possa diventare illuminazione, le varie stratificazioni dell’egoismo
e le sue malvagità devono essere comprese e annientate.
Pertanto un guru sarà di grande aiuto in quest’impresa. L’energia
deve fluire dal ‘serbatoio al contenitore’. Solo chi ha raggiunto la
meta può guidare il pellegrino verso il traguardo; senza questa guida,
l’aspirante spirituale vagherà soltanto in aree deserte e selvagge.
[2] Alcuni maestri iniziano i loro seguaci alla recitazione di un mantra
e ne consigliano la ripetizione; tuttavia non pongono l’accento
sull’innata Realtà Divina dei loro discepoli, la quale non può essere
ignorata neppure per un momento, e non insistono per indurli a ottenere
la rigenerazione morale che è così necessaria per raffinare le
qualità interiori dei discepoli.
Il dīkṣā guru assegna una formula sacra e conferisce l’iniziazione al
mantra, mentre chi cambia e modella la personalità dei discepoli è il
śikṣā guru, il maestro precettore. Nei testi sacri, quest’ultimo viene
lodato con grande venerazione perché elimina i difetti della visione
e distrugge l’oscurità dell’ignoranza; egli rivela l’ātma al discepolo e
lo rende libero.
La festività di guru pūrṇimā1 è dedicata a questi guru. Il giorno di
luna piena rievoca il compimento, la realizzazione che è la vera meta
della vita umana.
[3] L’assioma vedico afferma:
oṁ pūrṇam adaḥ pūrṇam idaṁ pūrṇāt pūrṇam udacyate ।
pūrṇasya pūrṇam ādāya pūrṇam evāvaśiṣyate ॥
Oṁ Quello è pieno questo è pieno. Dal pieno emerge il pieno.
Quando il pieno viene preso dal pieno, il pieno resta pieno2.
Questi versi si riferiscono alla pienezza, alla completezza della qualità
e non della quantità. Una zolletta di zucchero è dolce come un
suo minuscolo frammento; una goccia di acqua marina ha lo stesso
sapore dell’intero mare.
Allo stesso modo, Dio è presente nella Sua interezza sia nell’atomo
sia nel cosmo, Egli è sat-cit-ānanda (Essere, Consapevolezza, Beatitudine)
sia nel più piccolo sia nel più vasto: sia l’uno sia l’altro3 sono
pieni di Dio. Egli non può essere nel primo solo in parte, e per
intero nel secondo: Dio è indivisibile, inscindibile.
Questo giorno è dedicato al ringraziamento del guru. Oggi la Luna,
la Divinità che presiede alla mente, è piena, chiara, fresca e luminosa,
e non ha macchie che possano diminuire il suo splendore. Anche
il guru viene oggi lodato e raffigurato come puro, luminoso e amorevole,
pieno di devozione e di abbandono a Dio. Egli è tollerante e
calmo, è l’esempio vivente e la personificazione delle virtù che vuole
indurci a sviluppare.
[4] Lo studio dei testi può rimuovere le opinioni errate e suscitare le
giuste decisioni, ma non può conferire la visione della Realtà.
La meditazione è la chiave per ottenere il bene prezioso del Sé che è
la vera ricchezza di ogni individuo. La meditazione può progredire
e conseguire la vittoria solo se il discepolo si assicura l’affetto delle
grandi anime e ubbidisce alle loro istruzioni.
In realtà, il Dio interiore è il Maestro dei maestri; la Sua grazia permette
ai ciechi di vedere, agli zoppi di camminare, ai muti di parlare.
Con un semplice tocco, Egli può distruggere i peccati del passato
e porre le basi della pace e della gioia.
L’uomo può adorare e immaginare Dio solo in forma umana finché
in lui persiste la coscienza di essere uomo, e finché non riesce a superare
tale sua necessità. Come può andare oltre i suoi limiti? L’individuo
riesce a immaginare Dio solo come uomo, dotato di poteri
sovrumani, saggezza, amore e compassione; non riuscirà mai a descrivere
o a rappresentare un Dio senza forma, senza attributi e
qualità.
È solo attraverso la forma e gli attributi che il devoto può pregare,
adorare o sentire la Presenza divina, e la forma deve essere quella
umana.
Le menti ristrette, prive di fede, potrebbero sostenere che Dio non
può venire come uomo, ma di fatto Dio può essere riconosciuto solo
come uomo dagli esseri umani. Questo spiega l’affermazione delle
Scritture:
daivam mānuṣa rūpeṇa
Dio [si manifesta] in forma umana.
[5] Il coronamento dell’esperienza spirituale è ‘Conosci te stesso!’
Ciò non significa conoscere le proprie capacità e competenze, bisogni
e desideri, forze e debolezze; significa avere la consapevolezza
di ‘Chi sono io’, ‘Che cosa sono veramente.’
Śaṅkarācārya ha riassunto tale consapevolezza in tre righe:
brahma satyam
jagat mithyā
jīva brahmaiva nā paraḥ
Dio è Verità
il mondo è illusione
l’individuo è realmente Dio, nient’altro.
Tutto il divenire ha la sua origine nell’Essere. Essere è Dio. Dio e
l’individuo sono l’Uno non differenziato. Pertanto la condizione
umana o umanità è sacra, non è meschina né vile; ha lo stesso stato
di Dio, anche se è offuscata e contaminata.
Vyāsa4 aiutò gli uomini a ottenere la pace. Affinché la fede possa
radicarsi profondamente e rimanere ben impressa nella nostra mente,
è necessario avere un guru. Vyāsa è il primo guru che tracciò la
via e la meta, perciò viene associato alla ricorrenza di guru pūrṇimā.
Vyāsa significa colui che ha approfondito e diffuso la conoscenza
della Verità, ovvero dell’Energia universale eterna; compose il poema
epico Mahābhārata, i diciotto purāṇa e il Bhāgavata, e narrò le
storie delle Incarnazioni divine. Inoltre aiutò l’umanità ad acquisire
pace e felicità e ad apprendere i metodi per adorare Dio in modo
proficuo.
[6] I tre guṇa o qualità (sattva, rajas, tamas) hanno distinto tutti gli
esseri in divini, umani e demoniaci. Gli uomini sono intelligenti, curiosi,
colmi di meraviglia, di timore reverenziale e di rispetto. Sono
gli unici esseri ad avere il forte desiderio di conoscere sé stessi e di
riuscire in quello sforzo.
C’è una leggenda sulla verità. Gli Dei pregarono Īśvara5 di tenere la
conoscenza della verità lontano da uomini e demoni poiché li
avrebbe resi irresistibili; perciò la verità venne celata nelle irraggiungibili
altezze del cielo. I demoni persero quindi ogni interesse
in quella conoscenza, mentre gli uomini si tormentavano e soffrivano
per la sua assenza.
Allora Īśvara la nascose nelle profondità dell’oceano, ma quando
l’anelito umano divenne irrefrenabile, Īśvara piantò la verità nel
cuore di ogni essere umano; tuttavia anche lì non era facilmente accessibile
perché l’uomo doveva passare attraverso le avversità dei
cinque elementi che comprendono il corpo fisico, gli involucri del
corpo sottile e causale per avere una visione dell’ātma o Sé interiore.
L’individuo deve diventare padrone dei sensi e di tutte le altre facoltà
per avere la visione di Dio, perché solo così può avere accesso
al tesoro interiore; non deve essere al servizio dei sensi e dei capricci
delle emozioni e passioni: il servitore ha accesso solo agli scarti
deperibili della casa. Il tesoro non può essere visto da occhi che sono
accecati o offuscati dall’egoismo, dall’avidità e dall’invidia.
Quando voi deciderete, attraverso la disciplina spirituale, di diventare
i padroni dei vostri sensi e dell’intelletto, delle emozioni e passioni,
dei pensieri e sentimenti, quello sarà per voi il giorno di guru
pūrṇimā.
[7] Persino durante la meditazione, l’ego vi ostacolerà. Un giorno
Nivedita chiese a Vivekānanda6 un consiglio per ottenere una concentrazione
univoca durante la meditazione. Vivekānanda disse:
“Non permettere a Margaret Noble d’intromettersi fra te e Dio.”
Margaret Noble era lei stessa. Il termine nivedita significa offerta,
perciò Vivekānanda aggiunse: “Offri te stessa completamente a
Dio.”
La totale dedizione non può emergere dall’erudizione; lo studioso è
contaminato dall’ego e si compiace di mettere l’uno contro l’altro, il
vantaggio contro lo svantaggio, così fa sorgere molti dubbi e turba
la fede; mischia il secolare e il terreno con lo spirituale e l’ultraterreno,
e adora Dio per ottenere guadagni materiali. Invece, le preghiere
rivolte a Dio devono essere per il progresso spirituale.
Impegnatevi quindi nella disciplina spirituale senza ritardo e senza
indugio; coltivate le virtù, liberatevi delle cattive abitudini, dei cattivi
pensieri, delle parole e azioni malvagie. Espandetevi in amore e
prendetevi cura della natura con amore: ecco la via per acquisire
ānanda, beatitudine. Questo è il messaggio di guru pūrṇimā per voi!

Praśānti Nilayam, 27.07.1980