25 Dicembre 1976 – Il Natale di Gesù

25 Dicembre 1976 – 

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Il Natale di Gesù

[1] L’uomo è come un seme: il seme germoglia, diventa un arboscello,
cresce fino a essere un albero e compie il proprio destino offrendo
fiori e frutti al mondo. Anche l’uomo cresce e dalla fanciullezza
passa all’adolescenza, alla giovinezza, all’età adulta; quando ha
completato la sua crescita, deve giustificare la propria vita offrendo
al mondo i fiori e i frutti dei buoni pensieri e delle buone azioni, e
conseguendo per sé la pienezza della conoscenza.
Un uccello ha bisogno di due ali per volare, e un carro deve avere
due ruote: senza di esse, sarebbero completamente inabili. Anche
l’uomo deve avere due tipi di conoscenza: una di cui vivere, e una
per cui vivere. La prima gli serve per guadagnarsi da vivere, l’altra
lo ripaga per aver vissuto. La prima è detta ‘il mezzo per vivere’, la
seconda ‘l’obiettivo della vita’. Una permette di acquisire le ricchezze
materiali che rendono la vita confortevole e sicura, l’altra risponde
agli interrogativi che ci assediano e sollecitano nel corso
della vita: da dove veniamo, dove stiamo andando, come ha avuto
origine l’universo, eccetera.
Nessuna religione si occupa del primo tipo di conoscenza; sono tutte
focalizzate solo sul secondo. Più che al primo tipo, voi dovete
prestare attenzione al secondo tipo di conoscenza poiché esso esercita
un effetto positivo anche sul primo.
In tutte le nazioni e comunità, l’uomo ha stabilito certe regole per
assicurare lo svolgimento ordinato e agevole degli impegni e delle
attività quotidiane necessarie alla vita. Poiché tali regole sono diventate
parte dei codici di condotta, sono normalmente definite ‘discipline’.
Esse sono incluse nei principi fondamentali del dharma, il
quale promuove la pace e la felicità, l’appagamento e la gioia.
In ogni comunità e in diversi momenti sono comparse grandi personalità
che hanno dato forma e perfezionato i codici e ne hanno
adattato i dettagli alle necessità dei tempi.
[2] Oggi, quello per cui dobbiamo impegnarci non è una nuova religione,
una nuova società né un nuovo codice morale: ci sono già in
tutte le nazioni e per tutte le razze. Esistono già anche le linee guida
fondamentali per l’educazione spirituale, stabilite da quasi tutte le
religioni; abbiamo bisogno invece di persone che abbiano raggiunto
la purezza a tutti i livelli di coscienza.
L’uomo può ottenere la beatitudine perfetta solo se il suo cuore si
libera dall’invidia, dall’egoismo, dall’avidità e da altre cattive caratteristiche.
Occorrono persone che sappiano riconoscere e apprezzare
l’affinità e l’identità tra uomo e uomo, così come tra una comunità
e l’altra; persone che superino i limitati confini dell’«io» e che si
sbarazzino dell’attaccamento dei sensi, che scavalchino le mura della
fortezza chiamata ‘corpo’ ed entrino entusiaste nel vasto mondo
che si trova al di là.
Dalla visione ristretta dei bisogni individuali è necessario espandersi
fino a raggiungere la vasta visione dell’universale. Quando una
goccia d’acqua cade nell’oceano, perde la propria limitata individualità,
perde il nome e la forma e assume la forma, il nome e il sapore
dell’oceano stesso. Se cerca di vivere separata come goccia, in
breve evapora e viene ridotta alla non-esistenza.
[3] Tutti devono essere consapevoli di far parte di un’unica verità
che comprende ogni cosa nell’universo. È riprovevole restare per
tutta la vita incollati al gretto e limitato senso di egoismo, all’invidia
e all’avidità. Rendete ampio il cuore e pura la mente; solo così potranno
affermarsi la pace e la prosperità sulla terra.
Oggi è un giorno santo, è il giorno in cui Gesù nacque e si annunciò
come messaggero di Dio. L’unico scopo della vita umana è di affermare
l’onnipresenza di Dio, la Sua gloria e la Sua potenza. Nessuno
si è incarnato solo per consumare una gran quantità di cibo e
per soddisfare i propri sensi. La vita umana è ben più preziosa, ed è
il motivo per cui solo all’uomo è stata donata la capacità di apprezzare
la bellezza, la verità e la bontà.
Per acquisire la consapevolezza del Divino, non occorre recarsi in
luoghi o regioni particolari; basta volgere la visione interiormente.
Nella Bhagavad Gītā si afferma che la Realtà interiore, l’ātma, risplende
come milioni di soli, ma l’uomo non è consapevole della
luce e del potere di quella Realtà e vaga nell’oscurità dell’ignoranza.
Le Scritture proclamano che l’uomo è figlio dell’immortalità, ma
egli non è conscio di tale gloriosa eredità; pensa di essere mortale,
prossimo alla morte, e che la sua esistenza sia temporanea.
Le Scritture affermano anche che l’ātma, la reale essenza dell’individuo,
è l’incarnazione della beatitudine; ma ignaro di tale verità,
l’uomo si lascia dominare dall’ansia e dal dolore e rifiuta la gioia
che lo attende. Ogni uomo è, per i suoi simili, un messaggero a cui è
affidato il compito di diffondere quella gioia che altrimenti va persa.
Se fa cattivo uso di tale missione e sperpera i suoi anni nel sod-
disfare i sensi, si lascia sfuggire l’occasione e si riduce al livello di
una bestia.
[4] Colui che si era annunciato come Messaggero di Dio, dopo aver
fatto sbocciare in Lui la Divinità e aver sviluppato la compassione e
il servizio, giunse a uno stadio in cui dichiarò di essere il Figlio di
Dio; poi, alla fine, si elevò sino a raggiungere lo stato di unità: ‘Io e
il Padre Mio siamo Uno’!
Quando Gesù dichiarò di essere il Figlio di Dio, ebbe il diritto di ottenere
la maestà e il potere del Padre; ciò fu possibile solo quando
sviluppò le stesse qualità che possiede il Padre. Come risultato, Egli
conseguì sāyujya, l’assorbimento o fusione nel Divino, che lo indusse
ad asserire ‘Io e il Padre Mio siamo Uno’.
Le Scritture affermano:
brahmavid brahmaiva bhavati
Chi conosce il Brahman diventa il Brahman.
Quei tre diversi livelli di coscienza sono definiti nella filosofia vedica
come: dvaita, viśiṣṭādvaita e advaita. Messaggero e Signore sono
due entità separate, quindi si tratta dello stadio dualistico, dvaita.
Padre e figlio, sebbene siano due entità distinte, sono legate dall’affetto
e da sentimenti e attitudini affini, sono come l’intero e la parte,
come il corpo e il suo arto; è lo stadio detto viśiṣṭādvaita, non-dualismo
qualificato. Quando il Padre e il Figlio sono Uno, è lo stadio del
non-dualismo, advaita.
Persino un bambino vorrebbe passare da una classe alla successiva,
non sopporterebbe di restare per anni a vegetare nella stessa classe.
Che dire allora di persone dotate di intelligenza e discriminazione
che si accontentano di salire solo i primi gradini? Gesù passò attraverso
i tre stadi e ispirò tutta l’umanità con l’esempio e con l’insegnamento
a essere generosa e gentile, distaccata e attenta, e a porta-
re luce e amore a tutti. Egli attrasse molti con i Suoi miracoli e li trasformò
in apostoli e servitori esemplari dell’umanità.
[5] Dovete realizzare che l’energia divina che scorre e opera in ogni
essere vivente è la sola Entità universale. Se desiderate entrare nella
casa di Dio, vi trovate di fronte a due porte chiuse: il desiderio di
vantarvi e quello di calunniare gli altri. Le due porte sono sprangate
con il catenaccio dell’invidia, e c’è anche il grosso lucchetto dell’egoismo
che v’impedisce l’accesso. Se siete determinati, dovete
ricorrere alla chiave di prema, l’amore puro e disinteressato, per
aprire il lucchetto; poi dovete rimuovere il catenaccio e spalancare
le porte. L’educazione serve ad addestrarvi a compiere queste difficili
operazioni.
Voi ricevete una buona istruzione su vari argomenti, ma il vertice di
tutte le materie di studio è la saggezza spirituale. A chi desidera bagnarsi
nei fiumi sacri, il famoso poeta e mistico Tyāgarāja consiglia
d’immergersi nell’oceano, perché tutti i fiumi vi riversano le loro
acque; un bagno nell’oceano equivale, nello stesso momento, a fare
un bagno nelle acque di tutti i fiumi. Analogamente, la conoscenza
dell’ātma è la chiave per conseguire ogni tipo di conoscenza; ci insegna
a conoscere tat, Quello, che una volta conosciuto, tutto il resto
è conosciuto. Ci rivela che l’Uno è nei molti e che i molti sono in
realtà l’Uno. Dichiara l’Īśā Upaniśad:
īśāvāsyam idaṁ sarvaṁ
Tutto questo è pervaso da Dio.
[6] Sādhana è la disciplina mentale e lo sforzo intellettuale per realizzare
tale unità. Gesù sacrificò la vita e versò il proprio sangue al
fine d’infondere amore e compassione nel cuore degli uomini, in
modo che potessero essere felici della felicità altrui e rattristarsi della
tristezza altrui. Non è con feste e divertimenti che dovete celebrare
il Natale. Celebratelo con la decisione di mettere in pratica alme-
no uno degli ideali che Gesù proclamò, sforzandovi di raggiungere
almeno uno degli obiettivi che Egli rivelò all’umanità.
Nell’occasione di questo santo giorno, voglio sollecitarvi a eliminare
dalla mente due cattive qualità: la tendenza a vantarsi e la maldicenza.
Prendete un’abitudine: quella di servire amorevolmente i
sofferenti. Se sperperate tutto il tempo e le energie per ottenere le
comodità materiali e per gratificare i sensi, screditate la vostra esistenza
umana. La vita non va vissuta solo per mangiare: quella è
solo una necessità. Voi considerate questa vostra dimora ‘il vostro
corpo’. No! È il tempio di Dio, che vi risiede. Mantenetelo pulito,
fresco, fragrante sviluppando la compassione e l’amore. Usate il
tempio di Dio solo per creare buoni pensieri, parole e azioni. Non
svilitelo impiegandolo in faccende banali, meschine o empie.
Ovunque voi siate, qualsiasi cosa facciate, attenetevi forti e tenaci a
tale decisione.

Bṛndāvan, 25.12.1976