18 Febbraio 1980 – Educazione dell’era Sai

18 Febbraio 1980

Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba

Educazione dell’era Sai

[1] L’educazione deve insegnare all’individuo a discriminare fra la
luce e l’oscurità; deve coltivare l’inestimabile ricchezza della forza
morale e del progresso spirituale, e purificare gli impulsi interiori.
La sola conoscenza secolare non dà diritto all’uomo di definirsi
‘educato’; se gli impulsi emotivi non sono tenuti sotto controllo,
nessuno può ritenersi ‘educato’. Quello che è latente deve essere purificato
affinché quello che è manifesto possa espandersi e fiorire.
L’esperienza è essenziale per convalidare e consolidare quanto si è
imparato dai libri, ma di questo non si fa cenno nell’attuale sistema
educativo; non si fa alcun tentativo di risvegliare il Divino in sé
stessi né di elevarsi a un piano superiore; l’ideale che viene invece
presentato allo studente dei nostri istituti è ben diverso.
Il moderno sistema scolastico è interessato a sfornare, in modo meccanico,
giovani uomini e donne che detestano il lavoro che sporchi
le mani o rovini la piega dei loro abiti; inculca nei loro cuori la passione
per il profitto e il guadagno, ma non li sprona a mostrare solidarietà
e a rendere servizio al prossimo.
L’educazione deve sviluppare la saggezza e la moralità del carattere;
tali virtù possono essere acquisite solo attraverso una vita di duro
lavoro senza concedersi una tregua neppure per dormire. L’educazione
moderna invece rende schiavi dei sensi coloro che la seguono:
costoro non riescono a evitare tale condizionamento e trovano
piacere nell’invidia, nell’avidità e nell’egoismo.
Quello che invece il Paese si aspetta dalla persona ‘educata’ è che
dia l’esempio con un lavoro onesto e accenda la lampada della conoscenza
in ogni casa.
[2] Se fate un’attenta analisi, scoprirete confusione, incertezza e indecisione
in ogni settore del sistema educativo. Il rimedio per risolvere
tale infelice situazione consiste nel fare rivivere gli antichi
ideali, apportando solo lievi modifiche per adattarli ai tempi moderni
e alle circostanze attuali; infatti quei Principi spirituali antichi
custodiscono valori che sono eterni e fondamentali.
Anche se i russi e gli americani si vantano di essere molto avanti
nella scienza e nella tecnologia, si deve ammettere che l’India aveva
fatto grandi progressi in tal senso già in epoca vedica.
L’Atharvaveda1 racchiude numerosi segreti tecnologici e scientifici
che sono stati utilizzati dagli studiosi occidentali, i quali hanno fatto
varie ricerche su questo antico testo vedico. Nell’Atharvaveda sono
menzionati i veicoli spaziali, la forza di gravità e altri principi scientifici,
nonché vari strumenti e congegni. Nel corso dei secoli, tutto
questo ha ispirato molti inventori e scienziati di altri Paesi.
Gli Indiani sono affascinati dai Paesi stranieri e ammirano i successi
ottenuti da altri popoli ma ignorano i propri; perciò la capacità di
‘iniziazione’ viene annullata dalla loro abilità di ‘imitazione’.
Come dice il proverbio: ‘Gli Indiani preferiscono il cibo insipido e
stantio a casa del loro vicino invece dei piatti saporiti e gustosi disponibili
a casa loro.’ Ne consegue che essi non sono in grado di
mettere a frutto la conoscenza e le specializzazioni che hanno acquisito
nel loro Paese.
[3] I fratelli Wright2 sono noti come i pionieri, i primi che hanno volato
in cielo su un aeroplano più pesante dell’aria; il loro primo volo
avvenne il 17 dicembre 1903, ma un tedesco li aveva anticipati con il
suo eroico volo del 13 settembre 1896. Ma ancor prima di questo, il
14 agosto 1895 un indiano di Bombay, Shivarām Bāpuji Kadalekar,
era riuscito con successo in un’iniziativa analoga. Tuttavia, il suo
nome non richiamò l’ammirazione pubblica e la sua coraggiosa impresa
non venne acclamata a causa dell’invidia, dell’egoismo e della
natura litigiosa del popolo indiano.
L’unione delle menti, l’amore reciproco e la mutua collaborazione
sono le qualità che oggi dobbiamo sviluppare. L’educazione non ha
lo scopo di distribuire lauree universitarie: abbandonate quindi
questa folle caccia ai diplomi che alimenta l’ego e fa aumentare la
distanza fra voi e gli altri. Coltivate il desiderio di servire gli altri e,
attraverso l’educazione, ottenete quelle competenze che contribuiscono
a servirli meglio.
L’educazione deve entusiasmare e stimolare i giovani a comprendere
il prezioso patrimonio della cultura e della spiritualità indiana, e
a evocare i grandi poteri che queste possiedono. Sebbene abbiano in
loro un’inesauribile fonte di forza, i giovani si comportano come
rammolliti e ignoranti.
Pertanto è indispensabile infondere nel loro cuore la pazienza, la
tolleranza, la calma e la serenità. L’educazione deve coltivare l’umiltà
e la disciplina, mentre oggi produce un raccolto fatto solo di orgoglio
e invidia.
[4] Vidyā deriva da vid (luce) e ya (ciò che dà), quindi vidyā (educazione,
conoscenza) deve diffondere la luce e illuminare l’oscurità
della mente e dell’intelletto. Vidyā non significa soltanto la conoscenza
tratta dai libri, ma deve evidenziare l’affinità dell’uomo con
l’uomo e la sua intima relazione con la natura; deve armonizzare le
esperienze passate con quelle attuali, nonché guidare l’individuo a
fare esperienze proficue e benefiche in futuro; deve convalidare la
conoscenza ottenuta dai libri attraverso le esperienze fatte personalmente
e, allo stesso tempo, rendere l’uomo sempre più umano
sino a trasformarlo in Divino.
La ricchezza che supera i limiti ragionevoli causa solo disastri; allo
stesso modo, l’erudizione che va oltre certi limiti provoca soltanto
orgoglio e lotte competitive. Ovviamente, l’informazione di buona
qualità è opportuna in una certa misura, ma se la moralità e l’autoconsapevolezza
non vengono simultaneamente applicate, l’erudizione
da sola sarà soltanto un onere e un pericolo. Anche avere una
coscienza sociale profonda è molto importante.
L’individuo non deve vivere come una goccia d’olio che si allarga
sulla superficie di uno stagno rifiutandosi di unirsi all’acqua, ma
deve consorziarsi con gli altri, collaborare e mettere in comune le
sue forze e competenze per svolgere i compiti di natura collettiva.
Un filo sottile da solo non può trattenere neppure una formica, ma
cento fili attorcigliati sino a formare una corda possono tenere a freno
un elefante. Questo è il risultato e l’effetto dello sforzo congiunto!
Lavorare per una causa comune in ‘co-operazione’ con gli altri è
un fine auspicabile, ma oggi sfortunatamente la gente pensa soltanto
a fare ‘operazioni’.
[5] Che cosa riescono a fruttare le assemblee, gli incontri e le sessioni
di persone istruite? Le conclusioni a cui giungono dopo lunghi
dibattiti non vengono messe in pratica, così ingenti somme di denaro
e innumerevoli risme di fogli di carta vanno sprecati. Le decisioni
prese e i suggerimenti ricevuti vanno sperimentati e confrontati
con la pratica; altrimenti quel denaro può essere meglio speso per
migliorare il livello di vita degli abitanti dei villaggi.
Voi avete formato un circolo di studio; analizzate quindi quali sono
i modi migliori per portare la pace, e sperimentate quei metodi in
alcuni villaggi per provarne la validità; in seguito potranno essere
insegnati anche in altri Paesi. Gli iscritti a questo circolo possono
aiutare anche gli studenti disabili che non sono in grado di stare al
passo con gli altri, dando loro maggiore attenzione e speciale assistenza.
Le nuvole che si accumulano nel cielo hanno al loro centro molti
fulmini; analogamente, la saggezza deve illuminare le nubi della
conoscenza. La vita stessa dell’uomo colto deve risplendere ed essere
un messaggio per l’umanità. Ogni frammento di forza, ogni
istante di vita, ogni espressione di virtù e manifestazione d’intelligenza
devono essere diretti a realizzare questo nobile proposito.
Se continuate a ripetere il nome del farmaco, potrà la malattia essere
curata? Potete eliminare la povertà recitando la parola ‘dollaro’ o
‘rupia’? La sola lettura di un buon menu potrà allontanare i morsi
della fame?
[6] Superare un esame non rende una persona più utile e più saggia.
I docenti e i professori di facoltà sono come ‘i serbatoi sopraelevati’3
e gli studenti sono i ‘rubinetti’. Se il serbatoio è pieno di acqua potabile,
anche i rubinetti dispenseranno la stessa acqua con cui la
gente potrà placare la sete.
Il dovere degli insegnanti è di correggere e consigliare gli studenti,
infondendo in loro entusiasmo e coraggio e sradicando la loro pigrizia
e titubanza. L’obiettivo di base di tutti i corsi di studio è eliminare
la visione ristretta e promuovere modalità di pensiero, parola
e azione che siano ampie e inclusive. La fede nell’unità e nell’identità
di tutti deve essere forte e radicata.
[7] L’upaniṣad dichiara: ‘Tutto questo è pervaso da Dio’; e la Bhagavad
Gītā afferma: ‘Tutto questo è il Signore’ e ‘Il Signore è in tutti gli
esseri.’
Considerate ogni studente desideroso di imparare come vostro figlio,
e le materie che insegnate come un mezzo per infondere la fede
in Dio. Quando insegnate la fisica, iniziate gli studenti al grandioso
mistero della filosofia; mentre insegnate la botanica, guidateli
verso i sublimi segreti dell’albero e del Creatore che li ha benedetti
creando l’albero: infatti la vita è come un albero.
La relazione reciproca che coltiviamo e di cui gioiamo è simboleggiata
dai rami, dai ramoscelli e dalle foglie; i pensieri che sorgono
nella mente sono i fiori; la beatitudine è il frutto, e il dharma4 è il
dolce succo che esso contiene. L’albero è tenuto fermo e saldo dalle
radici che lo alimentano, e le radici simboleggiano la fede e la fiducia
in sé stessi.
Attualmente, la disciplina è quasi scomparsa dal programma educativo.
Asserire una cosa e farne un’altra è diventato un vizio universale.
La nazione può prosperare ed essere felice solo se l’educazione
si espande in un’atmosfera di verità, amore e riverenza.

Circolo di studio Sathya Sai, Bangalore, 18.02.1980