25 Luglio 1978
Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba
Insegnare è una pratica spirituale
[1] In questi tempi, l’India sta progredendo rapidamente nel campo
della scienza e della tecnologia; non c’è da meravigliarsi quindi che
molti ripongano eccessiva fiducia nelle conclusioni a cui giunge la
scienza secolare e ridicolizzino la scienza spirituale.
Queste persone dalla mente scientifica alla domanda ‘Chi sei tu?’
risponderanno: ‘Sono un corpo che contiene circa 45 litri di acqua,
piombo sufficiente per produrre 9.000 matite, fosforo sufficiente per
fare 11.000 fiammiferi e il ferro contenuto in un’unghia lunga 5 cm.’
Gli elementi suddetti costeranno circa cento Rupie, ma anche se
spendete dieci milioni di Rupie, non riuscirete a fare un corpo
umano, perché il corpo deriva dalla Volontà divina, è vivo grazie al
Potere divino, ed è in grado di operare per Grazia divina.
L’uomo deve comprendere l’immensità della Volontà divina che si
manifesta in una tale infinita varietà. Ma cosa dice la scienza di
questa Volontà? Dichiara soltanto che non dovete credere a quello
che non vedete. La Volontà divina è al di là della vostra capacità di
vedere e non è possibile dimostrare che sia reale, ma un atteggiamento
del genere non è corretto!
Guardate questo fazzoletto che lascio cadere; il fazzoletto cade a
terra, non sale in aria. Noi attribuiamo questo fenomeno alla forza
di gravità anche se, però, non vediamo l’attrazione gravitazionale.
[2] Oggi l’uomo studia molti libri perché desidera accumulare informazioni,
gli piace dilungarsi in spiegazioni e tenere lunghi dibattiti.
Nel campo spirituale, studi ed esperimenti non vi porteranno
lontano: quello che veramente conta è l’esperienza interiore derivata
dalla pratica effettiva. Se avete davanti a voi un piatto pieno di
cibo delizioso, a cosa serve ripetere i nomi delle varie vivande? Per
trarre beneficio dalla loro squisitezza, dovete mangiarle! Per riconoscere
il Divino dovete usare la mente che è lo strumento che può legare
o liberare.
Se usate la mente, dovete conoscerla a fondo. La scienza può provare
che la natura della mente dipende dal cibo che consumiamo. La
parte grossolana del cibo viene espulsa dal corpo, la parte sottile è
usata dal nostro organismo per alimentare l’intelligenza, mentre la
parte ancor più sottile diventa la mente. In senso vedantico, possiamo
illustrare tutto ciò con un esempio: ‘Che cosa ho in mano? Un
pezzo di stoffa. Da cosa è costituito questo tessuto? Dal filo. Da dove
proviene quel filo? Dal cotone.’
Prima c’è il cotone, poi c’è il filato e infine il tessuto: i nomi e le
forme sono diversi, ma il materiale di base è il medesimo. Senza cotone
e senza filo non riusciremo a produrre la stoffa. Allo stesso
modo, senza cibo non potremmo avere la mente per esercitare la discriminazione,
per stabilire le preferenze e per valutare le cose permesse
e non permesse. Se si tira via un filo dopo l’altro, il tessuto
non esisterà più. Allo stesso modo, se non ci sono cose permesse e
non permesse, la mente non esiste, poiché la mente è solo un cumulo
di desideri e non un’entità reale, e di per sé non ha alcun potere.
[3] Facciamo un altro esempio. In qualsiasi direzione giriate la macchina
fotografica, quando premete il pulsante, la foto scattata mostrerà
quello su cui avete puntato l’obiettivo. Analogamente, la
mente riflette il genere di cose da cui noi siamo attratti. Se qualcuno
ci critica, andiamo su tutte le furie e ci comportiamo come dei pazzi;
se qualcuno ci loda, saltiamo di gioia e stimiamo la persona che
l’ha fatto. In entrambi i casi, la causa di tanta agitazione è il nostro
turbamento emotivo. Dobbiamo comprendere i segreti della mente
e i modi in cui gioca con noi, e imparare a essere imperturbabili e
stabili sia in caso di lode sia di biasimo.
Ecco un altro esempio. Se la mente è rivolta verso Dio o la bontà,
diventa umana; se è orientata verso l’egoismo e i pensieri malvagi,
diventa demoniaca. Se giriamo la chiave a destra, apriamo la serratura,
se la giriamo a sinistra, la chiudiamo. La medesima chiave
compie le due operazioni opposte, secondo la direzione in cui viene
girata. Se la mente è orientata verso buoni pensieri, stabilisce il distacco;
se è rivolta verso pensieri di ‘io e mio’, causa innumerevoli
legami. L’attaccamento è schiavitù, il distacco è liberazione.
[4] In Telugu ci sono cinquanta lettere e ognuna ha la sua forma, un
nome e un suono specifici; la pronuncia delle lettere deve essere
appresa da qualcuno che le conosce. Allo stesso modo, possiamo
avere una gran quantità di fiori e un filo molto lungo, ma qualcuno
deve legare insieme i fiori per formare una ghirlanda. Possiamo
avere una lampada con l’olio e lo stoppino, ma qualcuno deve accenderla
per farla splendere. Possiamo avere molte pietre preziose e
tutto l’oro necessario, ma senza un orafo non possono diventare
gioielli. Allo stesso modo, l’uomo ha nel suo corpo ossa, muscoli,
sangue, organi, cervello, ecc., ma deve esserci un potere che li attiva
e li fa funzionare in perfetta armonia. Questo è possibile soltanto a
Dio.
I saggi e i veggenti che hanno indagato sulla natura di Dio hanno
scoperto che c’è un solo Dio, conosciuto con vari nomi e forme. I
Veda dichiarano:
ekam sat viprā bahudā vadanti
La Verità è una, ma i saggi la indicano con molti nomi.
Ma come può l’Uno avere così tanti nomi e forme?
Non prepariamo forse diversi tipi di dolci che hanno vari nomi e
forme, anche se tutti contengono lo zucchero? Se si crede fermamente
nel fatto che l’Uno sia la base e sostenga tutti i nomi e le forme,
non ci sarà più spazio per l’illusione.
Per essere in grado di riconoscere tale unità bisogna praticare la disciplina
spirituale, mentre per lasciarsi ingannare dalla diversità
non c’è bisogno di fare alcuna pratica. Per far crescere l’erba in
modo rigoglioso non bisogna fare ardui sforzi, ma se volete coltivare
i cereali, il terreno va arato, ripulito da erbacce e infestanti, irrigato,
concimato e recintato. Così anche per avere un abbondante raccolto
di virtù ci vuole un’intensa pratica spirituale, mentre non serve
fare il minimo sforzo per acquisire vizi e abitudini dannose.
[5] L’uomo deve lottare duramente per conseguire gli stadi più elevati
del progresso spirituale, deve superare numerosi ostacoli e
sopportare molte difficoltà, delusioni e insuccessi. Ma con l’impegno,
solo l’uomo può elevarsi ai più alti stadi di evoluzione spirituale,
nessun altro animale può farlo. I domatori del circo riescono
ad addestrare una tigre e a farle eseguire qualche giochetto, ma non
riescono a cambiare la sua natura, a farla vivere di sola erba privandola
completamente della carne.
L’uomo invece è ben diverso: la sua natura può essere modificata
mediante uno sforzo disciplinato; con la sua volontà, può controlla-
re i cattivi pensieri e le idee malvagie che provengono dalla mente.
Ecco perché la nascita umana è considerata un dono molto raro. In
realtà, l’uomo è il più elevato fra tutti gli esseri viventi.
I Veda proclamano quattro grandi verità:
1. prajñānam brahma – ‘La suprema Consapevolezza è Brahman’
(Aitareya upaniṣad 3.3 del Ṛgveda)
2. tat tvam asi – ‘Quello tu sei’
(Chāndogya upaniṣad 6.8.7 del Sāmaveda)
3. ayam ātmā brahma – ‘Questo ātma (Sé) è Brahman’
(Māṇḍūkya upaniṣad 1.2 dell’Atharvaveda)
4. aham brahmāsmi – ‘Io sono il Brahman’
(Bṛhadāraṇyaka upaniṣad 1.4.10 del Śukla Yajurveda).
In che modo possiamo dimostrare la correttezza dell’affermazione
‘Quello tu sei’?
Supponiamo che ci sia un masso di pietra su una collina. Dopo
averlo individuato, uno scultore scolpisce una magnifica statua di
Kṛṣṇa che verrà insediata in un tempio, e adorata solennemente durante
i riti prescritti. Frammenti dello stesso masso giacciono ammucchiati
sulla collina dove lo scultore aveva scolpito l’idolo. Quei
frammenti sono privi di valore, e nessun tempio verrà costruito per
venerarne uno come idolo, poiché non hanno subito alcuna trasformazione.
Tuttavia essi dichiarano: ‘Noi siamo uguali all’idolo’,
anche se erano stati scartati dallo scultore.
La pietra viene utilizzata in molti modi diversi. Le pietre quadrate
sono blocchi usati nell’edilizia, quelle piatte vengono usate come
gradini e quelle rotonde vengono scolpite per rappresentare delle
figure. La pietra è la sostanza di base e noi la usiamo in conformità
alla sua forma e struttura. Allo stesso modo, possiamo riconoscere
la Divinità che è latente nell’uomo. Noi immaginiamo che l’occhio
veda e che la lingua mangi il cibo, ma in realtà, l’occhio non vede e
la lingua non mangia. È la Volontà Divina dentro di noi che attiva e
fa funzionare i sensi. Per esempio, in questo momento siete seduti
nel padiglione di Bṛndāvan e mi state ascoltando, ma alcuni di voi
stanno pensando alla famiglia rimasta nel villaggio e non mi ascoltano
affatto. Le mie parole entrano nelle vostre orecchie, ma la vostra
mente non è qui.
[6] Qual è la posizione della mente in relazione alle altre facoltà
umane? Immaginate che il corpo sia un’auto progettata da Dio con
le quattro ruote del dharma, della ricchezza, del desiderio e della liberazione.
L’auto ha due fari, ovvero gli occhi; ha un clacson sonoro,
la bocca; è dotata di un volante, la mente; come pure di un interruttore
d’avviamento, l’intelletto. Le quattro ruote esterne vengono
guidate dal volante che è all’interno. L’auto procede verso la società
lungo la via della vita. Le ruote devono essere adeguatamente gonfie
utilizzando l’aria della fede, che ogni tanto va controllata perché
se c’è più aria in una ruota e meno in un’altra, potrebbe essere pericoloso.
Pertanto ci deve essere equilibrio tra i quattro obiettivi della
vita umana.
[7] Dovete coltivare alcune qualità ed eliminarne altre per ottenere i
requisiti necessari per fare volontariato. L’uomo è nato in questo
mondo per svolgere sevā, servizio altruistico al prossimo, e a tale
proposito desidero darvi alcuni consigli. Innanzi tutto, insegnare è
un atto di servizio, oltre al quale dovete praticare anche qualche rinuncia.
Quando farete ritorno alle scuole in cui insegnate, dovrete
applicarvi e sforzarvi più di quanto abbiate fatto finora; in tal caso,
potreste pensare di chiedere un aumento di stipendio. Non è sbagliato
farlo, ma che lo chiediate o no, che lo riceviate o no, dovete
accettare questo compito con spirito di servizio. Soltanto chi fa sevā
può diventare un capo o un leader, perciò prima fate servizio e poi
otterrete la posizione di capo. Solo un bravo servitore può diventare
un buon padrone! Nella vita voi accettate l’aiuto resovi da innumerevoli
persone, quindi per ripagare questo debito dovete a vostra
volta aiutare più persone possibili. Se avete il desiderio e la disponibilità
di servire il prossimo, vi sentirete felici in mezzo a qualsiasi
gruppo o comunità, e otterrete gioia attraverso il sevā che svolgerete
senza avere la bramosia di ricevere qualcosa in cambio. Quando
avete l’opportunità di aiutare qualcuno, rallegratevi della vostra
straordinaria fortuna. Il forte entusiasmo di servire gli altri vi fornirà
la forza e le capacità necessarie per eseguire il servizio richiesto.
[8] Oggi, molti ritengono che servire sia un’azione umiliante, e deridono
quelli che intendono farlo. Ma nel servizio è insito un grande
valore: il sevā vi aiuta a sradicare l’egocentrismo che grava su di
voi e vi opprime. L’egoismo è un male che nella sua scia porta con
sé la rovina. Tutti conoscono il destino fatale che subirono alcuni
demoni apparentemente potenti come Kumbhakarṇa1, Hiraṇyākṣa2,
Hiraṇyakaśipu3 e Rāvaṇa4. Costoro si sottoposero a una disciplina
rigorosa e ascetica e conseguirono molte abilità e poteri, ma furono
rovinati dal loro ego.
L’egoismo provoca la caduta e la rovina dell’uomo. Quando l’egoismo
è assente, l’ātma brilla del suo innato splendore. Il Sé è beatitudine,
è bellezza e saggezza, ma voi permettete che sia macchiato
dall’ego. Impegnatevi nel servizio con umiltà, e l’egoismo scomparirà!
La vita è come un campo di calcio e ognuno di voi è come un pallone.
Le vostre buone qualità come la verità, la rettitudine, la pace e
l’amore stanno da una parte del campo, mentre le cattive qualità
come l’attaccamento, l’orgoglio e l’odio sono dall’altra. Entrambe le
parti tirano calci al pallone e cercano di segnare un goal. Il povero
pallone deve subire questi duri colpi finché è gonfio dell’aria dell’egoismo,
ma non appena lascia uscire tutta l’aria, anche i calci cessano.
[9] Ora dobbiamo indagare che cosa s’intende per ‘Io’. Se chiedo
come vi chiamate, voi dite: ‘Rāmanna, Lakṣmayya, Venkanna’. Se
chiedo chi è Rāmanna o Venkanna, voi alzate la mano ed esclamate:
‘Io, Io’. Anche se faccio la stessa domanda ad altri usando nomi diversi,
la risposta è sempre ‘Io’. Allora, da dove proviene questo Io
che è in tutti? Ha forse una forma? È forse questo corpo o la mente,
l’intelletto o la coscienza? Niente di tutto ciò, l’Io non è il corpo!
Se dico ‘il mio fazzoletto’, con ciò intendo dire che Io sono diverso
dal fazzoletto; dico anche il ‘mio’ tavolo, la ‘mia’ sedia, perché non
sono l’uno né l’altra. Se in ogni individuo c’è questo Io, deve essere
il medesimo in tutti, ovvero è l’Uno fra i molti.
1 +1 +1 +1 è uguale a 4. Ma Io + Io + Io + Io è uguale solo a Io, perché
l’Io è lo stesso in tutti. Riconoscerlo significa comprendere
realmente la propria vera identità, cioè l’Uno, l’ātma, il Sé. Se non lo
riconoscete, la vostra vita è sprecata.
Miei cari studenti e insegnanti!
[10] Può essere che abbiate capito qualcosa della Mia Realtà oppure
no, ma se comprendete la Verità di quello che dico, voi sarete liberi
da ansia e paura. Potete credermi o non credermi, non importa, comunque
devo rivelarvi la Verità.
I castelli e le torri che vedete nei sogni
svaniscono nel nulla quando aprite gli occhi!
Adesso vi sto parlando e voi mi ascoltate, mi guardate e pensate che
tutto ciò sia vero. Accadono certe cose e tutto vi sembra reale, non
un sogno. Più tardi vi recate alla mensa, cenate, e infine andate a
dormire. Quindi fate l’esperienza di un sogno in cui parlate con
qualcuno del vostro paese. Mentre sognate, la situazione è molto
reale, ma quando vi svegliate diventa irreale; ora è lo stato di veglia
che vi sembra reale!
Ma entrambi sono sogni: uno è il sogno notturno, l’altro è il sogno
diurno. Durante i due sogni voi siete presenti e fate esperienza dei
vari eventi. Pertanto solo voi siete reali; il resto è un misto di vero e
falso. Sforzatevi di comprenderlo e di mantenere l’equilibrio fra il
piacere e il dolore, la gioia e la sofferenza.
Potreste pensare che Svāmī abbia una mente equilibrata perché,
contrariamente a voi, non ha responsabilità. Ricordatevi che in
questo istituto l’insegnamento e tutte le altre attività si svolgono in
modo ideale solo perché Io dirigo l’intera commedia. Voi pensate
che Sai Baba dorma comodamente nel tempio, ma sapete quando Io
provo felicità? Sono felice quando sono con voi. Questo è il motivo
per cui dichiaro: “La Mia vita è il Mio messaggio!”
Sono costantemente impegnato in un lavoro o in un altro, a tutte le
ore. Non mi attacco a niente né ho bisogno di distaccarmi, sono
sempre in piena ānanda, beatitudine divina. Perché? Quello che deve
accadere accade. Il piacere è un intervallo fra due dolori; la gioia
non potrà mai provenire dalla gioia, ma solo dalla sofferenza e dal
dolore.
Se un individuo è sempre in un ambiente con l’aria condizionata,
non saprà mai cosa sia la frescura; dovrà andare, almeno una volta,
sotto il sole cocente per capire l’utilità di un climatizzatore. Nessuna
lampada risplenderà luminosa in pieno sole, solo la notte potrà
mettere in risalto la sua luminosità.
[11] Molti vengono da Me gemendo: “Svāmī! Siamo straziati dal dolore,
siamo in un tremendo stato di ansia.” Quando sento parole del
genere so che cosa sta succedendo. Io non ho mai provato dolore né
ansia, ma so che non sono altro che esperienze di sogno, non sono
reali. Alcuni possono lodarvi, altri possono criticarvi, ma entrambi i
casi sono irreali.
Quando si scava un pozzo, a lato si forma un grande mucchio di
terra estratta dallo scavo. Alcuni fanno attenzione al pozzo, altri al
cumulo di terra. Io osservo entrambe le cose con indifferenza. Il terreno
che prima era il pozzo è ora diventato il mucchio di terra.
Questo è l’eterno moto altalenante. Il sole tramonta a Ovest, mentre
la luna si leva a Est. Simili dualità fanno parte della natura, ma finché
siete qui, sforzatevi di praticare l’equanimità e l’imparzialità.
Incarnazione del puro Amore!
[12] Volontariamente o involontariamente, l’uomo è diventato preda
di cattive abitudini, le quali sono dannose alla sua salute. Si afferma
che la buona salute è il primo requisito per raggiungere uno
o tutti i quattro obiettivi della vita, ma le cattive abitudini rendono
l’uomo più debole e lo privano di una posizione onorevole nella società.
Essendo schiavo di certi vizi, l’uomo non riesce ad adempiere
i suoi compiti in modo adeguato, e anche la moglie e i figli ne soffrono
perché sono trascurati.
Anche questo nuovo progetto educativo potrà avere successo solo
se voi siete in buona salute. Che obiettivi possono raggiungere i
programmi e i vari progetti dello Stato? Un fiore da solo non può
formare una ghirlanda, tutti i fiori vanno infilati insieme per realizzare
una bella ghirlanda.
Dovete quindi dotarvi di corpi forti, ideali sacri e propositi altruistici
per servire il vostro Paese. Riuscirete ad acquisire nobili e sacri
principi a condizione che siate collaborativi, ben disciplinati, dotati
di spirito di sacrificio e servizio, e fermamente determinati ad avere
successo.
Tyāgarāja5 cantava così: “Rāma! Concedimi la forza della Tua divina
Grazia (anugraha), la quale costringerà tutti i pianeti (graha) a creare
aspetti positivi e a essere di buon auspicio. Rendi tutti noi coraggiosi
e provvisti di spirito di servizio e sacrificio. Ma riusciremo mai a
mettere in pratica quello che predichiamo?”
Se non c’è un seme messo a dimora in passato, non potrà esserci
una pianta in futuro. Non crediate che non ci sia alcun seme di devozione
o dedizione in voi. Questo seminario è stato organizzato
per rendervi consapevoli del bene che è in voi, e per rivelarvi i metodi
con cui coltivare e sviluppare quel bene.
Non lasciatevi fuorviare, non pensate scetticamente di essere approdati
qui solo per seguire il corso, credendo che per voi non ci sia
niente da imparare!
śraddhāvāṅ labhate jñānaṁ
Chi ha fede ferma raggiunge la Conoscenza Suprema.
(BG 4.39)
Prendete ad esempio l’aquila che ha ali grandi e forti: finché non ha
voglia di volare non si muoverà neppure di un centimetro. Guardate
invece la formica che riesce a trasportare qualcosa che è persino
dieci volte il suo peso. La fede stimola, il dubbio scoraggia. Se sviluppiamo
la fede e la forza di volontà, sapremo svolgere qualsiasi
lavoro, ma se pensiamo che non serve agire, non ci sarà alcuna attività.
Cento uomini possono trasportare un cavallo sulla riva di un
lago ma non riusciranno a farlo bere, solo il cavallo può farlo se
vuole.
Desidero che sviluppiate la fede e la forza per sostenere i sacri ideali
della cultura indiana, e per promuovere la spiritualità nei bambini
che sono sotto la vostra tutela; infine, vi esorto a coltivare in loro le
giuste priorità della vita.
Corso di addestramento per insegnanti, Bṛndāvan, 25.07.1978